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062

«Mia signora perché non incontra sua figlio?» chiese Tenko accompagnando la donna giù dal piccolo ponte di legno su cui hanno conversato fino a quel momento.

«Con che faccia potrei presentarmi a lui? L'ho abbandonato, ho rinunciato a fargli da madre e pagherò il prezzo della mia scelta fino a quando non sarò morta.» rispose la donna con voce ferma e dura, mostrando il suo vero carattere, autoritario e forte.

«E se lui la venisse a cercare? Izuku è sveglio e sa perfettamente chi è sua madre.»

«Non lo so a dire il vero, non saprei che faccia fare. Forse ho solo paura che mi guardi con odio e che mi dica che...» s'interruppe perché non sapeva neppure lei come terminare la frase.

Si era sempre detta che avrebbe accettato qualsiasi sorte purché il figlio sopravvivesse e fosse in grado di scegliere per sé la propria vita. Invece eccola che sentiva i sensi di colpa che le attanagliavano lo stomaco.

«Signora, tutto bene?» chiese il ragazzo vedendo come la donna fosse sbiancata durante il discorso.

«Si tesoro, non ti preoccupare.» rispose con un sorriso e una carezza sul volto dell'altro che la ricevette come se fosse un tesoro, «Ma è meglio che tu vada, non vorrei che ti trovassero nei pressi della proprietà.»

Tenko si rimise sull'attenti e si guardò intorno alla ricerca di occhi indiscreti mentre con passo veloce si dirigeva verso il boschetto di aceri che affiancava il giardino e da cui era emerso senza farsi vedere.

«È proprio un bravo ragazzo.» bisbigliò con un sorriso fissando il punto in cui era sparito.

«Spero che sappia tenere la bocca chiusa o potrebbe finire nei guai.» disse una voce sconosciuta che la fece sobbalzare, ma mimetizzò lo spavento con una mossa studiata voltandosi a fronteggiare il nuovo arrivato.

Un uomo sui quaranta, con capelli neri folti lasciati scivolare sulla spalle muscolose, ma coperte da una maglietta larga che celava, anche se solo in parte, il suo fisico atletico.

«Non parlo con persone di cui non mi fido.» rispose Inko rivolgendo al corvino uno sguardo glaciale, trattenendo a stento i suoi feromoni carichi di collera, «Come ad esempio con lei che è penetrato nella proprietà dei Midorya senza invito e in modo furtivo.»

«Non sono qui per lei signora, sono stato mandato a cercare suo figlio. Don Yagi è incredibilmente in pensiero per il suo "ragazzo", ma non mi aspettavo che fosse sotto la sua supervisione.» rispose l'uomo con una risata compiaciuta.

«Don Yagi è sempre stato molto legato a Izuku, non avrei mai permesso che gli si avvicinasse se non lo avessi ritenuto un brav'uomo.» rispose Inko capendo chi fosse infine l'Alpha che aveva al suo fianco, «Però è stato imprudente a mandare un comune Alpha Dominante al mio cospetto.» e si portò una mano verso le pieghe del kimono ed estraendo la chiave magnetica.

«Non avrà bisogno di usarla signora, non ci tengo a farmi strappare di nuovo parti del corpo per colpa di quel Beta fissato con la giustizia. Volevo solo essere sicuro di non essermi sbagliato a riguardo.»

«Su cosa?» domandò lei.

«Sul fatto che il ragazzo fosse al sicuro, ma vedo che è tutto sotto controllo.» e se ne andò com'era venuto anche lui, senza che la donna lo vedesse scomparire dal suo fianco.

Shota Aizawa camminava per le vie nascoste della periferia di Tokyo. Erano anni che non si addentrava per quei luoghi malfamati e avrebbe preferito rimanersene a casa ad aggiustare la sua dannata macchina, invece eccolo mentre si dirigeva in quel luogo che tutti conoscevano, ma che nessuno aveva mai trovato. O almeno che intenzionalmente non era mai stato trovato, grazie anche ai soldi che l'Omega dei Midorya sborsava perché nessuno parlasse.

Doveva accertarsi che Izuku stesse bene, poi se ne sarebbe finalmente andato e addio a tutta la merda che il prete gli aveva di nuovo gettato addosso.

Il silenzio era talmente assoluto che il corvino si disse che era innaturale.

Avrebbe dovuto sentire i rombi dei motori della auto a pochi isolati da sé, o i clacson che suonavano per dispetto verso i guidatori davanti che troppo lenti rallentavano il traffico. Invece non si sentiva nulla.

Poi il suono di un passo alle sue spalle, ma percepito troppo tardi perché potesse reagire. La pistola che aveva estratto cadde quando una mano gli afferrò il polso con forza e un coltello veniva premuto contro la sua gola.

L'odore di menta e melissa lo fece cadere in uno stato confusionale, risvegliando il suo Alpha sopito da troppi anni.

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