005
Alcuni mesi erano passati da quando Don Yagi era arrivato al monastero, sconvolgendo in parte la vita dei suoi colleghi che ebbero alcune difficoltà ad adattarsi ai suoi ritmi di lavoro da militare.
Era sempre stato una persona parecchio attiva anche prima della carriera nell'esercito, ma dopo l'addestramento intensivo che aveva compiuto oltreoceano, il suo fisico era mutato diventando enorme rispetto al ragazzo magrolino che era in gioventù.
La sua prestanza fisica aveva però fatto capire ben presto ai preti più anziani che faticavano a svolgere i lavori più onerosi, a delegare a lui tali fardelli, così da aiutare il giovane Don Keigo che cercava ancora di far crescere le piante comprate al mercato la settimana prima.
Il lavoro era molto affinché la serra, che stavano costruendo nel mentre che le piante germogliassero, fosse pronta e pienamente operativa in vista del futuro.
Il monsignore aveva preventivato che la fabbricazione dei soppressori per il cucciolo, avrebbero richiesto parecchio lavoro e anche parecchio tempo, per quello aveva affidato quel compito nonostante il piccolo avesse poco più di un anno. Non c'era un momento da perdere.
Don Yagi passava molto tempo in compagnia del suo vecchio maestro e del piccolo Omega che piano piano stava cominciando a camminare. I pomeriggi assolati quando c'erano da portare nei magazzini le provviste che i membri più giovani compravano nelle botteghe della città a valle, o dei commercianti che portavano la merce direttamente al convento, Izuku lo seguiva con Don Torino che lo teneva per le manine aiutandolo a sostenersi dritto mentre muoveva i primi passi.
I piccoli sandalini che il segretario del monsignore aveva intrecciato con del filo spesso e morbido, frusciavano sul pavimento lastricato di pietra che conduceva dal giardino interno, mentre il cucciolo agitava le gambette intuendo il movimento che doveva fare.
«Bravo Izuku.» ripeteva il vecchio quando il cucciolo eseguiva bene i passi, ma alzando troppo le gambette facendogli quasi perdere l'equilibrio se il maggiore non lo avesse tenuto dritto, «Dai, andiamo da Toshinori che sta portando dentro i sacchi di farina.»
Izuku, riconoscendo il nome del prete dai capelli biondi, si dimenò dalla stretta di Don Torino, sfuggendo al suo controllo, le gambette ben piantate a terra mentre muoveva un passo nella direzione in cui Don Yagi era andato poco prima.
«To-ci...» biascicò con la saliva a sbrodolargli la bocca il cucciolo che aveva alzato le braccine pronto a farsi prendere in braccio una volta individuato il suo obbiettivo.
Intanto il vecchio prete fissava il bambino che gorgogliante di saliva, camminava barcollando a destra e a sinistra verso la grossa porta di legno che conduceva al corridoi alla cui estremità, dopo due rampe di scale, si trovava la cantina e annesso deposito dei prodotti alimentari.
«Credo di aver quasi finito maestro.» urlò il biondo correndo su per le scale, ma si bloccò quando gli mancarono tre gradini per arrivare al pianerottolo.
«To-ci.» gridò il cucciolo agitando le manine su è giù contento di aver trovato Don Yagi, la saliva era scesa lungo il mento per finire sul piccolo bavaglino azzurro che Don Torino aveva messo per ogni evenienza.
«Izuku, stai camminando.» gridò felice il giovane prete spalancando le braccia in cui il verdino si fiondò inciampando per poi essere sollevato in aria e fatto roteare dall'uomo che entusiasta rideva insieme al piccolo.
«Dovremmo festeggiare.» disse Don Torino assistendo la scena, contento a sua volta per i progressi del bambino, ma con un grosso peso sul petto.
Dopotutto il tempo non si poteva fermare, Izuku inevitabilmente sarebbe cresciuto e loro dovevano essere pronti per quando sarebbe avvenuto.
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