Abbandono
Capitolo 17
"Abbandono"
Non si troverà mai la pace interiore fino a quando non si imparerà ad ascoltare il cuore
George Michael
Azrael's POV
-Dovresti fare qualcosa per la ferita al braccio Nii-san. - mi consigliò Ryan mentre si avvicinava a me, cercando di togliere quella fasciatura provvisoria.
- Non ce n'è bisogno. - scostai il braccio irritato, lasciando lui ancora con le mani posizionate dove prima c'era il mio arto.
Mi guardò indecifrabile per un momento, i suoi occhi grigi dallo sfiondo violaceo sfavillavano duri, indispettiti, mentre la sua bocca era una linea sottile contrariata.
- Devi ucciderlo Azrael; ti sta cambiando. - dal suo tono di voce sembrava un ordine, al quale non avevo nessuna intenzione di obbedire. Non era lui il mio capo, sebbene fosse molto più anziano di me a discapito dell'aspetto di bambino di dieci anni, che prima o poi sarebbe mutato.
Era stana la crescita dei bambini trasformati e non direttamente legati alla linea di sangue vampiresca: per i primi duecento due anni il loro aspetto era congelato, imperituro, ma varcata quella soglia di età stranamente iniziavano a crescere, fino a presentarsi come ragazzi adolescenti per altri due secoli, fino a raggiungere l'aspetto di ragazzi di circa vent'anni, e questo per sempre.
Con occhi attenti lo osservai, i segni di mutamento stavano già iniziando, presto sarebbe cresciuto e diventato una rara bellezza; eppure questo non mi entusiasmava affatto e non perché lo ritenessi un fratello, tutt'altro, per me non era che un marmocchio molesto utile solo quando dovevo rattopparmi, ma semplicemente perché c'era qualcos'altro o per meglio dire qualcun altro che ormai mi occupava totalmente la testa.
Forse aveva ragione, forse avrei dovuto uccidere la fonte dei miei problemi; quella che mi faceva sentire quasi umano, ma la sola idea mi faceva soffocare e mi pietrificava. Non potevo sopportare la perdita di quegli occhi, non prima di averli visti arsi di lussuria!
- Non ora marmocchio. Ci serve ancora. - gli rammentai, guardandolo freddamente, fulminandolo con lo sguardo.
-Azrael, pensaci: lui non ci serve a un bel nulla. Non ci ha minimamente aiutati nella nostra ricerca. Quel cretino mascherato da colomba è ancora vivo e lui non l'ha trovato. Se lo facessimo fuori, se tu lo facessi fuori, indeboliresti ulteriormente l'Angelo. – cercò di convincermi -Ma se non lo farai tu, lo farò io. - quando udii quelle parole sembrò che il mio cuore venisse stritolato lentamente a causa dell'immagine che mi si era presentata davanti: Haru disteso in un lago di sangue, che gli macchiava anche i capelli lievemente mossi che gli ricadevano anche sul viso, il collo mutilato e gli occhi freddi e vitrei, privi di vita.
Perché mi sentivo sconvolto da quella visione?
Avevo sempre saputo che prima o poi sarebbe accaduto, quindi perché preoccuparsi? Non aveva senso. La confusione che avevo in testa non mi permetteva di ragionare lucidamente, non come volevo. Magari mi bastava una dormita, forse domani mattina sarebbe stato tutto molto più chiaro e sarei tornato quello di sempre.
Fermai appena in tempo il mio braccio che con forza voleva scagliarsi contro quella piccola gola nivea, sotto la quale il sangue aveva smesso di fluire. Stesi e richiusi appena le dita, tenendo il mio polso fermo, quasi stritolandolo e poi mi voltai, stendendomi su un fianco e chiudendo gli occhi, ignorando la sua minaccia.
- Buona notte moccioso. – gli augurai, rinchiudendomi in me stesso.
Forse disse qualcosa, forse no. Non me ne curai.
Dovevo cercare di non pensare, eppure perché continuavo a sentire quelle parole che mi aveva pronunciato: "Come si può odiare chi si ama?"
Aprii gli occhi, che inconsciamente avevo chiuso, per scontrarmi con la figura del nanerottolo che avevo adagiato accanto a me: le ciglia lunghe nascondevano gli occhi verdi nella quale mi sarei volentieri perso, il respiro caldo mi solleticava il volto e usciva dalle labbra lievemente schiuse.
