036
Katsuki si risvegliò dal Rut con un enorme cerchio alla testa che gli faceva vedere tutto sfocato, più un dolore osceno alla mandibola che sembrava essere stata colpita da un tir in corsa.
Un mugugno di fastidio usci dalle sue labbra quando cercò di alzarsi e vide che dalla sua coscia usciva una generosa quantità di sangue che gli macchiava i pantaloni neri.
«Che merda è successo?» si domandò guardandosi attorno e scorgendo attorno a sé un'enorme distesa di risaie in fase di semina, ma data l'ora tarda non vi era nessuno al lavoro.
Il tramonto incombeva e rendeva la sua ombra incredibilmente lunga, tanto che in un primo momento non si accorse che accanto a sé ci fosse qualcuno, almeno non fino a quando non lo urtò con la gamba ferita, perdendo l'equilibrio finendo nell'acqua fangosa della risaia.
«Che pezzo di merda, te ne stai lì steso mentre io sono ferito?» domandò il biondo risollevandosi e girando il corpo del suo sottoposto, così da schiaffeggiarlo per risveglialo, quando notò che in effetti fosse un compito impossibile. Un grosso proiettile aveva penetrato la fronte dell'uomo uccidendolo sul colpo.
Una sonora bestemmia venne urlata dal ragazzo che si trovava proprio in una situazione sgradevole, ma con estrema lucidità si mise a frugare in ogni tasca che aveva alla ricerca del cellulare così da chiedere aiuto, o almeno di scoprire dove fosse.
Addosso non lo aveva, però guardandosi attorno vide il cappotto a qualche metro di distanza. Con passo claudicante di apprestò per andarlo a prendere.
Era incredibilmente zuppo e il cellulare che si trovava nella tasca era andato, da buttare e da nessuna parte si scorgeva la macchina.
Altre imprecazioni e un calcio all'acqua venne dato dal biondo per poi lasciarsi cadere nello sconforto accanto al cadavere, cercando magari di ritrovare un po' di lucidità persa.
«Fa un male del diavolo.» si lamentò Izuku stringendosi la fascia al braccio. Appena dopo l'operazione eseguita da Don Keigo, l'anestetico che gli aveva fatto bere era esaurito facendogli provare un bruciore che gli stava facendo salire il mal di testa, inoltre il calore che era sbocciato quando aveva annusato l'odore di quell'Alpha non aiutava la situazione.
«Devi calmarti altrimenti si strapperanno i punti.» lo rimproverò Don Torino che era accorso appena saputo dell'accaduto.
«Me ne frego dei punti, voglio sapere cosa mi è successo.» sbraitò il ragazzo camminando avanti e indietro per la piccola cella in cui si rintanava per passare il calore, una delle boccette contenente il soppressore per metà vuota, ma nessun effetto lenitivo sembrava avere effetto su di lui.
«È complicato da spiegare e non sappiamo neppure noi cosa dire.» rispose il vecchio fissando il ragazzo accigliato, «Devi essere tu a dirci quello che è successo.»
«Tutto quello che so è che lui continuava a emettere ferormoni, solo che erano diversi da quegli degli altri Alpha, erano buoni...» cominciò a dire fermando la sua camminata e fissando un punto distante, la sua mente a quello che era successo nel pomeriggio, «Erano spezie e legna appena tagliata, un po' polverosa...» continuò con un gemito portandosi una mano alle labbra, sfiorandole appena, «Qualcosa di giusto e che mi ha fatto rilasciare il mio odore in risposta...insieme erano perfetti, come se fosse il profumo del sottobosco, ma non quello umido invernale, quello estivo, caldo...piacevole.» continuò facendo scivolare la mano sul collo dove gli sembrava di sentire ancora il tocco bollente del biondo, «Alpha.» gemette alla fine rilasciando i suoi ferormoni con forza, pronti a richiamare il ragazzo che però si trovava a chilometri di distanza.
Don Torino fu costretto a tapparsi naso e bocca, i ferormoni del verdino lo stavano stordendo talmente tanto che cadde a terra, sottomesso alla forza di quell'odore.
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