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Capitolo 24

Kenjirou non era pronto – non che ci fosse un modo per esserlo, ma semplicemente non si sentiva in vena di un combattimento ad armi da fuoco contro un equipaggio fantasma che avrebbe dovuto essere una leggenda e che rischiava di ucciderli tutti. Si trattava del piccolo e semplice particolare della sua natura: non aveva un'indole manesca e guerrigliera come gli umani e uccidere gli altri andava contro ogni principio del suo popolo, ma sapeva che ricorrere a certe scusanti quando Hayato gli stava insegnando come menare affondi e fendenti con la sciabola sarebbe stato molto ipocrita e inutile, perché lui ora non era una sirena e nessuno del suo popolo sarebbe corso in suo aiuto per difenderlo in un processo morale. Si limitò quindi a muovere la lama come richiesto e dopo dieci minuti di lezione e prove Yamagata lo promosse a "pirata in grado di combattere, quindi stai sul ponte e cerca di non farti ammazzare". Gli disse anche di sentirsi onorato del titolo poiché quando tutta quella storia sarebbe finita gente come Satori che era ancora rinchiusa in una stanza sarebbe stata presa a calci nel "fondoschiena da pirata fifone" – Kenjirou aveva la sensazione che nessuno avrebbe mai preso a calci Satori, ma non poteva includere in quella cerchia di persone razionali anche Eita, quindi non disse nulla.
A dispetto di quanto si sarebbe aspettato, Semi non gli intimò di andare in sottocoperta o di non prendere parte al combattimento o di salvaguardarsi come aveva fatto fino a quel momento, il che fece dubitare il castano del fatto che quello fosse veramente il suo ragazzo – quella storia del "fidanzato" non gli era ancora del tutto chiara, ma aveva deciso che avrebbe avuto tempo per discuterne con Eita dopo aver evitato di farsi ammazzare.
Il biondo lo prese da parte e indicò con un dito la patina fluorescente in acqua, ora visibilissima anche dal parapeto della poppa. «La nave rilascia quella sostanza. E' composta da molte delle cose che aleggiano nell'aria – in realtà alcuni dicono che sia tipo radioattiva, anche se non so cosa voglia dire –, quindi se una persona ci cade in mezzo non ne esce esattamente in forma. Se ci cadi tu però, beh, credo tu... Insomma...»
«Sarei fottuto.» concluse con calma il più piccolo. Eita annuì con un'espressione pensierosa.
«Beh, si, circa.» agitò una mano. «Cerca di non farti ammazzare, quindi.»
Kenjirou roteò gli occhi. «Voi umani avete tutti questa mania di consigliare di non morire ad un'altra persona, come se questa avesse una qualche sorta di desiderio suicida.»
«In realtà il mio era un augurio di buona fortuna.» si difese Semi con un piccolo broncio.
Shirabu alzò un sopracciglio. «Raccomandazione, vorrai dire.»
«No, un augurio.»
«Sai cos'è un "augurio di buona fortuna"?»
«Certo che lo so!»
«E perché mai dovresti augurarmi di star attento a non morire, per i coralli?!» Eita ridacchiò coprendosi la bocca con una mano.
«"Per i coralli", eh? Cos'è, venerate i coralli?» Kenjirou lo colpì con il palmo della mano sul petto.
«Parla quello che pensa che il mondo sia stato creato da un tizio che vive nel cielo ma che nessuno vede!» sbottò. «Dopo avermi chiesto come facciamo a scopare ora vuoi pure sapere in cosa crediamo?»
Eita sbatté le palpebre e inclinò il capo di lato, confuso. «Eh? Guarda che la mia era una battuta.»
Il castano roteò gli occhi e borbottò: «Lascia perdere.»
Taichi si appoggiò al parapetto al fianco di Kenjirou. «Se la coppietta ha finito di discutere avremmo bisogno di un po' più di personale dai cannoni. In realtà anche di qualcuno che vada a chiamare Sagae e Tendou-san.»
Eita scrollò le spalle. «Posso aiutare con Sagae e i cannoni, ma non credo che riuscirò a far sloggiare Satori dalla sua cabina.»
