Capitolo 21
Eita si era reso conto che qualcosa non andava dopo che tutto aveva iniziato a puzzare e dopo che la sua vista aveva iniziato a sfocarsi quando sbatteva più volte le palpebre. Anche Kenjirou si era accorto che qualcosa non andava ma solo perché la sua capacità di concentrazione era calata.
«... E poi abbiamo tirato su quella rete e il pesce era enorme. Tsutomu lo ha...» Eita abbassò lo sguardo su Kenjirou. «Mi stai ascoltando?»
Shirabu socchiuse gli occhi e girò la testa verso Eita. «Scusa... Credo di essermi addormentato.»
Semi gli accarezzò delicatamente la frangetta. «Vuoi riposare un po'? Andiamo in cabina se vuoi.»
Kenjirou sbadigliò coprendosi la bocca con una mano e annuì. «Sì, grazie.»
Eita si alzò e se lo caricò in braccio, diretto verso la loro cabina. Raggiunse la stanza e fece adagiare delicatamente Shirabu sulla sua branda, poi gli baciò la fronte. «Vado a vedere come sono messi di sopra, okay? Tu riposa. Tra poco torno.»
Il castano mugugnò una risposta veloce e si raggomitolò sotto la coperta che Eita gli depositò sul corpo. Il biondo lasciò la cabina e si diresse tranquillamente verso il ponte. Si fermò solamente sulla sommità delle scale, confuso, quando vide Yuu e Kai corrergli incontro con il viso coperto dalla stoffa. Li guardò vagamente divertito.
«Hanno deciso di fare una specie di sfida a chi trova la maschera migliore?» domandò Eita mentre i due gli si fermavano davanti, ma non appena vide i loro visi pregni di preoccupazione il suo sorriso divertito vacillò.
«Senpai, copriti la bocca e il naso!» gridò Kai, frugando in tasca alla ricerca di un panno. Eita inclinò la testa di lato, confuso.
«Che succede?» Yuu gli piantò davanti al viso un pezzo di stoffa che lo fece sobbalzare.
«Siamo dentro l'Anomalia! Perché non ti sei coperto il viso?!» sbottò Shibata.
Il cuore di Eita perse un battito. L'Anomalia. Erano dentro l'Anomalia. Superò i suoi kohai con una spinta e mentre si legava il pezzo di stoffa attorno alla testa salì su ponte. Il suo cuore perse un secondo battito mentre osservava il pesante banco di nebbia verde che accerchiava la nave. Tutti attorno a lui correvano da una parte all'altra della nave, frenetici mentre armavano i cannoni, sistemavano le vele, spostavano casse e cannocchiali al fianco della balaustra. Tutti portavano la stoffa attorno al viso.
Taichi affiancò Eita. «Ti sei deciso a farti vivo, finalmente.»
Anche Tsutomu li raggiunse. «Senpai! Dov'eri? Dov'è Shirabu?»
Il cuore di Eita si fermò. Erano nell'Anomalia. Da quanto? Quanto gas avevano respirato? Ecco spiegato il perché della vista sfocata. Semi si voltò con il viso stralunato verso Tsutomu e mormorò. «Cosa...?»
Il corvino inclinò la testa di lato. «Ti ho chiesto dov'è Shirabu. Era con te, no? Sta meglio?»
Kenjirou! Eita sentì le gambe tremare. Kenjirou non aveva mai avuto a ché fare con l'Anomalia. Il suo organismo era umano, certo, ma talmente puro che era un miracolo che non si fosse intossicato con l'aria della città. E lui lo aveva lasciato da solo.
«Kenjirou...» rifletté, poi si voltò di scatto e si scapicollò verso la propria cabina. Se avevano veramente respirato l'aria tossica dell'Anomalia e quella aveva avuto effetti anche su Eita, allora Kenjirou... Kenjirou si stava intossicando. Taichi e Tsutomu lo seguirono a rotta di collo. «Kenjirou sta ancora respirando l'aria dell'Anomalia!»
Spalancò la porta della cabina e si affrettò a raccogliere un pezzo di stoffa. Lo legò attorno al viso di Shirabu e lo scosse tremando per le spalle. «Shirabu! Shirabu!»
Taichi e Tsutomu lo raggiunsero incespicando e lo affiancarono. «Avete respirato l'aria dell'Anomalia?!»
Semi scosse ancora il castano che non diede segni di vita. I suoi occhi rimasero chiusi e il corpo immobile se non per il petto che si alzava molto lentamente. «KENJIROU!»
