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21. Sisu

Finlandese. Intraducibile: indica una straordinaria perseveranza psicologica nell'affrontare sfide molto lunghe e difficilissime.


Uomini, siate umani, è il vostro primo dovere; siate umani verso tutte le condizioni,
verso tutte le età, verso tutto ciò che non è estraneo all'uomo.

[Jean-Jacques Rousseau, Emilio]


Le mattonelle rosso carminio rappresentavano la scelta perfetta per una cucina, una sfumatura appropriata per suscitare robusti appetiti nell'uomo. Languori di ogni tipo, dall'esigenza sessuale al bisogno di sbraitare con violenza più che eccessiva, come Lorianne stava dando dimostrazione.

Mattia non riusciva a dare peso al modo in cui lei aveva sbattuto l'anta del frigorifero e ora teneva in mano una bottiglietta d'acqua come se quella potesse in qualche modo rovesciarsi addosso a lui: niente gli avrebbe bagnato la camicia se Lorianne non avesse preso l'iniziativa, e sapevano entrambi che non l'avrebbe fatto, perciò Mattia era tranquillo.

E la cosa era anche molto strana, dal momento che quelle mattonelle che tanto aveva odiato iniziavano a destare in lui una sorta di calma ovattata, di quieta rassegnazione quasi, un muto sentimento che aveva visto albeggiare negli occhi di Jean quando, giunti entrambi alla soglia dello studio di Ira Hornstock e diretti verso due strade opposte, il Cacciatore si era sporto verso di lui con un piccolo sorriso in volto, a labbra unite. Sembrava apologetico, anzi, dispiaciuto.

«Grazie» gli aveva detto, la guancia sotto il suo collo più che vicino al suo orecchio. Mattia si era chiesto più volte come facesse ad avere la pelle così liscia, ma solo allora, con Lorianne che si agitava abbastanza da far cadere a terra parte della sua bevanda, capì che a Jean la barba non cresceva, non troppo almeno. Che, sebbene lui stesso si ostinasse a ignorare una data di nascita che conosceva per forza di cose, Jean era anche più piccolo di lui. Era ancora un bambino, come lui.

Chi lo aveva ritenuto adatto a ricoprire una carica governativa? Persone simili a quelle che avevano ritenuto lui capace di gestire tutto il potere che si era preso, realizzò Mattia. Persone come Lorianne, che aveva solo un anno in meno di loro ma nessuno degli oneri che si trovavano a fronteggiare lui e Jean, e che potevano permettersi una scenata come quella che la ragazza stava facendo, noncurante e anzi forse esaltata dalla presenza di Adriano, poco interessata a ciò che il suo ex subiva dietro le sbarre. Era consapevole del fatto che anche lei avrebbe dovuto ricevere lo stesso trattamento, e che se l'era cavata per una mera questione di cognomi? Se lo sapeva non lo reputava un fatto importante, e se non lo sapeva era una stupida.

«Grazie» gli aveva detto Jean, quando era stato proprio lui a mandarlo in prigione. Gli aveva appoggiato il viso tra spalla e mandibola per un attimo in più del necessario, inspirando a pieni polmoni, e Mattia sarebbe stato pronto a giurare di averlo visto esitare proprio in quell'istante, di aver visto in quegli occhi che si rialzavano lenti il desiderio di stringergli un braccio, come aveva fatto la prima volta in cui si erano incontrati o quando l'aveva bloccato di fronte alla porta della Sala del Consiglio nelle prime ore di quel mattino maledetto, il desiderio di, di... non lo sapeva, di fare qualcosa che Mattia non riusciva a immaginare, non con Lorianne che lo scuoteva neppure fosse un tappeto. Era già tanto che le prestasse la minima parte della sua attenzione.

Mattia attese a braccia conserte finché la ragazza non si fermò per riprendere fiato, e in quel secondo di silenzio le disse: «Hai finito?»

Aveva usato quelle parole di proposito: più Lorianne s'infervorava, più diventava irrazionale e, di conseguenza, incapace di sostenere la propria tesi. Mattia l'aveva imparato a sue spese.

La lasciò andare a ruota libera. Ormai la sua mente si era dissociata ed era in grado di afferrare soltanto pezzi di frase staccati dal contesto. Non che il contesto avesse molto senso di per sé, in verità. Avrebbe provato a ragionare con lei una volta sbollita la rabbia e forse avrebbe ritentato la sorte in futuro se non fosse riuscito subito nel suo intento, ma aveva preso la sua decisione e ben poco sulla faccia del pianeta avrebbe avuto il potenziale di fargli cambiare idea.

