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Capitolo 23

Era tutto un disastro ed Eita era certo che semmai fossero usciti vivi di lì si sarebbe convertito a monaco stilita. Non era stato tanto il riuscire a convincere Koutarou e Tetsurou a non farli fuori a dare problemi, perché era chiaro che nessuno dei due volesse mettere a repentaglio la vita del proprio equipaggio. Il vero problema era l'Anomalia in sé e ciò che il capitano della Fukurodani aveva raccontato loro.
L'ufficio di Koutarou si trovava nella poppa della Fukurodani, appena sotto il timone, e tre delle pareti erano fatte quasi completamente di vetro. Una patina verdastra si era andata a depositare sulla sabbia cotta ma Eita riusciva ancora a vedere fuori. Jin fissava nervosamente il mare che si stavano lasciando alle spalle e sembrava estraneo alla conversazione, mentre Wakatoshi e Reon discutevano animatamente con Koutarou, Keiji, Tetsurou e Nobuyuki, che a quanto pareva era il vicecapitano della Nekoma – Eita era abbastanza sicuro del fatto che non servissero così tante persone per delle trattative di pace già accordate, ma non si era espresso per rispetto verso i propri compagni.
«Ti dico che è impossibile capire se stiamo girando in tondo!» Reon scosse la testa.
«Noi avevamo calcolato la posizione attraverso la mappa. Se virassimo verso sinistra di certo riusciremmo ad uscire.» Keiji scosse la testa.
«No. Noi ci stavamo dirigendo verso nord quando ci siamo incontrati. Dirigendoci a sinistra andremmo dritti verso il centro dell'Anomalia.»
«No, è impossibile. Noi stavamo andando ad est.» ribatté Wakatoshi. «Quindi voi stavate andando a sud.»
«No. Stavamo andando a nord.»
«Ti ripeto che è impossibile.»
«O magari siete voi che avete sbagliato direzione.»
«Impossibile.»
«E come puoi dirlo? Hai delle prove? La vostra bussola funziona?»
«No, ovviamente no. Le bussole non funzionano nell'Anomalia.»
Eita affiancò il suo vicecapitano e guardò fuori. «Noti qualcosa di strano?»
Jin si voltò verso Semi che lo guardò incuriosito. «Quanto strano? Più strano della nebbia tossica in cui siamo immersi, vuoi dire?»
Soekawa annuì e aprì la bocca per parlare, ma poi si fermò e tornò a guardare fuori. Il biondo si domandò se avesse adocchiato qualcosa o se il pezzo di stoffa che fungeva da mascherina avesse semplicemente smesso di filtrare bene i gas nocivi.
«Credo che ci stia seguendo.» esclamò. «È vicina.»
«La Nave?» Jin annuì.
«Sì. Stiamo girando intorno.» rispose il vicecapitano. «O per lo meno... Noi stiamo continuando ad andare avanti. È l'Anomalia stessa a girarci intorno. Ci tiene intrappolati. Come...»
Eita strinse le labbra e completò la frase al posto suo. «... l'ultima volta. Me lo ricordo. Come ne eravamo usciti?»
Soekawa rabbrividì. «Glielo abbiamo lasciato.»
Il biondo corrugò le sopracciglia. «Glielo abbiamo lasciato? Chi?»
Jin sospirò e si voltò verso Semi, stringendo le labbra. Nel suo sguardo il biondo riuscì a leggere tutto il senso di colpa che stava provando. Si domandò cosa stesse succedendo ma per quanto sforzasse la memoria proprio non riusciva a ricordare come avessero fatto ad uscire dall'Anomalia l'ultima volta che ci si erano imbattuti. Improvvisamente, il suo viso si fece scuro.
«Cosa mi stai nascondendo, Soekawa?» Jin deglutì e si girò intorno con fare preoccupato, poi si avvicinò a Semi.
«Semi, l'ultima volta che ci siamo imbattuti nell'Anomalia ti ricordi che Tendou ha toccato un Maledetto?» Eita annuì. Si ricordava alla perfezioni le grida di dolore del rosso quando la sua mano aveva iniziato ad avvizzire.
«Sì. Mi ricordo che siete tornati sulla nostra nave con Satori che era bianco come un cencio e poi lui ha iniziato ad urlare e a dire che gli stava come andando a fuoco la mano ed è quasi svenuto quando quella ha iniziato ad avvizzire. E poi... poi...» Eita corrugò le sopracciglia. Poi cos'era successo? La sua espressione si fece grave. «Jin, cos'avete fatto?»
