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27 - The three of them and the most amazing orgasm

Di certo fu una giornata piena di emozioni. O per meglio dire, da quando Louis conobbe Harry, tutta la sua vita fu trasformata in un turbine di entusiasmi, tali per cui l'architetto si ritrovò a pensare e a scorrere di nuovo i ricordi di quei pochi mesi passati. Si ricordò di come ci rimase male, di come si sentì letteralmente un cornuto, quando scoprì quello che chiamava fidanzato, a letto con una donna. E pensare che dovevano convivere. E pensare che avevano pensato di sposarsi. E da una parte, forse si sentiva lusingato del fatto di essere stato tradito, perché la fine di quella relazione portò all'inizio di una nuova. Aveva riaperto il cuore all'amore, non era vero ciò che pensò, di chiuderlo per sempre. Una delusione d'amore non può condizionarti tutta la vita, e soprattutto, non tutti i ragazzi sono delle merde calcolatrici come lo era stato Aaron. Chiusa una porta, si apre un portone, vero? Si, per Louis si era aperto non solo un portone, ma addirittura un edificio completo. Harry era stato quell'edificio, che l'aveva accolto e che aveva pensato a come rendere confortabile la presenza di Louis al suo interno.

Sia lodato qualunque dio su questa terra e sia lodato quel pub dove si recò quella sera, abbastanza lontano dalla zona in cui viveva. Sia lodato il fatto che il suo cervello pensò bene di cambiare la routine, e quindi di non recarsi nel bar dove era solito rifugiarsi con Niall o completamente da solo per pensare. D'altronde, quella dannata sera non voleva imbattersi in qualche faccia familiare, non aveva voglia di sentire domande sul suo morale completamente sotto terra, anche perché non avrebbe saputo cosa rispondere, forse sarebbe scoppiato in lacrime davanti a chiunque gli avesse chiesto cosa c'era che non andava, collezionando sicuramente una figura di merda e compassione. Ecco, compassione. Era proprio quello che non voleva suscitare in quella gente.

E quindi, grazie anche a quello, incontrò quella meraviglia di ragazzo riccio tutto fossette e occhi color radura inglese, dove si sarebbe rotolato per tutta la vita. Perché si, poteva dirlo forte, era il suo fidanzato, e non aveva intenzione di lasciarlo, per farlo capitare magari in mani che non si meritavano di cullarlo o accarezzarlo. Lui era l'unico che poteva farlo, ed Harry era il solo che poteva fare la stessa cosa sul suo corpo.

Continuò a pensare cronologicamente a tutti gli avvenimenti. Pensò a quella sbronza molesta, a Harry che lo voleva far riprendere, al pompino meraviglioso che gli fece e a quanto era stato stronzo lui stesso ad accusarlo di cose che non erano mai successe, ma, che se fosse tornato indietro le avrebbe fatte succedere senza pensarci due volte. E che cosa gli era saltato in testa di fargli vedere la casa in cui sarebbe andato a convivere con Aaron? E che cosa avrebbe fatto ora con quella casa? Boh, a quello ci avrebbe pensato dopo.

Si ricordò della casa famiglia, della prima volta che vide Ashlee e che pensò subito che era la fotocopia in formato a5 di Harry. Ripensò ai nuovi amici che si fece e al rapporto ancora più consolidato con Niall. Si ricordò di tutti i sotterfugi che, grazie sempre a Niall, dovettero fare per non far demolire quella casa. Della serata di beneficenza, del ritorno di Aaron, dell'arrivo improvviso di quella sgualdrina di Taylor – che si stava augurando con tutto sé stesso che fosse internata da qualche parte, altrimenti l'avrebbe cercata e uccisa con le sue mani – e a quando Harry gli chiese di diventare genitore acquisito, di prendersi cura della bambina. Quella volta non seppe come fece a trattenere le lacrime. Fu una richiesta importante, quasi una preghiera, ma quello che lo rese felice fu il fatto che Harry si fidò completamente di lui, nonostante fosse una relazione di poco tempo. La fiducia è la prima cosa importante in una coppia, e tra di loro c'era stata fin dal primo momento. La relazione con Harry era un miscuglio di amore, fiducia, sintonia, empatia, occhi azzurri e fossette irresistibili.

