051
I proiettili penetravano le pareti esterne dell'edificio in cui si era gettato, ma senza mai raggiungerlo con suo grande sollievo. Si sollevò con un sospiro amareggiato, dopo sei settimane di pianificazione accurata, dopo uno sforzo incredibile in cui aveva messo in dubbio tutte le sue certezze, dopo il dolore costante che lo attanagliava, era andato tutto in malora e non poteva fare nulla per rimediare.
Il suo unico vantaggio contro l'Alpha più potente del Giappone era che non conosceva la sua faccia, ora l'aveva vista e molto probabilmente sarebbe diventata la più ricercata di tutta la nazione, per non parlare dei suoi tratti somatici, così simili a quelli di sua madre.
Non l'aveva mai conosciuta, ma la somiglianza era inconfutabile, per non parlare dell'odore, con le stesse note fresche.
I Bakugou sarebbero arrivati a lei molto presto, questo ovviamente se non l'avessero già fatto.
Avrebbe voluto piangere per la frustrazione che provava, il suo essere debole e impreparato a quella situazione aveva contribuito a mettere in pericolo una donna che aveva solo cercato di proteggerlo, di salvarlo nel migliore dei casi, invece lui si era fatto scoprire e aveva rovinato tutto.
Osservò per un istante al di là della finestra vedendo come gli uomini del biondo avessero smetto di sparare ritirandosi all'interno, probabilmente per verificare che il capo stesse bene.
Tutti, tranne uno.
Di sicuro era un Alpha dominante, lo capiva dalle spalle larghe e la postura fiera, con il petto in fuori, gli occhi di una tonalità più chiara di quella di Katsuki, erano di un rosso dolce molto simile a quello dei garofani, così differenti ma al contempo tanto simili nel dominio che trasmettevano.
Lo vide rilassarsi quando una mano gli si posò sulla spalla, rimettendo la pistola che impugnava nella fondina ascellare che indossava sotto la giacca. Al suo fianco comparve il biondo, la mano che si teneva la coscia ferita mentre si appoggiava con il peso contro l'altro che lo sorreggeva per come poteva.
Un ringhio frustrato lasciò le labbra di Izuku alla vista del proprio Alpha così vicino ad un'altra persona che non fosse lui.
Katsuki doveva in qualche aver percepito il suo fastidio perché si appoggiò maggiormente contro il rosso che gli fece scivolare un braccio attorno alla vita. La prudenza lasciò il suo corpo, perché si avvicinò al bordo della finestra, entrando nel cono di luce ed esponendosi ai due nell'altro edificio.
Le unghie del verdino si piantarono sul bordo della finestra di legno scheggiandolo e ferendosi quando le schegge gli penetrarono la pelle dei polpastrelli. Il suo odore si diffuse insieme al suo ringhio attirando l'attenzione del maggiore che rilasciò a sua volta i suoi ferormoni.
«Sei un bastardo Bakugou Katsuki.» urlò Izuku rammentandosi che di una cosa il suo Alpha non fosse entrato a conoscenza.
Il suo nome.
«Sei mio Omega.» rispose con un ringhio arrabbiato l'Alpha capendo che infondo aveva perso una parte di quello scontro.
Il giovane Omega lasciò l'edificio claudicando leggermente, durante la caduta aveva sbattuto il fianco a terra e ora gli doleva leggermente quando dava peso a quella parte del corpo.
Si sentiva confuso dopo lo scontro con il proprio compagno. Avrebbe voluto bearsi ancora della sua compagnia, annusare i suoi ferormoni e baciare per il resto della sua vita quella bocca beffarda, ma avrebbe anche voluto che quelle braccia lo circondassero come avevano fatto quelle di Don Keigo nei suoi momenti più tristi, però quello non sarebbe mai successo, come anche una vita tranquilla passata insieme.
Doveva rinchiudere dentro di sé il proprio Omega, impedirgli di pensare a quell'Alpha che lo voleva solo schiacciare. Sapeva che se non fosse stato per quei maledetti ferormoni, non ci sarebbe stato nulla a legarli, se solo fosse nato Beta avrebbe potuto vivere felice e ignorante come la maggior parte della popolazione.
Pianse mentre si avviava al covo in cui aveva vissuto in quelle ultime settimane.
Se non fosse stato per Giran, lo strano figuro che aveva incontrato il giorno in cui era scappato dal convento, starebbe ancora vagando alla ricerca di un modo per sopravvivere al di fuori di quelle mura in cui era rimasto chiuso per tutta la sua esistenza.
Gli mancavano i suoi colleghi preti e si sentiva mortificato per non averli salutati a dovere quando era fuggito, non aveva neppure lasciato un biglietto con delle spiegazioni, se ne era andato e basta, lasciando Don Yagi solo. Gli mancavano i loro pomeriggi insieme ad allenarsi, vederlo impugnare una pistola o compiere una qualche acrobazia nonostante il medico glielo avesse impedito.
Senza rendersi conto di quanto avesse camminato, alla fine si trovò davanti la porta del covo, ben mimetizzata in quel vicolo dismesso. Varcò la porta con ancora la frustrazione ad incupirgli lo sguardo e il tutto non migliorò quando la voce dell'unico Alpha di tutta la combriccola gli si avvicinò spargendo il suo odioso odore di pop corn bruciato nell'aria.
«Il cucciolo è tornato all'ovile.» gridò richiamando l'attenzioone di tutti, anche di quelli che non si trovavano nella stanza in cui era appena entrato, un bar dismesso usato ai tempi per incontri clandestini, «Allora hai ucciso il tuo Alpha?» gli chiese il ragazzo avvolgendogli le spalle con un braccio.
«Sei un vero rompi coglioni Dabi.» rispose Izuku sfuggendo alla sua presa guardandolo storto e avviandosi lontano da lui e da tutti quelli che si erano avvicinati per salutarlo, andandosi a nascondere in quel piccolo spazio che gli avevano dato quando era arrivato.
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