«Tu non capisci, Mattia» la sentì dire, e a quell'insinuazione non poté fare a meno di ridere.

«Perché, tu sì?»

«Certo che io sì!» gli rispose lei, le mani strette a pugno lungo i fianchi e diverse ciocche di capelli che minacciavano di uscirle dalla coda. «Dimentichi che gli sono stata accanto per tre anni, Mattia?»

Mattia rise di nuovo. Nelle orecchie risentiva tutte le risate amare di Jean. «Dio, non ammetti neanche più che siete stati insieme.»

«Oh, Raziel, perdonami, quale orribile peccato ho commesso!» Era quasi comica, Lorianne, con le guance rosse, le pupille allargate e una gocciolina di saliva all'angolo della bocca. Mattia pensò a quando, qualche giorno prima, l'aveva vista in quello stesso stato, nuda nel suo letto, le gambe sottili agganciate ai suoi fianchi e il nome di Jean sulle labbra, e gli venne voglia di vomitare.

L'istinto gli urlava di darle le spalle e ignorarla, ma l'orgoglio, di gran lunga in maggioranza in quel frangente, gli impose di restare lì, fermo dov'era, e affrontare la situazione di petto. Aveva mantenuto la pazienza di fronte ai comportamenti infantili del Console e dell'Inquisitore, quella mattina; poteva farcela anche con Lorianne.

Si costrinse a prendere un respiro profondo e a riordinare i pensieri prima di parlare: «Elencami le ragioni per cui non dovrei far uscire Jean di prigione.»

Lorianne lo guardò con il ritratto della confusione dipinto in volto.

«Solo quelle. Non le ragioni per cui non avrei nemmeno dovuto rivolgergli la parola o mostrargli un briciolo di comprensione o cos'altro. Solo quelle, in ordine dalla più grave alla meno grave, e senza commenti.»

«Perfetto.» Lorianne si schiarì la gola e attaccò: «È un assassino. E non dire che lo sei anche tu.»

«Non stavo per dire quello. Stavo per dire che lo sei anche tu. E mi pare di averti vietato di fare commenti.»

Adriano, che osservava la scena appoggiato al muro e con una scintilla di malizioso divertimento accesa negli occhi, ridacchiò.

«È uno stupratore.»

«Presunto.»

«Nel nome dell'Angelo, non ti ci mettere pu-»

Mattia si portò un dito alle labbra in un gesto eloquente.

Lorianne ci tenne a esprimere la sua frustrazione gettando le braccia in aria come una bambina che fa i capricci. Quindi provò a ribattere, ma Mattia la vide lottare contro se stessa per formulare un'argomentazione decente e, come c'era da aspettarsi, fallire in maniera spettacolare.

Lorianne si morse l'interno delle guance. Così, con gli zigomi ancora più pronunciati del solito e un vestitino nero che le appiattiva le forme già poco definite, sembrava uno scheletro. Era diversa dagli altri Shadowhunters: meno agile, meno forte, meno prestante, però più famosa. Ed era stata proprio la fama, peraltro immeritata, ad averle comprato la libertà. Mattia ritornò su quel pensiero e se ne sentì ancora più schifato.

«Che c'è, non trovi più niente di valido?» la schernì. Se ne sarebbe pentito, in seguito, si conosceva troppo bene ed era troppo onesto con se stesso per permettersi di negarlo, ma non era riuscito a trattenersi. Si sentiva già la vittoria in tasca.

Lorianne tirò su con il naso. «Non ti bastano, Mattia? Non ti bastano quei due motivi?» Sul finire, la voce le si ruppe a causa delle prime lacrime di un pianto che, Mattia sapeva, sarebbe durato a lungo.

Distolse lo sguardo: le lacrime di Lorianne erano il suo punto debole. Le ignorava per quanto poteva, ma dopo un po' la parte più sensibile della sua coscienza prendeva a rimproverarlo. Sei una persona orribile, gli sussurrava, sei disumano, devi detestarti, stai facendo soffrire una ragazza che ha già sofferto troppo. E Mattia a quel punto cedeva, faceva un passo in avanti, l'abbracciava e la consolava. Era riuscito a non capitolare, quando avevano litigato l'ultima volta, vale a dire quando avevano fatto l'amore per la prima, soltanto perché si era girato dall'altra parte e se n'era andato in tempo dell'appartamento. Adesso non aveva scampo.

