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Capitolo 20

Yuuki aveva appena aperto gli occhi quando il dolore alla testa e ad ogni singolo muscolo del suo corpo fu attenuato dalla consapevolezza di non saper dove si trovasse. Provò a mettersi seduto ma le braccia tremarono per lo sforzo e questo bastò per convincerlo a non muoversi. Si guardò intorno con fare circospetto e analizzò ogni particolare della stanza, dal piccolo vaso di fiori tenuto sul comodino alla branda vuota e malmessa di fianco a lui, alle onde che sbattevano contro l'oblò.
Chiuse gli occhi sforzandosi di ricordare cosa gli fosse successo ma gli eventi si susseguivano in sequenza solamente fino alla caduta in mare di Sou e alla sua fuga da codardo. Sentì un tuffo al cuore nel constatare che aveva abbandonato i suoi compagni. Non se lo sarebbe mai perdonato e ora, ovunque fosse – era certo che quella stanza non esistesse sulla sua nave e nemmeno sulla loro compagna d'avventure, la Fukurodani -, avrebbe dovuto trovare le forze necessarie per alzarsi e andare a cercare in mare aperto il resto della sua ciurma.
La porta della camera si aprì con un cigolio e ne entrarono due sconosciuti. Yuuki li osservò e quello più basso sorrise. Hayato si accostò al letto allegramente. «Oh, ciao! Ti sei svegliato finalmente!»
Reon appoggiò una mano sulla spalla del castano. «Così temo tu lo stia spaventando.»
«Io...» Yuuki corrugò le sopracciglia. «Voi chi siete? Dove sono?»
Reon appoggiò il secchio per terra e appoggiando una mano sulla fronte del corvino constatò che poteva essere malato, dato l'insolito calore corporeo che emanava. Strizzò un panno appena bagnato e glielo adagiò in fronte. Un senso di sollievo invase Shibayama che nemmeno si era accorto di star bollendo, tanto preoccupato com'era. «Grazie.»
Hayato si sedette sul bordo del letto. «Come ti senti? Quando ti abbiamo tirato su eri in un pessimo stato.»
«Non me lo ricordo.» ammise il più piccolo, spostando leggermente lo sguardo e sentendo le guance già rosse di loro sicuramente a causa della febbre diventare ancora più rosse.
«Beh, non è che sia successo poi chissà che. Eri su una barchetta tutta sgangherata e ti abbiamo tirato su. Ci hai detto che siete stati attaccati dalla Nave dentro all'Anomalia, poi sei svenuto.» Yuuki si mordicchiò un labbro nervosamente, annuendo. «Sei un marinaio della Nekoma?»
«Sì, è vero.» rispose. «Io... Non avete visto nessun altro?»
«No, ma l'Anomalia è a pochi chilometri da noi ora.» rispose Reon, sospirando e sedendosi su una sedia. «Come ti chiami?»
«Yuuki Shibayama.» rispose diligentemente quello, spostando lo sguardo da Hayato a Reon. «Dove siamo?»
«Sulla Shiratorizawa.» il castano si piegò incuriosito verso il corvino che si ritrovò a sgranare gli occhi. «Perché eravate nell'Anomalia?»
Yuuki sospirò. «Beh... Ci stavamo dirigendo verso un'isola vicina per fare dei rifornimenti ed incontrarci con Bokuto e i suoi uomini della Fukurodani ed è comparsa all'improvviso. Non abbiamo fatto in tempo a cambiare rotta e ci siamo ritrovati nella nebbia. In realtà ci sembrava una nebbia anomala e tutti avevamo più o meno sentito parlare dell'Anomalia, ma nessuno ci credeva veramente quindi abbiamo continuato a navigare senza troppe preoccupazioni.»
«Non vi ci eravate mai imbattuti?» Hayato guardò Yuuki sorpreso. «Molti affermano di averla vista, anche se da lontano.»
«No, è la prima volta anche per i senpai.» rispose il corvino. «In ogni caso, la bussola ha iniziato ad impazzire man mano che andavamo avanti e quindi abbiamo deciso di rallentare a mezzevele per evitare inconvenienti. Poi è comparsa quest'altra nave ed è stato... Orribile.»
Un brivido di paura percorse la spina dorsale di Yuuki mentre l'immagine della Nave gli ritornava prepotentemente in testa. Deglutì. «Era una nave grande, un veliero con tre alberi maestri, ma... Il legno era marcio e puzzava... Le vele erano strappate e cadevano a brandelli e alcuni dei loro sostegni era spezzato e sul punto di cadere. Si è avvicinata e ha iniziato a spararci ma le palle di cannone non erano di normale piombo. Sono esplose al contatto con la nostra nave ed è andato tutto a fuoco. Molti di noi sono saliti sulle scialuppe di salvataggio, ma gli altri... Non so bene cosa sia successo agli altri che sono caduti in mare o sono rimasti sulla nave mentre affondava. Il nostro capitano ci ha ordinato di scappare e siamo andati via, ma il ragazzo che era con me... Ci hanno sparato di nuovo con i cannoni e lui è caduto in mare. Mi ha detto di andare via però...»
Yuuki corrugò le sopracciglia, confuso. Era vero, Sou gli aveva detto di andare via, ma lui... Lui non poteva veramente aver abbandonato Inuoka, vero? Insomma, Inuoka era... Era... Yuuki si tirò a sedere con gli occhi sgranati e un senso di nausea si impossessò di lui. Aveva abbandonato Sou, eppure ricordava chiaramente di aver protestato. «I-io... Non...»
Un scintilla di preoccupazione attraversò lo sguardo di Reon, che si avvicinò a lui e posò una mano sulla sua spalla. «Ti stai sentendo male?»
Shibayama sentì le labbra tremare e deglutì. «Io l'ho abbandonato... Ma... Ma gli avevo detto che non lo avrei fatto... Però me ne sono andato... Me ne sono andato...»
Hayato afferrò per le spalle il corvino. «Guardami, Shibayama.»
Yuuki voltò lo sguardo stralunato verso di lui, tremando, e mormorò: «L'ho abbandonato...»
«Ascoltami bene. L'Anomalia fa impazzire le persone. Confonde la loro mente, gioca brutti scherzi di memoria. Sono sicuro del fatto che tu non abbia abbandonato volutamente i tuoi compagni e dovresti esserlo anche tu perché si vede bene che tieni molto a loro, quindi ora calmati. Respira con me.» Hayato tirò una gran boccata d'aria e Yuuki lo imitò. Espirarono ed inspirarono nuovamente e poi ancora, per quattro o cinque volte. «Va meglio?»
Yuuki annuì. «Sì, grazie...»
«Hayato Yamagata.» rispose prontamente il castano, poi indicò Reon. «Lui è Reon Oohira.»
La porta venne spalancata di scatto e sulla soglia fece irruzione un trafelato Umeda con il fiatone. Puntò lo sguardo su Oohira. «L'Anomalia ci ha quasi raggiunto. Satori è in panico. C'è bisogno di voi.»
In quel momento, mentre Hayato e Reon si alzavano in tutta fretta, dall'oblò incominciò a filtrare un fumo verdognolo.

