4 - Don't wait for things to happen...make them happen!
La Piccadilly Line quella mattina era affollata come non mai. La gente spingeva dissennatamente per potersi guadagnare un posto, anche in piedi, sul primo treno che sarebbe arrivato. Non importava se dopo soli due minuti ne fosse passato un altro, il primo era quello che sicuramente andava più veloce. Harry, dal canto suo, era talmente arrabbiato e amareggiato, che non pensava su quale vagone far affondare il suo culo, per dodici interminabili fermate, fino a Knightsbridge, per andare a lavoro. Non aveva nemmeno voglia di andarci, a dirla tutta. Contrariamente a tutte le altre mattine, nelle quali invece non vedeva l'ora di lavorare.
Era stato assunto a quel ristorante come cameriere base, all'inizio, per un contatto che Zayn aveva avuto proprio con il sous chef, qualche anno prima. Che poi, bisognerebbe definire esplicitamente la parola contatto. Erano stati specificatamente amici con benefici, e quando decisero di interrompere la relazione di sesso perché George, proprio il sous chef, aveva capito che non poteva stare lontano dal suo ragazzo, Zayn lo pregò come ultimo favore di tenere Harry a lavorare con sé, in quel meraviglioso e lussuoso ristorante. E George non volle mai lasciarlo andare, non lo faceva come favore per Zayn. Lo faceva perché aveva visto in Harry delle potenzialità, oltre alla gentilezza e al garbo che mostrava quando serviva ai tavoli.
Si sedette su un sedile del vagone della metropolitana, stravaccandosi del tutto su quel feltro usurato dai mille colori. Estrasse il telefono dalla tasca, e per ingannare il tempo, o meglio, per non pensare, cominciò una partita a Candy Crush. Quel gioco talmente idiota dai mille livelli, a cui però non poteva fare a meno di giocare, soprattutto perché erano almeno due mesi che era bloccato sullo stesso maledetto livello in cui doveva far calare sei noccioline e sei ciliegie in sole dieci mosse. Ma come poteva essere possibile una cosa del genere? Soprattutto, come poteva essere possibile, se continuava a pensare a quel dannato architetto?
E' vero, l'aveva deluso e umiliato, non tanto perché non si ricordò quello che era successo la sera prima, ma perché non gli credette quando gli disse che non avevano fatto sesso. Ma cosa credeva? Che Harry fosse uno che andasse in giro a dispensare stoccate a qualsiasi bel ragazzo che incontrava? Perché, si, cazzo, quell'architetto era il ragazzo più bello che avesse incontrato negli ultimi mesi. Anzi, forse, nella sua intera vita. Gli ultimi ragazzi con cui era uscito, o meglio, con cui aveva scopato, perché solo per quello si era reso disponibile, non arrivavano nemmeno arrampicandosi al livello del ragazzo dagli occhi di ghiaccio. Che tu sia maledetto, Louis Tomlinson!
Quando finalmente la voce meccanica della metropolitana annunciò "Next stop, Knightsbridge", con annessa la solita raccomandazione "Please, mind the gap between the train and the platform", Harry si alzò dal suo posto, stringendosi nel giubbotto largo e sistemandosi quegli skinny neri, talmente stretti che ogni tanto gli cadevano. Abbandonò il vagone e cominciò la scarpinata verso l'uscita della fermata. Già si aspettava una marea di gente snob che l'avrebbe sicuramente travolto, e una mandria di turisti da qualsiasi parte del mondo che di sicuro sarebbero stati lì a rifarsi gli occhi davanti alle insegne illuminate e splendenti di Harrods, solamente per illudersi che qualcosa lì dentro fosse stato alla loro portata. Mentre stava immobile su quella scala mobile ripida e lunga, ritirò fuori il cellulare, ma questa volta non per risolvere quel livello del giochino, ma per chiamare Zayn.
"Pronto?"
"Zayn?"
"No, sono Liam...tu sei...?"
"Ciao, sono Harry...mi potresti passare Zayn?"
"Si, certo, te lo passo subito...Zaynie, è per te...", santo cielo che voce mielosa e iperglicemica. Harry avrebbe voluto vedere la faccia di quel Liam mentre chiamava il moro. O forse meglio di no, avrebbe riso come se non fosse esistito un domani.
"Pronto?", rispose Zayn, schiarendosi la gola.
"Certo che è per te, è il tuo telefono, per Dio...ce la fa 'sto Liam?"
"Piantala Harry...", rispose Zayn, scoppiando a ridere per la battuta del riccio, "avevi bisogno?"