Harry. Il suo Harry. Il suo ricciolino preferito.

Bello come il sole, sexy come nessun'altro al mondo, con un cuore grande e una contentezza elevata al quadrato e un ottimismo elevato al cubo.

La sua contentezza e il suo ottimismo.

Harry, Harry, sempre e solo Harry.

L'amore smisurato che provava per lui l'aveva trasportato in una seconda dimensione, fatta solo di cose che glielo ricordassero in tutto e per tutto. Anche se era sempre al suo fianco, anche se forse di lì a poco sarebbero diventati una famiglia vera. Louis, Harry e Ashlee. Aveva vinto un fidanzato fantastico e una figlia meravigliosa. Si, perché poteva già considerarla tale.

E quel suo fidanzato fantastico gli aveva fatto sempre vivere delle emozioni fantastiche, come mai le aveva vissute prima, se non in qualche rara occasione. I baci che gli dava, in qualsiasi momento ritenesse fosse propenso, sia per consolarlo, sia per salutarlo o ancora semplicemente perché gli andava, erano i migliori e i più calorosi che avesse ricevuto. E il sesso...per dio, non parliamo del sesso. Fare l'amore con Harry voleva dire, ogni santa volta, viversi reciprocamente. Non solo soddisfare la voglia di avere un orgasmo, la voglia di eccitarsi, ma anche di passarsi emozioni inequivocabili e uniche. Passarle da un corpo all'altro, da un cuore all'altro. Ansimare mutuamente sfiorandosi piano le labbra, gemere chiudendo gli occhi e issarsi in un altro pianeta, spingere piano per sentirlo avvolto a sé, o per avvolgerlo. Guardarsi con gli occhi lucidi e scuri perché pieni di lussuria, sorridersi ogni volta che si presentava la possibilità, in modo che l'uno facesse capire all'altro l'amore inconfondibile che si era creato. Una bolla personale, dove nascondere emozioni e amore, magari risparmiarne anche un po', perché quando si fosse presentata la possibilità di utilizzarli per aumentare ogni sensazione e ogni emozione, sarebbero state pronte lì in un angolo. Bastava solo raccoglierle.

"A che stai pensando?", chiese ad un certo punto Harry, seduto nei sedili posteriori del taxi che avevano preso per tornare a casa, con la mano intersecata a quella di Louis e appoggiata sulla sua coscia. Louis alzò lo sguardo e incontrò quello del suo ricciolino. Gli regalò uno dei suoi migliori sorrisi, "Sto pensando che sto bene con te...e che ti amo, ma quello non c'era nemmeno bisogno di dirlo...", girò il viso ancora verso il parabrezza, per guardare la strada e perdersi un'altra volta nei paesaggi londinesi trafficati durante l'ora di punta. Le luci della città facevano da sfondo a quella loro storia d'amore. Così alta come il Big Ben. Così spaziosa e pura come Hyde Park. Così piena come Piccadilly Circus. Così nobile come Buckingham Palace. Insomma, la relazione perfetta. Perfetta come il suo the preferito dello Yorkshire, perfetta come i suoi progetti, modestamente. Perfetta come Harry. Perché Harry era perfetto.

Harry richiamò la sua attenzione un'altra volta, per fargli sapere che erano finalmente arrivati a casa e corrugando perplessamente le sopracciglia, "Insomma, Lou, a che cosa pensi?", gli chiese, accigliandosi ulteriormente.

