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13. Ruaille buaille

Gaelico irlandese: "confusione", "furore", "pandemonio".


Ascoltatemi, anime ambiziose,
Il sesso è la maledizione della vita!

[Edgar Lee Masters, Margaret Fuller Slack]


Fu la luce del sole, entrata senza invito dalla finestra semiaperta, a svegliare Mattia: la sera precedente, nella fretta del momento, aveva tralasciato di chiudere le persiane, un'orribile dimenticanza che ora gli chiedeva il conto destandolo da un meraviglioso sonno alle sette di domenica mattina.

Fece per stiracchiarsi, ma si bloccò quando il suo gomito sinistro urtò qualcosa di caldo e vivo: era Lorianne, stesa a pancia in giù al suo fianco, la testa arruffata, il viso sepolto nel cuscino e le braccia incrociate sotto di esso, ancora nel mondo dei sogni. E anche ancora nuda.

Immagini risalenti a sole poche ore prima infestarono la mente di Mattia, incontenibili e prepotenti, spingendolo, pressandolo a ricordare nella peggiore circostanza in cui potesse farlo: gli ci volle poco, troppo poco, perché quello che per un qualsiasi uomo era un semplice problema del dopo sveglia si trasformasse in vera e propria eccitazione e lo costringesse a buttarsi giù dal letto per correre in bagno.

Mattia aveva pensato che fare sesso dopo mesi di astinenza avrebbe potuto aiutarlo a gestire il turbine di emozioni che gli rivoltava il petto durante il plenilunio – perché sì, quel giorno, subito dopo il tramonto, la luna avrebbe reclamato la sua forma animale. Ma aveva pensato male. Aveva pensato malissimo.

E le cose erano persino peggiorate, constatò mentre faceva scivolare la mano oltre il tessuto leggero dei pantaloni del pigiama senza nemmeno aspettare che la porta si chiudesse dietro le sue spalle. A quanto pareva, avere una memoria recente di determinate circostanze non faceva altro che aumentare i suoi impulsi sessuali, che come se non bastasse in quel periodo erano già al loro limite – e grazie tante: sembrava che tutta la sua tensione di quelle ultime settimane andasse ad accumularsi soltanto lì. Fortuna che almeno un po' di quel nervosismo aveva trovato una valvola di sfogo.

Oddio, così faceva apparire Lorianne come un mero oggetto sessuale, e Mattia era il primo a battersi contro l'oggettivizzazione e la sessualizzazione delle donne, ma da un lato i suoi istinti più bassi gli dicevano di fregarsene e di godersi gli aspetti positivi della situazione, e dall'altro era contento che Lorianne fosse riuscita a superare le sue inibizioni e a concedersi a lui con tutta la fiducia di cui era capace. Sulle prime ne era rimasto confuso, un po' sconvolto, quando lei aveva preso tutto d'un tratto a baciarlo con foga e a sbottonargli la camicia, poi però aveva perso il controllo della sua parte razionale e aveva spento il cervello. Riguardando l'evento da un nuovo punto di vista, Mattia si chiese se abbandonarsi a Lorianne in quella maniera – e lasciare che lei si abbandonasse a lui in quella maniera – non fosse stato un grande grosso sbaglio.

Era stato sulle spine fino all'esatto istante in cui aveva compreso che Lorianne si era addormentata, cercando secondo dopo secondo un qualsiasi segno di un attacco di panico o simili ed evitando qualunque cosa potesse scatenare una risposta del disturbo post-traumatico da stress della ragazza. Aveva mantenuto una presa ferrea sul proprio corpo e tentato di mantenerla sui propri istinti, si era trattenuto e non si era concesso alcune libertà dove avrebbe voluto. Non era stato sesso tranquillo e spensierato, questo lo sapevano bene sia lui che Lorianne; però di certo era stato liberatorio. D'altra parte, ora che quelle barriere erano state abbattute, avevano tutto il tempo del mondo per potersi dedicare l'uno all'altra.

