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V. ANOTHER DAY

Eren stira tutti i muscoli dormienti. Gli ci vorrebbe una scossa elettrica per convincere i suoi nervi pigri a darsi una mossa. Ma si dice che è normale essere così indolenzito, quando il suo ragazzo deve aver fatto l'amore con lui fino a farlo crollare. La nebbia del sonno è ancora troppo fitta perché il castano possa ricordare con esattezza quanto sia stata intensa la nottata, ma la fitta lancinante al fondoschiena e le gambe più pesanti della pietra, sono un indizio più che eloquente.

"Hey moccioso, cos'è quel sorrisetto sotto ai baffi?"

Eren solleva le palpebre di piombo per tuffarsi in due oceani, profondi come la notte. Sorride di più, ravvivando il rossore che scatena sempre sul volto rigido del corvino con le sue risposte sfrontate.

"Pensavo a quanto devi avermi fatto godere stanotte."

Eren scuote la voce impastata dal sonno, ridendo di gusto dell'imbarazzo che accende il viso diafano di Levi. Il corvino corre a guardarsi le dita intrecciate per scappare dallo sguardo malizioso che Eren gli rifila. Ma il castano non ha intenzione di risparmiarlo. Adora vedere Levi combattere per mantenere la sua figura stoica mentre la vergogna lo assale. Ed Eren è un vero maestro nel farlo affogare in una stuzzichevole glassa di disagio. Con le dita ancora formicolanti, sposta la frangia nera che copre il viso di Levi e gli accarezza la pelle, più bianca della neve a Dicembre.

"Eddai... Ancora ti imbarazzi quando ti faccio certi complimenti, Levi?"

Eren cinguetta. Il tono frivolo, speziato di malizia, richiama rapidamente Levi al suo cospetto. Porta il labbro stretto tra i denti, il corvino. Un'espressione timidamente sexy che scioglie le gambe ancora distese di Eren. Grazie a Dio non è in piedi, altrimenti franerebbe sul pavimento di fronte al pudore inaspettato del suo fidanzato. Ma Eren non fa neanche in tempo a godersi le scosse di quel momento seducente con lui, che una cometa di malinconia solca le iridi apparentemente fredde di Levi. Eren avverte distintamente il proprio cuore frantumarsi, quando Levi lo guarda come se non lo vedesse da un secolo.

"Mi sei mancato."

Il dolore riduce la voce calda di Levi a un bisbiglio in agonia. Lo stesso che gli tira il viso in una smorfia sofferente.

"Lev-"

Levi si piega in avanti fino a schiudere le labbra di Eren con le proprie. Solo lui può avere un sapore così buono alla mattina, appena sveglio. Levi lecca ogni centimetro della bocca che lo accoglie di buon grado. Non vuole fare altro, se non prendersi quel sapore. Quella pace di schiocchi umidi che andrà in mille pezzi quando Eren indagherà sulla sofferenza che Levi si è lasciato sfuggire. Ma come avrebbe potuto rimanere impassibile? Sarà anche maestro nell'arte dell'indifferenza, ma constatare che gli studi di Armin funzionano e vedere Eren tornare, dopo mesi di agonia, è un'emozione troppo grande persino per lui. Così Levi gli tocca il viso. Si immerge nelle sue labbra disorientate. Inala il suo profumo di vaniglia. Cede al cuore che esplode di gioia e fortifica il flusso impazzito del sangue nel sentire la voce vigorosa di Eren. Nel vedere il suo sorriso sghembo. Nell'ascoltare la grinta e l'insolenza che lo rendono così diverso dall'altro. Dal bambino che ha paura dei mostri e uccide innocenti vittime della sua follia. Dio, se gli è mancato. Non c'è imprecazione al mondo che renda l'idea di quanto odi staccarsi dal suo moccioso. Tuttavia, non può fare altrimenti. Le mani di Eren lo spingono dolcemente al suo posto. Sotto a quell'ordine travestito da carezza, Levi è costretto a riallineare le vertebre della spina dorsale fino a stare di nuovo seduto sul bordo del letto, sopportando lo sguardo pesante del castano.