Taichi alzò le spalle. «Meglio di niente. Umeda vi aspetta sottocoperta. Non fatevi ammazzare.»
Il biondo si allontanò e mentre Semi trascinava Kenjirou di sotto il castano emise un verso strozzato. «Ancora con questa storia?!»

La prima palla di cannone s'immerse al centro dello spazio tra le due navi, ma la seconda perforò lo scafo della Fukurodani lasciando dietro di sé un grosso squarcio. Un forte senso si deja-vù colpì Kenjirou e si ritrovò a pensare allo squarcio lasciato dalla palla di cannone quando ancora si trovava nella vecchia Shiratorizawa. Probabilmente anche Eita ci stava pensando, perché lanciò uno sguardo di traverso al castano. I loro occhi s'incrociarono e un piccolo sorriso si andò a formare sulle labbra del biondo.
«Fomentato per il tuo primo combattimento marittimo, Kenjirou?» il castano fece scattare un sopracciglio verso l'alto.
«Da quando hai un lessico così forbito, Eita?» il diretto interessato gli scoccò un'occhiataccia, ma non fece vacillare il proprio sorriso.
Di certo Kenjirou non aveva intenzione di dire a Semi che non aveva alcuna voglia di sparare per uccidere – poco importava che quegli esseri fossero degli scheletri, dei fantasmi, un qualcosa di non umano, anche se a dirla tutta ne aveva adocchiato di sfuggita uno con un cannocchiale e non aveva potuto far a meno di rabbrividire di disgusto alla vista della pelle marcia che cadeva a brandelli lasciando in bella vista tendini e ossa scheggiate e ammuffite. Se glielo avessero ordinato avrebbe dato fuoco alla corda e avrebbe caricato un'altra palla di piombo, ma non si sarebbe mai sentito pronto per il colpo successivo perché lui non era e non voleva diventare un assassino. La realizzazione lo colpì in pieno e barcollò sul posto. Aveva accettato di rimanere come parte integrante dell'equipaggio della Shiratorizawa, ma non aveva mai pensato al fatto che se lo avesse fatto le sue mani si sarebbero imbrattate di sangue. I membri della Shiratorizawa erano pirati. Eita Semi era un pirata. Lui, Kenjirou Shirabu, ora era un pirata. I pirati erano tutti, in qualche modo, assassini, e ora lo stava per diventare anche lui. Un moto di nausea s'impossessò del suo stomaco ma si affrettò a ricacciarlo da dov'era venuto.
Era ancora perso nei propri pensieri e ragionamenti quando il vero combattimento incominciò. La Nave sparò e un fuoco incrociato tra loro e i loro alleati riempì l'aria di fumo e grigio e riecheggianti rombi. Uno scossone lasciò intendere loro che una parte dello scafo fosse stata colpita e Shirabu fu costretto a sorreggersi al cannone per non perdere l'equilibrio. La nave era stata girata ed erano i cannoni di destra a star sparando, quindi Umeda, Yuu, Hayato e Tsutomu.
Una seconda ondata di fuoco incrociato ruggì nell'aria e questa volta la palla di cannone nemica colpì la stiva. Aprì uno squarcio nella parete proprio mentre Eita gridava ai propri compagni di far fuoco e schivò per un soffio la testa di Yuu. Il kohai del biondo si accasciò a terra dopo aver dato fuoco al cordino del cannone, bianco come un cencio. Semi corse da lui e gli batté due pacche sulle spalle.
«È tutto okay. Vai a vedere com'è la situazione di sopra, su.» lo rassicurò.
Shibata non se lo fece ripetere due volte e si fiondò verso il ponte. Kenjirou non riusciva a capacitarsi di come stare all'aria aperta si sarebbe rivelato meno pericoloso dello stare sottocoperta, ma quando si ritrovò al fianco di Eita a caricare una palla di piombo nella bocca del cannone l'ansia di non riuscir a vedere bene nella periferica per eventuali problematiche gli fece stringere le viscere.
«Ehi.» Shirabu si voltò verso Semi, che gli sorrise incoraggiante. «Andrà tutto bene.»
