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24 - La resa dei conti

                  

Il grande giorno era finalmente arrivato. Bè, si, sperando fosse stato davvero grande. Harry e Louis erano agitati da quando avevano ricevuto la consulenza dall'avvocato. Ma non avendo ancora un motivo per festeggiare o solo per stare tranquilli, l'agitazione si rivelò plausibile da quel punto di vista. Certo, dovevano essergli comunque grati  di aver accettato di prendere sottobraccio la causa. Pur essendo civile. Pur essendo una causa che non aveva niente a che vedere con quello che aveva sempre fatto nella vita. Far arrestare i delinquenti, colpevolizzarli, dargli tanti anni di carcere quanti erano i peli distesi sul proprio corpo, quello era sempre stato il suo lavoro. E in effetti, il dottor Pritchard, non essendosi mai occupato di un caso civile, soprattutto che riguardasse l'affidamento di un minore, dovette chiedere aiuto a qualche suo amico avvocato specializzato in casi di quel genere. Gli rifilarono qualsiasi documento che parlasse dell'adozione effettiva di un bambino. Quel pomeriggio si dedicò interamente alla lettura attenta e meticolosa di quei faldoni. Spulciò qualsiasi foglio, qualsiasi raccoglitore, qualsiasi cartelletta. Ne scoprì cose particolarmente interessati e utili per poterci lavorare e conseguire un risultato degno del nome che portava.

-L'adottando deve avere più di diciotto anni e meno di quarantacinque. -

-Durante il processo saranno necessarie, se non indispensabili, prove confutanti ed è obbligatorio far partecipare e chiedere l'opinione al minore, nel momento in cui sia capace di interagire, intendere e volere. -

Regole molto semplici. E poi con il materiale che aveva ricevuto da Harry, sarebbe stato in grado di affidargliela con facilità. Qualcosa gli diceva che quel ragazzo tutto ricci e fossette e il suo nonché bellissimo fidanzato dagli occhi azzurri penetranti, di cui in effetti avrebbe voluto trovare una copia per il proprio figlioletto adorato, erano degni di continuare a crescere la creatura nel modo migliore possibile. Aveva avuto modo di ricevere informazioni in via ufficiosa sulla madre biologica, e non gli sembrò del tutto una persona adatta a portare avanti un compito di quelle dimensioni e di quell'importanza. Non tralasciamo il fatto che sentiva il bisogno fisico e psicologico di distruggere una volta per tutti quella faccia di culo di Aaron Blake, il quale, appunto, aveva accettato di assumersi la difesa della donna, facendosi pagare in natura. Brutto bastardo. E soprattutto, da quanto aveva capito, anche Louis in persona aveva avuto problemi con quella merda umana, perché proprio di quello si trattava. Anzi, aveva passato la stessa identica situazione di quella che dovette sopportare il figlio. Chissà se ancora adesso continuava a fare ciò che aveva fatto in passato. Era come se fosse nato per prendere in giro le persone. Ma con lui sarebbe sempre cascato male, o almeno, ora che capì la vera natura di quel porco su due gambe. Anzi su tre, perché evidentemente quella in mezzo ai pantaloni era quella che aveva usato maggiormente per ottenere qualsiasi cosa e per umiliare i poveri ragazzi indifesi che cadevano nella sua trappola di seduttore. Si ricordava ancora di quella volta, come se fosse stato il giorno prima.

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Stava seduto sulla poltrona reclinabile del suo salotto in stile belle époque, nella sua casa altamente borghese nel centro di Londra. Leggeva e rileggeva il Daily Mail, il suo giornale prediletto. Scandagliava ogni notizia e le commentava una per una con la moglie, che diligentemente lo stava ad ascoltare, mentre spadellava in cucina per regalare al marito i suoi piatti preferiti, ogni santa sera, per cena. E ogni tanto sorrideva da sola per la cocciutaggine di lui, ogni tanto rispondeva alle provocazioni, ogni tanto gli diceva che sarebbe stato meglio calmarsi e non perdere le staffe per delle cose che non gli riguardavano da vicino. "Avrebbero dovuto affidarlo a me questo caso, non a quel depravato di Sparks o, peggio ancora, a quel buono a nulla di Cooper", ripeteva sempre, quando vedeva che un caso si rivelava irrisolto proprio a causa di quelle due minacce della Giurisprudenza mondiale.