"Che cos'è successo, Levi? Perché mi guardi così?"

Se ascoltasse la parte codarda della propria coscienza, Eren non oserebbe neanche vessare Levi con certe domande. Ma l'indicibile rammarico che incrina la sua maschera marmorea è una consapevolezza che Eren non può ignorare. Un dettaglio che gli inietta il gelo nelle vene mentre si mette a sedere e afferra i bordi del soprabito del corvino, stringendoli fino a far sbiancare le nocche.

"Levi, parlami. Ti prego, dimmelo."

Eren trema. Come vorrebbe avere una voce ferma e coraggiosa. E invece, la paura di se stesso se lo mangia e inghiotte l'aria indistruttibile di Levi, che sospira mestamente e si passa una mano tra i capelli, in quel suo gesto così automatico che forse non sa neanche di commettere tutte le volte in cui è nervoso.

"È successo mesi fa... Così, da un giorno all'altro..."

Quando Levi parla, le parole fanno così male che gli sembra di masticare una cucchiaiata di chiodi. Stacca le mani di Eren dal cappotto stropicciato e prende a massaggiarne i palmi tremanti. Non ce la fa a guardarlo in faccia. A vedere quei lineamenti più labili e dolci di una spuma di panna e zucchero, dipingersi con la stessa angoscia che ha annerito i suoi. Ma sa anche che non può rifugiarsi nel mutismo. Levi ha fatto una promessa che il castano non manca di rinfacciargli, per staccargli di dosso il silenzio tombale che gli incolla le labbra.

"Levi, cinque anni fa mi hai promesso che mi avresti sempre detto tutto. Non costringermi a insistere!"

Eren ferisce duramente Levi. Sta male anche lui, tanto, nel tormentarlo. Ma la pressante angoscia che gli agita i polmoni e gli solleva la pelle, non se ne andrà finchè non avrà tirato fuori dalle labbra sigillate del corvino ogni goccia di verità. Di quel terribile sospetto che assilla già la sua mente malata.

"Ero andato a lavoro. Armin non era riuscito a passare, per un imprevisto. Ma io ero tranquillo. Le pillole funzionavano. Ti giuro che quando sono tornato a casa e non c'eri, ho iniziato subito a cercarti. Armin mi diceva di non pensare al peggio, ma tu non te ne saresti mai andato in giro con il rischio che gente che ti crede morto da anni, potesse vederti."

Levi sospira, ingoiando l'esigenza di scappare da quei ricordi troppo freschi. Invece continua ad accanirsi sulle mani di Eren che lo lascia fare. Forse non riesce a muoversi. O forse si lascia torturare perché sa che il loro contatto è l'unica cosa che gli impedisce di saltare in aria.

"Ti ho cercato per tutta Shiganshina, Eren. Sapevo che tu, che l'altro, sarebbe andato lì. Ma la tua vecchia casa è crollata nel terremoto di tre anni fa. Poco dopo, gli agenti della mia divisione hanno iniziato a morire. Un taglio sul collo e poi cenere."

Levi guarda Eren negli occhi annichiliti dalla rassegnazione. Piega le sopracciglia mentre continua a parlargli, sopportando la scintilla di rabbia che divampa sul volto distrutto del più piccolo, del suo piccolo.

"Come hai fatto a insabbiare tutto anche stavolta?"

Gli chiede il castano a denti stretti mentre lotta con tutto se stesso per restare in piedi. Levi vorrebbe dirgli che può anche lasciarsi andare. Se solo avesse visto le volte in cui è crollato. I pianti e le sfuriate con cui si è dannato a ogni cadavere carbonizzato che lo rigettava nell'inferno affrontato in passato. Ma Levi sa che Eren ha bisogno di sentirsi forte. Ha bisogno di diventare un tutt'uno con la propria rabbia per avere la certezza di riuscire a resistere al demone che cova nel ventre.