Era una visione quasi eterea; era come se da un momento all'altro mi aspettassi che spiegasse al cielo delle ali candide. Ed era la seconda volta che quel pensiero mi riempiva la mente.
Ero davvero sicuro d'esser confuso? Perché, mentre lo guardavo e sentivo il mio cuore battere più velocemente, la risposta mi sembrava più chiara che mai. Quelle parole venivano urlate dal mio cuore che ormai non era più di pietra. La corazza di roccia e ghiaccio che lo ricopriva era stata distrutta dalla sua voce e dai suoi occhi, che mi rilevavano i suoi sentimenti.
Non volevo ammetterlo, ne ero spaventato in un certo senso. Non perché avessi paura dell'amore in sé per sé, mi impauriva il fatto di dover amare. Gli impegni non erano il mio forte, tanto meno a livello sentimentale. Avevo sempre avuto paura che qualsiasi cosa avesse potuto allontanare le persone a me care, come era già capitato con i miei genitori: uccisi dal proprio figlio.
Non volevo impegni, tanto meno adesso. Forse dovevo semplicemente lasciare la sua custodia.
Magari tra qualche mese mi sarei dimenticato tutto quello che stavo passando, di tutte le sensazioni e le emozioni che stavo provando; ma era davvero questo che volevo? Perché quel nanerottolo mi piaceva, eccome se mi piaceva; lo volevo ad ogni costo, nei miei sogni più sfrenati l'avevo fatto mio, solo mio.
Le immagini erano sempre le stesse e mi sembravano quasi reali certe volte: il suo viso sconvolto ricoperto da gocce di sudore che brillavano alla luce della luna, gli occhi traboccanti di passione e lussuria che guardavano solamente me, che mi pregavano in una muta richiesta di farlo mio ancora una volta. La sensazione d'avere il suo corpo esile ed asciutto premuto contro il mio, della sua voce che fuoriusciva dalle sue labbra con gemiti acuti mentre mi spingevo dentro di lui e gli donavo piacere
Solamente in quel momento un dolore al basso ventre accompagnato da un forte calore mi pervase completamente, palesando l'eccitazione che quella semplice immagine, anche se non reale, aveva scatenato dentro di me.
Mi tirai su a sedere, coprendomi il volto con una mano, insoddisfatto dal fatto di non poter donare le giuste attenzione alla mia erezione che pulsava e dava dannatamente fastidio.
Mi lasciai scappare un gemito frustrato che, però, tentai di mascherare con un ringhio quasi animale. Dovevo allontanarmi da lì, solo il tempo di calmarmi e sarei tornato.
A passo di marcia mi diressi nuovamente nella folta massa d'alberi spogli e secchi, appoggiandomi con una mano ad uno di questi, cercando di riprendere lucidità e di fare respiri più profondi possibili, nonostante l'aria disgustosamente maleodorante che si respirava lì.
Le immagini di quella mia fantasia si presentarono nuovamente nella mente, come se si stessero prendendo gioco di me. Solamente che qualcosa cambiò nello scenario: il nanerottolo nascondeva il viso rosso come un pomodoro tra la mia spalla e il collo, mentre aveva gli occhi chiusi, quasi come se si fosse addormentato. Eppure, dalle sue labbra dolci, più rosse che mai, fuoriuscì un flebile sussurro: -Ti amo Azrael. -.
Quelle semplicissime parole fecero sobbalzare di nuovo il mio cuore, che non la voleva smettere di far sentire la sua presenza, di farmi capire che ora lui era lì e batteva forte. Avrei voluto che tornasse al suo regolare stato, e c'era solamente un modo per farlo: abbandonare Haru. Ma ero davvero sicuro di volerlo lasciare solo?
- Si può sapere che fine avete fatto?!- una voce estremamente fastidiosa arrivò alle mie orecchie, come un ringhio.
Dragan correva verso la mia direzione con fare alterato e furioso, gli occhi rossi di rabbia e disprezzo. Doveva ancora sapere cosa avevo fatto ad Haru, a quel punto mi avrebbe ammazzato, sicuramente.
In un certo senso lo invidiavo, lui non aveva paura di palesare i suoi sentimenti verso il nanerottolo, al contrario di me. Forse dovevo lasciarlo a lui. Sì, dovevo proprio essere disperato, vero?
