16. Tria tempora
Latino: "tre tempi".
Un fatto è ora limpido e chiaro: né futuro né passato esistono.
È inesatto dire che i tempi sono tre: passato, presente e futuro.
Forse sarebbe esatto dire che i tempi sono tre:
presente del passato, presente del presente, presente del futuro.
Queste tre specie di tempi esistono in qualche modo nell'animo
e non le vedo altrove: il presente del passato è la memoria,
il presente del presente la visione, il presente del futuro l'attesa.
[Sant'Agostino d'Ippona, Confessioni]
Anna scrutò la sua ospite da dietro le lenti degli occhiali senza montatura.
Non aveva mai incontrato altre Chiaroveggenti di persona prima di conoscere Lorianne: era stata ed era ancora in contatto con diverse di loro, sparse un po' in tutto il mondo, ma era la seconda volta – la prima era avvenuta, se ben rammentava, all'inizio del giugno di quell'anno – che si ritrovava faccia a faccia con una persona con cui condivideva quella speciale abilità.
C'era un qualcosa, nella ragazza, che al tempo stesso la affascinava e la ripugnava: il fatto che fosse nata con il dono e non l'avesse ricevuto nel bel mezzo della vita, magari, o che considerasse quel privilegio come una maledizione. Tuttavia, Anna credeva che il più grande pregio della Shadowhunter, il quale era insieme il suo più grande difetto, fosse che lei non si ritenesse in grado di guardare nel futuro a proprio piacimento.
Da un lato, questa supposta incapacità le evitava una buona dose di sgradevoli dilemmi e interrogativi; dall'altro, Anna poteva soltanto immaginare quale e quanta frustrazione dovesse affliggerla al pensiero di essere nulla più di un burattino nelle mani di una potenza superiore. E in fondo era per quello che le aveva proposto di addestrarla, o perlomeno di provare a insegnarle tutto quello che sapeva: come Mattia, che in effetti aveva cresciuto a propria immagine e somiglianza, Anna non sopportava l'idea che da qualche parte nel globo ci fosse qualcuno a cui sarebbe potuto servire il suo aiuto e che lei fosse tanto egoista da negarglielo.
Perciò adesso fissava la Nephilim, seduta sul bordo del divano del piccolo salotto, allungare le mani e accettare con un breve cenno del capo la tazza di tè nero bollente che Anna le stava porgendo. Poteva capire perché piacesse a Mattia: Lorianne non era proprio il suo tipo – Maura e Amelia, della quale solo lei in tutta la famiglia era a conoscenza, erano l'esatto opposto della Shadowhunter – eppure aveva una certa durezza, sia nella snella e rigida forma fisica che nello sguardo acceso da iridi verdi come un prato a primavera, che aveva di sicuro compiuto la sua magia sul nipote. Mattia non si lasciava abbindolare: doveva aver avuto le sue buone ragioni quando aveva deciso di voler stare con lei.
Anna prese posto sulla poltrona, di fronte alla ragazza. Le separavano pochi metri e un vecchio tappeto persiano sul quale giacevano alcune costruzioni in gomma, residuo della visita di Valentino di poche ore prima. Con un movimento brusco della mano Anna nascose un ciuccio di riserva dietro di sé: avrebbe dovuto mettere a posto il caos lasciato dal bisnipote prima dell'arrivo di Lorianne. Odiava avere la casa in disordine, soprattutto se c'erano ospiti.
«Allora...» esordì, soffiando piano sul tè fumante.
Non aveva idea di come poter iniziare: non aveva mai avuto qualcosa di simile a un apprendista, in passato, tantomeno aveva programmato di poterne mai avere uno. E, se voleva essere onesta con se stessa, doveva anche confessare di non aver ancora trovato un modo per trasmettere all'altra Chiaroveggente tutte le conoscenze che aveva maturato nel corso di dieci anni. Era al corrente del fatto che alcune delle sue controparti non si erano tenute tanto lontane dal Mondo Invisibile, come invece aveva scelto di fare lei, e avevano appreso qualche trucchetto magico per ovviare al problema; in particolare, Anna aveva sentito di una donna nepalese che aveva sviluppato un metodo alquanto peculiare: attraverso la meditazione, raggiungeva il subconscio delle sue studentesse e vi impiantava tutto ciò che avevano bisogno di sapere. Ma lei non aveva mai voluto potenziare e sfruttare quel poco di magia angelica che possedeva e in ogni caso non ne era mai stata molto affezionata: preferiva poter vedere nel futuro. Dopotutto era quello, il futuro, la ragione primaria per cui Lorianne aveva accettato il suo aiuto; stabilì pertanto di partire da lì.