"Cinque anni fa ho inventato la comparsa di Zeke sulla scena del crimine. Armin mi ha suggerito che sarebbe stato facile trovarlo e incolparlo. Abbiamo organizzato tutto per bene. Qualche giorno fa è stato arrestato."

Levi confessa. Un freddo innaturale gli irrigidisce i muscoli. Si sente nudo quando Eren gli strappa di dosso l'abitudine del silenzio che indossa come una seconda pelle. E neanche alzarsi in piedi, vagamente distante dagli occhi furibondi che lo inchiodano, gli leva di dosso la cascata ghiacciata che lo inzuppa fino ai corti capelli rasati sulla nuca. Anche perché, per quanto ci provi, gli occhi di Eren lo tengono legato al suo viso con due guinzagli invisibili. Levi avverte chiaramente le proprie pupille dilatarsi nelle sue, rigonfie di odio, e perdere rovinosamente la battaglia quando provano a scansarle e a rivolgersi a qualsiasi altro oggetto insignificante nella stanza.

"E come l'avresti incastrato eh, Levi? Come hai fatto?"

Eren infesta il pavimento freddo con i passi pesanti. L'aria gli fende il viso con l'affilatezza di un coltello mentre marcia verso Levi. Stagliato contro al muro ingrigito dal tempo, il corvino gli pare quasi morto. La patina di reverenziale rammarico che lo avvolge gli abbassa le spalle e lo fa sembrare ancora più piccolo. O forse è Eren che si sente forte, imbastito dell'odio che ha covato nel petto da quando ha memoria. L'odio che è sgusciato fuori dal suo seme di fronte al corpo inerme della madre. L'odio che è germogliato con le attenzioni morbose del padre che ha cibato la creatura nella sua testa. L'odio che Levi ha sradicato quando l'ha trovato in quella cantina, ma che ha vegliato su di loro come un testimone silenzioso in attesa del momento perfetto per tornare alla ribalta. E adesso Eren lo sente più che mai parte di sé e gli spalanca la porta, lasciando che gli scaldi le vene irruente e la voce grattata. Quando salda le mani nervose attorno alle spalle di Levi, gli pare che l'altro si lasci stritolare come cartapesta. La crepa di nostalgia che spacca i cocci della sua espressione indifferente, si conficca direttamente nel cuore di Eren. Non si è mai sentito così pesante, oppresso e schiacciato come quando si ascolta sputare veleno negli occhi denudati di Levi.

"Li hai uccisi tu, vero? Le persone per cui l'hanno arrestato... "

"Ere-"

"Chi sono?"

Eren ansima mentre Levi perde fiato. La verità piomba impietosa in mezzo a loro che si guardano e si respirano affannosamente addosso, senza mai toccarsi con i corpi intrappolati dalla paura, ma complici nella sofferenza così come nella cattiva sorte.

"Sasha e Connie. Erano gli unici ragazzi di Shiganshina ancora rimasti nella mia squadra."

Levi crolla. L'argine della diga che tiene compatti i suoi orrendi segreti si frantuma all'oceano di strazio che sfocia sul viso di Eren. Sasha, Connie, i loro volti emaciati, la follia che danzava sul volto di Eren quando l'ha ritrovato in un caseggiato diroccato dell'Underground. Le emozioni sbagliate che lo disegnano adesso. Levi soccombe alla realtà. Alla voce di Eren che gli tronca di netto il poco fiato che gli gira ancora nel petto.

"Dovresti uccidermi, Levi."