"Si, ho bisogno di sfogarmi e non sapevo chi chiamare..."
"Hai fatto bene! Che è successo?"
"Ok, non so come sto per raccontartelo, ma sono abbastanza incazzato, per cui, come viene, viene..."
"Arriva al dunque..."
Harry pensò un po' come articolare delle frasi decenti, seppure fosse davvero arrabbiato, ma non trovò altro modo di dire tutto veloce e a raffica.
"Ieri sera sono uscito...sono andato al solito pub, ho incontrato questo ragazzo, dio, se solo sapessi quanto è bello...era ubriaco marcio, mi ha chiesto di accompagnarlo in un posto, che poi era la casa dove avrebbe dovuto convivere col fidanzato, siamo entrati in quella casa, ci siamo baciati, gli ho fatto un pompino, oddio, ancora non riesco a togliermelo dalla testa...stamattina però non ricordava nulla...cazzo, sono arrabbiato e umiliato...", non prese nemmeno una briciola di fiato mentre metteva insieme quelle frasi non proprio articolate, intanto che gesticolava per cercare di arrivare al succo della questione.
"Ehi, piano coccodè, fammi capire...ieri sera hai dispensato pompini così gratuitamente ad un ragazzo bello ma ubriaco marcio, e oggi sei arrabbiato perché non si ricordava nulla?"
"Si..?", credeva di essere stato chiaro, anche se, davvero, non sapeva come avesse effettivamente articolato il discorso.
"Ma cosa volevi pretendere, Harry? Che ti ringraziasse per il meraviglioso orgasmo?"
"NO! Oddio, forse...non lo so...non so nemmeno io cosa mi sarei dovuto aspettare, ma non di certo di essere additato proprio come uno che dispensa pompini...cosa devo fare, Zayn?"
"Ehm...dimenticarlo? E' stata una cosa da una notte e via...non vedo quale sia un'altra soluzione da considerare...a meno che..."
"A meno che...? Cosa? Parla Zayn...", non gli piaceva che il suo migliore amico lasciasse in sospeso le frasi. Quando lo faceva, o arrivava velocemente ad una conclusione, oppure lo rimproverava.
"A meno che non ti piaccia e che ti sia preso una cotta come una ragazzina..."
"Fanculo, Zayn..."
"Ha! Dai amico, scherzo...lo so che non sei una ragazzina...", disse Zayn ridendo, e poi sottovoce rivolto a Liam, di fianco a lui, "cazzata!"
"Ehi, ti ho sentito! Comunque, non lo so, devo riflettere...scusa se ti ho chiamato così..."
"Tranquillo, sai che puoi chiamarmi quando vuoi...ora però devo andare a lavorare e a cercare una soluzione per tu sai cosa..."
"Certo, fammi sapere...anche se passerò dopo il lavoro...ho promesso una sorpresa ai marmocchi..."
"Ok, allora a dopo Hazza..."
"Ciao Zaynie...", disse Harry, prendendolo un po' per il culo a sua volta, soprannominandolo nello stesso modo mieloso con cui l'aveva chiamato prima Liam. Chiuse la chiamata proprio quando era davanti al ristorante, e in fondo, anche se non aveva voglia di lavorare, quello era il suo posto. Era la sua seconda famiglia, dopo i marmocchi e il suo migliore amico Zayn. Non si sarebbe di certo sentito male tra le loro braccia. Anche se non poteva fare a meno di pensare a Louis. Gli piaceva, ma non era capace di ammetterlo a sé stesso per il troppo orgoglio. Non si era nemmeno ricordato del servizietto che Harry gli fece, perché dovendolo ammettere, era parecchio bravo a fare quei tipi di servizi. Chiunque se ne sarebbe ricordato dopo. Si era davvero sentito umiliato. Ma adesso che ci pensava, si sarebbe fatto umiliare altre cento miliardi di volte da quella meraviglia su due gambe.
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"Dottor Tomlinson, Dottor Horan...è un grande piacere incontrarvi di persona...io sono il Dottor Jack James, nuovo rettore della facoltà di architettura, e lei è la mia segretaria personale, nonché mia moglie, la signora Jodie Davis...", disse il rettore, stringendo le mani dei due architetti e poi lasciando che anche la moglie lo seguisse nei suoi gesti.
