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2 - Call me your angel...

All'alba delle dieci di sera, Louis finalmente chiuse lo studio. Il giorno dopo sarebbe dovuto essere a lavoro non più tardi delle nove, se avesse voluto finire quel progetto e dedicarsi all'altro. Già, quella mattina arrivò una mail allo studio, sulla casella di posta dedicata, che chiedeva un incontro proprio con lui, per un progetto molto importante che doveva essere pianificato e attuato in due mesi. E il pomeriggio dopo, quell'incontro era stato fissato. Perciò, prima di dedicarsi pienamente alla richiesta di quei ricconi, avrebbe dovuto finire il progetto.

Durante quelle due ore in cui lui rimase in ufficio e Niall lo liquidò usando la scusa dell'avere un appuntamento con una pollastra stra gnocca, ebbe tempo di rimuginare sulla sua vita. Che cavolo, era talmente affranto e senza motivazione, che fece anche una tabella di pro e contro della sua vita.

Pro: avere un buon impiego, avere uno stipendio degno del suo lavoro e del suo impegno, avere una casa confortevole in cui vivere...e sì, essere anche un bel ragazzo.

Contro: essere single, e non avere nemmeno la decenza di cercare qualcuno con cui stare perché dedicarsi al lavoro prende troppo tempo, non fare l'amore con un uomo da ormai più di tre mesi da quando quel cretino patentato del suo ex fidanzato si era fatto beccare a letto con qualcun altro...si ma quel qualcun altro era una donna.

Oddio, si, quello era proprio il punto peggiore dei contro. E lui stava male. Stava talmente male, che quella sera non volle isolarsi nella solitudine del suo appartamento vuoto a piangere. Non voleva continuare un minuto di più a disperarsi per un deficiente senza cuore e senza scrupoli. Sarebbe uscito, si, magari avrebbe incontrato qualcuno. O magari sarebbe stato anche da solo, ma stare da solo in un locale, per Louis, avrebbe fatto la differenza.

E così si ritrovò riverso sul bancone di legno consumato, ubriaco marcio, al suo settimo bicchiere di rhum scuro. La testa era appoggiata su un braccio, mentre l'altro faceva roteare il bicchierino vuoto. Gli mancava ancora un piccolo spazio nel suo stomaco e tra le sue fantasie, ci poteva stare tranquillamente dell'altro rhum.

"Ehi, me ne fai un altro?", chiese al barista, che lo guardò alzando un sopracciglio e scuotendo la testa afflitto. Finì di asciugare i bicchieri rimasti nel cestello della lavastoviglie, poi fu subito da lui per rifocillare quel bicchiere ormai appiccicoso sui bordi.

"Fossi in te, mi calmerei, amico!", una voce da dietro le sue spalle lo distrasse dal bicchiere, ma non così tanto da smettere di scolarselo. Doveva però ammetterlo, quella voce era calda e roca e meravigliosa. E non erano sicuramente i fumi dell'alcool a fargliela captare in quella maniera.

"Pff, e chi saresti tu per dirmi di smettere?", niente poteva distrarlo dall'essere insolente, soprattutto con la gente di nuova conoscenza.

"Bè, io nessuno, perciò fai come credi...anzi, mi siedo pure lontano da te, non mi va che mi vomiti addosso dopo neanche aver accettato il mio consiglio...", e se ne andò.

Louis sentì un rimorso dentro quando il ragazzo dalla voce roca e sensuale se ne andò per isolarsi su un altro tavolo, più in centro alla sala. Cosa poteva fare? Certo era stato talmente antipatico, che anche lui stesso si sarebbe liquidato per andare a sedersi da un'altra parte. Il cuore gli batteva forte, il miscuglio di alcool e sentimenti lo infuocò tanto che decise di continuare ad ascoltare quella voce.

"Ehi, scusami per prima...io...", cercò di dire, prima di cascare a peso morto sul tavolo. Il ragazzo lo afferrò e lo fece sedere di fianco a lui.

"Cavolo, sei proprio messo male! Che ti è successo?"

"Lo vuoi davvero sapere? La mia vita fa schifo...anzi, no, non fa schifo se fosse solo per il mio lavoro...ma per il resto, penso sia una vera merda...ci ho bevuto su, per non finire a casa da solo a piangere...scusami, sto diventando logorroico, non voglio imparanoiarti con i miei racconti..."

