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Capitolo 9

Kieran

Era cocciuta come un mulo, che rabbia! Ragazzina incosciente, doveva solo ringraziare il fatto che avessi una coscienza, perché il suo atteggiamento mi faceva venire voglia di lasciarle commettere lo sbaglio più grande della sua vita. Non ascoltava le mie parole, anzi era convinta che a parlarle fosse un pazzo, certo non potevo darle torto, un po' davo quest'idea, sapevo di non avere un aspetto rassicurante e pulito, i piercing e i tatuaggi facevano da barriera tra me e le persone, li avevo fatti proprio per questo motivo, tutti si fermavano all'aspetto fisico e nessuno si aspettava grandi cose da me, ma da questo a dire che ero fuori di testa c'era un abisso... io mi consideravo solo molto stravagante e a tratti volutamente asociale.

Non sarebbe stato facile farle cambiare idea, nella sua bella testolina rossa ormai si era formato un bel quadretto nel quale io ero il ragazzo disturbato, ossessionato dal suo professore innocente, il cui unico peccato era stato quello di sostituire, ovviamente per i suoi meriti in ambito accademico, il suo anziano nonno. Ma il mio problema con quel Liam andava ben al di là, mi aveva infastidito certo, ma avevo visto un cambiamento in mio nonno, non era andato via di sua spontanea volontà, e lui c'entrava qualcosa, ero certo di non sbagliarmi sul suo conto, c'era qualcosa sotto ed io avrei capito cosa.

Abbie continuava a dire di non conoscerlo, ma ogni volta che la vedevo, lui era con lei o le ronzava attorno, forse veramente non era lei a cercare il contatto ma poco cambiava, il risultato era sempre lo stesso, loro due insieme. Mi era molto chiaro che lui non aveva intenzione di mantenere le distanze, sembrava attratto da lei come una falena lo era dalla luce, ed ero certo che lei lo fosse, la luce, pura, e anche molto ingenua, mentre lui era tutto l'opposto, aveva un modo insistente di guardarla, come se lei rappresentasse il suo obiettivo più ambito, o avesse qualche conto in sospeso con lei, metteva i brividi.

La prima volta che la vidi, era al bar sulla Broad St, attirò subito la mia attenzione perché sembrava così spaesata, come se non appartenesse a quel posto, come se volesse essere da tutta un'altra parte, forse era appena arrivata in città, questo avrebbe spiegato il suo smarrimento. Fu proprio in quel momento che lui piombò al suo tavolo, ma fu anche il momento in cui io ritornai alla realtà, la curiosità per la nuova arrivata mi aveva fatto dimenticare temporaneamente il mio obiettivo, ero lì per parlargli, chiarire di una buona volta, dovevo sfogarmi per riuscire a voltare pagina, volevo dirgli cosa pensavo su quanto era accaduto con mio nonno, ma mi fermai quando lo vidi sedersi al posto di fronte al suo, così mi vidi costretto a sedermi ad uno dei tavolini ad aspettare che fosse da solo.

Li osservai attentamente, com'era da aspettarsi lei rimase incantata non appena lo vide, non potevo coprire il sole con un dito, lui era obiettivamente attraente, mentre dal canto suo il professore sembrava veramente affascinato dalla sua presenza, dai suoi atteggiamenti, rideva alle sue parole ed era cordiale, sembrava quasi normale, e per un momento dubitai dell'opinione che mi ero fatto su di lui, forse era solo un tipo un po' snob o un raccomandato figlio di papà come la maggior parte degli insegnanti di quell'università, forse non era meschino come avevo pensato. Purtroppo i miei dubbi durarono poco, non appena lei si alzò dalla sedia e lasciò il bar, la faccia del professore mutò, i suoi lineamenti si fecero crudeli, era infastidito da qualcosa che lei aveva fatto o detto, quel suo cambiamento così improvviso mi confermò la falsità del suo atteggiamento e i miei sospetti, in lui c'era qualcosa di losco.

Tornai con la mente al presente e la vidi salire la scalinata indispettita per il mio comportamento, un po' mi rodeva essere considerato un maniaco, ma non mi ero mai curato del giudizio altrui e certamente non avrei cominciato ora, e poi lo stavo facendo per una causa giusta, per il suo bene. La vidi fermarsi in cima alle scale per parlare con lui, che ovviamente non era lì per caso, non mi era sfuggito come la fissava mentre lei non poteva vederlo perché era girata di spalle e qualcosa mi diceva che aveva un udito sopraffino, ero certo che aveva sentito il nostro diverbio nonostante la grande distanza che ci separava, aveva sorriso apertamente giusto nel momento in cui Abbie mi aveva dato del pazzo. Notai inoltre un bagliore rossastro nei suoi occhi, non era la prima volta che lo notavo... non era naturale, me ne convincevo sempre di più.

