032
Don Yagi urlò quando vide il corpo del suo protetto cadere a terra mentre con uno scatto dettato non solo dal ricordo di tutte le sue missioni, ma anche per il terrore che stava provando, estrasse una pistola nascosta tra le pieghe della tonaca da prete. Il braccio si alzò come aveva già fatto mille volte e punto l'arma contro l'uomo che aveva osato sparare a Izuku.
Un altro colpo squarciò il silenzioso ambiente, facendo fischiare le orecchie del biondo e osservando come il proiettile fosse andato a segno nella fronte dell'altro.
Gridò per il dolore della spalla, slogatasi per il rinculo della pistole e per chiamare il giovane prete che se ne stava a terra. Lo vide mentre si teneva il braccio che grondava sangue ancorato a sé, il volto trasfigurato dalla rabbia in un espressione grottesca con gli occhi ancora puntati sull'Alpha a terra che sbavava per quel nuovo odore rilasciato dall'Omega.
Il maggiore che lo aveva raggiunto correndo, fregandosene di tutte le raccomandazioni che gli avevano fatto, vedendo lo sconosciuto con i canini sporgenti e le pupille dilatate per il Rut, appena resosi conto della situazione, si accucciò a cavalcioni sul petto del biondo per tirargli un pugno dritto alla mascella, facendolo svenire sul colpo.
«Zuzu stai bene?» chiese Don Yagi mollando l'altro e avvicinandosi al verdino che aveva cominciato a dimenarsi per il dolore e respirare pesantemente, sollevato quando i ferormoni dell'altro si interruppero.
«Fa un male dannato.» rispose a denti stretti, i molari stridettero per quanto forte stava serrando la mandibola, rischiando veramente di farsi più male di quanto già non provasse.
Il rumore di spari doveva essere arrivato anche ad altri preti del convento, perché in molti si precipitarono lungo la navata della cappella, preoccupati nel vedere Izuku in un pozza di sangue e un'Alpha al suo fianco che rilasciava ancora un vago odore di spezie.
«Per l'amor di Dio, cos'è successo?» chiese il monsignore precipitatosi immediatamente a tutta velocità e spingendo via quelli che erano in mezzo al cammino.
«Non lo so...» ammise Izuku digrignando e respirando pesantemente alla ricerca di quella calma che lo contraddistingueva nelle situazioni critiche, «Il suo odore...lui mi ha...non lo so, è stato strano...il mio calore...» metà delle sue frasi erano incomprensibili e l'altra metà avevano solo in parte senso, ma alle orecchie del monsignore non serviva altro per capire la situazione.
Con un'occhiata infuocata all'Alpha che non si muoveva a terrà, richiamò alcuni novizi prestanti perché si avvicinassero.
«Voglio che prendiate lui, la sua macchina e il corpo dell'altro uomo e li portiate lontani da qui.» sentenziò con voce ferma, ma il leggero squittio della sua intonazione avrebbe reso tutto quasi comico se la situazione non fosse stata drastica.
Nel frattempo Don Keigo che appena vista la situazione era scappato nel suo laboratorio ai piani inferiori, tornò come un lampo con una serie di boccette strette fra le braccia e la fronte imperlata di sudore, mentre alcune bende ficcate a forza in un sacchetto di carta troppo piccolo, sfuggivano dalla sua tasca, venendo subito raccolte al volo da Don Iida, uno dei compagni più stretti del verdino.
Le cure richiesero tutta l'attenzione del giovane prete dai capelli biondi, che con sguardo serio si era messo a tagliare la manica della tonaca del minore, attento a muoverlo il meno possibile, intanto che lui buttava giù un intruglio grigiastro che sapeva di alcool e che gli bruciò la gola.
«Ma che mi hai dato?» chiese Izuku sentendosi immediatamente stordito, ma non ricevette alcuna risposta da Don Keigo che con un paio di pinze si era messo a scavare nel suo braccio il proiettile che era rimasto incastrato a metà, vicino all'omero.
«Vacci piano, rischi di lesionare qualche vena.» s'intromise Don Yagi che si era affiancato al collega e guardava la scena con occhio attento, il braccio slogato mollo lungo il corpo, impossibilitato a muoverlo.
«Invece che preoccuparti per Izuku, sarebbe meglio che ti facessi mettere a posto quella spalla.» lo rimproverò il monsignore, sospingendolo fuori dalla chiesa, intimando a tutti di lasciare in pace Don Keigo e Don Iida che gli stava prestando aiuto.
«Prima dovremmo parlare di quello che è successo.» lo apostrofò seguendolo comunque lungo il tragitto verso il suo ufficio.
«Se ho capito bene le parole di Izuku, quello non è un comune Alpha che lo ha riconosciuto.» gli fece notare il superiore davanti alla porta chiusa che cercava di aprire con una chiave piuttosto vecchia, «Potrebbe essere il suo Mate, il che vuol dire che è un Reale.»
Il corpo di Don Yagi si pietrificò alle elucubrazioni del vecchio, soprattutto perché si rivelavano sempre corrette.
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