«Il futuro che tu vedi» attaccò, «com'è?»
Lorianne le indirizzò un'occhiata perplessa. «In che senso, com'è?»
«Intendo, come lo descriveresti?»
Lorianne si prese una buona manciata di secondi prima di rispondere: «Nitido. Definito.»
A quelle parole, Anna si concesse un sorrisetto: se l'era aspettato. «Niente di più sbagliato» annunciò, e vide rompersi l'espressione confusa sul volto dell'altra, sostituita da quello che aveva tutta l'aria di essere puro terrore. «Perdonami, ma sei stata un po' ingenua nel pensare che tutto fosse già bello che scritto.»
Mattia era riluttante a parlare di Lorianne, ma quello gliel'aveva accennato: grazie a lui, Anna già sapeva quale fossero le idee della Cacciatrice sul proprio potere e si era ripromessa di sradicarle una ad una, come erbacce infestanti dal giardino, a costo di far crollare addosso alla ragazza le convinzioni di una vita intera. Aveva il sospetto che lei avesse urgente bisogno di qualcuno che le sbattesse in faccia la verità.
«Io...» Lorianne boccheggiava. Tentò di calmarsi bevendo un sorso di tè, ma per poco il liquido non le si bloccò in gola. Tossì, cercando di ricomporsi. «È impossibile. Non sono mai riuscita a cambiare il futuro.»
«Perché il tuo scopo non è cambiarlo, il tuo scopo è conoscerlo» precisò Anna. «E ciò non toglie che la tua credenza fosse sciocca: il fatto di non essere mai stata in grado di cambiarlo non è una prova certa per asserire che allora il futuro sia fermo.»
Lorianne abbassò lo sguardo sulla tazza che aveva tra le mani e non parlò per un tempo che Anna percepì come massimo un minuto, ma che era sicura all'altra fosse parso interminabile. Alla fine sussurrò: «Quindi?»
«Quindi cosa?»
«Quindi... non so, dimmelo tu.» Lorianne inspirò a fondo e mandò giù un altro po' di tè. «Quindi com'è questo futuro?»
Anche Anna dedicò la sua attenzione alla bevanda prima di riaprire bocca. In testa aveva una spiegazione piuttosto chiara della faccenda, ma non poteva prevedere come sarebbe suonata alla sua interlocutrice: c'era un'alta probabilità che risultasse comprensibile solo a lei stessa. Perciò, una volta riordinati i pensieri, rispose: «Provo con un esempio: poniamo che vedi una scena X. In questa scena X, che potrà avvenire tra un giorno come tra un anno, ci sono due persone che conversano, sedute in un salotto come siamo noi ora, con l'unica differenza che in mezzo a loro c'è un camino. A un certo punto, la persona A si alza, afferra l'attizzatoio dal camino e trapassa la persona B da parte a parte. Mi segui fin qui?»
Lorianne annuì. «È macabro, ma ti seguo.»
Anna rifletté ancora un attimo prima di continuare: «Mettiamo che tu conosca queste persone e il posto, la data e l'orario in cui si incontreranno, e che tu voglia a ogni costo scongiurare la morte della persona B. Non importa quante o quali carte false tu faccia per poter essere lì sul momento così da convincerli a seppellire l'ascia di guerra: tutto, o quasi, ti ostacolerà e ti impedirà di raggiungere il tuo obiettivo. E sai perché?»
«Sei qui per spiegarmelo, no?»
Anna sorrise. «Sì, sono qui per spiegartelo. Dunque, quello che tu vedi è in realtà il futuro più probabile: si sa che tizio A e tizio B hanno dei rancori, che si sono accordati per un confronto diretto il giorno tot alle ore tot e che in quella stanza c'è un attizzatoio, per cui se ne traggono le dovute conclusioni. Tizio A è più forte e più impulsivo di tizio B, ed è più plausibile che sia lui a uccidere l'altro e non il contrario. È una banalissima questione di logica, tirate le somme.»
Lorianne sollevò le sopracciglia. «Sento che c'è un ma in arrivo.»