Eren sentenzia. È contento che la paura l'abbia finalmente lasciato stare. È così bello avere i nervi in pace mentre si libera dai propri peccati e li getta addosso a Levi. Sa che gli sta dando un gran peso, ma non ha dubbi che il corvino ce la farà. Ed Eren allevia le sue pene, premendo i palmi sulle sue guance esangui e caricando la propria espressione di una calda, morbida compassione che spera avvolgerà Levi e gli darà tutto l'ardore di cui avrà bisogno per andare avanti. Sarebbe tentato di rilassarsi e dimenticare ogni pena, ma una raffica di vento acceca in un lampo la quiete nel suo cuore. Un urto violento e la testa prende a pulsare, forte e decisa come un tamburo. Il cuore gli corre dietro, spingendo dall'interno il petto in tempesta. Eren vede tutto e niente mentre le pupille schizzano impazzite dentro alle palpebre divaricate. Girano a vuoto in un campo di sordide immagini indistinte finchè non catturano un punto in particolare. Due dischi neri come la morte lo trapassano con una ferocia dirompente. Eren guarda gli occhi di Levi scurirsi e solo a causa della forza sovraumana con cui il corvino lo sta affogando nel letto, Eren capisce che la gola non ha smesso volontariamente di far passare l'aria. Le dita di Levi intorno al collo sono fredde quanto quelle con cui l'uomo gli sta mandando a fuoco il polso.

"Che cazzo dici? Ho fatto quello che ho fatto per te e lo rifarei mille volte. E tu adesso te ne esci con queste stronzate?! Te l'ho detto cinque anni fa e te lo ripeto adesso: tu non te ne vai da nessuna parte finchè ci sono io. Chiaro?!"

Levi rimpingua la tenacia delle morse con cui tiene Eren perfettamente inchiodato sotto di sé. Gli stritola la gola perché non si permetta mai più di avanzare certe pretese. È disposto a tenerlo così per sempre se uno stato di semi-soffocamento è l'unico modo per impedire alla sua bocca infida di dar vita a certe fesserie e spezzargli l'anima che a stento si regge ancora in piedi.

"Ma non lo vedi che è tutto sbagliato, Levi? Non lo vedi?"

Eren grida e si dimena. Sembra che le mani di Levi siano fatte apposta per stringersi di più ad ogni impeto che sblocca una nuova forza in lui. Ma non gli importa. Batte il pugno libero sul petto alterato del corvino e le sfida quelle maledette pupille che pretendono di assoggettarlo. Il sangue pompa erratico nelle vene impazzite e trasforma in lava le lacrime che gli scavano la pelle rovente.

"Ti sembra vita questa? Tu che vai contro a tutti i tuoi principi e ti rinchiudi in uno scantinato per difendere uno schizofrenico. Hai ucciso delle persone, Levi!"

"L'ho fatto per te, cazzo!"

"E io non voglio! Dev'esserci un mostro soltanto tra noi due. Te l'ho chiesto cinque anni fa e te lo ripeto adesso. Fa la cosa giusta e fammi fuori."

Un volta che il pianto prende il sopravvento su entrambi i loro volti, le voci ingovernabili si riducono a un sussurro appassito. Non rimane che un cumulo di singhiozzi fiochi a cadere sulle spine del rampicante che li avvinghia insieme. Le ossa si fondono e i polmoni avvizziscono. Levi cade addosso ad Eren. Freddo e caldo si scontrano e si stringono in una stretta saldata dalla fiamma della disperazione che nuota orgogliosa nei loro occhi. Levi guarda Eren. Gli sfiora il viso incrostato di lacrime e rosso per le torture che lo attraversano. Si inebria del dolce profumo dei capelli che corrono a coprirgli lo sguardo avvilito dalle parole pesanti. E più tocca il volto che ha fatto suo, più il proprio si distorce, incapace di trovare uno spazio adatto per i fiumi salati che il castano arriva a catturare sulle dita tremanti. Tira sul col naso mentre Levi pressa le labbra, negando l'uscita ai singulti tumultuosi nel costato. Piuttosto ingoia l'ossigeno intriso dell'aroma di vaniglia che ama tanto e si perde nelle carezze tentatrici di Eren.