Siamo seri, Jack James? Ma che cavolo di nome era? Sentendo solo il nome non si sarebbe nemmeno potuto guadagnare un briciolo di rispetto per il lavoro altamente altolocato che faceva. E a dirla tutta nemmeno la postura e la fisicità era quella che solitamente prediligeva sulle figure dei rettori. Era basso e tarchiato, sulla sessantina, con qualche capello sulla testa, gli occhiali spessi e un accenno di baffi sotto al naso. E la moglie? Aveva probabilmente la stessa età di Louis e Niall, ma era una donna davvero bella. Alta, mora e con tutte le curve al posto giusto. Cosa ci faceva sposata con un signore di quel genere? Oh, si forse i soldi. Niall già la stava fissando con malizia, fino a che non si prese una manata sulla gamba da sotto la scrivania, proprio da Louis, che stava cercando di mantenere un certo comportamento davanti ai due signori.
"Buongiorno a voi, felice di avervi qui...accomodatevi...", gli indicò le due sedie davanti al tavolo nella sala riunioni, "gradite qualcosa da bere?"
"No, molto gentile, ma abbiamo già preso un caffè poco fa..."
"Bene, allora, veniamo al dunque..."
"Esatto, Tomlinson, veniamo al dunque...siamo qua perché vi stiamo offrendo un lavoro che vi frutterà un guadagno cospicuo..."
"Di cosa si tratta?", disse Niall, con gli occhi evidentemente illuminati, anche se non si era ancora capito se per la bellezza disarmante della segretaria, o se per l'ammontare del denaro che occupava la striscia dell'assegno che Mr. James fece scivolare davanti ai loro occhi.
"Come potete vedere la cifra è esorbitante...vi stiamo offrendo ciò per la progettazione di una nuova sede di facoltà di architettura...sorgerà esattamente qua...", e Mr James tirò fuori dalla sua cartellina un foglio con la zona dove avrebbe voluto che fosse sorto il distaccamento.
"Oh si, ho presente...quella è la zona tra Aldgate East e Whitechapel, esatto?"
"Esatto...come vedete, la zona è completamente libera, perciò basatevi su questa mappa che vi lascerò, insieme a tutte le caratteristiche che voglio che abbia, per completare il progetto...avete due mesi da oggi, ci risentiamo qualsiasi cosa abbiate bisogno, o se per caso finite prima..."
I due architetti annuirono e salutarono la coppia improbabile, che se ne andò soddisfatta e rivolgendo i migliori saluti. Insomma, erano felici. La somma che gli avevano offerto era una delle più alte che avessero mai ricevuto, e per un progetto così importante da realizzare, come quel distaccamento in più della stessa facoltà che anche loro frequentarono.
"Louis...hai visto?"
"Si, Niall, cazzo! Stiamo per guadagnare tantissimo...dobbiamo fare un lavoro meraviglioso..."
"Veramente mi riferivo a quanto cazzo è gnocca la moglie di James..."
"Niall, riesci a stare serio per un cazzo di minuto?"
Niall scoppiò in una delle sue sguaiatissime risate, tenendosi addirittura la pancia, dopo aver visto la faccia infastidita di Louis, "E dai che scherzo, Lou! Mi riferivo ovviamente al progetto...anche se una botta gliela darei molto volentieri a quella topa lì...", disse poi, leccandosi le labbra per la lussuria, "le ho lasciato il mio numero sul bigliettino da visita..."
"Guarda che se dovesse andare e ti scoprisse il rettore, e per colpa tua perdiamo l'appalto, ti uccido, Horan! E' un avvertimento!"
"Madonna, rilassati, amico...al massimo, se dovesse andare, me la scopo qualche volta e poi la lascio andare..."
"Come ti pare...non voglio entrare però nei tuoi cazzi..."
"Senti, ma invece tu cosa aspetti ad andare da Harry?"
"Non lo so, Niall...io..."
La faccia di Niall passò da divertita a sull'incazzato andante. Sistemò tutte le carte nel cassetto di Louis, perché era lui che teneva tutto in ordine, e poi lo guardò con le braccia conserte.
"Se non ti muovi ad andare a quel fottuto ristorante, giuro che vado io...anzi, prima ti meno, poi ci vado..."
E Louis si sentiva particolarmente minacciato da Niall, quando lanciava queste sfide. Perché Niall sarebbe stato capace di fare una cosa del genere, dato che non era la prima volta che lo faceva. Louis sbuffò un attimo al comportamento determinato e anche un po' spaccapalle del suo amico, ma decise di seguire il suo consiglio. In fondo, gli doveva solo delle scuse per come si era comportato e per come gli si era rivolto. E magari, lo avrebbe anche ringraziato per quell'orgasmo da urlo che gli fece provare, perché se l'era ricordato del tutto finalmente. Si era ricordato davvero che quell'ammasso di ricci gli avesse fatto il pompino migliore della sua intera esistenza.