Ero certo che lui non fosse quello che appariva, era solo una facciata ben costruita a beneficio degli altri, quel sorriso smagliante e quel suo accento da Lord dell'800, che neanche in Inghilterra era così marcato, quella perfezione, denotava soltanto una cosa: falsità. Ero certo che dentro di lui ci fosse del marcio, laccato da una patina d'oro che abbagliava tutti. La sua perfezione aveva lo stesso scopo della mia imperfezione, tenere lontano le persone da quello che si nascondeva nel nostro cuore.

Scossi la testa, potevo anche sembrare io quello fuori di testa ma era lei ad essere accompagnata del vero mostro, com'era il detto "abbi paura del lupo che si traveste d'agnello"

Dopo una breve conversazione che sospettavo avesse come tema principale me, giacché Abbie si era girata a guardarmi apertamente, lei si avviò all'interno dell'edificio. Lui si girò a guardarmi dall'alto in basso, e vidi nuovamente il cambio radicale che avveniva in lui quando lasciava cadere la maschera, la sua postura divenne più rigida, sembrava che ogni suo muscolo fosse in tensione, un aurea di pericolo avvolgeva la sua figura, sembrava un predatore in procinto di attaccare, inspirò a pieni polmoni e chiudendo gli occhi sorrise, un sorriso che però non arrivò agli occhi che spalancò di scatto puntandoli su di me, ero la sua preda.

Mise le mani in tasca e cominciò a scendere le scale, con indolenza, senza mai perdere il contatto visivo, non avevo dubbi su quale fosse il suo obiettivo, intimidirmi, e mi doleva ammettere che ci stava riuscendo, ma non avevo nessuna intenzione di farglielo notare.

Perché solo io vedevo quello che realmente era? Com'era possibile che gli altri non riuscissero a vedere cosa faceva, cosa nascondeva?

Arrivò all'ultimo gradino e si posizionò di fronte a me, era più alto e usava questo vantaggio per torreggiare su di me sbandierando la sua supremazia.

<<Cosa vuoi?>> domandai esasperato quando vidi che non parlava.

Continuò a non rispondere, spazientito dal suo atteggiamento proseguii <<Se il tuo obiettivo è intimidirmi sappi che non ci riuscirai così facilmente, non sono mio nonno che si fa da parte.>> sapevo che stavo facendo il suo gioco, ma non potevo starmene lì a subire il suo affronto.

<<Tu hai paura eccome!>> disse con un sorriso storto <<E lo vedo che non sei tuo nonno, la tua precisazione non era assolutamente necessaria, l'ho trovato un uomo molto arguto, intelligente, e in pochi riescono a colpirmi come ha fatto lui. Tu, al contrario, sei solo un ragazzino disadattato che non ha nozione del pericolo, dovresti imparare quando è tempo di fermarsi, è qualcosa che tuo nonno avrebbe potuto insegnarti.>>

<<È una minaccia?>> non capivo il suo discorso.

<<Io non minaccio, non perdo tempo in inutili convenevoli>> disse mostrando un ghigno compiaciuto <<quando voglio fare qualcosa lo faccio e basta.>>

<<Non riesco a capire come lei non riesca a vederti per quello che sei, un mostro!>>

<<Attenzione, così mi offendi!>> disse lui portandosi una mano al petto mimando un gesto alquanto drammatico, si stava prendendo gioco di me <<Reagisco male se mi sento offeso o sminuito e tu stai facendo entrambe le cose.>> disse con un tono più basso e minaccioso.

<<Professore la lezione dovrebbe essere già iniziata...>> la voce della segretaria mise in pausa il nostro diverbio, lui interruppe il contatto visivo e guardò la signora anziana e bassina che era accanto a noi, le posò una mano sul viso e le disse...

<<La lezione inizierà più tardi.>> la sua voce divenne più profonda.

<<La lezione inizierà più tardi.>> ripeté questa come una automa e poi se ne andò.

Che diamine era appena successo, la signora sembrava confusa dal suo stesso atteggiamento. Indietreggiai di scatto quando lui si girò a guardarmi, i suoi occhi avevano cambiato colore, com'era possibile? Erano diventati rosso sangue, ma durò talmente poco che dubitai di quello che avevo visto, forse me lo ero immaginato, sì certamente doveva essere così.

<<Che cosa hai fatto?>> domandai confuso <<I tuoi occhi erano... il colore... >> continuai a blaterare in maniera poco coerente.

<<Non so di cosa parli, sai forse dovresti andare da un dottore, non sembri stare bene, sembri confuso.>>

La sua affermazione aveva tutto l'intento di farmi sembrare pazzo, m'innervosii ancora di più.

<<Farò in modo che ti veda per come sei.>> promisi rabbioso.

<<Non mi vedrà mai come vuoi tu perché non è quel che sono, inoltre c'è un pazzo che si apposta di notte sotto la sua finestra è quello il vero mostro che la terrorizza. Ti consiglio di smetterla di fare queste stronzate se vuoi essere preso sul serio.>>

<<Tu eri a casa sua, io ti ho visto.>>

<<Ah si?>> disse inclinando di lato il volto, stava soppesando le mie parole.

<<Eri lì!>> affermai convinto di quello che avevo visto, ero certo che fosse lui.