Rialzò la testa. «Di cosa hai paura, Lori?» le chiese, il tono di solo qualche nota più dolce.

Lei si asciugò gli occhi con il dorso della mano. «Ho paura che succeda a te, o ad altri, quello che è successo a me, o... peggio.»

Mattia esalò un lungo sospiro. «Lori...»

«No, aspetta. Fammi finire.» Lorianne deglutì. «Ti sta manipolando, Mattia. Ti sta facendo credere che è pentito...»

«Non ha detto di essere pentito» replicò Mattia, la voce di nuovo dura. «Non ha detto nulla del genere. Semmai sono io a manipolarlo, a illuderlo con la prospettiva della libertà quando tutti sappiamo che è improbabile, se non impossibile. Ma dopotutto tu cosa puoi saperne: non eri lì.»

A quel punto, Lorianne stava piangendo a singhiozzi.

«Senti, Lori, sono un adulto, la vita è mia e ne faccio quel che voglio.»

«Ma non puoi farne quel che vuoi, se così facendo metterai a repentaglio la vita e il benessere di altre persone!»

«Mi prenderò tutte le responsabilità necessarie.»

«Sì, e in prigione ci sbatteranno te!»

«Chi mi ci sbatterà, mmm?» Mattia soffiò un verso di disprezzo dal naso. «Tu?»

«Per quanto ne sai, potrebbe farlo Jean!»

«Bene, lo faccia» sibilò Mattia per tutta risposta. «In tal caso saremmo pari.»

Adriano, che fino ad allora era stato solo uno spettatore, gli mise una mano sulla spalla e strinse forte. «Controllati» mormorò. «Piegala, ma non romperla o romperà anche te.»

Mattia sorrise un sorriso amaro. «Tanto non sarebbe la prima volta che un uomo le fa qualcosa di indicibile.»

Lorianne s'irrigidì, riconoscendo in quelle pronunciate da Mattia le sue stesse parole, e le tremò un labbro. «Lo sai che non ho mai voluto ferirti» tentò allora, «e so che tu non vuoi ferire me. Però ascoltami. Io... io ti amo.»

Fu il turno di Mattia di paralizzarsi. Il pavimento sembrò scivolargli da sotto i piedi. Si sentiva il cuore in gola, lo stomaco sottosopra e le gambe di burro. La vista gli si annebbiò e lo assalì la nausea.

«Io ti amo» riprese Lorianne, «e non posso stare qui a guardare mentre ti scavi la fossa da solo. Ho il... il dovere morale di provare a fermarti, perlomeno.»

Mattia scosse la testa nel vano tentativo di scacciare la foschia che gli ottenebrava la mente. «Se mi ami significa che non hai doveri nei miei confronti.»

Lorianne emise un gemito strozzato, quello di una gattina a cui hanno pestato una zampa. «Non ho il dovere di volere il tuo bene?»

«No, perché il mio bene che vuoi tu non è il mio bene che voglio io.»

Lorianne avanzò e gli prese una mano. Mattia la lasciò fare: quello che lei gli aveva detto sembrava averlo privato di tutte le sue forze. «Insegnamelo, allora» gli disse. «Insegnami qual è davvero il tuo bene.»

Mattia chiuse gli occhi. «Far uscire Jean di prigione» dichiarò, in maniera quasi automatica.

«Ed è un'intenzione molto nobile, ma...»

«Farlo uscire di prigione, sì» continuò senza darle corda, «legarlo a me con manette metaforiche e portarmelo in Italia a fare il lavoro sporco per il branco. Almeno per un anno.»

Percepì Lorianne allentare la presa sulla sua mano. «Ma così farai...»

«Come Carmine Mallardo? Ovvio» confermò lui in un bisbiglio. «Ho forse altra scelta?

«Sì. Hai me, hai Adriano, hai...»

«No, Lorianne» la bloccò Adriano. Mattia riaprì gli occhi e girò la testa per guardarlo, incredulo. «Gli serve un interno.»

«Jean non è...»

«Lo è stato» la corresse Adriano. «È stato un interno. Di più, è stato il braccio destro di Carmine per mesi, cosa che io non avrei mai neppure potuto sognare. Ci sono cose che lui sa e io non immagino neanche.»

