3-DAYA|LUCAS
Mi rigirai per l'ennesima volta fra le lenzuola, il corpo madido di sudore e le braccia scosse da tremiti incontrollati, mentre tutto il mondo vorticava. Non sapevo da quanto andasse avanti, né quando fosse cominciato, ma quel malessere era lì quando mi ero svegliata e mi tormentava da quelle che mi sembravano ore.
Non importava che avessi preso i medicinali che mia zia mi aveva preparato, la crisi che mi possedeva era così potente da annullare qualsiasi mia difesa e bruciava con un'intensità tale da farmi dubitare che ne sarei uscita incolume. C'era come qualcosa dentro di me –un fuoco- che lottava per uscire e non sapevo come fermarlo, né come chiamare aiuto.
Volevo seriamente urlare, chiamare a squarciagola la zia perché mi aiutasse, ma quel fuoco, quella nuova essenza che sentivo crescermi nello stomaco mi bloccava, invadendomi la gola ogni volta che cercavo di emettere un suono umano. Era come se volesse uscire da me, ma non come volevo io.
Respirai, cercai di regolarizzare il battito del mio cuore con le tecniche di Yoga che mi avevano più volte aiutata, ma non serviva a niente, il dolore continuava a farmi tremare e ad incendiare qualsiasi muscolo del mio corpo ed ogni cellula che lo componeva.
Stavo morendo.
Ad un tratto fui in piedi. Le mie gambe si mossero da sole, come guidate da un istinto implacabile ed impalpabile che mi rese impossibile fermarle ed un attimo dopo mi trovavo nel giardino di casa, diretta verso la staccionata che separava la casa dal limitare del bosco. Nonostante il dolore ed il terrore perché non avevo il controllo sul mio stesso corpo, continuai ad avanzare e non mi fermai finché non fui in mezzo agli alberi, lontana diversi metri dalla mia casa.
Quando la luce dei lampioni proveniente dalla strada sparì del tutto il fuoco dentro di me parve assopirsi e l'istinto che mi aveva guidata fino a quel punto scivolò via da me, facendomi finire carponi per terra in preda allo sfinimento.
Tremavo incontrollatamente e l'unica cosa che riuscivo a fare era gemere mentre calde lacrime che si erano raccolte alla base dei miei occhi mi scivolavano giù lungo le guance ed il collo, andando ad inzuppare la maglietta leggera che indossavo come pigiama.
Era notte fonda e non c'era nessuno in giro, nessun essere umano che potesse aiutarmi, solo animali notturni che si muovevano freneticamente nella boscaglia, spaventati dal mio arrivo improvviso e rumoroso.
Dopo qualche minuto di illusorio benessere, proprio quando avevo cominciato a pensare che il peggio fosse passato, il fuoco tornò dentro di me con il doppio della potenza, sconvolgendomi quando invase ogni minima parte del mio essere con una brutalità tale da lasciarmi senza fiato.
In un turbinio di colori dalle tonalità verde, blu e rosse la foresta davanti ai miei occhi prese vita ed io fui in grado di individuare i piccoli animali che correvano su per i tronchi degli alberi, di vederli, percerpirli e sentirne l'odore acre e freddo. Che stava succedendo?
Il mio udito si acuì e fui quasi certa di riuscire a sentire il leggero russare di mia zia nella sua camera da letto, in casa.
Non ebbi il tempo di stupirmi, però, perché il fuoco crebbe a dismisura tanto da farmi credere che sarei potuta esplodere da un momento all'altro, che non avrei potuto contenerlo tutto. In un impeto di dolore sollevai il viso verso il cielo mentre l'essenza fuoriusciva da me con un ruggito animale, violento e terrificante che mi scosse nel profondo e calmò il tremore delle mie membra quando esplose.
Sentii qualcosa che cambiava in me, un movimento che coinvolse tutto il mio corpo e alterò la percezione che ne avevo prima di sollevare la testa ed ululare di dolore mentre la luce della luna piena raggiungeva i miei occhi.
Due giorni dopo
Click.
Lucas espirò lentamente mentre chiudeva il caricatore e puntava la pistola oltre l'alto cespuglio di gelsi dietro il quale si nascondeva l'uomo che aveva inseguito fino a quel momento. Era un licantropo, un Omega, un rifiuto della società –umana e ibrida- sporco e palesemente fuori controllo.
Non era tipico dei lupi abbandonare i propri simili al proprio destino, a meno che essi non fossero completamente corrotti e troppo marci per essere recuperati. La comunità degli ibridi non era malvagia e bandiva qualsiasi forma di violenza gratuita nei confronti di altri lupi, delle loro compagne o dei loro cuccioli, ecco perché Lucas si metteva sempre e solo sulle tracce degli Omega, lasciando in pace Beta e Gamma di qualsiasi tipo.
"Non vuoi davvero uccidermi." Disse la voce roca e tremante dell'uomo dietro il cespuglio. Lucas sogghignò fra sé, sapendo che non avrebbe esitato un solo momento prima di piantargli una pallottola in corpo.
"Io non ci giurerei se fossi in te." Fece un passo avanti, in direzione del cespuglio mentre spostava l'indice sul grilletto. "Nessuno sentirà la tua mancanza, mostro."
"Forse no" concesse quello, "ma scommetto che quello che ho da dire potrebbe interessarti."
"Ho i miei seri dubbi" lo canzonò Lucas, scrollando le spalle e preparandosi a sparare.
