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21 - Would you take care of the girl with me?

                  

"Cari miei Tomlinson e Horan...come procede il progetto?", disse il rettore dopo aver stretto la mano ai due architetti ed essersi accomodato sulla sedia, troppo stretta per lui da far fuoriuscire dai lati degli eccessi di adipe. Louis e Niall annuirono, un po' impauriti. Anzi, Niall con la coscienza proprio sporca, perché stava disquisendo in quel momento con il marito della donna che si fece letteralmente qualche mese prima, al fine di ottenere la proroga e un orgasmo da urlo, "so che avevate chiesto una dilazione e io ve l'ho concessa...mi auguro che abbiate lavorato", si sfregò le mani.

Si, avevano lavorato, nonostante tutti i problemi che li afflissero durante quel periodo appena passato. Avevano lavorato sodo, erano fieri di quello che avevano progettato. La pianta era un elaborato esecutivo, con pianta su una scala 1:1000. Si distribuiva su un terreno prettamente rettangolare, con, ai lati inferiori, la presenza di due sviluppi a corridoio, dove sarebbero sorte le aule. Ogni piano avrebbe contenuto tre aule per lato, mentre al piano seminterrato sarebbero state sistemate le classi di progettazione e i laboratori di modellismo. Quella che sarebbe stata la hall, avrebbe visto al centro l'imporsi di una statua, più che altro una riproduzione del Discobolo, che sarebbe stato il simbolo di quella succursale.

I due architetti spiegarono perfettamente ciò che avrebbero fatto, come l'avrebbero costruito e come l'avrebbero riempito di ogni comodità e complemento d'arredo.

Il rettore si grattò il mento adornato da una barba incolta e grigia, per qualche minuto stando in silenzio. E quel silenzio fece abbastanza impaurire sia Niall sia Louis, che credevano che quel progetto non sarebbe valso una sterlina dell'assegno che avevano già versato sul conto dello studio.

"Mmmh...", altra pausa. Paura, panico, sudore freddo. Louis tremava sulla sedia, Niall faceva schioccare le dita nervosamente, e non sapeva se il nervoso era rivolto al fatto che il rettore ancora non aveva dato un'opinione concreta o se era rivolto al tradimento della moglie. "...sono molto soddisfatto di questo progetto. Bravi, cari miei, valete proprio ciò che le voci dicono di voi...", sorrise mostrando quegli ultimi tre denti che gli erano rimasti davanti. Louis e Niall esalarono insieme un sospiro di sollievo, sorridendo entrambi per la soddisfazione, "...ora, vi raccomando di iniziare le costruzioni entro e non oltre la data stabilita, siamo intesi?", il tono di voce dell'omone si fece più rigido. Non avrebbe di sicuro accettato altre proroghe, neanche per tutti i baffi del gatto di Schroedinger.

"Certo, dottore, sarà fatto", rispose Louis, senza animarsi più di tanto. Il rettore quindi parlò di nuovo, dopo aver osservato per bene la faccia di Louis, "Che cosa le prende, dottor Tomlinson? Ha una faccia così scura...", disse il rettore. Niall non poté che girarsi e osservare a suo modo la faccia dell'amico, in effetti era davvero scura, ma non avrebbe aperto bocca. Gli avrebbe chiesto che cosa realmente fosse successo dopo che l'uomo se ne sarebbe andato via.

"Niente niente, non si preoccupi, sto bene...", disse incorniciandosi il viso con un sorriso falso. Chi era quell'uomo per chiedergli cose della sua vita privata, che di sicuro non gli interessavano? Un rapporto professionale non doveva per forza sfociare in un rapporto d'amicizia. Amicizia, poi. Con quell'energumeno? Proprio per niente. Di cosa avrebbero parlato? Louis la doveva finire di farsi film mentali su eventi a dir poco irrealizzabili della sua vita.

"Ehi amico, mi dispiace dirlo, ma il rettore c'ha visto lungo...che hai?", disse Niall, una volta salutato il rettore che se ne era andato e richiuso la porta alle sue spalle.

Cos'avesse Louis nemmeno lui stesso l'aveva capito. Stava bene e stava male. Aveva degli sbalzi d'umore paurosi, in un minuto avrebbe voluto stringere Harry a sé e dirgli di non preoccuparsi perché c'era lui al suo fianco, mentre il minuto dopo voleva solo starsene in un angolo a piangere, chiedendosi se davvero il riccio lo meritasse per quel che era. E poi, ci mancava solo quello stronzo di Aaron. Sapeva già che era un avvocato coi controcoglioni, come sapeva benissimo che avrebbe dato loro del filo da torcere in una maniera direttamente proporzionale alla loro distruzione conclusiva.