- Non allarmarti cretino, sta bene. - l'avvertii sbuffando e distogliendo lo sguardo, puntandolo verso la direzione dove ora riposava l'albino; soprattutto per non fargli scorgere quel momento di debolezza che mi intempestava dentro.
Lo avrei lasciato, ormai avevo fatto la mia decisione; eppure mi faceva male, quasi sentivo qualcosa sanguinarmi dentro.
- Giuro che se gli hai torto anche solamente un capello...- non gli permisi di finire la frase, che gli rivolsi una domanda che a me sembrava scontata: - Lo ami? – gli chiesi direttamente, guardandolo negli occhi serio come forse non ero mai stato.
Per qualche strano motivo mi sembrò di essere tornato indietro nel tempo, a quando Dragan ancora abitava nel castello ed entrambi eravamo dei semplici bambini che avevano perso troppo presto la loro innocenza.
Allora ci fidavamo ancora l'uno dell'altro; l'uno era la spalla dell'altro e la notte, quando nessuno ci vedeva ci infilavano in un solo letto e ci tenevamo per mano, per sconfiggere il buio fino a che non arrivava al sole.
Quello era stato il mio gesto più innocente, il più puro di tutti, nonostante già allora mostravo la mia maschera da duro e bastardo, freddo e insensibile che aveva ucciso i propri genitori e che non gli importava niente di niente.
- Di cosa stai...- si interruppe spalancando gli occhi, sorpreso per un frangente di secondo, poi con la stessa serietà che io gli avevo mostrato rispose schiettamente e chiaramente ciò che già mi aspettavo, ma che fu comunque un atroce dolore al petto: - Sì. - rispose semplicemente.
Senza accorgermene iniziai ad usare il mio potere, facendo in mille frantumi l'albero già malconcio.
Sentivo una strana sensazione allo stomaco, facendolo contorcere e provare istinti omicidi verso il ragazzo che mi stava accanto.
Gelosia? Si.
Haru era mio, solamente mio!
Anche se non ero pronto ad amarlo, anche se forse non lo sarei mai stato, quel ragazzino doveva essere solamente mio. Non mi sarei mai stancato di ripeterlo, non mi sarei mai stancato di guardarlo, ma non mi potevo permettere certi lussi. Io potevo solamente usarlo, possederlo per una notte, ma tutto sarebbe finito lì, doveva finire. Dragan, invece, poteva permettersi ogni cosa, di amarlo come solo lui meritava.
Stavo cadendo nell'autocommiserazione? Erano solamente delle fisse mentali? Non me ne importava nulla.
Ormai era arrivato il momento di allontanarmi per un po', infondo, non sarebbe successo nulla se li avessi lasciati soli; nel caso in cui avessero provato a scappare, noi l'avremmo saputo: Dragan era sotto controllo attraverso un bracciale, che poteva esser considerato come un localizzatore: ovunque lui fosse, noi saremmo stati in grado di saperlo, trovarlo e rinchiuderlo nuovamente, senza prima avergli insegnato chi comandava in quei luoghi,
- Riportalo a casa intero fattucchiere. - gli dissi prima di allontanarmi da quel luogo, per non farci più ritorno.
Un po' di distacco mi avrebbe fatto bene sicuramente, ne ero sicuro.
Dovevo schiarirmi le idee, capire se volevo aiutarlo a fuggire con Dragan o con me, perché ormai mi era chiaro: il suo tempo, in quel regno, stava per finire.
Dragan's POV
Perché mi aveva chiesto se lo amavo? Io come uno stupido gli avevo anche risposto.
Non avevo nulla a che fare con lui, nulla da spiegare. Odiavo a morte la sua ossessione verso Haru, il modo in cui lo trattava o in cui lo toccava mi dava sui nervi. Il fatto che mi avesse lasciato in questo luogo col ragazzo voleva dire che aveva in mente qualcosa, ma a me non poteva far altro che piacere.
Cercando di pensare ad altro andai verso la raduna, dove il piccolo stava dormendo, almeno così credevo.
-Azrael? - chiamò il nome di quel verme con tono speranzoso, forse pensava che fosse tornato.
Invece no; l'aveva abbandonato, ed era stato meglio: ora c'ero io con lui.
Quando mi riconobbe, i suoi occhi persero quella luce che fino a quel momento li avevano caratterizzati, forse proprio perché io non ero la persona che stava cercando e che si aspettava di trovare al suo risveglio.
