5 - Niente è più complesso del cuore
"George...io ho finito per oggi, ti serve altro prima che vada?", in cuor suo, sperava che il sous chef non gli chiedesse nulla di più. Aveva riapparecchiato i tavoli e già spazzato in quella parte del ristorante. Era esausto, e soprattutto, voleva uscirsene dal quel posto. Forse per vedere Louis. Che era lì per lui.
"Si, per favore, Harry...", come non detto, pensò Harry.
"Dimmi tutto...", gli disse, sospirando internamente.
"Chi è quel bel fighetto con cui stavi parlando prima sulla porta?", oddio, ma stava scherzando? Era quello di cui aveva bisogno, sul serio?
"Ah, quello? E' un amico, ci siamo conosciuti in un locale...", mentì, ma non del tutto. In effetti si erano davvero conosciuti in un locale. Il fatto è che non era proprio un amico. Non sapeva nemmeno lui come definirlo. Ma d'altronde, cosa avrebbe dovuto dire a George?
Sai, George, quello è il ragazzo a cui ho fatto un pompino da orgasmo fulmineo ieri sera, e oggi si è venuto a scusare per essersi comportato di merda e per non essersi ricordato nulla a causa dell'alcool!
No, non poteva assolutamente dire quelle cose al suo capo, nonostante potesse considerarlo come un padre.
"Mmm, tu non me la racconti giusta...comunque, chiunque fosse, è strafigo! Fattelo dire da un omosessuale da quasi quarant'anni e pure sposato!"
"Bé, si, non posso negare che sia bello..."
"BELLO? Uuh ragazzo, quello è molto più che bello...direi quasi angelico! Bè, ora vai...sei libero per oggi!"
"Grazie George!", lo salutò, appese la divisa al suo attaccapanni, poi si rinfilò il giubbotto e girò i tacchi per avviarsi davanti a Harrods, dove lo aspettava Louis. Si sentì richiamare poco dopo, da un George che si asciugava le mani, sbucando col capo dalla porta della cucina.
"Oh, e Harry?"
"Si?"
"Non lasciartelo scappare!", gli disse il sous chef, facendogli l'occhiolino, prima che una Zoe tutta eccitata sbucò da dietro di lui applaudendo il povero Harry. Il capo che era quasi come un padre e la sua migliore amica idiota. Si sentiva sotto esame. Insomma, doveva solo andare a sentire quali scuse si era inventato.
Finalmente fu libero, e due minuti dopo, con le mani nelle tasche del giubbotto, girò l'angolo verso l'entrata principale della mecca dorata del consumismo moderno, ovvero quel grande magazzino dove tutti sembravano volerci entrare per effettivamente comprare qualcosa, quando in realtà volevano solo essere fieri di aver camminato su quel pavimento.
Lo vide, appoggiato al muro, con il cellulare in mano, anzi all'orecchio, che probabilmente stava facendo una chiamata di lavoro. Almeno è ciò che sperò Harry, non poteva essere nessun altro uomo a chiamarlo! Ma a cosa stava pensando? Stava già provando della gelosia, ancora prima di sentire le sue scuse e quindi, ancora prima di perdonarlo? In ogni caso, non poté fare altrimenti che fermarsi a debita distanza e osservarlo ancora una volta. Era la bellezza fatta persona, probabilmente non era nemmeno un umano. Siamo sinceri, nessun umano poteva essere così bello! Si avvicinò camminando lentamente, mentre Louis era ancora al telefono.
"Cosa dici? Guarda che ti ammazzo...ma lo faccio sul serio!", stava dicendo al suo interlocutore al di là della cornetta.
"Se non lo faccio prima io...", azzardò a rispondere, più per farsi notare che per effettivamente intendere ciò che aveva detto. Quella frase bastò per attirare l'attenzione dell'architetto dagli occhi di ghiaccio, che alzò lo sguardo e, per poco, non perse la mascella per la forza di gravità.
Quanto era bello! Louis riuscì a pensare solo quello. Certo, se tutti e due avessero saputo cosa ponderavano l'uno dell'altro, forse non sarebbero stati lì a guardarsi come due ebeti. Due ebeti che per di più si stavano mangiando con gli occhi, anzi, probabilmente, si stavano proprio scopando con gli occhi. E sempre probabilmente, non vedevano l'ora di concretizzare quei pensieri.
