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19 - And I knew that you turn it on for everyone you met

"Oddio, è stato fantastico!", disse Taylor, scendendo dal bacino dell'avvocato, esalando gli ultimi gemiti di piacere e sdraiandosi al suo fianco su quel meraviglioso letto a baldacchino che adornava il centro della sua camera. Si era immaginata che non avrebbero cenato prima del grande evento, ma ci era rimasta comunque un po' di sasso quando gli arrivò il messaggio. Due ingressi in lista ottenuti, prima cena a casa mia? , le scrisse l'avvocato. Lei cominciò a ridere come una cretina gironzolando e saltando per tutto il salone di quell'appartamento che condivideva con alcune ragazze che frequentavano l'università e che, grazie al cielo, aveva trovato quando si era trasferita a Londra qualche mese prima per seguire le mosse di Harry, Zayn e la casa famiglia. Non ci era mai andata d'accordo, ma che novità, lei non andava d'accordo con nessuno. Le davano fastidio, facevano un sacco di chiasso, non c'era mai un momento di silenzio in quella casa, quasi si chiedeva se davvero studiassero. Portavano ogni sera uno diverso da farsi violentemente e ad alto volume. Grazie al cielo, avevano le camere separate, altrimenti sarebbe scoppiata molto prima continuando a sentire quei rumori di ogni genere e natura che producevano sia le ragazze, sia i ragazzi. Però, non poteva rompere più di quel tanto; l'affitto era buono, anzi ottimo, e sarebbe stata ancora poco tempo lì dentro, giusto quello che le serviva per riprendersi la bambina. E che, a proposito di quello, ancora nessuno le aveva fatto sapere i risultati dell'esame del DNA.

Quindi ora si ritrovava, seduta sul bordo del letto, che si accarezzava la pelle bianca e morbida, dopo una scopata meravigliosa come non ne faceva da tanto – forse l'ultima era addirittura stata quella col riccio – a rimettersi il reggiseno, fino a che non si ritrovò due braccia attorno alla vita esile, che la tiravano giù ancora sul letto. Quell'avvocato era proprio irriverente. E a lei quanto piaceva. Sarebbe potuta rimanere con lui per tutta la vita, se solo non fosse stata coinvolta unicamente per del sesso favoloso e dei favori super vantaggiosi. Avrebbe potuto pagarlo in natura quante volte sarebbero state necessarie.

"Baciami, stronza!", gli disse l'avvocato, mentre lei rideva sempre con quel suo modo da oca sgozzata.

"Oh, si quanto sono stronza! Dai, prepariamoci che tra poco dobbiamo uscire...", disse lei, ritirandosi su dritta e raccogliendosi i corti capelli biondi in un cipollotto quasi sopra la testa.

"Prima facciamo una doccia, non voglio mica presentarmi tutto sudato e ancora con i risultati dell'orgasmo addosso...ho una dignità, e soprattutto non mi piace sbandierare ai quattro venti con chi scopo...", si alzò. Taylor poté notare il sedere tondo e sodo del ragazzo, adornato al di sopra da due fossette profonde che la eccitavano da matti, il quale si destreggiava abilmente tra i cassetti dell'armadio per tirare fuori i vestiti puliti da mettere. Poi si girò, e notò il pene ancora per metà eretto, quel meraviglioso membro che l'aveva fatta urlare come una forsennata. Cosa stava cercando di fare? Di farla eccitare di nuovo? Certo, come se l'eccitazione fosse sparita così su due piedi. Illuso di un avvocato!

In ogni caso, lei si sentiva quasi soddisfatta. Aveva ottenuto l'aiuto di uno dei migliori avvocati di Londra, o forse del mondo, l'ingresso in lista per quella serata organizzata proprio da quel cretino possessivo di Louis Tomlinson e una scopata da urlo con quell'uomo affascinante, che l'avrebbe anche assistita durante il processo per l'affidamento. Gli mancava solo quello, e poi sarebbe sparita, felice del tutto. Un po' sapeva di essere una bastarda senza pietà, ma dall'altra parte ciò che voleva ottenere, lo avrebbe conquistato senza troppi problemi. E poi, che cosa voleva quell'architetto rompicoglioni? Perché doveva stare in mezzo alle palle? Forse non era mai stata innamorata come lo erano i due ragazzi, forse non aveva mai provato cosa volesse dire avere una relazione stabile e amare qualcuno per quello che era veramente. Non aveva mai provato, come loro, a incrociare uno sguardo e a capire subito che era tutto quello che aveva cercato nella vita. Non aveva mai provato a migliorarsi il metabolismo solo stando con una persona e amandola. Già, doveva proprio essere quello.