Una risata spontanea fuggì dalle labbra di Anna. «Ovvio che c'è un ma, altrimenti tutta questa dissertazione non avrebbe senso.» Si schiarì la voce. «In pratica, il fondamento di tutto questo è che non ci si può porre contro ciò che più si avvicina a un ordine precostituito, perché l'impatto comporterebbe nella struttura degli eventi un effetto domino che andrebbe a modificare il presente e arriverebbe, paradossalmente, a inficiare anche il passato. Sarebbe un colpo troppo grande da sopportare, insomma.»
Lorianne si agitò sul divano. «Stai dicendo che colpi più piccoli, al posto di un colpo così grande, potrebbero funzionare?»
«Sto dicendo che funzionano.»
Anna osservò con un sogghigno divertito Lorianne che provava a processare l'informazione, gli occhi fuori dalle orbite e la bocca spalancata in una manifestazione di sconcerto. Poteva comprendere quanto tutto ciò fosse arduo da comprendere per la Shadowhunter: lei stessa aveva stentato a crederci, quando l'aveva realizzato anni addietro.
«Torniamo alla scena X» riprese, una volta che Lorianne ebbe riacquistato la compostezza e la lucidità necessarie. «Tu, che hai visto il più probabile risultato della situazione, vuoi evitare quell'epilogo così tragico. E, pertanto, ti prepari in anticipo. Fai in modo che in quella stanza non ci sia l'attizzatoio, o che la persona A e la persona B in quella stanza non ci vadano affatto e ne scelgano una senza camino. O magari uno dei due soggetti coinvolti potrebbe maturare l'improvviso desiderio di portarsi dietro un compagno che, guarda caso, sa bene come difendersi e come difendere, e soprattutto come attaccare. In sostanza, a conti fatti, devi saper muovere i dettagli.»
Lorianne scuoteva la testa sin da prima che Anna finisse il ragionamento. «E cosa mi assicura che tizio B non muoia lo stesso, anche dopo tutto quello che ho fatto? Tizio A potrebbe portarsi dietro una pistola, o un coltello, persino una balestra per quanto ne so, e niente cambierebbe.»
«Non è vero: in tal caso sarebbero già cambiate un bel po' di cose.»
«Ma...»
Anna alzò una mano per stroncare la replica sul nascere. «Capisco cosa intendi: a che scopo affannarsi a tal punto se poi le tue azioni portano sempre alla stessa conclusione? Io ritengo però che l'importante non sia tanto stravolgere gli esiti del futuro, quanto più essere consapevoli che ciò è possibile e che nulla è immutabile. In fondo il futuro non è ancora per definizione, e questo significherà pur qualcosa: se non è ancora, vuol dire che non esiste, e di conseguenza io posso plasmarlo a mio piacimento.»
Tacque per un minuto, per dare a Lorianne il tempo di imprimersi quelle nozioni nella mente. «Non ti vedo convinta» disse poi, con il timido accenno di un sorriso sulle labbra.
«Non lo sono, infatti.» La ragazza si abbandonò all'indietro contro lo schienale della poltrona e chiuse gli occhi. «Per quale motivo allora dovrei conoscerlo, se mi dici che quello che io vedo non è l'unico futuro?»
Ad Anna scappò una risatina nervosa. «Be', su questo molti si fanno fumare il cervello ancora oggi. È un altro degli innumerevoli interrogativi che l'uomo si pone da quando ha imparato a riflettere, e di sicuro c'è stato qualcuno tanto ambizioso e masochista da azzardare una risposta.» Scrollò le spalle. «Perché esiste il mondo? Chi l'ha creato, e per quale ragione? Perché questo potere ce l'abbiamo noi e non altri, e perché a quanto pare è stato elargito solo alle donne? Io non lo so» aggiunse, «e dubito lo saprò mai. Ho un paio di teorie, una dettata dalla mia fede e un'altra dalla mia esperienza, più o meno conciliabili sotto questo o quell'altro aspetto, ma teorie sono e teorie resteranno, e in tutta onestà mi sta bene così. Non mi è mai piaciuto essere costretta a credere: su alcune cose preferisco non avere prove.»
Lorianne si mordicchiò il labbro inferiore, fece scorrere le dita sul bordo della tazza, batté le palpebre. Infine mormorò: «L'anno scorso, a dicembre, ho visto Jean giurare per diventare Inquisitore.»