"Ti devo lasciare, Niall...", e non fece nemmeno rispondere il biondo, che chiuse la chiamata, infilando il cellulare nella tasca del cappotto in taglio classico, senza mai togliere gli occhi di dosso da Harry. Ed eccoli, ancora una volta, radura nell'oceano, con presumibilmente una tensione sessuale che avrebbe fatto invidia a qualsiasi Keller o Bass del porno. Si guardarono ancora per qualche minuto, fino a che toccò a Harry rompere il ghiaccio. Louis non sarebbe riuscito nemmeno a spiccicare mezza parola, dal tanto che era incantato sul viso del riccio. Si restrinse nel giubbotto, per il freddo o per l'emozione non lo sapeva, ma quel gesto suscitò un luccichio ancora più forte negli occhi dell'architetto. Che non sapeva cosa fare, se parlare o saltargli al collo e abbracciarlo. Tenerlo stretto in un abbraccio che non aveva mai riservato a nessuno nella vita. Ecco, eravamo già arrivati ai quei livelli, solo dopo una sbornia, un pompino non ricordato, degli insulti e delle scuse non ancora fatte.
"Allora...ehm...perché hai voluto vedermi?"
"Io-io...oh, Harry, scusa...volevo chiederti scusa...sono stato proprio stronzo stamattina, ma giuro che non ricordavo nulla...mi girava la testa, e trovare uno sconosciuto che mi abbracciava sul pavimento di quella merda di casa, mi ha fatto star male...", abbassò lo sguardo, completamente imbarazzato e senza fiato, per aver vomitato quelle scuse in quella maniera orgogliosa.
"Ah, quindi adesso sai come mi chiamo?", Harry non era mai stato così sfrontato né tantomeno irriverente davanti agli uomini con cui stava, lui era sempre il coccolone della coppia, anche quando si litigava. Ma con Louis, il suo cuore gli diceva che doveva essere così. Forse perché in fondo sapeva che Louis non avrebbe ceduto, tanto quanto non avrebbe ceduto Harry. Se solo tutto fosse sfociato in una relazione, ci sarebbe stato da ridere.
"Harry, piano piano ho ricordato tutto stamattina...il mio socio mi ha aiutato a ricordare qualsiasi particolare di ieri sera..."
"Bene...", non sapeva davvero cosa dirgli, "quindi?"
"Quindi, per piacere, accetta le mie scuse...e non so, potremmo ricominciare da capo, eh? Ti va?", Louis era esaltato come un bambino la mattina di Natale. Prese una mano di Harry e la congiunse alla sua in una stretta di mano, "piacere, io sono Louis!", sorrise svelando quelle rughette d'espressione di fianco agli occhi, che lo rendevano adorabile agli occhi di Harry.
Oddio! Non solo era bello, era anche carino e simpatico e divertente...Harry non riuscì che a reagire con una risata fragorosa, la quale gli fece anche lasciare la mano di Louis, per tenersi lo stomaco.
"Che ridi? Ti faccio ridere? Cos'è? Non vuoi ricominciare?", la mattina di Natale si era interrotta per Louis, quella risata gli aveva fatto perdere tutta la contentezza. Insomma, ci aveva sperato che potesse perdonarlo. E poi aveva anche sperato e fantasticato su altro, ma questo è un altro discorso, prettamente privato e confinato nella mente di Louis.
"No...buhahahaha...si che vo-voglio...ma la tua fa-faccia...buahahahah...impagabile!", si ricompose dopo poco, vedendo che il viso di Louis tutto voleva esprimere tranne divertimento. Lo guardò ancora qualche secondo negli occhi. Insomma, come poteva non perdonarlo e davvero ricominciare daccapo? Non voleva davvero perdersi un'occasione del genere, sarebbe stato scemo, e soprattutto, si sarebbe preso un sacco di insulti da chiunque. Pure da Zayn, anche se non sapeva ancora nulla.
"Bè, ora mi aspetto che tu mi inviti a bere qualcosa, Louis...", gli disse, avvicinandosi piano, e lasciandogli un leggero bacio sulla guancia, "tipo...ora alla cioccolateria lì di fronte?"