Yuushou correva da una parte all'altra del ponte della nave con un pezzo di stoffa legato dietro la testa a coprire naso e bocca, come tutti quelli che si trovavano all'aria aperta. L'Anomalia li aveva raggiunti in pochissimo tempo e avevano avuto si e no il tempo di proteggersi il volto che si erano ritrovati inglobati al suo interno. Satori era andato in panico quando lo avevano implorato di dare ascolto a Jin e di mettersi quel dannato tessuto davanti alla faccia e ora tremava come una foglia al vento, rannicchiato al fianco di Kai che tentava di calmarlo.
«Vado a chiamare Ushijima.» sentenziò Yuu, tirandosi in piedi. Kai allungò una mano verso di lui prima che potesse salire sul ponte.
«No! Sta dirigendo le operazioni per tirarci fuori da qui!» Shibata si voltò verso Akakura e agitò le mani nella direzione di Tendou.
«È in panico! Chi meglio del capitano lo può aiutare, secondo te?!» sbottò irritato.
«Di certo non il rimanere bloccato dentro un'Anomalia mentre quello che dovrebbe calmarlo dovrebbe essere da un'altra parte a dirigere la nave!»
«E ci penserà Soekawa a dirigere le operazioni!» sbuffò Yuu. «Tendou ci serve in forma in questa situazione, non rannicchiato in un angolino con un trauma a vita!»
«Che succede?» Hayato si stava avvicinando mentre finiva di legare il pezzo di stoffa attorno al viso. Si inginocchiò di fronte a Satori e gli appoggiò le mani sulle spalle. «Tendou?»
Il rosso alzò lo sguardo sul castano e deglutì, sussurrando: «Siamo dentro l'Anomalia...»
Yamagata tirò un profondo respiro e annuì. «Sì, ci siamo, ma nessuno ti farà del male questa volta, okay, Tendou? Calmati. Non ti malediranno e tu rimarrai sulla nave, te lo giuro.»
Satori strinse gli occhi e annuì con forza, sforzandosi di convincersi di quelle parole. Nonostante il panico era ancora in lui e sapeva di star mettendo in difficoltà i suoi compagni in una situazione già difficile di suo, quindi s'impose autocontrollo e tirò un profondo respiro. Hayato gli strinse le spalle con fare rassicurante.
«Abbiamo bisogno di te, Tendou. Ce la fai?» domandò. Il rosso annuì con più decisione questa volta e deglutì, ricacciando con tutte le sue forze il panico dentro di sé tanto da farlo rimanere un fastidioso senso d'oppressione dentro al petto. Si alzò con l'aiuto del coetaneo e si spazzolò i pantaloni scuri con una mano.
«Akakura, per favore... Andate a chiamare Semi e Shirabu. Dovrebbero essere ancora nelle celle.» esclamò Hayato mentre saliva le scale che portavano al ponte. Kai annuì.
«Sì! Andiamo, Shibata.» e scesero verso i piani inferiori.

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