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Capitolo 11

Sua madre... sua madre... sua madre.

Queste parole mi infestano la mente tanto che non riesco a dormire, e di certo stare nella mia vecchia stanza, circondata da tutti i miei ricordi, non aiuta. Tutto è rimasto uguale in queste quattro mura, mentre il mondo fuori da quella porta è andato avanti, anche la me stessa di adesso è cambiata. Non sono più la ragazzina innocente di un tempo, non appartengo più al mondo degli angeli ... e neanche alla terra.

Adesso sembra che io non abbia un posto a cui aggrapparmi, come se fossi sospesa nel nulla e niente potesse reggermi. È una sensazione assurda! Spesso mi capitava di sentirmi in adeguata al Paradiso per la mia natura umana e sulla Terra altrettanto. Quando frequentavo la scuola ero una reietta, nessuno voleva mangiare con me a pranzo ... eccetto James.

Questa condizione di non appartenenza non è mai cambiata, ma sapere di poter chiamare un luogo casa mi faceva sentire al sicuro. Non sono nè umana nè un angelo. Non appartengo a niente e questo mi pesa molto, tutto quello che tocco, vedo o le persone a cui mi affeziono potrebbero scomparire in un attimo davanti a me, perché questo non è il mio mondo.

Sbuffo per il mal di testa che sta irrompendo nella mia mente in questo istante, i pensieri non vogliono lasciarmi a andare e mi sento presa da un'angoscia straziante.

La finestra viene spalancata e una raffica di vento mi fa gelare le braccia scoperte. La camicia da notte bianca di seta che indosso non è abbastanza coprente da tenermi al caldo. Mi alzo da letto e, a piedi nudi, mi avvicino alla finestra per chiuderla. Nell'esatto momento in cui la mia mano si poggia sull'infisso della finestra, un'altra mano tocca la mia. Un piccolo urlo, accompagnato da un sobbalzo da parte mia provocano un leggerlo risolino proveniente dal ragazzo di fronte a me, con gli occhi più scuri della notte.

<< Non pensavo fossi così fifona >> mi punzecchia.

<< Mi ero dimenticata che fossi così imbecille e psicopatico da entrare dalla finestra a notte fonda >> replico lasciandoli lo spazio davanti a sé per farlo entrare. Con un balzo scavalca il muretto della finestra, le ali nere hanno un colorito più accesso rispetto al solito.

<< Sei andato negli inferi? >> chiedo mentre si avvicina al mio letto e ci si getta sopra.

<< uh >> è l'unica risposta che ricevo mentre piega le braccia dietro la testa e chiude gli occhi. Mi stendo a pancia in giù vicino a lui.

<< Quel grugnito sarebbe un sì? >> domando divertita. I suoi si riaprono, si volta verso di me sostenendo la testa con il palmo della mano sinistra, mentre la mano destra raggiunge la mia guancia e l'accarezza. Rabbrividisco al contatto con la sua pelle fredda.

<< Era da troppo che non percepivo il tuo calore >> allontana la mano come se si stesse scusando per la pelle d'oca che mi ha provocato il contatto << Ne avevo bisogno >> mi fissa con l'oscurità negli occhi.

Passano alcuni instanti in silenzio, restiamo così a fissarci e credo di essere arrossita perché l'angolo destro della sua bocca si è alzato verso l'alto, in un sorriso accennato tra il divertito e il malizioso.

<< Perché sei andato nell'Inferno? >> chiedo cercando di cambiare di argomento. Distolgo lo sguardo da lui aspettando una risposta.
Quando mi volto per incitarlo, lui scuote la testa e si ristende volgendo gli occhi al soffitto.

<< Ho dovuto sbrigare delle cose >> afferma.
<< Hai dovuto fare rifornimento? >> scuote la testa.
<< Ci sono stato prima del tuo arrivo >> dichiara << Ho dovuto sbrigare altro >> noto dal tono della sua voce che si sta infastidendo, ma non ho intenzione di mollare la presa. Da poco ho capito che non conosco molto di lui, è voglio sapere di più.

<< Meghan? >> si alza di scatto dal letto, lasciando che il busto si porga in avanti con i gomiti poggiati sulle ginocchia.

<< Egon? >> mi poggio sulle ginocchia cercando di avvicinarmi a lui di spalle. Quando tento di appoggiare una mano sulla sua spalla, mi afferra il polso e mi blocca. Si volta verso di me e il suo sguardo mi raggela. Gli occhi neri e calmi sono diventati rosso sangue e l'oscurità ha lasciato spazio a delle fiamme ardenti che mi divorano.

<< Cosa sai? >> spunta amaro le parole guardando con un espressione disgustata, non per me ma per altro.
Si alza lasciando che la mia mano cada sul lenzuolo, inizia ad andare avanti e indietro a piedi del letto.

Mi alzo anche io e cerco di calmarlo.
<< Egon, calmati. Parliamone >> lo scongiuro di rilassarsi, non ricordo di averlo mai visto con gli occhi rossi e questo cambiamento improvviso mi spaventa. Credevo di aver visto ormai ogni sfaccettatura di Egon, dalla furia alla paura di perdermi all'amore per me, ma mi rendo conto che non solo ci sono cose sul suo conto che non so sul suo passato, ma ci sono altrettante sfumature di lui che non ho mai visto.

<< Eva, ti scongiuro non parliamone >> mi avvolge il viso con i palmi delle sue mani.

<< Non conosco niente di te e questo mi lascia con l'amaro in bocca. Io ti amo ed è normale che io voglia sapere qualcosa su di te, qualcosa che mi faccia sentire a casa visto che ormai non sono nè umana nè un angelo. Mi sento sballottata da una parte all'altra senza sosta come se non avessi un punto di arrivo ma solo di partenza. >> ammetto poggiando le mie mani sulle sue.

D'istinto mi abbraccia, il freddo mi penetra il corpo, che contrasta con il fuoco nei suoi occhi. Mi sento mancare il fiato a causa della forza con cui mi tiene a sè, vorrei dirgli di lasciarmi andare ma una parte di me sa che lì, tra le sue braccia anche con il freddo come se stessi immersa in una bufera, ho raggiunto quel luogo di conforto e amore che l'uomo chiama: CASA.

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