056
Il ragazzo illuminato dagli schermi stava parlando, ma Denki non lo sentiva, la sua concentrazione era completamente focalizzata sull'odore che lui stava emanando, che lo stava costringendo a far riemergere un ricordo incredibilmente doloroso passato con Kyoka.
Lei lo aveva portato a camminare e lui si era perso nel guardare tutto ciò che lo circondava. Dopo anni passati nel centro per Omega, poter vedere quel mondo fatto di colori, dove la luce veniva dal sole e non dalle plafoniere sul soffitto, dove vi erano altri odori oltre a quelli degli Alpha che controllavano la strutture, dove poteva sentire la brezza sulla propria pelle e il calore che veniva irradiato per via delle giornate calde.
Si ricordò che si era quasi messo a piangere quando la ragazza aveva preso un pancake ai mirtilli, così diverso dalla solita farcia ai fagioli dolci rossi. Aveva fissato quel dolcetto per un po', annusandolo e trovando l'odore buono anche se un po' stucchevole per lo zucchero a velo che vi avevano spolverato sopra.
Per lui erano tutte cose nuove e le stava imparando con lei che gli sorrideva quando gli chiedeva cosa fosse una determinata cosa o come si facesse a far funzionare un'altra.
E si stupì di quanto le volesse bene quando addentando il pancake, vide che sorrideva.
Il sapore della marmellata di mirtilli era buono e lo fece felice, ma nulla se paragonato al senso di gioia che gli diede la visione di Kyoka con il sorriso in volto mentre lo guardava mangiare, il sole le illuminava i capelli scuri facendoli risplendere di mille tonalità di viola e le guance le si colorarono per l'imbarazzo di essersi lasciata andare davanti il proprio omega.
Era stato uno dei giorni più belli che avesse mai vissuto, ma ora si stava sgretolando nella sua mente, perché quell'Alpha che aveva davanti, profumava di mirtilli e gli stava facendo salire il disgusto.
«Mi senti Omega o devo far chiamare qualcuno?» chiese il maggiore piegandosi leggermente in avanti fino a portare il viso all'altezza di quello dell'altro che senza accorgersene si era accasciato a terra con il fiato corto e le lacrime agli occhi.
«Chi sei?» ripeté Denki cercando di smettere di respirare con il naso così da non sentire l'odore dei ferormoni dell'Alpha.
«Sono il tuo capo, credo di avertelo appena detto.» lo canzonò rimettendosi dritto e allungando una mano al minore che la rifiutò per rimanere steso a terra, «Come vuoi.» continuò sollevando le mani in segno di resa quando gli venne lanciata un'occhiataccia.
«Che ci fai qui?»
«Beh, sarei il capo del dipartimento IT e ho visto che stavi aggirando i miei codici di sicurezza.» tornò a parlare il maggiore andando a fissare lo schermo principale dove si vedeva il terminale aperto e una riga di testo a metà.
«Non riuscivo a vedere il video richiesto dalla signora.» rispose alla fine Denki alzandosi e cercando di tornare alla sua sedia, ma l'altro si era già sporto a cancellare tutto il lavoro appena fatto dall'Omega.
«Non ti devi preoccupare di questo, ho già controllato io e nel video non si vede nulla.» disse chiudendo tutto e mettendo il salva schermo predefinito, «Ho informato la signora Bakugou di questo, quindi per oggi sei libero. Vai a riposare.»
Il minore non sapeva come comportarsi, si sentiva scombussolato dai ferormoni che l'Alpha continuava ad emettere e anche se respirava con la bocca ne veniva comunque influenzato.
«Come vuoi.» disse con un'alzata di spalle avviandosi alla porta e non voltandosi mai indietro anche se sentiva il suo sguardo bruciargli la schiena.
Sentiva che quello che gli aveva detto non fosse del tutto vero, probabilmente perché non si fidava di lui. Come dargli torto, era un'Omega appena arrivato sotto minaccia da parte dello stesso individuo che era stato appena ferito gravemente da un esterno.
Solo che Denki voleva venire a capo di quella situazione e la spiegazione appena ricevuta non gli bastava, così al posto di andare verso i piani inferiori dove vi erano gli alloggi per i dipendenti, prese la via verso il piano del signorino Bakugou.
La stanza era stata sigillata per la ricerca di prove che avrebbero incastrato l'intruso, solo che non vi era nessuno a fare la guardi. Stando attento a non farsi vedere dalle telecamere, entrò e si diresse verso quella che riprendeva la zona appena al di sopra della porta, con una visuale perfetta sulla finestra a cui era stata attaccata una cerata con lo scotch.
Osservò come tutti i cavi fossero perfettamente collegati, ma qualcosa si trovava tra la lente delle telecamera e il resto. Interdetto prese una sedia in modo da verificare e vide che altri non era che un foglietto di carta con l'immagine della stanza impressa come una fotografia.
Che trucco banale e prevedibile, pensò con uno sbuffo afferrando il pezzo di carta, ovviamente non poteva essere qualcosa di così tecnologico e intelligente come aveva sospettato.
Stava per appallottolarlo e rimetterselo in tasca quando vide una scritta sul retro con un indirizzo IP.
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