Mattia dovette scalciare via la stoffa in eccesso. Aveva creduto che non ci sarebbe voluto molto, ma i suoi pronostici erano errati: c'era qualcosa che non andava. Le memorie che smaniava di rivivere erano inframmezzate, corrotte, infangate da altri ricordi ben meno piacevoli sotto un profilo sia oggettivo che soggettivo, eppure appaganti allo stesso modo.

Continuavano a tornargli in testa gli incontri con Jean.

Una vampata di orgoglio gli inondò il petto al solo pensiero: Jean aveva ceduto. Mattia ci aveva visto lungo, ci aveva visto bene, aveva capito che Jean era disperato e avrebbe dato di tutto pur di trovarsi di nuovo accanto un po' di calore umano. E parlandogli Mattia aveva compreso poco e molto di lui: Jean, come la luna, gli mostrava sempre la stessa faccia, ma quella stessa faccia ogni giorno era diversa. Mattia aveva l'adrenalina a mille, si sentiva il padrone dell'universo, si era fatto strada nella mente del criminale e non avrebbe abbandonato quella posizione senza lottare. Neppure ventiquattr'ore prima l'appena eletto Console gli si era avvicinato e gli aveva chiesto di passare nel suo ufficio lunedì per un rapporto ufficiale sul prigioniero: con la parola, e la parola soltanto, aveva conquistato un potere che venerava molto di più del suo ruolo di Alpha e boss della camorra.

Mattia prese un respiro brusco e si morse la lingua: gli stavano bruciando i tendini dell'avambraccio, e quelli del polso e della mano non se la stavano passando tanto meglio. Si conosceva ed era consapevole che il ritmo era un fattore piuttosto rilevante se non voleva uscire da quel bagno con più eccitazione di quando vi era entrato, ma l'impresa si stava rivelando a dir poco ardua. Si sorprese a sperare che Lorianne gli comparisse all'improvviso di fronte e gli togliesse quel peso fisico e psicologico come aveva ben fatto la sera precedente. Ecco, queste sì che erano considerazioni consone al momento.

Non era una considerazione consona al momento, invece, rammentare come Jean sembrasse il fantasma di se stesso, come fossero privi di luce i suoi occhi, quanto corte fossero le unghie delle sue mani e quanto martoriate e sanguinolente le sue labbra. Venerdì gli aveva portato una mela; Jean aveva dovuto mangiarla a morsi minuscoli perché gli faceva male aprire la bocca più di tanto. Ed era pieno, pienissimo di lividi.

Mattia non poteva avanzare accuse infondate o avrebbe perso il suo forse già immeritato prestigio, ma il sospetto che le guardie ci andassero giù pesante con Jean era grande. E sapere, grazie a Lorianne e a Jace, quale formidabile guerriero fosse Jean prima di allora rendeva tutto ciò ancora peggiore.

Stringendo i denti, Mattia mosse un passo indietro e la sua schiena aderì al muro freddo; la sorpresa della circostanza interruppe quelle riflessioni controproducenti e gli ricordò il motivo per cui era lì, dirottando i suoi pensieri sulla giusta strada.

E così si rivide cadere sul letto spinto da Lorianne, premerle le labbra sul collo e sentirsi ricambiare il favore, armeggiare con la fibbia della cintura e poi con il gancetto del reggiseno, le dita che si intrecciavano a quelle di lei; rivisse l'attimo in cui si era trovato tra le gambe di Lorianne e di colpo aveva realizzato con uguale misura di estasi e orrore che ormai non c'era modo di tornare sui propri passi; rievocò quell'interminabile minuto in cui Lorianne aveva cercato di vincere la resistenza fisiologica opposta dal suo corpo contro la sua volontà e il gemito con il quale era stato accolto dentro di lei, con sommo sollievo e somma delizia di entrambi. Era stato tutto piuttosto veloce e sbrigativo, poco creativo e abbastanza rude; Lorianne in particolare non aveva avuto altra necessità se non quella di liberare tutta la tensione che aveva corrotto il suo fisico e il suo animo, e di farlo nella maniera più rapida possibile: a Mattia, già sotto l'influenza della stessa luna alla quale la sera dopo avrebbe ululato, certo non era dispiaciuto accontentarla.