Il bacio sulla guancia che Harry gli lasciò lo fece arrossire fino quasi ad esplodere e a espellere tutta la lava intrappolata nelle guance. Si, le sue guance erano come dei vulcani attivi. Harry Styles, quella meraviglia con dei ricci morbidi, delle fossette tenere e degli occhi da mai smettere di guardare, non solo l'aveva perdonato, ma gli aveva anche dato un bacio sulla guancia, proponendogli di invitarlo a bere qualcosa. Louis si dovette per forza ricomporre, o tutti quei pensieri non solo avrebbero fatto eruttare le guance, ma anche qualcos'altro, si aggiunga molteplici volte. E doveva inoltre tirare fuori le palle, perché non si era mai vergognato di provarci con qualcuno. E siccome era palese che tutti e due volessero provarci a vicenda, perché non tirarle fuori ora?
"Niente bevande alcoliche, però...non vorrei mai non ricordarmi ancora della meraviglia che sei...", gli sorrise, passandogli avanti e cominciando ad attraversare sulle strisce pedonali, da solo. Quando si rigirò, vide Harry fermo immobile ancora vicino al palo del semaforo, con gli occhi quasi spalancati. Non si aspettava di certo che Louis avesse avuto coraggio di cacciare i coglioni così irruentemente. Eppure lo fece, e quella faccia che trasformò la contentezza di Harry in puro imbarazzo, fece guadagnare dei punti all'ego di Louis.
"Bè, che fai, non vieni ora?", gli chiese Louis, in mezzo sulle strisce, guardando di tanto in tanto il semaforo che avrebbe potuto trasformarsi in arancione da un momento all'altro.
"Si, vengo, eccomi...", Harry tornò nel mondo reale dopo quell'affermazione, e fece una corsetta per raggiungere Louis al di là della strada.
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"Per lui una cioccolata al pistacchio e per me...ehm...questa ha del rhum o dell'altro tipo di alcool all'interno?"
"No, signore, nessuna delle nostre cioccolate contiene alcool, a meno che non lo si chieda espressamente..."
"Perfetto, allora questa agli amaretti...", sorrise, indicando con forza e decisione la linea del menù dove appariva il nome della cioccolata da lui scelta.
Harry non sapeva cosa dire, figuriamoci a cosa pensare, a parte essere contento del fatto che Louis ci tenesse così tanto a ordinare qualcosa senza alcool. Forse pensava che il perdono di Harry non aveva ancora preso del tutto forma, e perciò voleva evitare di fare qualsiasi errore e riperdere un'altra volta quel segno di fiducia che il riccio gli stava concedendo. E più si convinceva di queste cose, più gli occhi di entrambi brillavano. Di felicità, di amore, di tensione sessuale o di che altro, non era dato saperlo.
"Quindi, Harry...ehm...visto che mi hai perdonato e ora stiamo cominciando dall'inizio...ehm...dimmi qualcosa di te, quanti anni hai, cosa fai nella vita...", azzardò Louis, continuando a torturare una povera bustina di zucchero di canna.
"Nessuno ti ha detto che ti ho perdonato...sono qui solo per il quieto vivere di entrambi...", rispose Harry, senza mai levarsi quel sorrisetto derisorio dalle labbra, dando così modo a Louis di non penarsi molto, "comunque sono Harry Styles, ho ventisei anni, lavoro come capo cameriere in quel ristorante dove proprio tu sei venuto prima e...vorrei tanto continuare a studiare, ma purtroppo non ho avuto modo di farlo...e tu?"
"Io sono Louis Tomlinson, ho ventotto anni, sono un architetto, ma questo tu già lo sai, e lavoro col mio socio proprio nello studio che abbiamo aperto insieme...non c'è che dire, gli affari vanno bene...cosa ti sarebbe piaciuto studiare Harry?", disse addentando un pastarella da the, dal cuore di marmellata.
"Mi sarebbe piaciuto studiare, assieme al mio migliore amico, scienze dell'educazione e neuropsicologia infantile...lui ce l'ha fatta...ora ha aperto una casa famiglia...una specie di centro d'adozione, dove io faccio il volontario..."
"Davvero? Ma è meraviglioso! Adoro i bambini! Una casa famiglia di bambini, giusto?", disse, sperando di non aver fatto una figura di merda.
"Si, proprio di bambini! Anche io li adoro, e come non avrei potuto aiutare Zayn? Solo che...", sul viso e negli occhi di Harry si formò un velo lieve di tristezza e disappunto, forse anche della rabbia aveva affittato qualche suo muscolo espressivo.