«E c'è bisogno di scarcerarlo per questo? Non può dare informazioni da dentro?»

Adriano negò con un cenno deciso del capo. «Non è così che funziona. Deve essere presente, deve fare le veci di mio... di nostro padre. Tu non ragioni come ragiona quella gente, e Mattia deve ancora imparare a farlo. Jean parte avvantaggiato sotto questo aspetto.» Si concesse una breve pausa. «Poi, oggi ho realizzato una cosa.»

«Cosa?» gli domandò Mattia, in un respiro appena udibile.

Adriano si avvolse uno strofinaccio attorno a un polso in un gesto meditativo, quasi assente, e stette a rimirarlo per quella che parve un'eternità. Infine disse: «Jean è quello che Mattia sarebbe potuto diventare se Carmine fosse rimasto vivo. E Mattia è, invece, quello che Jean sarebbe potuto diventare se Carmine non l'avesse mai incontrato.»

Mattia annuì: ci era voluto Adriano per esprimerla, ma lui stesso era già arrivato da tempo a quella stessa conclusione. «Intende dire» spiegò a beneficio di Lorianne, «che, se non l'avessi ucciso, Carmine mi avrebbe corrotto come ha corrotto Jean. E, se Jean non avesse conosciuto Carmine, ora sarebbe dove sono io: in una posizione di potere, ottenuta in maniera pure più legale.»

«Carmine ha condizionato la vita di entrambi, Lori» aggiunse Adriano. «È giusto che siano loro a fare in modo che le conseguenze delle sue azioni non facciano ulteriori danni.»

Mattia lo fissò dritto in volto. «È strano e preoccupante che tu sia d'accordo con me, ma ti sono grato per l'appoggio.»

Ricevette in risposta un piccolo sorriso e una scrollata di spalle che voleva risultare indifferente. «Sì, be', ormai ho capito che è inutile mettermi contro di te, quindi tanto vale che sostenga la tua causa.»

Lorianne riportò l'attenzione di Mattia su di sé stringendogli anche l'altra mano. «Se proprio devi, allora fallo.» Si passò la lingua sulle labbra. «Però sappi che non ti affiancherò nella tua impresa.»

«Lo so. Ma lo apprezzo comunque.»

Lorianne coprì la poca distanza che ancora li separava, lo abbracciò di slancio e premette la guancia contro il suo petto. «Ti amo, Mattia Nardone.»

Mattia sistemò meglio le braccia attorno al corpo minuto di lei, la strinse a sé, le diede un bacio veloce sulla fronte, e non rispose.

~ • ~

Quella sera, casa Herondale era in fermento. Quando Mattia e Lorianne arrivarono, dopo aver lasciato Adriano nell'appartamento del mannaro con la raccomandazione di non toccare il PC e non fare altri guai, il fratello minore di Lorianne, Jonathan, era pronto ad accoglierli sulla porta, Jace era in cucina a controllare qualsiasi cosa ci fosse in forno e Clary stava dando gli ultimi ritocchi alla tavola, accendendo candele e sistemando tovaglioli di tessuto. Mattia aveva insistito perché la cosa fosse il più informale possibile, ma Lorianne era stata irremovibile e aveva preteso di fargli conoscere i suoi genitori e suo fratello in un contesto diverso dalla sessione quotidiana di allenamento con Jace o dalle piccole chiacchierate occasionali con Clary. Pertanto, l'aveva invitato a cena.

Mattia aveva dimenticato l'ultima volta che era stato a cena dalla sua ragazza. Con Maura era passato troppo tempo perché potesse ricordare più di un paio di dettagli, mentre con Amelia aveva mantenuto tutto segreto. E poi, sia Maura sia Amelia erano molto umane, con famiglie molto umane, e non avrebbero retto il confronto con gli Herondale neanche se per qualche strana coincidenza Mattia avesse avuto un'idea perfetta di come comportarsi in quelle occasioni. Si chiese se avrebbe fatto meglio a mettersi una cravatta o perlomeno a infilarsi la camicia nei pantaloni, ma si fidava dell'esperienza di Adriano in fatto di moda e galateo ed era stato lui a scegliergli l'outfit, quindi in teoria avrebbe dovuto fare bella figura. Un'occhiata a Lorianne, che aveva abbandonato l'abitino nero di quella mattina per un vestito di cotone bordeaux poco più lungo e strutturato, gli fece tirare un sospiro di sollievo.