"Louis, mi stai ascoltando?", chiese Niall avvicinandosi all'amico, "è da un po' di tempo a questa parte che te ne parti coi film senza ascoltarmi..."

"Si, hai ragione, scusa Nì...", sospirò, sprofondando nella grande sedia di pelle della sua scrivania, "penso troppo...ma non ci posso fare niente, ho le mani legate..."

"Le mani legate per quale motivo, se posso?", chiese riluttante il biondo, anche se forse già immaginava la risposta che sarebbe uscita dalla bocca del ragazzo dai capelli color caramello.

Louis gli spiegò tutta la situazione. Tutti i sentimenti che provava per Harry, come se già non gli avesse scartavetrato i testicoli più di una volta, tutte le emozioni che provò al solo sapere che avrebbe aiutato Harry a riavere sua figlia indietro, anche se solo qualche periodo prima non sapeva nemmeno che fosse davvero sua figlia. Ma il problema era sempre e solo Aaron. Era già stato una complicazione nella sua vita, e sarebbe stato troppo bello per essere vero che si fosse una volta per tutte levato dalle palle. No, doveva continuare in qualche modo a rovinargliela, probabilmente non auspicava che per una volta gli andasse bene, non voleva che la vita del suo ex fidanzato fosse colorata perfettamente, senza ombra di una fuoriuscita di pastello a cera dai bordi.

"Louis, non ti devi abbattere, quante cazzo di volte te l'ho detto?", rispose Niall quasi urlando, il che fece sbarrare gli occhi dell'amico. Si avvicinò e lo afferrò con entrambe le mani per i lembi della giacca, tirandolo forte a sé, come se avesse voluto minacciarlo o addirittura ucciderlo in poco tempo, "ricordi Mr Pritchard?", chiese poi Niall calmandosi e risedendosi sul bordo della scrivania, incrociando le gambe allungate e le mani davanti al cavallo dei pantaloni.

"Si, quel riccone a cui avevamo costruito l'appartamento in centro?"

"Certo, lui...è un avvocato no? Potremmo chiedere a lui di fare una consulenza a te e a Harry...", sembrava molto sicuro di quello che stava dicendo. Ma la verità era che quel famosissimo e ricchissimo Mr Pritchard era un musone senza emozioni e senza scrupoli, alle volte pure scontroso, oltre ad essere l'avvocato penalista davvero più famoso di Londra. Pochi avevano vinto contro di lui, aveva fatto incarcerare talmente tanta gente, che per un periodo non si parlò più di crimini, soprattutto in sua presenza. Neanche i giornalisti avevano coraggio ad intervistarlo, perché lo sguardo sempre pronto a fulminarti o le parole sempre pronte a demoralizzarti facevano arrivare la loro autostima sotto la pianta dei piedi. Quelle caratteristiche implicavano il fatto che ci sarebbe voluta una cifra esorbitante anche per una piccola consulenza e, soprattutto, che non avrebbe accettato di prendersi un caso di natura civile quando avrebbe potuto alternativamente sbattere in galera il primo delinquente trovato per strada.

"Niall, hai presente di chi stai parlando, vero?", chiese Louis alzando le sopracciglia.

"Si, ho presente, caro il mio sapientino, e so anche il motivo per cui tu non voglia contattarlo...ma un tentativo dobbiamo farlo...se tutto va in porto, cretino e scopa rivoltata non avranno molto da fare...", ammiccò e sorrise soddisfatto delle sue parole. In fondo, quando Niall si metteva in testa qualcosa, era difficile distoglierlo dalla sua idea, anche se gli servivi davanti agli occhi tutti i rischi possibili che si potessero correre. Rischi? Bazzecole! Cos'era un rischio per Mr Horan? Colui che per ottenere una dilazione ed aiutare i propri amici si era quasi fatto beccare a flirtare con la moglie del richiedente del progetto, e in aggiunta, se l'era del tutto trombata?