«E?»
«E non è accaduto. Credevo – no, non credevo, sapevo – che l'avrebbe fatta franca, invece adesso è in prigione.»
Anna inarcò le sopracciglia in un'espressione eloquente. «Be', come volevasi dimostrare: il futuro è cambiato.»
«Sì, ma...» Lorianne si agitò sulla poltrona. «Il punto è che non è cambiato di poco, si è del tutto ribaltato.»
«E non sarebbe possibile?» Anna le pose di proposito una domanda retorica. «Non ne sei contenta?»
«Sì, ma...»
«Questo è l'importante» tagliò corto la donna. «Sul serio, figlia mia» continuò, «vivi troppo in funzione dell'avvenire o dell'avvenuto: dovresti imparare a vivere hic et nunc.»
Lorianne tirò un lungo respiro spezzato. «Una Chiaroveggente che non fa piani per il futuro...» disse, in tono quasi sognante. «Sarebbe una contraddizione in termini.»
Anna dovette mordersi la lingua per impedire a un'aspra replica di scapparle dalle labbra: ecco allora cosa intendeva la gente quando descriveva gli Shadowhunters come teste dure. Solo adesso poteva capirlo, e lei era pur sempre la nonna della definizione di testa dura incarnata.
«Lorianne» iniziò, «tu sei una Cacciatrice e, da quello che so e che ho compreso, voi Cacciatori portate con fierezza il vostro nome: siete Figli dell'Angelo, siete stati scelti, avete una missione, eccetera eccetera; tutte belle cose che riconosco e per cui vi ammiro. Siete nati così – o ci siete diventati, ma sempre per vostra scelta – e, nella maggior parte dei casi, volete portare a compimento il vostro destino. Okay, perfetto, tutto a posto.»
Indugiò in una pausa studiata per qualche secondo, poi riprese: «Ma tu sei anche una Chiaroveggente. La differenza sta nel fatto che, laddove il nome di Nephilim te lo sei – in un certo senso – messo tu da sola, quello di Chiaroveggente te l'hanno messo gli altri: così tu esisti e agisci in modo conforme all'idea che le persone hanno di te. È facile comportarsi come uno Shadowhunter: di esempi ce ne sono molti. La stessa regola non si applica al comportarsi come un Chiaroveggente, per il semplice motivo che non c'è un modello unico a cui guardare come invece vale per la prima opzione. Perciò si è creata attorno a te tutta questa rete di aspettative e di obiettivi, ognuno di essi deciso per te da individui che magari nemmeno hai mai incontrato, e tu ti senti in dovere di essere all'altezza di una cosa che in fondo ha ben poco di serio e di concreto. Fai bene a considerarti una marionetta, ma punti il dito contro il burattinaio sbagliato: non è Raziel, è la società. E dunque te stessa, perché fai parte di quella società.»
Lorianne aveva fissato lo sguardo sul bracciolo del divano e ascoltava in silenzio, senza dare l'impressione di voler ribattere. Anna capì di aver colto nel segno.
«Prendi Mattia» proseguì. «Io lo vedo molto e lo vedo spesso, eppure non l'ho mai visto lupo. Già» confermò, quando Lorianne le scoccò un'occhiata incredula, «mai visto lupo. E anche se l'avessi visto e gliel'avessi detto, chi mai avrebbe potuto prevedere come si sarebbe evoluta la situazione? Mattia... be', a volte è preferibile lasciarlo all'oscuro di determinate cose: quando pianifica tende a essere o troppo ingenuo o troppo... diabolico, se vogliamo metterla in questi termini; nella mia conoscenza di mio nipote, tanto limitata quanto a suo modo esaustiva, posso dirti che agisce meglio se guidato dall'istinto. Con tutta probabilità è per questo che il ruolo del licantropo non gli sta poi così male, dopotutto: gli permette di superare la componente razionale di sé con meno difficoltà, cosa che in lui è di certo un pregio.»
«Stai dicendo che non bisognerebbe porgli dei limiti?» La voce di Lorianne era quasi un sussurro.
«Oh, no, no no no» rispose subito Anna, sottolineando le sue parole con un rapido gesto della mano. «C'è un limite a tutto. La virtù è nel mezzo, o almeno io la vedo così. Se mi chiedessi qual è più il bello – o il più utile, o il più buono, o quello che vuoi – tra il nero e il bianco, non dovrei pensarci su due volte: per me sarebbe il grigio.»