In salotto li raggiunse Freya, il pastore maremmano degli Herondale, che strusciò la testa contro la gamba di Mattia e lo indusse a inginocchiarsi per farsi coccolare. Lui sorrise e la grattò dietro le orecchie, e anche Lorianne si abbassò per darle una carezza; le loro dita si incontrarono tra i soffici ciuffi di pelo bianco e Lorianne strinse piano la mano di Mattia, un gesto rassicurante di cui lui le fu grato. La ragazza poi mandò via la cagnolina con una pacca sul fianco. «Sennò ci sta tra i piedi» spiegò, ma Mattia era sicuro che almeno a lui non avrebbe dato fastidio. Forse voleva soltanto qualcosa con cui distrarsi.

Incapace di stare senza far niente, si alzò e andò in cucina. Non appena lo vide arrivare, Jace lo fulminò con lo sguardo. «E tu che ci fai qua?»

«Aiuto, magari?»

«Fuori. Sei un ospite.»

Mattia lo ignorò – era certo che Jace venisse ignorato da poche persone – e si avvicinò al forno. Dallo sportello si intravedeva una grossa teglia dai bordi alti rivestita di carta stagnola. «Cos'è, pesce?»

«Quasi» lo corresse Jace. «Calamari.»

«Impanati a tondini?»

«Ripieni.»

Mattia fischiò. «Salute.»

Jace si appoggiò al piano di lavoro. «Lorianne ci ha detto di averli mangiati a Gaeta e ne ha fatto un'ottima pubblicità. Abbiamo dovuto cercare fuori da Idris per trovarli, ma...»

«Ne varrà la pena» concordò Mattia. «In realtà sono uno dei miei piatti preferiti. L'unica cosa è che va tolta la carta da sopra, cuociono male se sono coperti, e inoltre la carta lascia sempre residui di alluminio sul cibo.»

Jace obbedì subito, poi appallottolò la stagnola e prese a giocherellarci. «Sei un po' sulle spine, eh?»

Mattia accennò un sorriso imbarazzato. «Un tantino.»

«Cenare con la famiglia della tua ragazza per te è peggio di parlare in Consiglio o farti prendere a pugni da me?» Jace rise.

«Be', non è neppure meglio.»

«Mmm.» Jace lo studiò. Mattia immaginò come sarebbe stata Lorianne se avesse preso gli occhi d'ambra del padre: erano inumani. «Eppure hai il coraggio di sfidare il Console e l'Inquisitore.»

Mattia si morse la lingua. «Le notizie corrono.»

«Velocissime.» Jace incrociò le braccia sul petto e si fece serio. «Voglio chiederti una cosa.»

«Sì?»

«Non hai anche tu il distinto sospetto che Lorianne ti abbia invitato qui perché spera che Clary e io ti convinciamo a lasciar perdere qualunque cosa tu voglia fare?»

Mattia annuì. Ci aveva riflettuto, ma non ne era stato convinto fino all'ultimo prima che Jace desse voce ai suoi pensieri. Con tutta probabilità non riteneva Lorianne all'altezza di tali sottili macchinazioni, non quando lei stessa si mostrava così disgustata nel momento in cui era lui a farle.

Jace avanzò e gli mise le mani sulle spalle. «Fatti dare un consiglio, Mattia. Dal re delle imprese suicide.» Sospirò. «Da' retta a chi ti ama. Se non ci fosse stata Clary, e Alec, e Isabelle, e un ristretto numero di altre persone, io sarei già morto. Morto di nuovo, s'intende, ma questa è un'altra storia. Il punto è che va bene perseverare nelle proprie decisioni ed essere sempre coerenti con se stessi, ma a volte è meglio anche solo considerare di percorrere una strada diversa. Altrimenti c'è il rischio di diventare ciechi e arroganti e, fidati, non è affatto una bella cosa.»

Al cenno d'assenso di Mattia, contemporaneo al trillo del timer del forno, Jace lasciò cadere quella maschera di serietà e si aprì in un sorriso radioso. «Dai, va' a sederti a tavola. La cena è pronta.»

~ • ~

Al termine della serata, Mattia avrebbe voluto prendersi a schiaffi per quanto era stato teso fino a poco prima che Clary portasse gli antipasti. Avevano mangiato, avevano conversato, avevano riso e le ore erano volate con una facilità impressionante, cosa che Mattia si era reso conto di non sperimentare da quelli che gli sembravano secoli. Fattore più importante, Lorianne pareva aver annullato la discussione di quella mattina e non aveva tirato in ballo Jean o qualsiasi cosa lo riguardasse. Mattia si sentì quasi in grado di annullarla anche lui.