Eita sollevò di scatto la stoffa della mascherina del castano e prima che qualcuno potesse fermarlo calò le labbra sulle sue e prese una gran boccata d'aria. Il sapore di marcio gli invase la gola e gli fece bruciare i polmoni. La testa gli vorticò pericolosamente mentre buttava fuori quell'aria marcia e ripeteva il processo togliendo quell'aria tossica dai polmoni del compagno. Il petto dell'altro ebbe una contrazione involontaria quando Eita prese l'ennesima boccata d'aria e la buttò fuori. «Kenjirou... Kenjirou, ti prego... Ti prego...»
Lo scosse ancora una volta per le spalle premendogli la stoffa sul viso perché filtrasse anche solo un po' di quelle sostanze tossiche e finalmente ebbe una reazione. Le palpebre del compagno si socchiusero e lui fece vagare lo sguardo stanco su Eita, mormorando. «Eita... Che succede...?»
Semi crollò in ginocchio, tremando, e strinse forte la mano del castano sospirando di sollievo. Anche Taichi e Goshiki sospirarono sollevati e il biondo trascinò il corvino fuori dalla porta. «Andiamo a prendere un panno bagnato. Voi intanto andate sul ponte.»
Eita non se lo fece ripete una seconda volta e prima che il suo compagno ormai quasi completamente sveglio potesse protestare lo prese in braccio e si diresse verso il ponte.
«Eita, che succede?» Kenjirou si strinse al suo collo con una mano e si premette la stoffa sul viso con l'altra. Non era del tutto sveglio e la sensazione di potersi assopire seduta stante sulla spalla di Eita era ancora forte, ma aveva capito che la situazione era più grave del previsto e il sollievo che Semi aveva provato quando lo aveva visto sveglio aveva fatto capire lui che qualcosa di grave era successo.
«Siamo dentro l'Anomalia.» ribatté Eita, salendo sul ponte. Kenjirou rabbrividì nel guardarsi intorno e vedere la nebbia verde che li circondava. «Io... Tu... Pensavo che fossi morto...»
Shirabu deglutì mentre Tsutomu si avvicinava con un panno bagnato e glielo allungava. «Questo dovrebbe trattenere meglio i gas nocivi.»
Kenjirou si cambiò velocemente il panno da davanti al viso dopo che Eita lo ebbe lasciato andare e si stropicciò gli occhi. «Sto bene.» lanciò un'occhiataccia al viso preoccupato di Tsutomu. «Smettila di guardarmi così, moccioso con la testa a scodella.»
«SemiSemi!» Eita, Kenjirou e Tsutomu si voltarono nella direzione di Satori. Sembrava più pallido del solito e il viso era coperto da una stoffa di un viola acceso. Anche se il suo tono era allegro tutti erano riusciti a cogliere una nota di paura nella sua voce ma nessuno ebbe cuore di farglielo notare perché vedere Tendou in piedi e che tentava di scherzare in quella situazione che lo costringeva ad affrontare uno dei suoi più profondi terrori era già un miracolo dal cielo. «Ti sei fatto vivo finalmente! Avevo iniziato a credere che ti fossi nascosto in camera.»
«Mi stai dando del codardo?» scherzò il biondo, dandogli una pacca sulla spalla. «Dov'è Ushijima?»
Satori indicò il timone dove il capitano e il suo vice stavano avendo un'animata discussione mentre indicavano una bussola e una mappa. «Stanno cercando di capire da che parte andare.»
«Kenjirou.» Eita si voltò verso il castano che era ancora leggermente stordito ma che si sentiva decisamente meglio rispetto a prima. «Se ti senti male... Se senti qualunque cosa strana, avverti. Il tuo corpo non è abituato a questi livelli d'inquinamento quindi risentirai molto di più dei gas dell'Anomalia e mi sorprende anche in realtà che tu sia riuscito a sopportare quello nella città.»
Il castano annuì. «Se sto male avverto. Capito.»
Osservò Eita allontanarsi e immediatamente Satori gli circondò con un braccio le spalle. «Allora, Kenjirou-kun... Che ne dici di darci una mano ad armare i cannoni?»
Kenjirou rispose con un grugnito mentre si avvicinavano ai grossi sputa-piombo, come a Yuuji piaceva chiamarli. «Non so come si faccia.»
«Oh, è piuttosto semplice in realtà.» Satori batté con due colpi secchi una mano sul cannone e si lanciò in una lunga e disparata spiegazione sul funzionamento del cannone – spiegazione che Kenjirou si rifiutò di ascoltare. Aveva sempre pensato che gli umani fossero creature violente e quando aveva deciso di entrar a far parte dell'equipaggio a bordo della Shiratorizawa si era ripromesso che mai e poi mai avrebbe preso parte ad un combattimento armato, ma quella, si costrinse a riflettere, era una situazione disperata e se volevano sopravvivere al confronto con la Nave avrebbero avuto bisogno di tutte le opzioni d'offensiva possibili.