"E non ci pensi a me?"

Levi è costretto ad arrestarsi ancora, appena sente la punta di dolore ferirgli la voce già instabile. Il solo pensiero di non sentire più il corpo bollente di Eren attaccato al proprio, seduce la sua mente con sensazioni talmente terrificanti da svuotarlo del tutto. Non può che stringere i denti e deglutire il groppo amaro che Eren gli ha infilato in gola con le sue considerazioni. Per poi andare avanti, strisciando sulle coperte per incrementare il contatto che ha tanta paura di perdere.

"Cosa faccio io senza di te? Non sopporterei mai la tua mancanza, Eren. Dopo tutto quello che abbiamo fatto, non puoi arrenderti."

Eren non lo sa neanche come si ritrova addosso a Levi, a inspirare i suoi singhiozzi mentre affoga il proprio pianto nella sua spalla. Non ha mai sentito tanto caldo e freddo insieme come quando il corvino lo stringe tra le braccia e rinforza la presa a ogni ondata di lacrime che ricaccia in gola. Eren chiude gli occhi e ondeggia in quella dolce prigione di carne e ossa. Una punta di malinconia lo solletica quando rinnega l'inimmaginabile serenità che troverebbe, se mettesse fine a tutto. Da quando ha scoperto la propria natura, non c'è stato un istante in cui non abbia ceduto alla tentazione di chiedersi come sarebbe tranquillo se la sua mente non esistesse più. Se finalmente potesse uccidere l'ultimo mostro che è rimasto in circolazione. Quello più brutale e pericoloso che mina la felicità dell'uomo che ama e la propria. Ma Levi sa come ricattarlo. Eren contempla ad occhi chiusi la magica prigione in cui il corvino si è rinchiuso con lui e sente la determinazione farsi codarda quando la possibilità di stargli accanto fino alla fine dei suoi giorni si fa concreta nella supplica che gli sfiora le orecchie stanche.

"Stai con me, Eren. Resta con me e andrà tutto bene. Te lo prometto. Non importa cosa dovrò fare."

Levi afferra la mano di Eren, abbandonata da qualche parte vicino al suo viso. La sente tremare a dispetto del volto immobile che torna a guardarlo attonito. Il corvino gli allarga le dita rannicchiate e le piazza sul proprio petto fino a fargli sentire il cuore che pulsa forte per raggiungerlo.

"Armin ha studiato ancora le formule di tuo padre. Ci ha lavorato da quando sei scappato. Ha creato delle pillole più potenti. Ieri sera te le ho fatte bere e stamattina sei qui. Può funzionare, Eren. Io ho bisogno che funzioni."

Eren prende un respiro pesante. Vorrebbe sfuggire alla granata di dolore che esplode negli occhi schivi di Levi, ma certe cose può dirle solo trovando il coraggio nel suo viso adulto.

"Ho paura, Levi. Posso sopportare il caos che comanda la mia mente, ma non voglio che tu muoia per me. Ti stai precludendo una vita intera. Ti sei rinchiuso in una gabbia che non ti è destinata. Ti sto lentamente uccidendo e mi odio per questo."

La sconcertante ammissione ferisce Levi. Non tanto per la cosa in sé, ma per la sofferenza che mangia l'irresistibile allegria di Eren. Quella che gli piega le sopracciglia e devasta la sua pelle giovane con un'ombra di inquietudine che non può essere scacciata. Levi gli solleva il viso, servendosi del mento docile che si fa manovrare. Si impegna per suonare fermo quando guarda negli occhi la parte più sana del suo ragazzo. Quella con cui ha condiviso gli ultimi meravigliosi anni.

"Preferisco una vita reclusa con te che un mondo libero in cui tu non ci sei."