Kenjirou avrebbe dovuto saperlo che frasi del genere portavano sempre sfortuna al loro seguito. In effetti, anche Eita lo sapeva, ma nessuno dei due avrebbe mai potuto prevedere la concatenazione degli eventi, quindi entrambi decisero di ignorare la brutta sensazione che provavano. Kenjirou avrebbe dovuto tirare un coppino a Semi, invece. Avrebbe dovuto rimpiangere il fatto di non aver più il suo sesto senso da sirena che lo avvertiva dei pericoli imminenti, ma poteva far solo congetture e decise che quelle congetture sarebbero state positive. Mai decisione fu più sbagliata.
Una palla di cannone rombò con furia proprio in mezzo alla Shiratorizawa e alla Fukurodani e sfondò con decisione lo scafo della Nave. Una quarantina di teste si voltò in simultanea nella direzione del rumore e Semi strabuzzò gli occhi alla vista della terza nave.
«Che cosa? Chi sono?» Shirabu lo fissò confuso e il biondo deglutì.
«Quella è la Karasuno.» mormorò, indicando la bandiera nera e arancione che svettava fiera sull'albero maestro. «Se quella nave è qui significa che anche il suo equipaggio è qui...»
«E quindi?» sbottò Kenjirou, irritato. Eita si riscosse. Era ovvio che il suo kohai non potesse conoscere quelle persone.
«Ci siamo scontrati con loro una volta. È successo pochi mesi fa, dopo che la mia reclusione è finita. Ci hanno quasi ucciso tutti.» mormorò. Hayato scosse la testa.
«Questa volta non gli abbiamo rubato nessun tesoro e abbiamo un nemico in comune. Di certo non ci attaccheranno senza motivo.» il volto di Eita non perse il biancore e questo fece scattare Yamagata. Il moro si avvicinò a lui e lo fissò preoccupato. «Dico bene, Semi?»
Tsutomu si voltò verso i suoi senpai. «Semi-senpai, che succede?»
«Io... No, dobbiamo andarcene. Scusate.» Eita corse verso il ponte e in poco tempo si ritrovò davanti Kenjirou. Assottigliò lo sguardo. «Togliti.»
«No. Non finché non mi avrai detto che succede!» sbottò il castano.
«Tu non capisci! Non puoi capire!» esclamò il biondo, tentando di aggirare Shirabu. Quello si mosse di lato e gli bloccò ancora il passaggio.
«Spiegamelo allora!» gridò. Eita strinse i pugni.
«Togliti, Kenjirou. Devo parlare con il capitano.» anche Kenjirou strinse i pugni.
«Certo, è sempre questo il punto! Devi sempre parlare con il capitano, ma con me non parli mai! Mi tratti come se fossi un bambino piccolo che non può capire niente!» Semi tirò un profondo respiro per calmarsi e appoggiò una mano sulla fronte del più basso. Non si aspettava di sentirlo fresco come una rosa, ma nemmeno di dover ritrarre l'arto di scatto per il bruciore. Non c'era da chiedersi come mai stesse delirando in quel modo.
«Kenjirou, devi tornare di sotto. L'Anomalia sta già avendo troppi effetti su di te.» il castano scosse la testa.
«Lo vedi come fai?! Pensi che io non sappia badare a me stesso?!» sbottò. «Non ho intenzione di tornare di sotto!»
«E allora vai da qualunque altra parte, ma levati dal mio cammino!» gridò esasperato Eita. Una palla di cannone volò sopra di loro e atterrò con una precisione millimetrica sopra al ponte della Nave. Un rivolo di sudore scese dalla tempia di Semi. Ricordava bene come la loro nave fosse affondata sotto i colpi forti e strategici della Karasuno e voleva evitare di ripetere la spiacente esperienza, specie dentro l'Anomalia.
Kenjirou afferrò di scatto il braccio di Eita quando questo lo superò. «Prima dimmi cosa sta succedendo!»
Il biondo si voltò verso di lui e lo fissò gelidamente. «Succede che se non mi lasci andare moriremo tutti, quindi levati e vattene prima che ti butti giù dalle scale.»
Il castano tirò un profondo respiro e mollò la presa.
«Bene.» sbottò. «Benissimo. Allora me ne vado. Dopo questa, è finita, Semi.»