Il vicecapitano sospirò. «Eita, l'Anomalia richiede un tributo. Senza darle quello che vuole continuerà a tenerci intrappolati qui dentro e finiremo per morire di stenti o per essere tutti Maledetti.»
Eita lo guardò confuso. «Cosa significa? Non... Noi non abbiamo dato un tributo a nessuno.»
«Noi durante quel periodo non giravamo da soli.»
«No, certo che no. Con noi giravano anche Washijou-san e Saitou-san. Ma... Loro sono sull'isola, no? Siamo stati lì poco tempo fa.» Jin scosse la testa amareggiato.
«No, Semi. Con noi girava anche un'altra persona.» gli occhi di Eita si spalancarono e la consapevolezza lo investì come una gelida secchiata d'acqua.
«Katou...» in quel momento una campana d'allarme suonò.

Yuuki aveva deciso di prendersi una pausa quando era salito sulla Fukurodani, quindi si era ritirato nella cabina di Sou che aveva gentilmente offerto di condividere con lui il proprio letto. Si era appena assopito quando un forte rumore stridulo lo fece sobbalzare e si tirò a sedere di scatto sul letto, guardandosi intorno con aria confusa. Si massaggiò la testa e si alzò, dirigendosi verso il ponte. Non si prese nemmeno la briga di infilarsi gli stivali, o il gilet di pelle nera che gli aveva portato Morisuke o qualunque altro capo d'abbigliamento che non fossero i pinocchietti marroncini e la camicia bianca infilata nella cintura di cuoio.
Il ponte era in subbuglio. I membri della Nekoma si mischiavano a quelli della Fukurodani con tranquillità e si scambiavano l'un l'altro ordini e indicazioni per poter voltare la nave e armare i cannoni. Per un attimo Yuuki ebbe paura che stessero per attaccare i membri della Shiratorizawa perché anche loro stavano correndo indaffarati da una parte all'altra del ponte e della sottocoperta, poi un'ombra in lontananza gli fece accapponare la pelle. Si avvicinò al parapetto e assottigliò lo sguardo per osservarla meglio, ma non aveva bisogno di accertamenti per sapere che si trattava della Nave. L'aria attorno al vascello era più putrefatta e man mano che si avvicinava una scia di fluido fosforescente giallo si spargeva in acqua per poi affondare in profondità con le onde e riemergere poco dopo, quasi fosse una sostanza oleosa. Una zaffata di vento gli smosse i capelli e il corvino si portò una mano alla bocca al sentir il fetore di marcio che emanava la Nave.
Al suo fianco si appoggiò Sou con aria pensierosa. Yuuki alzò lo sguardo su di lui.
«Ti sei riposato?» domandò il castano, spostando i grandi occhi marroni su quelli scuri del corvino. Shibayama annuì.
«Un po', si.» Sou strinse le labbra e mormorò.
«Sai, quando sono caduto in mare ho pensato che sarei morto perché la Nave era proprio dietro di me.» Yuuki lo guardò con la coda dell'occhio. «Poi ho visto Kuroo-san buttarsi in mare e con una corda e mi hanno tirato su poco prima che uno degli scheletri potesse prendermi con la loro rete.»
«Inuoka, io...» Shibayama si morse un labbro. «Mi dispiace di averti abbandonato. Ero spaventato e tu mi hai gridato di andarmene e non sapevo cosa fare e la Nave si stava avvicinando e-»
«Se fossi rimasto avrebbero preso me o te. Sono felice che tu mi abbia abbandonato e sia riuscito a salvarti.» Sou si voltò verso Yuuki e sfoderò un grosso sorriso trentadue denti. Le guance del corvino si colorarono di rosso e abbassò lo sguardo sentendo gli occhi pizzicare di lacrime che si sforzò di trattenere.
«Anch'io sono felice che tu stia bene, Inuoka.»
Allungò una mano e prese delicatamente quella del più alto tra le sue. Il castano allargò il suo sorriso e gliela strinse, poi Kenma fece la sua comparsa con le mani infilate in tasca e un'espressione irritata in viso.
«Potreste dare una mano con i preparativi? Yaku si sta innervosendo.» borbottò il biondo. I due si scambiarono un sorriso complice e annuirono. Kenma si allontanò senza dire nulla e Tetsurou gli tirò una pacca sulla spalla.
«Andiamo. Non voglio che Yaku-senpai si arrabbi con noi.» esclamò Sou, trascinando Yuuki verso la sottocoperta. Conosceva le ire di Morisuke e non era sicuro di volerle affrontare. «Ma prima devi metterti qualcosa addosso!»