Si trascinò in bagno al terzo richiamo dell'avvocato, quasi scocciato, cercando di non pensare più a tutti quei problemi, o si sarebbe di sicuro pentita di tutto. Avrebbe di sicuro lasciato da parte l'orgoglio e fatto ottenere l'affidamento a Harry. No, assolutamente. Doveva vincere. E avrebbe vinto. Non gli importavano i sentimenti, di nessuno, tantomeno del riccio e dell'architetto. L'avvocato la accarezzò ancora un po' lungo tutto il corpo magro e con poche curve, le lasciò dei baci umidi sulle spalle, sul collo, e poi risalì fino alla bocca. Poi l'avvocato la esortò a entrare in doccia. Non una doccia normale, una doccia al di là di qualsiasi aspettativa. Grande, spaziosa e comoda. Ci si sarebbe potuto tranquillamente-...

"Avanti, entra, che ho voglia di sfondarti di nuovo sotto l'acqua...", ecco appunto, ci si poteva tranquillamente scopare. Ed era proprio quello il pensiero che rapì la mente dell'uomo.

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Tutto era perfettamente sistemato. I lampadari erano stati lucidati, e probabilmente con una gran quantità di olio di gomito perché ora risplendevano in tutta la loro maestosità, illuminando ogni angolo, anche i più remoti, di quella meravigliosa sala. Il buffet era stato composto su tavoli rotondi di ogni dimensione e ognuno con una tovaglia di seta bianca, ricamata sull'orlo; ogni tartina di ogni tipo e di ogni gusto era sistemata secondo forme e colori prestigiosi, quasi come ci tenessero di più all'estetica del buffet, piuttosto che alla bontà. Il caviale era arrivato, importato direttamente da una ditta particolarmente rinomata, e lasciato nei propri vasetti, accompagnati da cucchiaini argento, appunto per esaltarne la provenienza e l'alta qualità. Lo champagne, rigorosamente Moёt & Chandon Imperial Brut, era stato scelto proprio perché la congiunzione di tre vitigni come Chardonnay, Pinot Noir e Pinot Meunier donavano al sapore un susseguirsi sciolto e armonioso di sensazioni, una maturità fresca, linee morbide e pure. Ispirava benessere, era un'emozione che si apprezzava e condivideva. L'aveva proposto Harry, perché era l'unico che si intendeva di vini, facendolo di mestiere e consigliando praticamente ogni giorno il perfetto vino da abbinare col menù da capogiro del suo ristorante in Knightsbridge. Louis ovviamente si era fidato, e se si era fidato lui, gli altri non furono da meno. Tutto potevi dire a Harry, tranne che avesse sbagliato vino.

Le poltrone e i divani in pelle sulle sfumature del rosa corallo sbiadito adornavano il perimetro, erano stati posizionati sotto alle finestre per godere del panorama fantastico al di fuori. In fondo, eravamo vicino a Green Park, e sulla meravigliosa Piccadilly Lane, piena di negozi, baretti e gallerie di lusso tipicamente londinesi. I cinque organizzatori se li avessi visti una sera come tante altre in un pub a mangiare o a bere Guinness, sotto suggerimento del biondo, non gli avresti dato cinque pence. E invece, unendo le forze, avevano messo in piedi la cosa più lussuosa che avessero mai fatto in vita loro. Usarono una vasta gamma di ingredienti; l'iperattività di Louis, l'agitazione e la paura di Harry, la placatezza di Niall e la voglia di rubare le tartine prima che fossero messe sul tavolo, il narcisismo di Zayn di scegliere qualsiasi particolare come un vero arredatore di sale per eventi e la voglia di Liam di sbaciucchiarsi il suo moro tutte le volte che diceva qualcosa, anche se era una cazzata.

"Ragazzi, finalmente è tutto pronto!", disse Louis allargando le braccia e sorridendo trionfante, "John, guarda per piacere se già sta arrivando qualcuno...ho detto al receptionist di farli accomodare nella hall", indicò al maître la scalinata adornata con un tappeto di velluto rosso al centro che portava di sotto. John annuì con la testa, fece un mezzo inchino con la mano dietro la schiena, proprio come gli avevano insegnato che si dovesse fare, e lasciò la stanza. Harry quasi non riusciva a credere a tutto quel lusso che vedeva davanti ai suoi occhi. Essi riflettevano tutte le luci di cui era stata corredata la sala. O forse erano luci di orgoglio per il suo ragazzo, così maledettamente bravo in tutto quello che faceva. Così maledettamente perfetto. Quel ragazzo di cui si era innamorato in poco tempo, ma d'altronde chi non l'avrebbe fatto al suo posto? Oddio, no, meglio non pensarci. La gelosia già gli attanagliava le vene. Non riusciva nemmeno a pensare al suo rapporto con l'ex. Lo voleva considerare solo maledettamente suo. Suo e di nessun altro.