Si voltò e tornò in sottocoperta con passo sostenuto. Eita si tastò la fronte e fece una smorfia notando che anche la sua temperatura era alta. Come minimo, superava abbondantemente i trentanove gradi. Avrebbe dovuto correre dietro a Kenjirou e dirgli che no, non voleva che finisse per un motivo tanto stupido, ma combatté contro quella sensazione e salì le scale. Avrebbero avuto tempo di parlare dopo esser sopravvissuti.
La situazione sul ponte era pessima. Semi si avvicinò a Wakatoshi cercando di ignorare il senso di malessere che lo tormentava per aver trattato così Kenjirou e fece segno a Jin di avvicinarsi.
«C'è la Karasuno.» sbottò sottovoce. Jin annuì.
«Già. Lo abbiamo notato anche noi, grazie.» esclamò. Eita gli lanciò un'occhiata e non gli sfuggì il rossore del suo viso. Evidentemente anche su di lui l'Anomalia aveva iniziato a far effetto.
«Soekawa, di cosa mi stavi parlando prima che suonasse l'allarme? Riguardo al modo per uscire dall'Anomalia, sul sacrificare qualcuno.» Jin annuì e si appoggiò al parapetto, ma fu Wakatoshi a prendere parola.
«Parli di Katou?» domandò. Eita annuì. «Che cosa c'entra con l'equipaggio della Karasuno?»
«So che abbiamo sacrificato la sua vita per poter uscire dall'Anomalia. L'ultima volta che ci siamo scontrati con l'equipaggio della Karasuno, loro... Anzi, il piccoletto, quello veloce, uhm...» Jin inclinò la testa di lato.
«Parli di Hinata?» Eita annuì.
«Sì, lui. Mente combattevamo ci ha accusato di aver ucciso un suo amico. So che Katou è stato una specie di mentore per lui in passato e credo si riferisse proprio a questo. E poi c'è il suo amico, quello con i capelli neri...» Semi deglutì. «In quel periodo con noi girava suo nonno, vero?»
«Kazuyo Kageyama? Sì, è vero. È morto di vecchiaia poco dopo che abbiamo incontrato l'Anomalia. Perché lo chiedi?» domandò Ushijima.
Eita scosse la testa. «Il nipote è convinto che sia stato un omicidio. Ho provato a dirglielo, ma...»
Jin sgranò gli occhi. «Credi che ci attaccheranno in cerca di vendetta?!»
Il biondo gli rivolse uno sguardo grave e annuì, ma prima che potesse dire qualcosa una luce rossastra li illuminò per pochi secondi e attirò la loro attenzione. La palla infuocata si diresse a tutta velocità verso il vascello fantasma e centrò con un colpo secco il centro del ponte.
«Come...» Yuushou – Eita lo aveva trascinato a forza sul ponte prima che scoppiasse lo scontro ed era anche riuscito a portare Satori a prua per evitare che morisse d'iperventilazione da solo - si sporse dal parapetto. «Quella era una fottutissima palla infuocata?! Com'è possibile?!»
Un guizzo di fiamme si levò in lontananza e poi ci fu un grosso scoppiò. Dalla Nave si levarono le fiamme e l'aria sfrigolò di elettricità. Prima che qualcuno potesse esultare una seconda palla infuocata venne sparata dalla Karasuno e sotto gli sguardi atterriti dell'equipaggio andò ad aprire uno squarcio nella sottocoperta della Shiratorizawa.
Eita elaborò il tutto in una buona decina di secondi e realizzò la gravità della situazione solamente quando Hayato trascinò sul ponte Yuu, svenuto, seguito in fretta anche da Umeda che si trascinava dietro Tsutomu. Le fiamme divamaparono dietro di loro. Jin e Kai si fiondarono dal moro che crollò in ginocchio sotto un attacco di tosse e Taichi raggiunse in pochi secondi il corvino. «Stai bene?!»
Eita si fece largo tra la folla e prima che Hayato potesse rispondere domandò: «Dov'è Kenjirou?»
Yamagata gli lanciò un'occhiata tra il preoccupato e il compassionevole e Semi sgranò gli occhi. «È ancora di sotto. Quando la sottocoperta ha preso fuoco era dall'altra parte delle fiamme.»

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