"Solo che...?", cosa c'era di più bello che fare il volontario, e soprattutto sentirlo come una cosa personale, quasi appartenente alle proprie viscere, per dei bambini? E perché il viso di Harry aveva assunto d'un tratto quell'espressione così cupa e silenziosa? Louis proprio non riusciva a capirlo.
"Solo che purtroppo la gente è stronza, e grazie alla loro cupidigia, tutto quello che vogliono fare è primeggiare nella città e guadagnare quanti più soldi possibili per cazzate...quando ci sarebbero cose più importanti, come quei bambini..."
No, non aveva del tutto capito cosa stesse cercando di dire Harry, sebbene la parte degli insulti al genere umano gli fosse arrivata perfettamente alle orecchie.
"Non capisco, Harry..."
"Sto cercando di dirti che quando Zayn ha aperto quella casa-famiglia, tutto andava bene...i soldi c'erano, e le adozioni erano più frequenti...poi, i soldi scarseggiarono, e non siamo più riusciti ad ottenere credibilità...ci hanno sfrattati, e in mancanza di altro, abbiamo affittato a bassissimo prezzo una catapecchia, dove sono tuttora, ma che verrà presto demolita, per costruirci una succursale di una facoltà dell'università di Londra..."
Il cuore di Louis perse un battito. Per due motivi. Primo perché dei bambini già abbandonati in passato non potevano sicuramente vivere una vita così poco dignitosa. Insomma, sono dei marmocchi indifesi, cosa hanno fatto di sbagliato? Ma la seconda cosa, che forse è quella che colpì più al cuore Louis, era il fatto della catapecchia che doveva essere demolita per costruire una succursale di una facoltà. Che fosse stata la facoltà di architettura, nella zona di Aldgate East e Whitechapel? Proprio quella del rettore con cui avevano condiviso quel colloquio qualche ora prima? Ecco, si, ora Louis non sapeva più cosa dire. Il progetto non era ancora stato iniziato, ma capì molto celermente perché il signore dal nome improponibile avesse così fretta di progettare e di iniziare le costruzioni. Ma questo però non l'aveva menzionato. Voleva tenere gli architetti all'oscuro, e ci era riuscito benissimo. Che bastardo! Non poteva però dirlo a Harry, non prima di aver parlato con Niall. Cercò di calmare i battiti impazziti del cuore, e continuò sulla linea del dispiacere. Che poi, dispiaciuto lo era davvero.
"Mi dispiace, Harry...se posso aiutarti...", e gli prese la mano. Ecco, si, gli prese la mano e non sapeva nemmeno lui per quale cazzo di motivo avesse fatto quel gesto anomalo. Harry guardò prima le loro mani già congiunte, poi Louis negli occhi. Non ebbe il coraggio di lasciare la presa, le mani di Louis erano talmente morbide e accoglienti che si sarebbe appagato del loro tocco per tutta la vita.
"Non so cosa tu possa fare, ma apprezzo...", gli sorrise. Poi un lampo di genio, "bè, forse una cosa piccola ci sarebbe...oggi pomeriggio ho detto loro che sarei passato a trovarli, come ogni pomeriggio...gli ho detto che gli avrei portato una sorpresa, ti va di venire con me a comprar qualcosa per loro e poi portarglielo?"
"Tutto qui? Pensavo per chissà quale cosa volessi approfittarti di me, Harry...", Harry sorrise alla risposta di Louis, e gli fece cenno di alzarsi e pagare, prima di aver portato a termine la loro missione.
"So che non è un posto proprio economico, ma vorrei andare da Hamleys e prendere quanti più peluches e caramelle possibili...saranno contenti, dici?"
"Saranno contentissimi, e pure io lo sono di darti una mano...chiamo solo Niall e gli dico che ci vediamo domani in ufficio...per oggi non voglio tornarci...", disse Louis, facendo l'occhiolino a Harry, che arrossì. Quando poi uscirono dal locale, Harry si diresse verso la discesa della metropolitana per arrivare a Piccadilly e poi imboccare la Regent Street per Hamleys. Ma Louis lo richiamò.
"Harry, dove stai andando?", ma cos'è, era cieco? Stava chiaramente andando a prendere la metro.