La porta di ingresso si aprì poco dopo, e ne rivelò la figura del figlio, triste e amareggiato, con la testa china, che se ne stava immobile dietro alle porte scorrevoli di vetro dipinto a mano che portavano proprio in salone. Il signor Pritchard alzò lo sguardo, sbucando da sopra il giornale, e sbarrò gli occhi. Piegò velocemente il giornale e si issò seduto dritto sulla poltrona, "Michael, che succede? Stai piangendo?", chiese al figlio, che ancora non aveva alzato la testa. Fino a che non scoppiò del tutto a piangere, avvicinandosi e abbracciandolo.

"Papà...A-Aaron mi ha tr-tradito...l'ho be-beccato a letto con una donna...", Pritchard abbracciò stretto il figlio, ma non seppe cosa rispondere o cosa dire per tirarlo su di morale. Era un diciottenne, piccolo, ingenuo, alla sua prima vera cotta per qualcuno. Poco tempo prima aveva confidato al suo adorato padre di essere omosessuale e lui l'aveva accettato molto tranquillamente, perché, abbastanza aperto di mentalità, non vedeva dove fosse il disonore o, come dicevano alcuni, i sintomi e segni di una malattia.  E ora era stato preso in giro da quello stronzo per oltre due mesi di relazione, che sembrava avesse dato qualche barlume di speranza e futuro. E invece, niente. Già la gente gli faceva pesare il fatto di avere un figlio omosessuale, anche se lui non ci faceva caso. Ma ora gli avrebbero fatto pesare che fosse omosessuale e per giunta cornuto. La mentalità della gente era completamente chiusa e lui stesso si vergognava parecchio di respirare la stessa aria che respirava la cerchia di gente che la pensava così.

"Non ti preoccupare di nulla Micheal...gliela farò pagare a quell'avvocato da due soldi di Blake...", disse, rassicurandolo e accarezzandogli la schiena, perché, sotto quella corazza da burbero e scontroso, si nascondeva un'anima gentile e buona, soprattutto quando si trattava della sua adorata moglie e del suo unico figlio. Non sapeva cosa avrebbe fatto, e non sapeva dopo quanto avrebbe vendicato il figlio, ma l'avrebbe di sicuro fatto, prima o poi.

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Due anni e mezzo erano passati. E lui ancora non aveva avuto modo di sistemarlo per le feste. Quella coppia di innamorati che avevano chiesto la sua consulenza, oltre ad essere un fantastico duo, facevano trasparire dai loro occhi che al loro interno stagnava l'amore più sincero e repentino, l'uno per l'altro. E il fatto che fosse anche un po' geloso che il figlio non avesse una relazione stabile e genuina come la loro, ma mosso dalle emozioni più vere per quell'affetto reciproco che vide, decise di aiutarli senza se e senza ma. Avrebbe distrutto quel coglione di Aaron e avrebbe aiutato due ragazzi che poteva considerare come figli. Due piccioni con una fava.

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I ragazzi si fermarono davanti all'imponente entrata del tribunale. Louis e Harry davanti, e dietro Liam, Niall e Zayn, con in braccio la piccola Ashlee. Si era offerto di tenerla durante la prima parte del processo, e poi di fare da spalla nel momento in cui sarebbe stata chiamata a esprimere una sua opinione. Quella bambina era molto intelligente, per cui decisero che l'avrebbero fatta parlare.

La facciata della Central Criminal Court si estendeva per almeno duecento metri, nelle immediate vicinanze della St. Paul Cathedral e la fermata Holborn. Defend the Children of the poor and punish the Wrongdoer. Difendete i figli dei poveri e punite i trasgressori. Quella era la frase che era incisa proprio sulla facciata, la quale donava un'aria seriosa e quasi inquietante all'edificio. Le vetrate erano completamente scialbe, senza neanche dare la speranza di trasmettere un minimo di tranquillità o agio. Al centro si eleggeva un'alta torre con una cupola, e sopra di essa vi era la statua dorata della giustizia dell'Old Bailey. Non sapevano ancora come mai avessero scelto quel posto per un caso così semplice e senza intoppi penali. Forse perché il loro avvocato ci lavorava, forse perché era più comodo, forse ancora perché il giudice non poteva spostarsi. Non trovavano un motivo valido. Di solito quell'edificio veniva utilizzato per discutere fatti riguardanti la Corte della Corona e casi del Tribunale Penale della Grande Londra. Ma con la ormai prevedibile Taylor tra le palle, era meglio non giocare d'anticipo.