Louis non potè che annuire, sempre poco convinto, ma in fondo perché non dare una possibilità anche a quella scelta? Dovevano per forza fare qualcosa, dovevano in qualche modo trovare una soluzione che portasse Harry ad ottenere l'affidamento della bambina, e soprattutto dovevano trovare una soluzione per rispedire all'inferno quei due stronzi di Aaron e Taylor. E Louis avrebbe fatto di tutto per farli catapultare addirittura tra la coda di Minosse mentre compieva i giri per decidere il girone.

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Zayn teneva una busta bianca di media grandezza tra le mani, ben nascoste dietro il bancone della sua scrivania improvvisata e rosicchiata dalle tarme. Non voleva farla vedere a Harry prima del dovuto. E intanto, sempre da dietro quell'ammasso di legno, lo osservava attentamente e affettuosamente. Stava seduto per terra sul grande tappeto colorato, che adornava il pavimento di legno smangiucchiato e intriso d'acqua del salotto, mentre giocava con i bambini al telefono senza fili. Di fianco a lui c'era la piccola Ashlee, e quasi si distraeva ogni due per tre dal gioco, non capendo mai la frase che gli arrivava alle orecchie. Tutto per osservarla, per osservare ogni suo piccolo particolare, che magari nel corso degli anni non aveva mai notato. Qualche lentiggine, come le sue che aveva sul naso quando si abbronzava, a come i ricci morbidi e castani gli ricadevano sulle spalle, a come quegli occhi verdi si illuminavano, semplicemente come i suoi, quando vedeva qualcosa di meraviglioso che la attraeva.

"Voglio un budino al cioccolato con la crema di vaniglia", constatò felicemente Harry, dopo che la bimba finì di ripetergli la frase all'orecchio, battendo il pugno sulla propria mano aperta e sorridendo, come se avesse vinto il gioco.

"Ma zio Harry, insomma...vuoi stare attento e aprire le orecchie?", disse lamentandosi il piccolo James, "la frase era 'Gioco in giardino bendato con quella scema di tua figlia'...uffa, era così semplice...", sbuffò e si risedette per terra con le gambe allungate e le mani incrociate al petto, girando la faccia infastidito e mettendo subito dopo il broncio.

Figlia? Aveva detto figlia? Non si preoccupò nemmeno di sgridarlo a dovere per la cattiveria della frase e della parola non proprio adatta al vocabolario di un bambino. L'unica parola che sentì fu figlia. Si girò a guardare Ashlee che rideva come una matta assieme agli altri bambini. La tentazione prese il sopravvento; mise una mano sulla sua testa accarezzandola, poi afferrò un riccio e lo attorcigliò sul suo indice lungo e affusolato, sorridendo e isolandosi da tutto il baccano che i bimbi stavano facendo. Quando Ashlee se ne accorse, si buttò letteralmente sulle ginocchia di Harry, abbracciandolo, ma non permettendogli di smettere di accarezzargli i capelli.

"Che c'è, zio Harry?", chiese la bambina, visibilmente preoccupata, infilandosi il pollice destro in bocca e tenendo stretto a sé con l'altro braccio il suo orsacchiotto fidato.

Harry sorrise, e gli scese una lieve lacrima dall'angolo dell'occhio, che già brillava di luce propria. La bambina asciugò la lacrima con il pollice, alzando le sopracciglia, perché proprio non riusciva a capire come mai il suo adorato zio riccioluto stesse piangendo e sorridendo al contempo. Harry poi passò la mano sulla guancia piccola e arrossata di Ashlee, per accarezzare pure quella, come se non si volesse perdere neanche un particolare della sua creatura e, "Niente tesoro, niente", sorrise ancora e tornò a concentrarsi sul gioco.

"Harry?", chiamò Zayn da dietro la scrivania della casa famiglia. Harry si distrasse un attimo, guardando il suo migliore amico, che gli fece cenno di raggiungerlo dietro la scrivania. Harry accarezzò l'ultima volta la guancia di Ashlee e la rimise al suo posto per farla continuare a giocare, poi si alzò e raggiunse Zayn.

"Che c'è, Z?", gli chiese, asciugandosi con la manica della felpa l'ultima lacrima che era rimasta a rigargli il viso e che Ashlee non era riuscita a domare. Zayn non parlò, nemmeno rispose, anzi si limitò ad allungare la mano verso Harry, porgendogli la busta bianca e facendogli cenno di aprirla.