Qualche altro minuto, gli serviva solo qualche altro minuto. Giusto un paio. Oh, Dio, odiava essere così al limite e al tempo stesso essere quanto di più lontano dall'orgasmo potesse esistere. Sapeva che se avesse continuato per quella via a un certo punto avrebbe dovuto rinunciare e restarne a bocca asciutta, e la cosa non lo aiutò affatto. Si chiese se lo stesse facendo perché aveva davvero bisogno di una bella e sana sega come il diavolo comanda, opzione alquanto probabile, oppure perché il suo cervello e la sua carne erano talmente in sovraccarico da rendere la masturbazione di prima mattina, per di più con una ragazza ancora senza vestiti proprio nella stanza accanto, l'unica attività in cui sembrasse sensato impegnarsi – opzione altrettanto probabile. O forse voleva soltanto staccare un po' la spina da una realtà che nell'ultimo periodo gli stava persino più stretta del normale e recuperare il contatto con se stesso, piacere del quale non godeva da tempo immemore.

Mattia non era certo una persona egoista, di questo poteva vantarsi, ma come chiunque aveva anche bisogno di una certa gratificazione personale: che questa fosse un complimento esterno o la sua stessa mano che lo soddisfaceva, be', quello era un altro discorso. Si giustificava dicendosi che negli ultimi mesi era stato generoso fin oltre il limite umano, con Lorianne prima che con chiunque altro. E nonostante volesse pensare al proprio, di piacere, per ironia della sorte si ritrovava costretto a dover di nuovo immaginare il corpo di lei, dietro gli occhi chiusi, se voleva arrivare fino in fondo.

Lei, che per sembrare libera dalle inibizioni era dovuta arrivare fin quasi al culmine, artigliare le lenzuola, reclinare la testa all'indietro, gemere, e Mattia non era più riuscito a vederle le labbra, la sentiva dare fiato a qualcosa che non formava un suono coerente nelle sue orecchie, l'avvertiva immobilizzarsi e irrigidirsi nell'orgasmo come fosse stato il più bello della sua vita. Ricordava di essersi addirittura chiesto se non stesse fingendo, per compiacerlo, se fosse spaventata dall'idea che lui avrebbe potuto farle del male se avesse creduto di non riuscire a farla godere.

E allora comprese.

E gli venne da ridere.

Sapeva che era assurdo, che avrebbe dovuto essere arrabbiato, furioso addirittura, ma non poteva proprio smettere di vedere l'ipocrisia della situazione, un'ipocrisia disarmante che lo scuoteva nel profondo e gli faceva venire un'irrefrenabile voglia di ridere.

Lo fece.

Scoppiò in un accesso d'ilarità così forte e così convulso che, a pensarci a posteriori, fu un miracolo se Lorianne non si svegliò subito. Era così esilarato da avere le lacrime agli occhi, mentre ancora teneva fra le mani quello che la sera prima era stato fra le cosce della sua ragazza, la sua ragazza che mentre veniva in preda all'estasi non stava fingendo, no, stava invocando il nome del suo ex fidanzato presunto stupratore e assodato assassino.

Stava dicendo Jean.

Mattia ansimò. Jean, Jean, Jean, era sempre Jean, sempre Jean, sempre in mezzo ai piedi, no, no, sempre in mezzo al cazzo.

Gli veniva spontaneo di chiedersi a cosa di Jean Lorianne stesse pensando mentre scopava con un altro: erano forse i suoi capelli? Soffici, scuri come un abisso, che passarci le mani dentro doveva essere un piacere? No, no, che sciocco. Rise ancora. Certo non si poteva ricordare una chiostra di capelli mentre si faceva sesso, no.