Era strano come quel lurido bastardo fosse riuscito, fin dal loro primo incontro, a far uscire la sua vera personalità senza il minimo sforzo.
Ero sempre stato nell'ombra, ad osservarlo, a proteggerlo ogni volta che mi era concesso farlo. Tutte le volte che tornava con un nuovo livido a macchiargli la pelle nivea la rabbia montava; odiavo il senso d'impotenza che provavo vedendo che soffriva, e non volevo provarlo di nuovo, tanto quanto non volevo che lui soffrisse ancora, l'avrei impedito a tutti i costi, anche se fossi stato costretto a uccidere.
- Dove sono tutti? - la sua domanda non mi sorprese, infondo era stato abbandonato.
- Azrael è andato via. - gli riferii guardandolo negli occhi verdi ed espressivi.
- C'era anche Ryan, il bambino dai capelli rossi. - mi confessò.
Conoscevo quel vampiro di duecento anni, era l'apprendista del vecchio mago ed alchimista che viveva al castello.
Quando notai un bicchiere accanto a lui mi preoccupai. Non si sapeva mai con lui, poteva avergli somministrato qualsiasi cosa, anche un veleno a lungo effetto.
Presi quel contenitore e annusai cercando di captare qualsiasi odore che mi potesse portare a pensare a un veleno; niente, per fortuna.
- Stai bene? - gli chiesi, mentre si grattava la schiena e sul suo volto si dipingeva una smorfia di dolore e di fastidio, anche se lieve.
Mi sedetti dietro di lui poggiando le gambe ai lati del suo corpo, una posizione che sicuramente avrei preferito assumete in ben altre situazioni.
Quanto avrei voluto che si girasse, che facesse adagiare la mia schiena contro il terreno e che facesse sfiorare le nostre labbra, anche solamente per un istante.
Ma perché dovrei aspettare che fosse lui? Ero un adulto, nonostante abbia l'aspetto di un diciannovenne.
Ma dovevo pensare a lui e al suo bene, il bacio poteva aspettare; anche perché qualcosa mi diceva che non lo avrebbe voluto o accettato. Non da me, non in quel momento.
Delicatamente presi il bordo della sua maglia celeste, troppo larga per lui, tanto da lasciargli una spalla quasi completamente scoperta. La sollevai lievemente, spalancando gli occhi quando trovai delle bende imbevute di sangue e un liquido che profumava d'erbe, un odore pungente e nauseante.
Avevo paura di chiedergli cosa fosse successo, di sapere perché avesse la schiena completamente fasciata.
-E' stato lui? - poggiai una mano su quella stoffa delicatamente, forse facendogli male, ma volevo che sentisse che in qualche modo io ero lì con lui, pronto a sorreggerlo se fosse caduto. Non volevo che gli venisse fatto ancora del male, l'avrei protetto e non avrei permesso che quell'idiota di Azrael si avvicinasse nuovamente a lui per recargli altro dolore.
-Non fa nulla Dragan. - sentire quelle parole fu come una pugnalata al cuore.
Come poteva essere? Forse avevo sentito male, eppure dal suo tono di voce non trasparì alcun sentimento negativo verso la belva che gli aveva fatto quei terribili segni.
Perché Azrael era questo, una belva assetata di sangue e urla, che godeva nel veder morire le persone sotto il suo tocco fatale, di sentire il sangue sulle sue mani.
Era il perfetto successore al trono di mio padre, cosa che non ero io: il figlio che non aveva mai voluto. Ero la testimonianza del suo più grande errore, amare mia madre; non faceva altro che ripetermelo, prima che scappassi e mi rifugiassi dal suo nemico. Ironico vero?
-Come puoi dire una cosa del genere! Lui ti tratta sempre malissimo, ti usa, ti tocca senza alcun ritegno e.... - il mio rimprovero fu interrotto da lui, altre pugnalate al cuore:
- A me non dà fastidio. – disse tranquillo.
- Ma ti è dato di volta il cervello?! Cosa diamine... - nel momento che si voltò verso di me e i miei occhi incontrarono i suoi, la risposta mi fu chiarissima.
Nei suoi oceani verdi si leggeva la stessa parola che era presente nei miei.