"A niente, amore...", sorrise appena e prese la mano del suo ragazzo, mentre si avviavano sul vialetto di ghiaia che portava all'entrata del palazzo di Louis. "Non è vero, riesco a vedere gli ingranaggi del tuo cervello scontrarsi e picchiarsi...", gli rispose Harry, tenendo stretta la mano, ma camminando qualche centimetro più indietro di Louis, come se volesse fargli capire che non era il caso di dirgli una cazzata e che, in ogni caso, non se la sarebbe bevuta.

Louis resto in silenzio ancora per qualche metro, tirandosi dietro Harry, fino a che non arrivarono davanti alla porta di ingresso di casa Tomlinson. Si girò per guardare negli occhi Harry e sorrise di nuovo, "Va bene, hai vinto! Ripensavo a tutti i momenti passati con te, a come ti ho conosciuto e a come ora siamo così uniti da amarci senza altre barriere...poi pensavo anche a Niall, che ha subito un sacco di cose per farmi felice, a Zayn e Liam che si sono offerti di tenerci la bambina per concederci un po' di tranquillità...", fece una piccola pausa, guardando il pavimento e tracciando poi col dito il contorno del chiavistello sulla porta blindata di casa sua, "...e poi si, stavo davvero pensando che ti amo...tanto...", disse cercando di catturare di nuovo lo sguardo del riccio.

"Anch'io ti amo, piccolo idiota, e non sai quanto io sia felice di stare con te...", gli rispose, accarezzandogli una guancia con il dorso della mano, "Oh, Harry...", rispose Louis, sorridendo di nuovo e spingendo la guancia verso le sue dita, per bearsi del suo tocco soffice e tenero, "voglio stare con te per l'eternità...", e Harry annuì, unendo le sue labbra con quelle di Louis, per un bacio leggero ma dolce e significativo, pieno proprio di tutto quell'amore perfetto a cui stava pensando prima. Harry sorrise prima, poi ridacchiò letteralmente contro le labbra del suo compagno, fino a che Louis non si ritrovò in braccio al riccio, come quando uno sposo prende in braccio la sposa prima di entrare in casa, la prima notte di nozze. Rise forte anche l'architetto, aggrappandosi forte al collo di Harry, "Harry, mettimi giù, che peso".

"Giammai, o meraviglioso raggio di sole!", disse, fingendo di essere un Chamberlain Man alle prese con un play di Marlowe o Shakespeare, "...adesso tu entri con me, così, in casa...", trafficò con la copia delle sue chiavi, inserendola alla bene e meglio nella toppa, e aprendola e richiudendola dietro di sé, col piede, facendola anche sbattere.

"Harry!", urlò Louis, "l'amministratore del condominio te la farà pagare, se la scardini". Harry sbuffò allargando gli occhi e roteandoli, "Ma cosa vuoi che me ne frega di quel burbero e di una porta rotta, quando posso avere tra le braccia una meraviglia come te", disse, agitando la faccia e facendo cascare sulla fronte e davanti agli occhi un ricciolo abbandonato a sé stesso. Louis guardò Harry negli occhi sorridendo, poi gli scostò con la mano il ciuffo dal viso. Si guardarono in silenzio ancora per qualche minuto, fino a che Louis non chiuse gli occhi e avvicinò la sua bocca a quella di Harry. Riuscì a liberarsi da quella posizione scomoda, per abbracciare e continuare a baciare passionalmente le labbra del suo ragazzo.

"Siamo soli fino a domani sera, architetto...che vuoi fare?", chiese Harry, non appena staccarono le labbra e riaprirono gli occhi per guardarsi, "Voglio stare a letto e fare l'amore con te fino a che non saremo esausti e fino a che non ci andrà in odio..."

"Non mi potrebbe mai andare in odio l'idea di fare l'amore con te, Tomlinson", rispose Harry, baciandolo e facendolo indietreggiare fino al salotto. Harry prese una sedia dal tavolo di cristallo che giaceva nel mezzo, e la posizionò sotto la finestra. Chiuse le tende e poi, prendendo per mano Louis, lo fece sedere su di essa. Lo guardò languidamente, girandogli attorno e ogni tanto accarezzandogli qualche parte del suo corpo perfetto con il dito, solamente per sfiorarlo e lasciarlo insoddisfatto. La parte bella sarebbe arrivata dopo.