Ricordavo perfettamente quella notte, dopo la chiacchierata con Abbie mi ero appostato all'angolo della George St. e la King St. sapevo che il professore passava di lì con la sua macchina ogni giorno da quando era arrivato in città, era abitudinario, e non appena vidi spuntare la Jaguar (una E-Space blue notte, ovviamente il modello dell'anno) lo seguii con la mia moto sgangherata. Non conoscevo il mio obiettivo, avevo deciso di seguirlo d'istinto, forse volevo solo dimostrare a me stesso che non mi sbagliavo. Parcheggiò e poi camminò per un paio di isolati fino ad arrivare nuovamente allo stesso bar, ma perché parcheggiare così lontano? Si era seduto al tavolo del giorno precedente, immobile, senza sbattere gli occhi, a tratti sembrava non respirare nemmeno, fissava la porta e in alcuni momenti guardava in cagnesco la barista. In diverse occasioni pensai di andarmene, ma qualcosa mi tratteneva, continuavo a ripetere nella mia testa "altri 5 minuti". All'ora di chiusura si avviò verso la macchina, ma gli passò accanto e capii che forse abitava da quelle parti , ecco perché aveva parcheggiato così lontano dal bar. Poi improvvisamente lo persi, era sfumato nel nulla, un attimo primo era davanti a me che camminava con quell'aria da "sono Dio in terra" che mi dava sui nervi e un attimo dopo non c'era più. Me ne andai al dormitorio ma non trovavo pace, verso le 2 del mattino non ero ancora riuscito a chiudere occhio così mi rivestii, presi le chiavi della moto e uscii dalla mia camera.

Guidai senza una meta precisa, ma quando mi guardai attorno mi accorsi di essere proprio dove il professore era sparito, parcheggiai e cominciai a camminare, era entrato in una di quelle case, ma quale? Poi, come se lo avessi chiamato lo intravidi ad una finestra, sì era lui, poi scomparve nuovamente e pochi minuti dopo la figura di una Abbie assonnata e impaurita prese il suo posto, rimasi congelato come uno scemo davanti alla sua finestra, messo sotto scacco dal suo sguardo accusatorio e confuso.

<<Non esasperarmi ragazzino, la mia pazienza ha un limite e credimi se ti dico che la soglia non è tanto alta.>> disse Liam avvicinandosi minaccioso <<Ora te ne andrai a casa e ti suggerisco di riflettere sul tuo atteggiamento di questa mattina, e vedi di non continuare a raccontare assurdità sul mio conto, pondera le tue prossime azioni perché potrebbero avere delle conseguenze molto gravi... un'ultima cosa, non entrare a lezione e non cercare Abbie, ha altro di cui preoccuparsi di certo non ha bisogno delle tue paranoie.>> disse quell'ultima frase in modo strano, non come chi si preoccupa per qualcuno, ma come chi vuole essere il suo unico pensiero, il suo tormento.

<<Non so cosa vuoi da lei, ma sembra una brava ragazza.>> lo fronteggiai anche se la mia convinzione stava cominciando a vacillare, lui aveva qualcosa di sbagliato, di fuori natura.

<<Abbie è affare mio da prima che tu sapessi della sua esistenza, quindi fatti da parte. Mi diverte questo tuo atteggiamento, vorrei vedere dove vuoi arrivare ma ora cominci a darmi problemi...>> disse quasi ringhiando, la sua voce si era arrochita, sembrava più il verso di un animale, non persi altro tempo a subire le sue velate minacce e me ne andai, ma commisi l'errore di guardarlo un'ultima volta, era ancora girato di spalle, sembrava tremare di rabbia e lo sentii dire...

<<Ti ho avvisato...>> non aspettai che finisse la frase, me ne andai quasi di corsa.

Sentivo le gambe tremare, arrivai alla moto e mi ci sedetti sopra, non volevo far vedere la mia debolezza ma una volta lontano dai suoi inquietanti occhi potevo lasciarmi andare, non ero un codardo, anzi mi consideravano tutti uno scapestrato cerca guai, ma era una situazione che esulava dalla mia comprensione, non ero uno che credeva a cose soprannaturali o cose simili come mio nonno, ma Liam non era normale, forse era meglio se facevo come aveva detto, dovevo lasciar perdere, pensare a me. Mi sentivo in pericolo, le sue parole minacciose non sembravano vane promesse, ma forse stavo diventando paranoico, forse qualche giorno fuori poteva solo farmi bene...

Feci partire il motore e mi avviai verso il dormitorio, dovevo preparare qualcosa per il tempo che sarei stato fuori, sapevo dove andare, a casa di mio nonno, lì sarei stato tranquillo e inoltre avrei potuto approfondire il discorso con lui, non sarebbe stato facile farlo parlare e ottenere risposte, era stato molto evasivo quando aveva annunciato il suo ritiro, ma non mi sarei arreso facilmente, non questa volta, lo avrei messo sotto torchio, avevo visto nei suoi occhi la paura e avevo pensato subito ad una minaccia, ma ora capivo che c'era di più, non era la mia immaginazione, e non stavo esagerando.

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