Nemmeno il petto, perché era troppo casto. Chi mai avrebbe immaginato un petto, per quanto muscoloso, per quanto definito, per quanto longilineo, quando aveva avuto davanti agli occhi l'intera mercanzia? No, no. Né gli addominali ferrei né le spalle tornite di Jean avrebbero potuto soddisfare Lorianne, cosa andava a pensare. Ed era sicuro che non fossero nemmeno le sue mani, o le sue dita, il soggetto del filmino mentale che la sua splendida ragazza si era fatta, per quanto abili nell'infilarsi in luoghi umidi e caldi quelle potessero essere. Era il culo, allora? Nemmeno, quello lui l'aveva dato ad altri, e poi lei non era così creativa, al massimo si compiaceva di come l'avesse metaforicamente fottuto al punto da mandarlo dietro le sbarre – neppure il merito fosse suo.

No, quello a cui Lori stava pensando poteva solo essere il grosso, invidiabile pacco francese di Monsieur Argentsang. Non che Mattia l'avesse mai visto senza vestiti, o, se per quello, non che gliel'avesse mai guardato quando aveva i pantaloni addosso, ma poteva intuire.

Intuiva il modo in cui Jean doveva esserle stato sopra, lei inchiodata al letto e lui sul suo bacino, il modo in cui lui le stringeva una natica e spingeva, una, due volte, in profondità, le loro anche che si toccavano, Lorianne che gemeva e invocava il suo nome e Jean sorrideva, sorrideva di quel sorriso sghembo che Mattia gli aveva scorto già mille volte in viso, spingeva ancora, più veloce, contraeva gli addominali, affondava una mano nel materasso oltre la spalla di lei, continuava più forte, quello era il limite, ansimavano entrambi, quello era il limite eppure per Jean sembrava non esistere, non c'era un fondo a dove potesse arrivare, Mattia lo vedeva, lo vedeva leccarsi le labbra e reclinare il capo e ringhiare quasi, farsi salire in gola un rumore animalesco, afferrare Lori per la schiena e alzarla contro di sé, pelle contro pelle, lei aveva gli occhi chiusi e lui aperti, lei veniva, lui no, aspettava qualcosa, la lasciava ricadere sul materasso, lui entrava più forte. Urlava e veniva, e Mattia urlava e veniva con lui. E Mattia si rese conto, dopo aver riacquistato una decente misura della coscienza di sé, che nemmeno lui aveva urlato qualcosa di sconnesso, no. Aveva, infatti, urlato proprio ciò che aveva urlato Lorianne.

Si fermò tremando, con il rombo affannato del sangue nelle orecchie e una vaga sensazione di torpore che gli pervadeva il corpo. Per istinto si allungò in avanti ad aprire il rubinetto con la mano libera, tenendo la destra chiusa fin quando non poté aprirla nel lavandino, ripulirla e asciugarla, per poi andare a raccogliere i vestiti sparsi attorno a lui sul tappeto. Se li infilò con una smorfia: se li sentiva pesanti addosso. Da quando era diventato un lupo, quegli assalti di sensazioni sembravano quasi non cessare mai.

Si buttò un po' d'acqua in viso nell'inutile tentativo di cancellare quel rosso colpevole dalle guance in fiamme e con uno sbuffo se ne tornò in camera da letto, dove Lorianne aveva cambiato posizione e ora lo stava fissando con un occhio aperto e un altro schiacciato contro il cuscino, uno sbadiglio che le si formava sulla bocca e la coperta sollevata a coprirle il seno.

Mattia percepì il cuore salirgli in gola: quello voleva dire che l'aveva sentito?