Spense le luci, lasciando accesa solo una piccola abat-jour, che non illuminava la stanza in maniera colossale. Sarebbe stato tutto più romantico e bello con la luce della luna piena che attraversava il tessuto lieve delle tendine. Louis chiuse la bocca, tendendo la mascella, perché Harry stava mettendo a dura prova la sua pazienza. Non che non volesse che quel momento fosse del tutto dolce e romantico, ma quelle provocazioni lo stavano facendo uscire di testa, del tutto. Il riccio tornò poi indietro verso il suo amante, parandoglisi davanti e mettendosi a cavalcioni su di lui. Le loro mezze erezioni già sfregavano l'una contro l'altra, peccato per quella stoffa spessa dei pantaloni che ancora indossavano e che non permetteva la frizione tra i due rigonfiamenti. Harry prese tra le dita la cravatta di Louis, che aveva indossato quella mattina per l'udienza e che ancora non aveva avuto modo o tempo di togliere. Lentamente gliela sfilò e, senza che Louis potesse obiettare, gli legò le mani dietro lo schienale della sedia.

"Giochiamo pesante, eh, riccio?", chiese Louis, cercando di ammiccare, ma in realtà era completamente sopraffatto dalle iniziative del riccio, quando si trattava di fare l'amore. Louis deglutì con fatica, respirava a malapena. Cazzo, era già difficile resistergli in quella posizione, in più gli legò le mani. Harry cominciò a sbottonargli i pantaloni, per poi tirare giù la zip e notare l'ingrossamento nei boxer di Louis, che stava forse diventando fastidioso. Avrebbe dovuto fare qualcosa, subito, o il cuore gli sarebbe esploso nel petto e qualcos'altro nelle mutande.

"Dimmi che mi ami, Lou...", sussurrò lentamente.

"Ti amo, Harry", non fece in tempo a dire quelle tre paroline, che Harry gli si fiondò sulle labbra, catturandole, mordendole, leccandole. Gemiti sconnessi uscirono da entrambe le bocche e li fecero eccitare ancor più di quanto già non lo fossero. Harry si alzò da quella posizione, si slacciò i pantaloni e liberò il suo sesso pulsante dalle mutande che lo costringevano ormai troppo dolorosamente. Fece lo stesso con quello di Louis, poi si inginocchiò davanti alle sue gambe e cominciò a dargli qualche colpo con la mano. Non ci mise molto a prenderlo in bocca, leccando prima la vena sporgente di Louis e poi inglobandolo piano fino in fondo. L'erezione di Louis si completò in pochi secondi, mentre la bocca calda e umida di Harry cominciò a succhiare sempre più forte. Altri gemiti per il riccio, che nel frattempo si stava dando piacere da solo.

"Ti stai toccando, Harry?", chiese Louis, in preda agli spasmi e agli ansimi. Harry annuì e continuò a succhiare, evitando di deconcentrarsi, perché in quel momento avrebbe voluto dar piacere a Louis nella migliore maniera possibile, "Oh cazzo, Haz...", un altro miscuglio di gemiti e ansimi, fino a che Harry non si alzò di nuovo, smettendo di succhiare il membro di Louis.