E qui Anna deglutì, maledicendosi per quello che stava per dire. «Non si può contenere Mattia» dichiarò secca. «Ci hanno provato i suoi amici, ci hanno provato i suoi insegnanti, in alcune occasioni ci hanno provato persino i suoi genitori, e i risultati sono stati sempre disastrosi, sia per lui che per gli altri. Mattia riconosce e rispetta l'autorità solo finché la cosa non comincia a diventargli stretta, e allora soltanto Dio può vedere e provvedere. È un'affermazione orribile, questa, da fare nei confronti di un ragazzo che ho cresciuto come se fosse non mio nipote ma mio figlio, però è la verità. Il mio consiglio è di non dare per scontato cosa Mattia è capace di fare e cosa non è capace di fare: ha una forma mentis tale da incarnare alla perfezione lo spirito tutto italiano dell'arte di arrangiarsi, che si declina sul lato positivo e sul lato negativo senza che l'uno escluda l'altro. Ciò in potenza è una bomba a orologeria.»
«Fino a che punto ritieni si potrebbe spingere?» le domandò Lorianne. Stava giocherellando con un filo che sporgeva dalla cucitura del copridivano già da un po': Anna poteva quasi toccare il suo nervosismo.
La donna rifletté per un minuto prima di rispondere: «Un mese fa avrei potuto esserne sicura. Ora non lo sono. Da quando ha imparato a farlo, Mattia ha incluso nell'equazione l'interesse altrui soltanto se non entrava in contrasto con il proprio interesse personale e questo ragionamento per lui è sempre stato valido e naturale. In realtà, io stessa non lo contesto, anzi mi trovo abbastanza in accordo. Pertanto immagino che continui ad applicare questo metodo, anche se non voglio mettermi a stilare una lista di tutte le applicazioni possibili. In generale, è davvero, davvero raro che Mattia faccia qualcosa per puro altruismo, nonostante sia molto bravo a far credere che invece sia così.»
Lorianne assentì con lenti movimenti della testa. «In effetti, se non me l'avessi detto tu non me ne sarei mai accorta.»
«Fidati, io me ne accorgo solo perché gli sono vicina da quando aveva due mesi e mezzo. Altrimenti... be'.»
«Altrimenti avrebbe ingannato anche te.»
«No, no, Mattia non inganna» la corresse Anna. «Per quanto possa sembrare strano, per non dire impossibile, Mattia non finge: è sempre coerente con se stesso, sempre lo è stato e sempre lo sarà. Lui è sempre uguale, è l'altro che lo vede diverso in base al suo livello di intelligenza e di esperienza. E la cosa che più mi affascina – e insieme, in un certo senso, mi terrorizza – è che Mattia non concede di conoscerlo davvero, non si toglie la maschera per nessuno, è troppo superiore per questo tipo di facilitazioni: dev'essere l'altro ad arrivarci, senza aiuti, né esterni né interni.»
«Questo forse l'avevo già notato, sì.» Lorianne si lasciò sfuggire un sorrisetto. «Ma tu guarda... doveva essere una lezione sulla Chiaroveggenza ed è diventata una lezione su Mattia.»
«Spero che tu ne abbia comunque tratto degli insegnamenti. Non è stato tempo perso per me, ma potrebbe esserlo stato per te.»
«Non lo è stato neppure per me, te l'assicuro.» Lorianne si alzò in piedi e si sporse in avanti per stringere la mano ad Anna. «Ti ringrazio. Magari la prossima volta ci concentreremo sulla pratica, sì?»
A quelle parole Anna rise di gusto. «La prossima volta pratica, prometto. E prima che te ne vada» aggiunse, «prendi questo.»
Si diresse verso l'ampia libreria sulla parete di fondo, osservò i volumi dai dorsi multicolore e ne scelse uno dei più piccoli, quindi lo porse alla ragazza. Lorianne lesse il titolo: era Il Principe di Machiavelli.
«L'ho comprato parecchi anni fa, a seguito di una visione non molto comprensibile in cui figurava Mattia» fece Anna, mentre accompagnava la ragazza alla porta. «Sapevo che avrebbe potuto servirgli, ma non sapevo il perché. Ora lo so, nel bene... nel bene e nel male.»
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