Da esperienze passate con la sua infame ex ragazza, Mattia aveva radicata in sé la cognizione del sesso come una circostanza assai delicata: alla luce dell'atto con cui l'umanità intera era venuta al mondo, tutte le cose potevano apparire come meritevoli o di una risata, o di un sospiro affettuoso, o di un biasimo degno del migliore giambografo. Supposto che avesse ascoltato il suo grido, Lorianne avrebbe quindi potuto ridere, infischiandosene del perché Mattia avesse scelto proprio quella parola come coronazione della sua attività sessuale mattutina; riservargli un'occhiata amorevole e anche un tantino ingenua, della serie oh, ma guardati, ti stai interessando di Jean a tal punto che esclami il suo nome per non dimenticarti come si pronuncia; oppure, nel peggiore dei casi, ossia nel caso che in tutta certezza si sarebbe presentato a Mattia di lì a qualche secondo, iniziare a sbraitare come un cane rabbioso. E, come tutti i pronostici mostravano, quello accadde.

Poco male: le accuse che Lorianne gli stava rivolgendo potevano essere facilmente ritorte contro di lei.

Dunque così fece, dopo essersi arrampicato sul materasso e aver messo su una faccia che definire seccata sarebbe stato un eufemismo. Le rispose: «E perché tu hai detto Jean, ieri?»

La replica sortì l'effetto desiderato: Lorianne impallidì – il bianco candido delle lenzuola pareva sporco a confronto con il suo volto – e boccheggiò, cercando qualcosa da ribattere. Mattia fu lesto ad anticiparla: «Già, meglio non intraprenderlo affatto, questo discorso. Felicissimo di sapere che ti ricordo lui. Almeno, da quante ne ho sentite in giro su quello stronzo, posso ritenermi un maestro a letto.»

«Mattia!» strillò Lorianne, le pupille allargate e le dita che artigliavano il bordo delle lenzuola. All'anulare destro, notò lui, portava ancora l'anello degli Herondale che la sera prima gli aveva impresso un marchio in negativo nella pelle sottile tra le scapole. «Non osare! Non osare paragonarti a lui!»

«Oh, giusto, lui è più bravo» rimbeccò Mattia. «Dopotutto, è per questo che sulla tua bocca non c'ero io ma lui, no?»

Lorianne si tirò su a sedere di scatto. La stoffa che la copriva cadde di lato, lasciandole esposto il seno piccolo e candido; lo sguardo di Mattia venne attratto dalla nera runa angelica che le si arricciava sullo sterno. «Sei geloso?»

«No, Dio, Lori, non sono geloso» sibilò Mattia. «Sono confuso e spaventato dal fatto che in un momento come quello tu abbia...» Si morse la lingua. «Per la miseria, Lorianne, hai idea di quanto fossi terrorizzato, ieri sera? Ho, dannazione, ho pregato per non farti male e per non crearti problemi di alcun tipo e per non concedermi di fare quello che avrei voluto fare, e tu come mi ripaghi? Per carità, non mi aspettavo certo che ti mettessi a cantare le mie lodi, ma neanche che prendessi a gridare proprio Jean, fra tutte le altre cose che avresti potuto gridare!»

Lorianne si produsse in un verso di disprezzo. «Oh, be', se la poni su questo piano, pure io non mi aspettavo che lo gridassi tu, stamattina.»

La risata isterica di non troppi minuti prima riprese possesso di Mattia. «Oh, be'» la scimmiottò, «io perlomeno non l'ho fatto per una qualche sorta di sindrome di Stoccolma o che so io. A differenza tua, lui non è il mio violentatore. E, sempre a differenza tua, io non devo fare i conti con le conseguenze di tale violenza e costringere chiunque stia vicino a me a ponderare ogni singola sillaba o azione perché altrimenti potrebbero farmi male. Ipocrita, Lorianne: sei così attenta agli effetti della gente su di te, ma ignori gli effetti di te sulla gente. Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non t'accorgi della trave che è nel tuo?»

La Nephilim stette zitta per diversi secondi, tormentandosi la treccia mezza sciolta, i capelli come lunghe e sottili zampe di ragno albino sulle spalle. Infine disse: «Io ti avevo avvisato di non andare a trovarlo in prigione.»

Per Mattia quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Balzò in piedi, si sfilò i pantaloni del pigiama per la seconda volta in quel giorno e cominciò a rovistare nell'armadio alla ricerca di qualcosa di pulito da indossare. La situazione aveva giocato a sufficienza con i suoi nervi già abbastanza tesi: doveva uscire da lì, e presto.