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"Buongiorno signori...siete pronti a ordinare?"
"Si, siamo pronti...per me, gradirei il filetto grigliato su letto di spinaci e crema di patate a parte, mentre per la mia signora, filetto di branzino con mousse balsamica", ordinò il signore distinto, mentre continuava a sbirciare le pietanze scritte in bella calligrafia sulla carta di riso panna del menù.
"Posso consigliarvi un antipasto, prima del secondo? Se gradite..."
"Siamo tutti orecchie..."
"Tra i due migliori antipasti italiani vi consiglierei il cocktail di gamberi alla Mediterranea o, in alternativa, della bresaola della Valtellina con Parmigiano Reggiano DOC..."
Quel giorno non sapeva come fosse riuscito ad articolare quelle solite frasi, che usava per prendere le ordinazioni da quei ricconi, senza farsi scappare mezza parolaccia o mezzo riferimento a Louis. Eppure, doveva mantenere un certo decoro. Non si sarebbe fatto licenziare per un errore simile. Quel lavoro era quello che gli procurava il pane per vivere.
"Prenderemo due cocktail di gamberi...mi assicurate che sono importati dall'Italia?"
"Assolutamente si", annuì il riccio, nell'animo stanco di continuare a ripetere che il cibo cucinato là dentro fosse costoso e di prima qualità.
"Benissimo...che vino ci consigliate?"
"In base ai piatti che avete scelto, dovrei consigliarvi un bianco per il pesce e un rosso per la carne..."
"No, va bene anche solo il bianco...preferisco, anche se ho ordinato del filetto..."
"Come preferisce...allora, vi consiglio un bianco fermo di Elba, che si abbina sia con i gamberi, sia con i filetti..."
"Ci fidiamo..."
"Torno in un attimo col vino, allora..."
Corse in cucina, lasciando a George il foglio dell'ordinazione, e poi dirigendosi in cantina per prendere il vino. Si avviò verso gli scaffali in fondo, dove di fianco stavano le botti del vino più pregiato che doveva ancora essere imbottigliato. Ma non trovava quel maledetto bianco d'Elba. Non l'avevano finito? Avrebbe fatto una figura di merda assurda con quei clienti che si erano affidati completamente alla sua esperienza.
"Styles, che stai cercando?", una voce femminile lo distrasse dallo scaffale dove stava cercando il vino.
"Oh, ciao Zoe...stavo cercando il bianco d'Elba, ma non lo trovo...non è che l'abbiam finito? Dimmi di no, farei una figura di merda...oddio, sto male...ma dov'è?", andò completamente in panico, continuando a toccare le bottiglie.
"Styles, se continui a cercare sullo scaffale dei Neri D'Avola, non lo troverai mai...", la ragazza si distolse dallo stipite della porta, dove stava con le braccia incrociate, e si avvicinò a Harry. Lo prese per il nastro del grembiule e lo accompagnò non tanto gentilmente allo scaffale giusto.
"Che ti succede Styles? Non ti ho mai visto così..."
"Lascia perdere, Zoe...te lo racconterò quando mi sarò calmato..."
"Ricordami perché ti voglio bene lo stesso...", disse, roteando gli occhi al cielo.
Harry fece un risolino, si diresse insieme a Zoe di nuovo nella sala da pranzo. Lei continuò a servire l'altra tavolata con i piatti appena sfornati, mentre Harry tornò dalla coppia.
"Eccomi, scusate l'attesa, la cantina è molto grande...", cercò di giustificarsi Harry, mentre apriva con maestria la bottiglia. Avvolse poi la bottiglia in un fazzoletto rosso dai ricami argento e ne versò un goccio nel bicchiere dell'uomo, girando la bottiglia col polso per non far cadere nemmeno una goccia sulla tovaglia.
"Nessun problema...mmmh, buono...si mi piace...ottima scelta, ragazzo..."
"A vostra disposizione", versò il vino anche alla donna, e poi tornò dall'altra parte della sala, dove lo aspettava un tavolo da sparecchiare e ricomporre alla stessa maniera di prima che fu utilizzato. Mentre stava piegando i tovaglioli in un ventaglio pressoché perfetto, Zoe si avvicinò al suo orecchio e gli sussurrò qualcosa che destò la sua attenzione.
"Gnocco stratosferico ore dodici"
"Zoe, smettila...così ti licenzier-...", non terminò la frase mentre alzava lo sguardo.
Sbarrò gli occhi.