"Scendo alla metro, Louis?"
"Ho la macchina davanti al tuo ristorante, che è quella che abbiamo in comune io e Niall...quella dell'ufficio...ti accompagno in macchina...", e sorrise, facendogli segno di seguirlo.
Ma dove l'avrebbe trovato un altro angelo che si fosse offerto di aiutarlo per un lavoro fondamentalmente gratis, e soprattutto, che avesse affrontato il traffico londinese nell'ora di punta? Harry non lo sapeva e plausibilmente non voleva saperlo, voleva solo stare con Louis quanto più tempo possibile. E ora, si chiedeva anche come avesse fatto a gridargli contro quella mattina, senza fermarlo subito per spiegare davvero com'erano andati i fatti la notte precedente.
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A Harry brillarono subito gli occhi di gioia, non appena varcò la soglia del negozio di giocattoli. Sette piani di fantasticherie. Si sentiva un bambino nel paese delle meraviglie. Qualsiasi piano aveva una metratura quadrata non indifferente, scaffali in ogni dove, di tutti i colori, con giocattoli alla portata di tutti e altri da collezione. Sparsi per qualche angolo, di ogni piano s'intende, dei commessi a dei banchetti per dimostrare concretamente ai bambini emozionati come funzionasse un particolare gioco o la novità del momento. Harry non sapeva più dove guardare, e a Louis sembrava di avere accompagnato davvero un bambino in quel negozio. Ma non gli dispiaceva minimamente stare in sua compagnia. Era il bambino cresciuto più bello e tenero con cui avesse mai avuto a che fare. Quasi non poteva crederci che era un capo cameriere in un ristorante di lusso, in cui un menù completo rasentava le settanta sterline a cranio.
"Hai visto che meraviglia? Amo questo negozio...potrei starci dentro per ore..."
Louis avrebbe voluto dirgli che era lui la meraviglia invece. E che, per ore, sarebbe stato in sua compagnia. Non sapeva bene qual era l'effetto che quel riccio gli stava facendo, ma era una cosa nuova per Louis. Neanche Aaron, quando lo conobbe, gli fece quell'effetto immediatamente. Dovette viverselo un bel po' di tempo. Invece Harry lo aveva messo in subbuglio fin da subito. I bachi che aveva coltivato nello stomaco da quando lo vide al ristorante quel pomeriggio avevano già cominciato a schiudersi, per trasformarsi presto in uno sciame di farfalle impazzite. Farfalle che non sarebbero apparse singolarmente, ma tutte insieme, come un fiume di vita coi colori dell'amore. Doveva calmarsi. E soprattutto doveva evitare di esternare quelle emozioni, perché non sapeva come l'avrebbe potuta prendere Harry.
"Harry?", lo distrasse dallo scaffale, dove guardava il secondo ripiano con il corpo inclinato in avanti in un angolo ottuso, perché troppo alto per starsene dritto.
"Si?"
"Cosa prendi ai bambini?"
"Stavo proprio guardando questo...che ne dici di un set per disegnare? E tante caramelle..."
"Si, mi piace...! Andata per questo!", Louis prese in mano il set da disegno e Harry gli sorrise, poi lo afferrò per un polso e lo trascinò, quasi facendolo cadere, allo scaffale delle caramelle.
"Allora...prendo questo mega barattolo di marshmallow...e poi le candy canes...alla fragola, alla banana...uhm buone alla banana, ne ruberò una...poi queste alla coca cola, e qualcuna all'arancia...", e Louis lo guardava teneramente. Non poteva togliergli gli occhi di dosso. E un po' anche Harry. Quando incrociava il suo sguardo era come se si sentisse rinascere. Pagarono il conto, abbastanza salato, ma a Harry non importava spendere quelle sterline che aveva risparmiato per i suoi mocciosetti che tanto adorava. Mentre stavano rientrando in macchina, Harry fece il giro per il posto del passeggero, e prima che Louis potesse rientrare e rimettersi alla guida, lo richiamò.
"Ah, e Louis?"
"Si, dimmi Harry..."
"Ti ho perdonato...", sorrise e rientrò in macchina. E tutti e due non levarono quel sorriso fino a che non arrivarono alla catapecchia. Quella non faceva sorridere, quella era un vero e proprio motivo di angoscia.
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