Il tono perentorio di Levi affievolisce qualunque protesta stesse gorgogliando nella mente disturbata di Eren. Ogni volta che rinsavisce, Eren inala il senso di colpa per aver condannato Levi ad un'esistenza così oscura e costringere il suo migliore amico Armin a mentire per lui e a mettere mano alle formule del suo defunto padre per tenere a bada la sua personalità contorta. Il pensiero che potrebbe porre fine a tutto, infischiandosene delle richieste altrui, resta con lui, a riposare nell'angolo più privato dei suoi pensieri. Ma  quando Levi gli sorride e lo bacia come a rubare la promessa dalle sue labbra, Eren capisce che non può lasciarlo. E allora prende un respiro salvifico e si ristende sul letto, chiedendo a Levi un ultimo favore.

"Va bene. Proviamo con questa nuova terapia..."

Levi si prende il sorriso soddisfatto di Eren e lo mette nel cuore insieme alle altre mille espressioni che lo fanno impazzire. Dopodiché, agguanta il bicchiere che ha preparato appena sveglio e glielo mette sotto al naso. È così contento, così leggero nel vedere Eren scolare senza indugio la loro ultima speranza, che gli sembra quasi di dissetarsi lui stesso. Forte nelle sue nuove certezze, Levi si tira in piedi. È sempre doloroso staccarsi da Eren, ma non c'è sfida che non possa sopportare se sa che lo troverà accanto sé al suo ritorno. I brutti pensieri e l'atmosfera sulfurea della prigione che si sono costruiti tornano a nascondersi dietro ai suoi occhi che guardano con lucida apatia quelli di nuovo luminosi di Eren. Tra le pieghe dei loro sorrisi soffocano l'instabilità che minaccia la loro quiete. E tutto svanisce, inghiottito nell'oblio della finzione in cui recitano magistralmente da anni.

"Levi, aspetta... Prima di andare, puoi..."

Eren indica i propri polsi e, dal guizzo negli occhi del corvino, è sicuro che Levi capisca a cosa si riferisce. D'altronde, è una sana abitudine che hanno tenuto per anni e che Eren agogna di riprendere, visto che il suo mostro personale si è dato alla fuga nell'unica volta in cui il castano si è permesso un morso di libertà. Allunga le braccia contro alla testiera in ferro battuto e Levi arriva prontamente con due polsini in acciaio che si chiudono intorno alla sua pelle morbida con uno scatto rassicurante. Il corvino tira per bene le catene con cui Eren gli ha chiesto di legarlo al letto e che provvederà a togliere al suo rientro.

"Grazie, Levi. Così almeno so che non me ne posso andare in giro a fare stragi."

Eren gli sorride e si guadagna un altro bacio. E quando il sapore del caffè si trasferisce dalle labbra del corvino alle proprie e il suo aroma di lavanda gli impregna le narici, Eren non riesce a pensare a nulla, se non a quanto sia fortunato.

***

Levi sale le scale acuminate e impugna il catenaccio in ferro che sigilla dall'interno il bunker. Una rapida e decisa spinta verso l'alto e si ritrova nel bel mezzo del salotto. Chi l'avrebbe mai detto che quel nascondiglio sotterraneo, risalente alla seconda guerra mondiale, sarebbe diventata la sua nuova camera da letto?

Quando richiude la porta orizzontale, si premura di ricoprirla con il polveroso tappeto persiano stagliato sul pavimento. È un'abitudine che non riuscirà mai ad abbandonare, anche se avverte distintamente la presenza di Armin già nella stanza.

"È di sotto. È lucido. È lui. Ha voluto farsi legare..."

Levi inizia a parlare, dando la schiena al biondo. Non sa bene perché, ma è convinto che una banale conversazione dia un tocco di normalità a lui che se ne sta in una villa a tre piani ad armeggiare con l'entrata del rifugio in cui nasconde il suo ragazzo.

"Gli hai raccontato tutto, vero?"

