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Il corpo di Izuku venne lavato con cura, rimuovendo dalla sua pelle bianca i segni della prima ondata del calore. La mano di Don Keigo si muoveva titubante sul corpo del ragazzo, non riuscendo più a vedere le lentiggini che caratterizzavano così bene la pelle del verdino, sostituendo la sua immagine con quella di un altro ragazzo, dalla pelle leggermente più scura, dorata come i capelli che gli incorniciavano il viso rotondo dell'infanzia e due occhi color ambra colmi di terrore.
Si rivide al posto del cucciolo che aveva cresciuto con tanto amore, al suo posto e con le stesse macchie a sporcare il suo corpo giovane, ma quel seme non era il suo, quello sperma che macchiava le sue cosce e fuoriusciva dal sé non era il suo, ma quello dell'ennesimo Alpha a cui suo padre lo aveva venduto per comprarsi una nuova dose di eroina da spararsi in vena.
Sentiva le mani che con delicatezza pulivano il corpo del giovane Izuku, come se in realtà stessero strofinando la sua pelle, strappandogliela via con brutalità, cancellando la forza lo sporco che era di nuovo stato lasciato sul suo corpo.
Nessuno lo aveva accudito come ora lui stava facendo con l'Omega che si dimenava leggermente al suo tocco delicato, nessuno gli aveva riservato la stessa gentilezza. Sua madre lo puliva solo per poi ributtarlo in mezzo ai leoni che si cibavano della sua innocenza, della sua carne giovane, ma Keigo era sempre stato di animo forte e aveva subito tutto senza lasciare che niente lo toccasse nel profondo dell'animo, così quando una sera dopo il suo quindicesimo compleanno, si diresse in camera di suo padre che dormiva in mezzo al sudiciume, con ancora un ago infilato nel braccio, i suoi occhi che avevano perso la dolcezza dei suoi primi anni, quando la sua vita era ancora felice, senza che la droga avesse intaccato l'amore della sua famiglia, prese la lampada dal comodino ingombro di mozziconi di sigarette e la sbatté con violenza sul capo del padre, fino a quando non vide più nulla se non la carne maciullata e il sangue che macchiava tutto il suo corpo.
Aveva appena commesso la cosa più ripugnante che potesse mai immaginare, ma non si era mai sentito meglio in vita sua e con il sorriso a incurvargli le labbra se ne andò dalla casa dei suoi genitori, abbandonando tutto ciò che era stato, compreso il dolore che lo aveva accompagnato fino a quel momento.
Percorse due città, passando per i bassifondi, non guardando nessuno in volto. Non mangiò e non bevve, il sangue ormai secco ancora a macchiare il suo volto mentre le sue membra cedevano ai pressi di un ponte. Nessuno lo vede mentre perdeva i sensi e cadeva dal ciglio dell'argine fino alla banchina due metri più in basso.
Solo un prete che passeggiava diretto al convento poco distante, lo scorse steso a terra e spaventato corse verso di lui lasciando cadere il cestino colmo di provviste, fiondandosi dal ragazzo a terra.
Lo trovò con le labbra secche e spaccate per la disidratazione, le guance infossate e gli occhi socchiusi, ma privi di lucidità, il prete credette quasi di essere arrivato troppo tarda, però un cuore batteva ancora sotto la mano che aveva posato contro il suo petto, sentiva ancora la vita che scorreva dentro di lui, anche se fievole.
Così, con una preghiera sussurrata a fior di labbra lo raccolse da terra per prenderlo in braccio, con estrema fatica riuscì a risalire l'argine del fiume e raccogliere ciò che aveva lasciato cadere, ma alla fine anche se esausto, lo portò su per il colle dove vi era il monastero, dandogli così le cure di cui aveva bisogno.
«Tu non sei me.» bisbigliò Don Keigo tornando al presente e coprendo il corpo pulito di Izuku con un morbido lenzuolo, «E non dovrai soffrire per nessuna ragione al mondo.» terminò lanciando la pezza nella bacinella e sedendosi a terra accanto alla brandina, afferrando la mano del ragazzo e posandovi la fronte sopra, mentre una preghiera, la stessa che il suo salvatore gli aveva rivolto mentre era svenuto sul ciglio del fiume, lasciava le sue labbra.
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