Ora Lorianne era con Jace e Jonathan in salotto, a scambiarsi gossip sui nuovi Shadowhunters arrivati in città e su chi sarebbe stato presente alla firma degli Accordi, mentre Mattia aveva seguito Clary in cucina e, noncurante delle sue proteste, la stava aiutando a lavare piatti, bicchieri e posate. Non parlavano da un po', e a Mattia non dispiaceva.

«Avevo un fratello» esordì Clary all'improvviso, dopo aver trascorso buoni due minuti a cercare di scrostare una pentola senza graffiarla.

Mattia finì di asciugare l'ultimo calice rimasto. «Lo so. Lorianne me l'ha accennato.»

Clary diede un'altra passata di spugna, borbottò tra i denti qualcosa che conteneva la parola bicarbonato e si pulì le mani dalla schiuma, poi si schiarì la voce e alzò la testa per guardare Mattia dritto in volto. «Non ho mai perso la speranza che Jonathan potesse cambiare» disse, il tono carico di tristezza e rimorso. «Avrei fatto di tutto, ho fatto di tutto perché potesse essere il fratello che non avevo mai avuto, il figlio che mia madre aveva tanto voluto. Ci sono riuscita, in parte, solo quando gli ho infilato una spada impregnata di fuoco celeste sotto le costole. È morto avendo sperimentato pochissimi secondi della vita che avrebbe potuto avere.»

Mattia abbassò lo sguardo. Faticava a tenerlo fisso su Clary, su quella donna che quando era persino più piccola di lui aveva compiuto gesta gloriose e ancora piangeva ciò che proprio quelle gesta le avevano strappato. Si domandò se avrebbe avuto la forza di sopportare quello che gli avesse riservato la sorte: non si stupì quando comprese che la risposta era no.

«Anche se volessi, non potrei impedirti di provare a cambiare Jean.»

Mattia sollevò il capo di scatto. Clary gli rivolse l'ombra di un sorriso.

«Ha fatto cose orribili, è vero, ma a nessuno va negata la possibilità di redimersi. Nessuno tranne te gliela concederà, però. Se conosco i miei colleghi Shadowhunters, avranno già buttato la chiave della cella sul fondo del Lago Lyn.»

«Decisamente.»

«È raro, davvero raro, che nel Mondo Invisibile un criminale di questa portata venga rinchiuso in prigione» continuò Clary. «Di solito finiscono ammazzati non appena qualcuno con le armi giuste e un gran fegato riesce a coglierli di sorpresa. Jean è quasi unico nel suo genere: sarebbe da stupidi non sfruttare quest'occasione.»

Inspirò, e Mattia si scoprì a trattenere il fiato.

«Perciò, Mattia, io sono con te.»

~ • ~

Erano le due di notte quando Mattia si addormentò. Lorianne era tornata a casa con lui; avevano fatto l'amore in silenzio per non attirarsi i commenti sarcastici di Adriano, che dormiva dall'altro lato di un muro troppo sottile. La ragazza un po' poggiava sul materasso e un po' gli si era sdraiata addosso, impedendogli anche di rivestirsi, ma non era per questo che Mattia aveva faticato a prendere sonno.

Pensava alle parole di Clary, alla ferrea determinazione con cui le aveva pronunciate. Pensava a ciò che sarebbe successo di lì a poco, a Jean che avrebbe giurato sulla Spada Mortale, segnando la sua condanna o la sua salvezza. Pensava a come avrebbe persuaso Nightwalk e Cartwright a consegnargli Jean per almeno un anno.

Aveva una dose eccessiva di adrenalina in circolo e per un breve, folle istante aveva avuto paura di esserne diventato dipendente. Ma non sarebbe stata una dipendenza difficile, si era detto poi, perché, se le sue supposizioni riguardo il futuro erano fondate, di adrenalina non sarebbe mai stato a corto. E aveva dovuto reprimere le risate.

Aveva puntato gli occhi sul soffitto e, pian piano, era caduto nel sonno, senza sapere che, a pochi chilometri di distanza, anche qualcun altro stava guardando il soffitto, tentando di spegnere una mente che gridava e una coscienza che strepitava, e non avrebbe smesso finché non fosse sorto il sole.

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