La desolazione di Armin arriva alle orecchie di Levi ancora prima che questi si volti nella sua direzione. Non rimane sorpreso che il biondo abbia un colorito più cadaverico del suo. Gli dispiace anche per le labbra screpolate che avrà sicuramente torturato impunemente. Come se meri gesti di autoflagellazione potessero cancellare i loro misfatti.

"Cinque anni fa ci ha fatto promettere che non gli avremmo mai nascosto nulla. Te lo ricordi, no?"

Levi si tira in piedi, spolverando distrattamente il soprabito sicuramente impolverato. Deve seriamente pensare a come tenere più pulito quel tetro nido d'amore.

"Sì, sì... Lo so... Hai fatto bene. Ma come l'ha presa?"

Armin non ci prova neanche a mitigare l'apprensione che gli fa sistemare il caschetto già meticolosamente ordinato. E Levi se la beve tutta, sorpassandolo per avere un minimo senso di conforto nel sapersi prossimo ad uscire e ad abbandonare quello sguardo distrutto.

"Come al solito, Armin. Mi ha chiesto quello che ci chiede sempre quando recupera conoscenza e gli ho già detto di no. La questione è chiusa."

Levi afferra la maniglia e si prepara alla fuga. Il solo pensiero del tono disperato di Eren che lo prega di ucciderlo, gli scuote nervi che non sapeva neanche di avere. Grazie al cielo, il biondino non può vederlo in faccia. I fumi del turbamento che evaporano dalle viscere gli danno l'impressione che la sua armatura facciale si stia fondendo sul pavimento.

"Comunque ha bevuto tutto ieri sera e anche stamattina. Ora sembra... a posto. Sarò di ritorno per le nove."

Levi abbaia ordini con la voce più ferma che riesce ad improvvisare. Solitamente, non gli serve altro per intimare al silenzio chiunque abbia di fronte. E sa di avere un certo ascendente sull'ospite che per qualche secondo non emette alcun fonema. Il corvino si convince quasi di poter mettere fine a quel dialogo ed evitare l'elefante che torreggia nell'atmosfera pesante tra di loro. Ma, come un fulmine che squarcia un sereno cielo estivo, l'urlo soffocato di Armin lo colpisce alle spalle, ravvivando la paura che Levi cova nel fondo del proprio cuore.

"Non sono sicuro di quanto durerà. Potrebbe cambiare quando meno ce l'aspettiamo!"

Levi abbassa la maniglia con una foga tale che potrebbe rimanergli in mano.

"Non succederà."

Ringhia, più a se stesso che al ragazzo che abbandona ogni proposito di farlo ragionare.

"A stasera."

Il calore del sole sta già mettendo a dura prova la vista abituata al buio dello scantinato quando finalmente Levi riesce a tirarsi fuori da quella voce bianca che vuole fargli aprire gli occhi sulla realtà. Non si preoccupa neanche di registrare il saluto affranto che sibila alle sue spalle, nel momento in cui sguscia fuori dalla porta d'ingresso.

"D'accordo. A più tardi."

Levi chiude la porta e si avvia alla macchina. Butta un'occhiata veloce al cellulare, per niente sorpreso dell'ennesimo invito a cena di Erwin che rifiuterà con la solita scusa stiracchiata della stanchezza. Mentre si accomoda sul sedile in pelle della sua auto sportiva, si appunta mentalmente di fare un salto al cinese accanto al suo ufficio per comprare ad Eren il ramen che divora sempre fino a strozzarsi. A motore accesso, a fare da sottofondo a quella mattina inaspettatamente calda che preannuncia l'arrivo della primavera, la radio narra ancora le tragiche uccisioni della divisione capeggiata dal Capitano Ackerman. Levi gira minuziosamente la manopola del volume, fino a decretare il silenzio come unico suono accettabile nell'abitacolo privato. Sistema per bene le sue ciocche nere già accuratamente pettinate. Con la freddezza che sente tornare padrona degli occhi indifferenti, si presta ad affrontare un'altra normale e ordinaria giornata di lavoro.

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