"Finiscila di scusarti...cosa credi che ci faccia qua uno come me se non per il tuo stesso motivo? Pure la mia vita fa schifo, ma non mi concio come stai facendo tu...la smetti di bere per stasera?"

"E tu mi dici come ti chiami e mi dai una mano a tornare a casa?"

"Solo se mi dici anche il tuo nome...", il riccio si sporse verso il viso del castano, in fondo era molto bello, e sempre in fondo, un po' a Harry piaceva.

"Me lo prometti?"

"Bè, se ti fidi così ciecamente della gente che hai appena conosciuto, si, te lo prometto..."

"Non mi fido del primo coglione che passa...se mi sto fidando, è perché hai la faccia di uno di cui ci si può fidare...sono ubriaco, mica coglione...", forse Louis non si stava rendendo minimamente conto di quello che gli stava succedendo. Forse non era proprio vero.

"Come ti pare...comunque sono Harry, Harry Styles..."

"Louis Tomlinson..."

E quella conversazione continuò per un'altra ora. Alle undici e mezza erano ancora su quel tavolo a parlare di tutto e di niente. Louis raccontò a Harry di essere un architetto e di essere stato piantato, anzi cornificato, tre mesi prima dal ragazzo che credeva di amare, con cui credeva di poter convivere e condurre una vita felice. Ma probabilmente non sapeva cosa stesse facendo e perché stesse raccontando quelle cose personali proprio al riccio, incontrato solo un'ora prima in un pub dove stava uccidendo il suo fegato. Harry, dopo essersi sfregato le mani mentalmente per l'essere altrettanto gay del suo interlocutore, raccontò di lavorare come cameriere per un ristorante di lusso nel quartiere di Knightsbridge, ma che nella vita non è assolutamente il tipo di persona che sta a guardare qualsiasi pelo nell'uovo. Anzi, le persone snob sono proprio la categoria che odia di più.

"Ti è passata la sbornia?"

"Non del tutto, ma sto meglio...prenderei volentieri una boccata d'aria"

"Io abito dall'altra parte della città, ma se hai bisogno che ti accompagni..."

"Posso farti vedere una cosa prima? Se ti va, non ti obbligo...", Louis non sapeva davvero cosa stesse facendo. L'unica conclusione era quella.

Harry guardò l'orologio che segnava mezzanotte. Il giorno dopo sarebbe dovuto essere al lavoro alle dieci, perciò stare fuori ancora un po' non gli sarebbe costato nulla. E poi, per quanto l'avesse appena conosciuto, quel ragazzo dagli occhi blu come l'oceano lo intrigava. Era bello come il sole, il suo sorriso era qualcosa di mai visto, e forse quella sera la selettività di Harry nel scegliere i propri partner si rivelò finalmente funzionante. Tuttavia, non sperava niente, lo stava solo consolando e tenendo in piedi dalla sbronza per dimenticare, come l'aveva definita Louis. E stava bene in sua compagnia. Non osò dire di essere gay allo stesso modo, voleva scoprire fino a che punto Louis si sarebbe spinto quella sera.

Dall'altra parte, Louis, seppure parecchio sbronzo, aveva notato quanto quei ricci morbidi e quegli occhi verde foresta l'avessero colpito. Questo Harry era chiaramente un angelo sceso dal cielo, per salvarlo da quella serata malinconica post lavoro che aveva deciso di passare, perché, diciamocela tutta, era stata davvero un'idea pessima. E poi, chi lo sa, sarebbe potuta nascere una splendida amicizia. Louis si era spinto tanto da rivelare a Harry di essere gay, ma Harry non arrivò a quel punto. Forse era etero. Forse non ricambiava l'attrazione. Si, Louis ne rimase attratto. E quindi, dopo che credette che la sbornia gli fosse calata un attimo, non trovò altro modo di lanciargli una proposta.

"Si, ok, domani inizio a lavorare tardi, quindi va bene..."

"Chiamo un taxi..."

"Un taxi?"

"Si, dovremmo arrivarci in quel posto..."

"Non ho mai preso un taxi...", Harry guardò in basso, sentendosi in un imbarazzo estremo per aver confessato quel segreto che sembrava così declassante.