Harry guardò perplesso il viso di Zayn che mostrava un'espressione seria e concentrata. I suoi occhi osservavano cautamente le mani del riccio che apriva la busta senza guardarla, perché troppo impegnato a decifrare qualche messaggio dagli occhi del moro. Estrasse il contenuto da essa e spiegò il foglio, ponendovici gli occhi sopra e leggendo accuratamente ciò che il foglio riportava scritto.

Basandoci sui risultati ottenuti, il signor Harry Styles e la signora Taylor Morgan non possono essere esclusi come presunti genitori biologici della bambina, Ashlee, perché condividono marcatori genetici in comune.

Il referto parlava chiaro, e carta cantava. Ashlee era sua figlia. Si girò a guardarla di nuovo e quasi si incantò. Era sua figlia, cazzo, era davvero sua figlia. La bimba a cui si era affezionato fin da subito, fin da quando Zayn la trovò in fasce e la prelevò da quel pronto soccorso pediatrico. Non poteva essere più contento e soprattutto non riusciva più a smettere di versare lacrime. Certo, era anche figlia di quella troia su due gambe di Taylor. Ma non gli importava. Ora, tutto quello che doveva fare era ottenere l'affidamento, in modo che avesse potuto cullarla e tenerla con sé tutta la vita. La sua piccola bambina.

Si girò verso Zayn ancora con le lacrime, quel giorno proprio non ne volevano sapere di sparire. Sorrise. Sorrise al suo migliore amico, senza bisogno di dire altro. Zayn aveva capito tutto ed era altresì contento di quella notizia.

"Cosa farai ora, Haz?", chiese il moro. Harry si girò un'altra volta a guardare la sua bambina.

"Non lo so ancora, Zayn, ma stai pur certo che quella bambina verrà via con me...ha già sofferto troppo"

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Neanche chiese a Louis se quella sera sarebbero effettivamente usciti loro due, magari a cena o in qualche locale per starsene un po' da soli. Scombussolato com'era tornò direttamente all'appartamento del maggiore, senza pensarci su, come se fosse una cosa naturale, una cosa di tutti i giorni. Aprì la porta con la copia delle chiavi che Louis gli fece fare – per qualsiasi evenienza – la richiuse dietro di sé e si diresse, strisciando i piedi per terra, verso il divano. Lo guardò imbambolato per qualche minuto, con il capo chino, come si guarda solitamente una persona più bassa, poi girò la schiena e ci si buttò sopra, provocando un tonfo al collidere della pelle con il suo fondoschiena.

Louis sbucò dall'arcata che portava in cucina. All'inizio fu sorpreso e anche abbastanza perplesso di vedere Harry a casa sua, ma poi tutto si concentrò in un puro sentimento di felicità. Insomma, Harry era andato da lui, al suo appartamento, senza che glielo dicesse, come se fosse una cosa naturale.

Si avvicinò piano al suo ragazzo, ancora stravaccato con le mani a coppa sul viso riversato all'indietro sul poggiatesta.

"Amore?", attirò la sua attenzione e, non appena Harry tolse le mani dalla faccia, Louis mise una mano dietro al suo collo e lo avvicinò a sé per lasciargli un bacio lieve sulla bocca, "com'è andata alla casa famiglia?", disse sorridendogli lievemente. Harry sbuffò, poi gli si accasciò contro il petto lasciando che il maggiore lo stringesse a sé. Respirava talmente irregolarmente che quasi Louis si preoccupò che stesse davvero male, o che stesse covando una brutta malattia. L'ipocondria di Louis era delle peggiori.

"Amore, guardami...", gli alzò il mento con due dita, "non farmi preoccupare...che è successo?"

Harry non poté fare altrimenti che mettersi a piangere, le mani sempre a riparare il viso. Louis gli accarezzò la spalla, scendendo fino al braccio e aspettando che il riccio gli dicesse qualcosa, senza andare a scavare più a fondo. Voleva semplicemente aspettare che si aprisse da solo, fargli pressione non era propriamente la cosa giusta in quel momento.

Harry si scoprì e alzò il viso poco dopo; sorrise dolcemente, anche se le lacrime non ne volevano sapere di abbandonare i suoi occhi, "Ashlee...", fece una pausa, "...è davvero mia figlia!", e rise per la gioia che l'aveva travolto poco prima. Louis fece un sorriso a sua volta e lo abbracciò forte, baciandolo alternativamente sulla fronte, sulle guance e sulle labbra. Non seppero dire quanto rimasero in quella posizione, ma un'ondata di felicità ed emozioni si catapultò all'interno del loro organismo. Erano semplicemente felici per quella notizia, ora del tutto veritiera.