Yuushou avrebbe voluto prendere una scialuppa di salvataggio, caricarsi Kai sulle spalle e scappare con una cassa di provviste. Kai avrebbe voluto che Yuushou riuscisse a mantenere la calma nelle situazioni d'emergenza ma evidentemente quello che chiedeva non era abbastanza, oppure gli dei avevano deciso che non era degno di esprimere desideri e quindi ora Akakura si ritrovava a dover calmare non solo Satori che era andato di nuovo in panico, ma anche il suo fidanzato. Avrebbe tanto, tanto voluto buttare uno dei due in mare ma il suo buon cuore glielo impediva, quindi si limitò a trascinarli entrambi in una cabina e a chiuderceli dentro. Quando tornò sul ponte Yuu lo fissava accigliato. Aveva ritirato fuori la sua lama e la stava affilando con più teatralità del necessario – forse, si disse Kai, serviva a convincerlo che se i pirati della Nave lo avessero visto affilare la lama con tutta quella scena avrebbero avuto paura di lui e se ne sarebbero andati; Akakura riusciva solamente a vedere la faccia divertita di Hayato che stava al timone e lo fissava con la coda dell'occhio, imitando di tanto in tanto i suoi movimenti per sbeffeggiarlo.
«Esattamente, cosa stai facendo?» Taichi si allungò da dietro la spalla del suo kohai e lo fece sobbalzare. Strinse le labbra in una linea per nascondere il sorrisetto divertito e alzò un sopracciglio. Yuu spostò lo sguardo di lato e bofonchiò imbarazzato: «Nulla di ché. Sto solo affilando la lama.»
«Oh, si. Sembreresti più minaccioso se però la affilassi verso la punta e non verso la guardia.» rispose il biondo. Le guance di Yuu si colorarono ancora di più di rosso.
«È una tecnica!» esclamò. Il sopracciglio di Taichi scattò ancora di più verso l'alto e Yuu si affrettò a continuare: «Una tecnica per... per rendere i bordi più taglienti.»
«Oh, è interessante.» rispose il biondo e Kai non riuscì a capire se stesse scherzando o se fosse mortalmente serio.
«Taic... Kawanishi-san!» Tsutomu si avvicinò di corsa. Shibata dovette soffocare una risatina e si sporse verso Kai.
«Lo chiama per nome. Hai visto? Si chiamano per nome ora. Non si sono messi insieme nemmeno cinque ore fa e ora si chiamano per nome. Non è divertente?» Kai gli tirò una piccola gomitata e sorrise.
«No, penso che sia molto dolce invece.» Shibata roteò gli occhi divertito.
«Hai un cuore troppo grande. Se Sagae ti fa del male...» Akakura sorrise.
«Grazie, Shibata.» rispose. «Ma credo che Yuushou non mi farà mai nulla di male. Non è un persona cattiva.»
Yuu scrollò le spalle con nonchalance. «Non si sa mai. Preferisco prevenire.»
Un improvviso fragore fece sobbalzare i due amici. Alzarono in contemporanea lo sguardo e lo puntarono nella direzione dell'origine del suono. Un cannocchiale fracassato si era schiantato a terra dalla cima dell'albero maestro e i suoi resti rotolavano da una parte all'altra del ponte, scontrandosi talvolta con un tintinnio metallico. Una decina di sguardi si volse verso l'alto solo per incrociare lo sguardo atterrito di Yunohama. Tsutomu fu il primo a reagire – aveva preso il suo compito da "addetto alla vedetta" con molta serietà ultimamente – e si fiondò sulla scala a pioli.
Dalla cime dell'albero non si notavano grandi cambiamenti e ci mise un po' a notare la patina color giallo fosforescente che galleggiava sull'acqua. Con la coda dell'occhio vide i membri della Nekoma e della Fukurodani correre da una parte all'altra del ponte, intenti ad armare i cannoni. Deglutì. «Yunohama-senpai... che cos'è quella sostanza?»
All'inizio l'altro non rispose, poi sentenziò con preoccupazione: «Dai l'allarme.»
Tsutomu corrucciò le sopracciglia. «L... L'allarme?»
«Suona la campana o grida! Abbiamo bisogno di più gente possibile che si prepari al combattimento e, per gli dei, chiama il capitano.» il corvino sentì un brivido di paura percorregli la colonna vertebrale. Puntò lo sguardo in avanti e fissò l'ombra scura sempre più grande che si avvicinava.
«Quella è la Nave, vero?» Yunohama annuì e Tsutomu tirò un profondo respiro. «Va bene.»
Poi scese nuovamente sul ponte e suonò con forza la campana d'allarme.

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