"C'è sempre una prima volta", Louis sorrise, sorreggendosi sempre al braccio di Harry, e il riccio ricambiò, pensando che forse quell'architetto sicuramente pieno di soldi non era però un esemplare di quegli snob che solitamente frequentavano il ristorante dove lavorava.

Quel taxi non tardò ad arrivare, e dopo un quarto d'ora di strada, senza traffico data l'ora di notte, si ritrovarono vicino alla zona di Finsbury Park, la parte residenziale al di là del parco. Quella zona era magnifica, piena di villette a due piani molto carine. Davanti a loro c'era invece la casa più carina che Harry avesse mai visto. I muri in mattoni le davano un'aria rustica, mentre le finestre squadrate tipicamente inglesi le davano un aria di famiglia. Il praticello era già coltivato, qua e là qualche cespuglio, e il sentiero che portava alla porta d'ingresso era fatto di ghiaia bianca e grigia. Il riccio sbarrò gli occhi.

"Che meraviglia, Louis! Non ero mai stato in questa zona! E questa è davvero la casa più carina che abbia mai visto!"

"L'ho progettata io, sai?"

"Davvero? Ma allora sei davvero un gran architetto"

"Questa doveva essere la casa dove io e Aaron saremmo dovuti venire a vivere...", disse Louis, abbassando lo sguardo.

"Oddio, scusa, non volevo...ma, perché hai portato qui proprio me? Perché ci sei voluto venire se ti fa ancora male?"

"Non mi fa male, mi rende solo incazzato...e ti ho portato qui perché è la cosa di cui vado più fiero...e fa niente se doveva essere un nido d'amore...questa è la casa più bella che io abbia progettato...oddio, non so perché ti ho portato qua, non ti conosco nemmeno, ma volevo-.."

"Ti va di farmi vedere l'interno?", buttò lì Harry, credendo di fargli un piacere. Ma Louis era ubriaco. Louis guardò Harry perplesso. Si, in effetti non si conoscevano, e il maggiore non sapeva davvero perché avesse portato quello sconosciuto che aveva incontrato in un pub durante una sbronza epocale a vedere quella casa. Quella casa doveva essere la casa dell'amore, la casa in cui tutto l'amore che provava per Aaron si sarebbe consumato. Eppure stava per farla vedere ad un perfetto sconosciuto. Bello da morire, ma sconosciuto. Forse un po' ci sperava di approfondire quella conoscenza.

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"E quindi questo doveva essere il vostro nido d'amore?"

"Si, esatto..."

"Scusa se te lo dico, ma sto qua è proprio un deficiente..."

Louis entrò in una stanza, l'ultima in fondo al corridoio del piano superiore, accarezzò le pareti di legno e poi si sedette per terra con le gambe piegate verso il petto e la schiena appoggiata al muro.

"Meno male che non avevamo ancora guardato l'arredamento...sarebbe stato ancora peggio..."

"Si, ribadisco, è proprio un deficiente...", Harry si sedette di fianco a Louis. Gli occhi dell'architetto erano gonfi, rossi e umidi, come se stessero per riversare un fiume di lacrime. Ma quelle erano lacrime da sbornia, le cornee erano lucide, qualche venetta rossa occupava la parte di fianco all'iride e alla pupilla, ma ciò non rendeva quegli oceani meno belli. E si, Harry si ritenne fortunato in quel momento a stare seduto di fianco a un così bel ragazzo, soprattutto da quando decise che la vita da una botta e via sarebbe continuata solo se ne fosse valsa la pena, solo se il suo partner fosse stato quantomeno decente. E quel Louis lì, ubriaco o no, era meraviglioso. Era uno dei ragazzi più belli che avesse mai visto.

"E tu, sei fidanzato?", chiese Louis a Harry, dopo qualche minuto l'uno accanto all'altro, girando il capo.

Harry tuttavia non lo guardò. Girò la testa per guardare davanti a lui, e sorrise compiaciuto.

"Io? Oh, no...non sarei stato a quel locale da solo se avessi potuto starmene a casa tra le braccia del mio ragazzo, no?", Harry rise ancora. Louis spalancò gli occhi.