Davanti alla porta d'ingresso c'era Louis, che si guardava intorno spaesato. Cosa ci faceva l'architetto in quel ristorante? Stava cercando proprio Harry? Ma come sapeva che lavorava in quel posto? Non aveva detto il nome, eppure Louis stava là. Immobile, con le mani nelle tasche dei pantaloni del completo, in tutta la sua bellezza. Forse aveva saputo che era un buon ristorante per pranzare. Non vedeva altro motivo.
Zoe, per quanto nascondesse bene la sua finezza tale per cui poteva essere paragonata a un comodino, aveva ragione. Louis era la bellezza per eccellenza. Quei capelli, benché risultassero ancora arruffati dalla mattina, gli donavano un'aria tenera. Quegli occhi azzurri poi. Erano la cosa che colpì Harry prima di tutto. Per non parlare di quel sedere marmoreo e tondo. Harry stava letteralmente andando a fuoco in quell'istante. Ma la ragione gli disse di starsene calmo, e di non dimenticare l'umiliazione.
"Lo accogli tu o io, Styles?"
"Ci penso io...", Zoe lo guardò alzando le sopracciglia. Un po' forse ci aveva sperato di poterlo accogliere lei, ignara di tutto.
Harry si avvicinò all'ingresso, con un menù con la copertina di pelle rossa e il segnalibro argento, come i tovaglioli, e si schiarì la voce. Ma parlò prima il ragazzo dagli occhi di ghiaccio.
"HARRY!", tolse finalmente le mani dalle tasche dei pantaloni, sentendosi sollevato.
"Posso esserle d'aiuto, signore? Gradisce un tavolo singolo?"
"Harry ti prego, posso parlarti?"
"Mi dispiace deluderla, ma non posso prendere una pausa dal mio lavoro, fino a che non finisco il turno..."
"Harry, per piacere...non sono qui per insultarti o niente...e smettila di darmi del lei..."
"Come dovrei rivolgermi allora, sentiamo?"
"Dandomi del tu, e dandomi anche una possibilità di parlarti e scusarmi...ti prego, non ti prenderò troppo tempo..."
Cosa avrebbe dovuto fare? In fondo, era venuto per scusarsi. E il suo sguardo non era certo quello di uno che voleva litigare o con altre cattive intenzioni. E poi era bello, dio se era bello! Quello bastò per annuire, ma senza poi far vedere che stava letteralmente arrossendo come un deficiente, per la sua notevole bellezza.
"Dammi mezz'ora, finisco il turno...ci vediamo davanti a Harrods!"
Louis annuì soddisfatto, poi rimise le mani nelle tasche e uscì dal locale. Zoe intanto li guardava da lontano. Quando Harry tornò da lei, non poté che chiedere come fosse andato. Aveva un sacco di domande da fare al riccio.
"Allora? Com'è andata? E' così figo da vicino? Ma perché è uscito? Cosa gli hai fatto? Confessa, Styles..."
"Smettila, cretina...", le disse, spingendo il suo dito indice contro la sua fronte. In fondo, Zoe era l'amica migliore che Harry avesse potuto desiderare, quando iniziò a lavorare lì. Ma era anche un po' appiccicosa alle volte, "ti racconterò questa storia quando sarai più grande..."
"Ti ricordo, riccio, che ho due anni in più di te...e poi, cosa c'è di così censurabile? Ti ha chiesto di fare sesso qua nel retro?"
Sesso. Sesso. Sesso con Louis. A quella parola, Harry cominciò a pensare alle cose più sconce che una mente avesse potuto produrre. Soprattutto al pene di Louis nella sua bocca, e ai testicoli che mano a mano si ritiravano, accogliendo l'orgasmo. I jeans cominciarono a farsi stretti vicino al cavallo.
"Styles, cosa c'è? Non sei più nemmeno capace di tenere la bestia ferma nelle mutande?", chiese Zoe, abbassando lo sguardo tra le gambe di Harry.
"Zoe, ti uccido! Vai a lavorare che è meglio...", disse, arrossendo ancora una volta, sistemandosi la quasi evidente erezione e provocando una risata da parte dell'amica.
Ora doveva solo sperare che, a fine turno, avesse potuto parlare tranquillamente con Louis, per sentire davvero cos'aveva da dirgli. Se valeva la pena ascoltare quelle fantomatiche scuse di cui gli aveva parlato e che voleva fargli. E chissà se si era ricordato della sera prima? Anche se così non fosse stato, sarebbe comunque stato bello rispecchiare le sue radure nei mari in tempesta dell'architetto bello come il sole.
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