«Mattia» tentò Lorianne. «Mattia!»

«Mattia un corno!» sbraitò lui, voltandosi per ringhiarle in faccia. In senso letterale: gli erano spuntate le zanne. Non se ne curò; finché non gli tagliavano le labbra, potevano restare là dov'erano. «Se parli così di me, come se fossi diventato tutta un'altra persona solo perché ho offerto compagnia a un prigioniero, allora non sai chi sono.»

«Non ho mai saputo chi sei!» esplose quindi anche la Shadowhunter, fendendo l'aria con un gesto convulso del braccio. «Non sei mai uguale, non sei mai coerente, prima fremi come una foglia sotto la doccia perché oh mio Dio ho ucciso un uomo a sangue freddo e tempo una settimana dopo fai creare a Chrysta una maledizione soltanto per punire ad hoc i Beta che ti si erano rivoltati contro, ce l'hai un vero volto o no? E adesso te ne stai pure lì a fare l'offeso solo perché mi sono permessa di ricordare l'unico ragazzo con cui abbia fatto sesso prima di te e con lui almeno avevo una relazione, invece noi che cosa diavolo abbiamo, ché non l'ho ancora capito? Sei stato tu a invitarmi qui, tu mi hai dato le chiavi di questo appartamento, ma le chiavi di Mattia Nardone me le hai date e io le ho perse o cosa? Mi dici, santo Raziel, cos'accidenti vuoi da me?»

Mattia quasi staccò un bottone dalla camicia per la foga della collera. «Io cosa voglio da te? Tu cosa vuoi da me! Ti rammento che sono qui per sistemare le tue questioni, i tuoi problemi, sono stato io ad affrontare Jean in Consiglio, io ad aver parlato, io ad essermi reso conto che magari abbiamo fatto un tremendo sbaglio a farlo incarcerare così e io ad aver alzato il culo per togliermi la mia buona misura di pesi dalla coscienza! E tu intanto facevi la parte della povera cagnolina bastonata che si attaccava al mio braccio ed era pronta a farsi bagnare gli occhi, anche se dopo le recenti scoperte mi sento sicuro a dire che con tutta probabilità alla vista di Jean eri pronta a farti bagnare pure qualcos'altro. E io non pretendo che tu ti bagni gli occhi o le mutande davanti a me, ma, per l'amore del mio Dio e del tuo Angelo, pretendo che tu ti dia una scossa e realizzi qual è il mondo in cui stai vivendo, perché se non rompi quella campana di vetro te la rompo io, e non sarà piacevole.»

Lorianne puntò le pupille fuori dalla finestra. Mattia poteva giurare che si stesse sforzando di non piangere. «Non sarebbe la prima volta che un uomo mi fa qualcosa di non piacevole.»

«Non ci provare neanche» fu la repentina risposta di Mattia, il quale nel frattempo stava armeggiando con una cintura che non voleva saperne di chiudersi. «Tanto non sembra che tu ne sia rimasta così scioccata.»

A Lorianne non restò altro da fare che ricadere all'indietro sui cuscini e lasciar scorrere le lacrime. Mattia la osservò con un cipiglio contrariato: e poi era lui quello che dipingevano come un debole.

Finì di vestirsi in fretta, afferrò cellulare e portafogli e fece per dirigersi verso la porta d'ingresso. Lorianne lo bloccò: «Mattia, vedi di tornare prima della luna piena.»

«E tu vedi di farti trovare a compiere qualcosa di costruttivo, per una buona volta.»

Lorianne sospirò, rassegnata. «Ti prego, non andare di nuovo da quel bastardo di Argentsang.»

Mattia non poté farci nulla: un sorriso malizioso gli incurvò le labbra. «E chi ha detto che andrò dal bastardo

***

«Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non t'accorgi della trave che è nel tuo?» → Luca 6, 41. 


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