Suonarono al citofono quando ancora erano avvolti dalla dolcezza di quell'abbraccio e in balia di quei baci soffici. A malavoglia, Louis si alzò per rispondere, "Si?"

"Liam, Zayn e Niall", rispose la voce dall'altro capo. Louis aprì immediatamente ai tre amici, che in un battibaleno si fiondarono sorridenti e marcianti dentro casa dell'architetto, come una banda di majorettes che fanno roteare il bastone a tempo tra le loro dita.

"A cosa devo l'onore?", chiese Louis. Quella sera non si sarebbe aspettato di certo che la normale solitudine del suo appartamento fosse spezzata da così tante presenze tutte assieme. Non era mai stato abituato a ricevere tante visite tutte in una volta. I due che avevano maggiormente varcato la soglia di casa sua in passato erano stati Niall e Aaron. Ma da una parte gli faceva un piacere immenso; sentiva di aver trovato davvero delle persone meravigliose a circondargli l'esistenza, disposte a distruggergli quella maledetta routine abitudinaria che non vedeva l'ora di soggiogare lui stesso. E, non era necessario dirlo e difficile da capire, Harry era la cosa migliore che gli fosse davvero capitata nella sua vita.

"Sedetevi, innamorini...notizie da urlo!", squittì Niall sempre col suo fare da Arlecchino, "Liam ha trovato una nuova sistemazione, l'ho raggiunto questo pomeriggio e ho contribuito a dare il mio parere da bravo architetto geniale!", disse poi, allargando le braccia in segno di conquista

"Modesto il ragazzo!", rispose Louis roteando gli occhi, ma poi sorridendo e facendo uscire quelle rughette d'espressione ai lati degli occhi che significavano che fosse realmente felice. Liam spiegò ogni dettaglio, di aver firmato i documenti per un affitto a riscatto e che presto, forse in una settimana, si sarebbero potuti trasferire senza altri intoppi.

Passarono un'altra ora a disquisire delle cose importanti per l'affitto della casa e a cose meno importanti come il fatto che, secondo Niall, avrebbero dovuto installare un Xbox One nella stanza che sarebbe stata adibita alle attività ricreative dei bambini. Niall e la sua passione per i videogiochi. Tutti si chiedevano chi fosse realmente il bambino tra lui e quelli veri della casa famiglia. Il biondo ne andava più che fiero.

"Che giornata, ragazzi", sospirò Harry appoggiandosi all'isola della cucina di Louis, mentre lui, come un diligente uomo di casa, lucidava i flûte di cristallo che usarono per brindare coi ragazzi poco prima. Harry lo osservava da quella posizione ma non resistì e gli si avvicinò, abbracciandolo da dietro. Gli avvolse lo stomaco con le sue braccia dopo aver permesso alle loro mani di intrecciarsi.

"Grazie per tutto quello che fai per me, ogni giorno...", gli sussurrò all'orecchio il riccio, dopo avergli lasciato un lieve bacio sulla guancia, "posso chiederti una cosa?". Louis si girò per guardarlo negli occhi e lo abbracciò di nuovo, "Tutto quello che vuoi". Harry stette per qualche minuto in silenzio, poi lo guardò a sua volta, "Io...ehm...si, insomma...che ti amo l'abbiamo capito tutti...ma, mi chiedevo se-..."

"Avanti, Harry, non devi avere paura, qualsiasi cosa sia...", forse Louis parlava così perché un'idea di quello che avrebbe espulso la voce di Harry già ce l'aveva.

"Ti piacerebbe...ecco...uhf...ti piacerebbe fare da genitore insieme a me ad Ashlee, se mai dovessimo ottenere l'affidamento?".

Si, aveva intuito bene, ma la sorpresa e la sincerità di quelle parole lo colpirono al cuore. Annuì con veemenza, poi lo abbracciò forte, "Certo che mi piacerebbe, scemo! E l'affidamento lo otterremo, costi quel che costi!", gli sfiorò il naso a patata con un dito, "Sai cosa penso, Harry?"

"Cosa?"

"Che il nostro amore abbia fatto miracoli...e questo miracolo ci ha asciugato dalle lacrime nel breve tempo di un secondo...questo miracolo è come un figlio nostro prima o poi...e ora si è avverato anche questo!"

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