"Sei gay?", Louis non poteva credere alle sue parole e ai suoi occhi. Non solo era ubriaco, non solo aveva invitato il primo sconosciuto, molto attraente in tutto ciò, in quella che doveva essere la casa dove avrebbe condiviso una vita da sposato. Quell'attraente sconosciuto era anche gay. Niente poteva andare meglio. Louis si stava maledicendo per aver bevuto e per non essere lucido totalmente in quel momento.

"No, io sono la regina, ricordatelo..."

Scoppiarono assieme in una fragorosa risata. E quando finirono di ridere, come travolti dalla passione e dall'attrazione più estrema l'uno per l'altro, non poterono evitare di guardarsi negli occhi, verde con azzurro, e avvicinare le proprie labbra. Unirle in un bacio che dapprima poteva sembrare casto, ma si trasformò in passione ed erotismo puro in pochi secondi, quando le mani di Louis afferrarono il collo di Harry e quando quelle di Harry cinsero la vita di Louis. Si staccarono dopo un po' che le loro lingue ebbero ballato una danza eroticamente coinvolta.

"Dimmi chi ti ha mandato...", disse Louis ancora riprendendo fiato da quel bacio meraviglioso.

"E' la stessa cosa che mi stavo chiedendo anch'io..."

Ripresero a baciarsi con quella foga assurda che li aveva conquistati poco prima, fino a che non si ritrovarono su quel parquet, Harry sopra Louis, con le gambe in mezzo a quelle divaricate dell'architetto, le loro erezioni ormai pulsanti che si sfregavano, denim contro cotone. I baci su qualsiasi centimetro di pelle che potesse essere esposta si sprecarono. Fino a che Harry non scese fino alla zip di Louis, la calò, insieme poi ai pantaloni e ai boxer, che liberarono il rigonfiamento bisognoso di cure. Harry portò la lingua a leccare la punta arrossata del sesso grosso e rosa dell'architetto, che gemette.

"Cazzo Harry..."

Harry inglobò tutta l'erezione di Louis fino in fondo, pompando velocemente, e ogni tanto prendendo fiato leccando la lunghezza e succhiando i testicoli. Ad ogni movimento di Harry si poteva associare un gemito o un ansimo di Louis diverso. Stava godendo, come forse mai aveva goduto prima, ma potevano essere benissimo i fumi dell'alcool. Sta di fatto che quel pompino era meraviglioso, Harry era meraviglioso. E forse Louis si perse gran parte della sua vita, di quelle avventure per stare con un coglione. Tutti pensieri che la sbornia dettava, ma che forse, in un angolino in fondo, potevano essere veri. Non ci mise molto a venire, nella bocca di Harry, che ingoiò, e poco dopo tornò sopra di Louis per baciarlo e fargli sentire che fu un piacere sapere di lui stesso. E Louis, dopo quel bacio, stanco e soddisfatto si addormentò.

Harry doveva ammettere che ci rimase un po' male, ma sapeva che quella sbornia era stata talmente forte che non avrebbe potuto aspettarsi niente di più, soprattutto dopo quell'orgasmo che gli aveva regalato, di cui andava fiero. In fondo, tutti glielo dicevano, come faceva i pompini lui, nessun altro.

Harry prese una coperta che trovò nell'unica piccola credenza in quella stanza. Si sdraiò di fianco a Louis che già dormiva e si era girato sul fianco destro. Era davvero bello, e anche se faceva un po' schifo, la vista di quella bellezza sarebbe servita in gran parte a soddisfare e a far sgonfiare quell'erezione che non era riuscito a farsi curare. La mano afferrò il suo pene, ancora mostruosamente duro, e cominciò a darsi sollievo, prima lentamente muovendo la mano su e giù, coprendo la punta ogni tanto con tutta la pelle, e poi muovendo in circolo la mano sull'asta del membro. Fino a che non venne, tanto e violentemente, senza urlare dal piacere estremo quando l'immagine di Louis gli accecò la vista, per non farlo svegliare. Per non rischiare di non poterlo più abbracciare da dietro, cingendogli la vita con la mano, e coprendosi assieme. Chissà se l'avesse sognato. Sicuramente quella bellezza l'aveva travolto. E chissà se attraverso la sbornia ci fosse stato un barlume di speranza che anche Louis si fosse accorto che era stato bello, anche solo baciarsi e stare accoccolati tutta notte, su quel parquet freddo di quella casa fredda.






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