- Ti sei innamorato di lui, vero? – non che necessitassi di una conferma; le prove erano tutte davanti a me: nel suo sguardo, nei suoi gesti, nel modo di pronunciare il suo nome e perfino nel suo masochismo.
Come previsto non ci fu alcuna risposta, perché non ce n'era bisogno.
Così, in silenzio, senza aprire bocca, tornò a dormire sul turo terreno e io non dissi nulla, strutto ancora una volta da qual dolore famigliare di perdita, che ancora una volta aveva creato quello stesso vampiro che un tempo avevo considerato quasi un fratello; almeno fino a quando non mi rubò ogni cosa.
Lo osservai per qualche ora, in silenzio, con gli occhi umidi che bruciavano, ma che non versavano alcuna lacrima, perché semplicemente le avevano finite ormai parecchio tempo prima.
Era come se il mio mondo fosse crollato, ma in fondo avrei dovuto saperlo che non avrei mai avuto speranze, eppure mi ero sempre illuso che in tutto quel tempo se avessi passato del tempo con lui, si sarebbe innamorato di me, anche se non mi era mai stato possibile. Quel bastardo me l'aveva rubato da sotto il naso, portandolo via da me, dalle mie mani e io non ero stato in grado, ancora una volta, di difendermi.
Sentii la rabbia montare.
Non poteva amarlo, non poteva! Meritava di meglio, non erano adatti l'uno per l'altro, per lui andava meglio qualcuno che lo trattasse come meritava, in modo dolce. Era come una piccola perla bianca, pura e candida, tanto rara quanto fragile. Per lui andavo bene io!
Ma ero davvero tanto egoista da impormi a lui?
No, lo amavo a tal punto che se la sua scelta fosse ricaduta su Azrael, anche se questa cosa non era un ipotesi, l'avrei lasciato andare libero per la sua strada.
Come avevo fatto a non capirlo prima? Avrei dovuto farlo giorni fa, durante l'incendio alla casa e il nostro sequestro, quando aveva permesso a quel vampiro di toccare la sua pelle nivea, di guardarlo negli occhi perdendosi in quei vortici verdi e azzurri; quando invece io non ero nemmeno riuscito a prenderlo per mano, a strappargli un sorriso vero.
Era come se io non fossi riuscito ad oltrepassare quel muro che aveva eretto, come se mia scala fosse troppo corta per riuscire a finire la scalata per arrivare oltre quell'alto muro.
Sorrisi tra me e me, rassegnandomi a quell'idea.
Oramai dormiva profondamente.
Forse, potevo arrischiarmi a dargli un piccolo bacio, un segreto che sarebbe rimasto celato dal manto scuro che la notte mi stava concedendo.
Mi abbassai lentamente verso il suo viso, trattenendo il respiro; sentire il suo fiato che mi accarezzava il viso era una sensazione bellissima, immaginai che il tocco delle sue dita delicate fosse lo stesso.
Senza indugiare, posai un lieve bacio sulle sue labbra morbide e piene; ma non volevo staccarmi, anzi, volevo approfondire, lasciare che tutto il mio amore e la mia attrazione verso di lui si tramutasse in passione; mi bastava solamente aprire le labbra, lasciare che la mia lingua superasse la barriera che esse creavano e insinuarla tra le sue...
Ma se da una parte l'idea mi allettava, dall'altra mi faceva sentir male.
Mi sarei sentito disgustoso, perché sapevo che se avessi continuato e seguito l'impulso di quel desiderio non mi sarei mai fermato; avrei seguito l'istinto animale che caratterizzava noi vampiri e che invece io tentavo sempre di reprimere.
Con tutta la forza che avevo in corpo, mi staccai da quel dolce ragazzo.
Sorridendo, mi ritrovai a chiedere se anche Azrael si dovesse sforzare per non saltargli addosso e farlo totalmente suo; dopotutto, sia per me che per lui, quel ragazzo era come la mela nel giardino dell'Eden, invitante e proibita.
Anche se una cosa non mi risultava chiara: perché ancora non lo aveva preso? Non era il tipo da farsi scrupoli, eppure questa volta sembrava gentile, quasi innamorato. Che fosse proprio questa la causa della sua domanda e della sua reazione?
Con quel pensiero mi addormentai dandogli le spalle, cullato dal suo profumo e dal cadenzato battito del suo cuore.
Non mi importava se lo amava, avrei lottato fino a che non mi fosse stata tolta la spada di mano.
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