"Dobbiamo farci coraggio...", disse Liam, continuando a osservare la facciata. Niall e Zayn annuirono subito. Louis guardò il suo ragazzo accanto, che a sua volta studiava ogni pietra e ogni decoro di quel tribunale. I suoi occhi verdi avevano perso ogni brillantezza. Harry annuì, guardando di fronte a sé e stringendo gli occhi a due fessure per il fastidio causato dal sole fioco di quella mattina, e afferrò forte la mano di Louis. Sembrava stessero rimettendo in piedi lo spin off di un film d'azione, e invece tutta quella scena era stata dettata dalla completa trepidazione interiore.

Si incamminarono per il vialetto centrale, abbellito ai lati con dei cespugli intagliati perfettamente a forma sferica. Sulla porta d'ingresso, afferrando la maniglia della porta stretta fino a che le nocche non gli diventarono bianche, c'era già l'avvocato Pritchard che li aspettava. Videro che nell'aria c'era qualcosa di strano, che anche lui mostrava la stessa agitazione, ma nello stesso tempo, i suoi occhi mendicavano vendetta. Si allungò e strinse la mano prima al riccio e all'architetto, poi anche gli altri tre, mostrando il fantasma di un sorriso a Niall.

"Buongiorno a voi...prego, volete seguirmi, possiamo già accomodarci nella sala...", disse, aprendo la porta per farli passare e poi, superandoli, si fece seguire mentre gli indicava la via per la sala prescelta. Camminava nervosamente e velocemente, come se avesse fretta di mettere fine a quel supplizio.

"Avvocato? Come mai si è scelto di fare tutto in questa sede così importante e così...ehm...penale?", chiese Niall, allungando il passo per affiancarsi al Dottor Pritchard.

"Vede, Dottor Horan, questa è come se fosse la mia seconda casa...mi hanno dato la possibilità di scegliere la sede, essendo io il legale della parte paterna, per cui ho optato per questa...la sento più mia, capisce?", gli disse, continuando a camminare, guardando da davanti, non osando risolvere il dubbio nell'espressione sulla faccia di Niall, e incrociando le mani dietro la schiena. Forse per darsi un tono. Ogni tanto, faceva un cenno col capo per salutare qualche collega o qualche giudice, che sostava davanti le macchinette del caffè o nell'aria esterna per fumatori. Giunsero alla sala, e Pritchard appoggiò la mano sulla maniglia antipanico.

"Blake è già dentro con la signora Morgan...Dottor Malik, se la madre chiede di avvicinarsi alla bambina, glielo permetta...devo vedere la reazione anticipatamente...", poi aprì la porta e fece entrare i suoi assistiti.

Louis e Harry si guardarono intorno, per captare l'imponenza anche di quella sala. Liam e Niall si sedettero nelle panchine retrostanti il tavolo a sinistra dove si sarebbero seduti Pritchard, il riccio e l'architetto. Zayn lasciò per terra la bambina, che ovviamente non ne volle sapere di lasciare a casa il suo orsacchiotto malandato.

"Amore, vieni dalla mamma...", ci riprovò Taylor, ovviamente non osando nemmeno a fare qualche scenata di rabbia davanti a Pritchard, che non aveva ancora smesso di guardare in cagnesco Blake. E in effetti, Aaron si chiedeva da qualche minuto perché lo stesse studiando così cautamente e rabbiosamente.

"No, ti ho già detto che la mia mamma è Louis...", mise il broncio la bambina, stringendosi a sé il suo adorato giocattolo.

Taylor osservò quel peluche completamente malandato. Aveva un occhio scucito, il vestito strappato e sporco e dal fianco usciva il cotone, "Lo sai che la mamma te ne può regalare uno nuovo più bello e grande?", gli disse, mettendo le mani sulle ginocchia e abbassandosi al suo livello, mostrando il suo più falso sorriso. In quel momento fece il suo ingresso il giudice prescelto per il processo, con l'espressione più assonnata e infastidita del mondo, fino a che non osservò la scena.

"Non voglio un orso nuovo, questo me l'hanno regalato il papà e lo zio Zayn...", chiuse gli occhi, girò i tacchi e tornò verso Zayn. Pritchard e il giudice Ward poterono dirsi quasi soddisfatti di quelle poche cose che videro e sentirono, fino a quel momento. Louis sperava e stava pregando ogni santo del calendario che ciò che successe fosse un punto a loro favore di ottenere l'affidamento.

Chissà che non avevano già vinto, senza nemmeno il bisogno di iniziare l'udienza.

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