"Come vorresti che ti penetrassi, Tomlinson?", chiese Harry, gli occhi pieni di lussuria, le pupille dilatate e le guance arrossate. Louis lo guardò languidamente, "Fai tu, Styles...mi fido di te...", Harry a quelle parole sorrise. Andò dietro lo schienale della sedia e gli slegò le mani, per poi afferrarne una, intersecare le loro dita e condurlo nella camera da letto. Chiuse la porta dietro di sé, e, continuando a baciarsi, si spogliarono completamente nudi in poco tempo, "Mettiti in ginocchio con le mani appoggiate al materasso", disse Harry. Louis ubbidì all'ordine gentile di Harry che intanto si posizionò dietro di lui. Cominciò a leccare piano la schiena, lasciandoli baci e succhiotti nei punti che più gli aggradavano. Quando arrivò al sedere di Louis, lo accarezzò piano, tracciandone i contorni, fino a che non morse gentilmente ma sensualmente una natica del maggiore. "Oh, si, Harry...", gemette Louis. Aveva un disperato bisogno che lo penetrasse, senza mezze misure. Aveva un disperato bisogno che gli entrasse dentro e che lo possedesse, subito. Harry poi portò una delle sue dita, che aveva preventivamente leccato, all'interno di Louis, fino in fondo, sfiorando leggermente la sua prostata e provocando altri gemiti e ansimi. Quella sera doveva essere così, piena di gemiti e ansimi racchiudenti tutto l'amore possibile che c'era tra di loro. Non era tempo di scopare forte, dovevano viversi e fare l'amore. Ci sarebbe sempre stato tempo per una sveltina o per una scopata selvaggia.

Louis portò una mano dietro ad afferrare il polso di Harry, "Harry, ti prego, non resisto più", disse il maggiore. Harry portò il suo pene completamente lubrificato verso la sua apertura, sfregandola un po' e poi entrando completamente in lui con una stoccata decisa. Cominciò a scivolare avanti e indietro, riempiendo Louis completamente. Davanti agli occhi dei due amanti, tutto cominciò lentamente a diventare sfocato. Ad ogni colpo, Harry sfiorava la prostata di Louis, che ansimava e gemeva.

"Si, così, Harry...non fermarti...", il riccio non aveva nessuna intenzione di farlo. Si chinò sulla schiena di Louis, facendoci combaciare il suo petto. Gli avvolse la vita con un braccio e Louis si lasciò cadere sul materasso. Harry continuava a spingere, a riempirlo di lui e del suo amore. "Girati, Louis, voglio vedere che ti tocchi e che vieni per me", sussurrò. Louis ubbidì di nuovo, si girò supino e lasciò che Harry gli violasse l'entrata ancora una volta, mentre, afferrando saldamente la sua erezione, cominciò a stimolarsi autonomamente. Fino a che non venne profusamente tra i due stomaci.

"LOUIS...", urlò Harry quando venne a sua volta, e si accasciò sul petto di Louis, non avendo la minima intenzione di svuotarlo. Cercò di riprendere fiato dopo quell'orgasmo colossale, e finalmente gli si sdraiò accanto, cambiando astrattamente i ruoli e rannicchiandosi sul petto di Louis.

"Dio, è stato fenomenale...il miglior orgasmo di sempre", disse Harry, lasciando che Louis lo stringesse a sé e che gli lasciasse baci dolci tra i capelli.

"Si, a dir poco fantastico...", lo baciò di nuovo, "Harry?", lo richiamò. Harry mugolò una risposta permettendo a Louis di continuare il discorso, "Se davvero tra qualche giorno verremo a vivere qui con la bambina, dobbiamo stare attenti che di notte non si alzi e ci becchi a fare queste cose sconce...", ridacchiò come un demente, provocando la stessa reazione di Harry.

"Bè, io però non voglio rinunciare a fare l'amore con te tutte le notti..."

"Si, ma non voglio nemmeno che a mia figlia le si blocchi la crescita ad un'età così...", rispose senza nemmeno pensare. Harry alzò il capo di scatto per guardare Louis, "Come?", mormorò.

"Come, cosa?", rispose Louis, poi si accorse di quello che disse, "Cioè...io...ehm, non lo so...vo-volevo dire...", Harry lo zittì con un bacio. "E' la cosa più bella che potessi dire...nostra figlia...cazzo, Louis, quanto ti amo...", disse Harry e Louis non poté che sorridere di rimando.

"Si, nostra figlia, Harry...la nostra piccola Ashlee...ti amo!"

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