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Gli invitati già si stavano ambientando per tutta la sala, alcuni a gruppetti disquisivano di argomenti come il picco di qualche indice della borsa, notizie di cronaca della città, tutti con il proprio bicchiere saldo nelle mani curate. Si erano già appropriati del contenuto dei vassoi luminescenti e dei calici di cristallo, sempre molto raffinatamente. Harry pensava semplicemente che quelle persone fossero la fotocopia perfezionata di un qualsiasi uomo comune ad un buffet di un partito politico. Altro che balle. Niall girovagava per la sala a vantarsi del lavoro meraviglioso che avevano fatto, con donne, uomini, anziani, fatta esclusione per nessuno. Liam e Zayn stavano l'uno accanto all'altro, per darsi coraggio e forza, mentre un sacco di persone fermavano il moro per chiedergli in anteprima qualche notizia, che lui prontamente non negava, insieme ad un sorriso raggiante e ad una spiegazione ricca di contenuto, degna di un plurilaureato come lui.

"Amore?", disse Louis appoggiando una mano sulla spalla di Harry, che stava ancora decidendo se assaggiare la tartina al salmone o quella al paté de fois gras, "come stai?"

"Secondo te è meglio questa o questa?", chiese Harry, indicando le tartine e girandosi per ammirare la ormai conosciuta bellezza del suo ragazzo, "No, forse è meglio quella che ho davanti a me", ammiccò il riccio, lasciando un bacio lieve, quasi impercettibile, sulla bocca di Louis, che sorrise come un ebete.

"Stai proprio bene con questo completo sai? Abbiamo scelto divinamente...", provò Louis a fargli un complimento, per farlo sciogliere ancora un po', nel caso non fosse stato abbastanza il tentativo di prima. Anzi, i molteplici tentativi che fece nei giorni addietro, da quando la data della serata fu stabilita.

"Grazie, amore, anche tu...tu sei sempre bellissimo...", gli cinse la vita con intrecciando le mani, "ma forse, uhm, saresti ancora più bello senza vestito...", un altro occhiolino. Louis quasi scoppiò in una risata. Ma cosa stava succedendo al suo ragazzo quella sera? Era passato da essere agitato, e a sudare freddo, a scegliere con cura le tartine e a fare battute pressoché vogliose a Louis. Ne era lusingato, certo, ma in quel momento tutto gli sembrava troppo proibito, ancora di più del sesso giù nella cantina dei vini, senza nessuno presente al ristorante.

"Si, vedo che stai meglio", rispose Louis accarezzando la schiena del minore, e appoggiando la testa su una spalla, facendo fatica, perché Harry era un tantino più alto di lui.

"Lo vedo anch'io...", sentirono una voce femminile proprio dietro di loro. E quando si girarono, non potettero credere ai loro occhi. Ancora quella stangona bionda quasi con le ossa fuori dai legamenti per quanto era magra, che mostrava un sorriso beffardo e al limite della cattiveria su quella faccia ossuta e bianca cadaverica. Cosa voleva di nuovo? Anzi, cosa ci faceva lì? Nessuno l'aveva invitata, nessuno l'aveva messa in lista.

"Che cazzo ci fai qua, Taylor?", disse Harry, digrignando i denti e stringendo i pugni. I muscoli di irritamento che si formarono potevano essere intravisti tranquillamente dalle maniche della giacca del riccio.

"Cerca di stare calmo, ricciolino, ho ottenuto l'ingresso in lista...", disse insolentemente alzando una mano verso la faccia del riccio, che la guardò con ancora più rabbia di quella che mostrò precedentemente.

"Non mi pare ci fosse il tuo nome sulla lista, signorina scopa messa in piedi al contrario...", disse Louis, non per niente pentito del soprannome che gli aveva appena affibbiato. Sicuramente si era dato una pacca sulla spalla mentalmente e aveva anche ridacchiato sotto i baffi. Bè, certo, perché ci assomigliava davvero a un moccio umido e usurato.

"No certo, il suo no, ma il mio si...", un'altra voce li interruppe, o meglio interruppe il gioco di sguardi in cagnesco che si stavano lanciando. Quando alzarono la faccia, per incontrare gli occhi e il viso dell'uomo che aveva parlato, Louis sbarrò gli occhi e quasi gli cadde la mascella a terra, mentre Harry cercava di fargli mantenere il controllo.

"A-Aaron??", fu tutto quello che riuscì a dire, ma di sicuro fece sbarrare gli occhi a Harry e fare una smorfia di dubbio a Taylor. 


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