"Potrei sorprenderti" riprovò l'Omega, con tono tentatrice, ma Lucas ne aveva abbastanza di quei giochetti.
"Non mi interessa quello che hai da dire." Prese la mira.
Poteva intravedere il profilo delle sue spalle attraverso i rami dell'arbusto ed era quasi certo di aver individuato un minuscolo spazio che il proiettile avrebbe potuto attraversare senza troppi problemi.
"Nemmeno se quello che ho da dire riguarda un lupo? Un Omega come me, ma mille volte più abominevole? Che terrorizza le creature e distrugge tutto ciò che tocca?"
Lucas si congelò sul posto, schifato da quanto potesse essere meschino un Omega messo con le spalle al muro, ma combattuto dal desiderio di sapere chi fosse quest'altro lupo che secondo quest'uomo seminava terrore e distruzione.
"Ah..." L'Omega esultò nel percepire la sua esitazione e si mosse leggermente dietro il cespuglio, sollevandosi e girandosi per guardarlo meglio negli occhi. Era vecchio, sulla cinquantina, con i capelli arruffati e radi sulle tempie e profonde rughe a solcargli il volto sporco e cisposo.
"Dove si trova quest'ibrido?" Volle sapere Lucas, mantenendo la pistola puntata contro il lupo davanti a lui. Quello tremò leggermente ma non si mosse.
"Se te lo dirò, giuri di lasciarmi andare?"
"Potrei considerare l'opzione." Disse solo, stringendosi nelle spalle. Per il momento, però, decise di tenere la pistola fissa su di lui, per scongiurare il rischio di un attacco a sorpresa.
"Nello Stato di New York" si affrettò a riferire l'uomo, più sicuro adesso "a Saranac Lake."
Lucas inarcò un sopracciglio: conosceva la zona, sapeva benissimo che era immersa nella vegetazione e che un lupo poteva tranquillamente celarsi nei boschi cittadini ed aggredire persone innocenti che vivevano in periferia. Era una zona montuosa, la città era avviluppata dalla foresta.
In meno di un battito di ciglia prese la sua decisione ed abbassò la pistola.
"Voltati e corri più veloce che puoi, prima che io cambi idea." La sua voce tuonò nello spazio attorno a loro, facendo rabbrividire l'Omega che non ci pensò due volte prima di indietreggiare.
"Stai attento piccolo cacciatore" lo avvertì mentre si allontanava di soppiatto, vittorioso ma prudente. "Non importa quanto tu sia bravo, scommetto che non hai mai avuto a che fare con una bestia del genere."
L'avvertimento gelò il sangue nelle vene di Lucas che alzò nuovamente la pistola non appena l'Omega gli voltò le spalle e fece fuoco un attimo prima che quello potesse iniziare a correre; un secondo dopo l'uomo era steso per terra, con un buco nella schiena ed una macchia di sangue che andava allargandosi sulla sua maglietta rovinata.
Non gli importava di avergli sparato alle spalle –vigliaccamente, avrebbe detto suo padre- né di essersi dimenticato il silenziatore ed aver causato un rumore assordante ed improvviso che aveva fatto fuggire stormi di uccelli e sicuramente aveva segnalato la sua presenza ad altri. Tutto ciò a cui riusciva a pensare era il sanguinario licantropo che si sarebbe presto trovato ad affrontare ed al fatto che sapeva di doversene occupare da solo.
Era passato troppo tempo dall'ultima volta che suo padre si era detto fiero di lui ed ultimamente sembrava smanioso di vederlo sistemato con una delle cacciatrici, aveva bisogno di qualcosa che lo distraesse e dirottasse i suoi pensieri su altri sentieri. Voleva che riconoscesse il suo talento e lo lasciasse libero di continuare a cacciare nei boschi come aveva fatto fino a quel momento e sapeva di aver bisogno di uccidere una bestia così sanguinaria da essere all'altezza delle sue capacità.
Avrebbe abbattuto l'animale, decise, e ne avrebbe portato la testa a suo padre.
Ehm,
Ciao
*si fa strada timidamente, con la testa china e le spalle incurvate, rossa di vergogna*
è la milionesima volta che riscrivo questo spazio autrice -wattpad di merda con il suo aggiornamento strano non mi aiuta- ma il senso dei precedenti è quello di chiedervi scusa in tutti i modi per la mia enorme assenza che, come avrete potuto notare, è finita.
Già.
Non prometto niente, ma spero di riuscire a tornare ad aggiornare con regolarità, finire questa storia e cominciare le altre della serie.
Avete letto bene.
Ho pensato di ampliare la serie Hybrid aggiungendo -per ora- altre due coppie per le quali ho in mente delle storie davvero fantastiche.
Spero davvero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento perché siete dei lettori fantastici che non mi abbandonano mai, nemmeno quando faccio schifo e mi meriterei solo di essere brutalmente uccisa per i miei crimini nei confronti di voi lettori.
Vi amo dal profondo del cuore perché mi siete vicini sempre -ho continuato a leggere tutte le notifiche nel mio periodo d'assenza e vi amo.
Una domandina (giusto per riprenderci la mano): quanti anni avete?
Tranquille/i, so che non siete tutti maggiorenni (mentre scrivevo Caught by the Alpha non lo ero nemmeno io) volevo solo conoscere meglio il mio pubblico.
Un bacione grandissimo, ci vediamo presto.
William
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