«Smettila di divagare e dimmi come si arma.» sbottò il castano, afferrando una delle pesantissime palle di piombo. Quasi gli caddero le braccia quando iniziò a sollevarla ma strinse i denti ed ignorò il dolore, guardando Satori con la coda dell'occhio in attesa che gli dicesse cosa fare. La sua espressione trasudava di segnali d'emergenza e Satori se se ne accorse – Shirabu notò con rammarico che nemmeno lo guardava – non diede segno di aver colto quegli avvertimenti. Si limitò a spiegare per filo e per segno come la palla di cannone sarebbe stata spinta in avanti una volta appiccato fuoco alla miccia e Kenjirou, stufo di tutto quell'allenamento non richiesto, smollò la palla di piombo all'interno dell'artiglieria pesante.
«Sì, puoi farlo anche così.» suppose il rosso, massaggiandosi il mento con le dita. Kenjirou giurò a se stesso che se non fosse stata l'Anomalia ad uccidere quell'irritante senpai che si ritrovava gli avrebbe stretto lui stesso le mani attorno al collo per fargli mancare l'aria.
Yuuki salì sul ponte quando Kenjirou e Satori ebbero finito di armare tutti i cannoni della stiva. Si incrociarono nel primo piano della sottocoperta e il castano sobbalzò nel vederli, come se non si aspettasse che su quel vascello potessero esserci un ragazzo estremamente serio e con un cipiglio irritato o un tipo fin troppo esuberante che canticchiava canzoncine senza un filo logico e faceva pulsare a ritmo sempre maggiore una vena sulla fronte del più piccolo.
«S-salve!» Shibayama si guardò intorno e si torturò le mani nervosamente. Kenjirou e Satori si voltarono verso di lui incurisitì e gli occhi del rosso si spalancarono.
«Oh! Tu sei il ragazzo della Nekoma!» esclamò, saltellandogli intorno con un sorrisetto irritante agli occhi di Kenjirou. Il castano chinò il capo in segno di saluto e Yuuki rispose con un profondo inchino.
«M-mi chiamo Yuuki Shibayama.» mormorò nervosamente. «Ecco... Sono salito sul ponte per sapere cosa sta succedendo. Ho visto che siamo dentro l'Anomalia.»
Tendou gli circondò le spalle con un braccio e lo trascinò sul ponte, allargando le braccia per indicare la fitta nebbia verdognola che li circondava e lasciava spazio al campo visivo solamente per qualche decina di metri. «Eccoci qui! Di nuovo.»
Da uno dei cannoni Yuu e Kai si voltarono verso di lui e Shibata fece scattare un sopracciglio verso l'alto. «Come fa ad essere di nuovo così attivo? Fino a poco fa era in panico.»
Satori si voltò verso di lui e gli rivolse il suo miglior sorriso da "guarda che ti sento". Yuu ricambiò l'occhiata sardonica con uno sguardo alla "lo so e non mi interessa". Il rosso si avvicinò e gli circondò le spalle con un braccio. «Cosa ci fai ai cannoni, Shibata-kun? Non dovresti essere al timone? Wakatoshi-kun non l'ha lasciato a te per andare a parlare con Eita-kun nel suo ufficio?»
«Yamagata-san è tornato e mi ha detto che potevo andare a sistemare le ultime casse di materiale esplosivo.» rispose quello, allontanandosi dalla stretta del suo senpai e lanciando uno sguardo verso Yuuki e Kenjirou. «Quello è il tipo della Nekoma?»
Satori annuì. «Sì. Shiba... Shibayata? Shitayata? Qualcosa del genere. Yuui.»
Yuu si avvicinò a lui e tese una mano verso Yuuki. «Yuui Shitayata? Sono Yuu Shibata.»
Le orecchie di Yuuki si tinsero di rosso e tutti nel giro di pochi metri poterono notarlo alla perfezione nonostante la nebbia verde che aleggiava attorno a loro. Il corvino non si perse d'animo e sorrise, stringendo calorosamente la mano di Yuu. «È Yuuki Shibayama. Piacere mio.»
Yuu sbatté più volte le palpebre e si voltò verso Satori, piegato in due dalle risate per la pessima figura appena fatta dal suo kohai. Shibata si segnò mentalmente di farla pagare al rosso il prima possibile e tornò a concentrarsi su Yuuki. «Scusami.»
Yuuki, quale anima di buon cuore qual'era, scosse la testa mantenendo il suo sorriso e ringraziando il cielo che non si notasse la sua aria divertita da dietro la stoffa che gli copriva naso e bocca. «Non preoccuparti.»
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