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13 - Mostri del presente

Mentre apparecchiava i tavoli del ristorante in modo tale che servissero presto il pranzo per i clienti più esigenti, Harry si sentiva morire. Era agitatissimo, come probabilmente non lo era mai stato. Neanche quando vide Louis, che chiese di scusarsi con lui il mese prima, era stato così agitato. Anzi, era forse più tranquillo, perché sapeva di avere ragione. E anche perché, vederlo lì piantato sulla porta che aspettava solo di parlargli, lo aveva scosso nello stomaco e nel cuore.

Louis e Niall avevano quasi finito di organizzare e contattare tutti i loro clienti altolocati per la serata di beneficenza. La sala conferenze al Ritz era stata prenotata, ma non sarebbe stata semplicemente un convegno, anzi una vera e propria serata con buffet annesso e pianista accompagnatore. Avevano scelto qualsiasi cosa nei particolari, era tutto quasi perfetto. E Harry non poteva che essere completamente scosso, anche se gli riguardava di meno di quanto riguardasse Zayn.

"Cos'hai Harry?", chiese Zoe, mentre sistemava i garofani rossi dentro al vaso di cristallo, che sarebbe servito come centrotavola all'ingresso, dove venivano adagiati i menù e i bigliettini da visita.

"Ehm...chi? Cosa?", rispose, scuotendo il capo velocemente e uscendo da quella trance che lo colpì qualche minuto prima.

"Ti ho chiesto cos'hai...sembri preoccupato...cos'è? Louis ti ha già lasciato?"

"No, non sono preoccupato...e no, Louis non mi ha lasciato, altrimenti starei piangendo come una fontana in questo momento...", disse girandosi verso la ragazza. Poi le si avvicinò per dirle qualcosa all'orecchio, "mi sto cagando in mano, Zoe"

La ragazza non potè che scoppiare in una risata fragorosa, sia per la frase di Harry, sia per il tono in cui la disse. Si, se la stava letteralmente facendo sotto, e lei l'aveva notato. Ormai erano amici da un bel po' d'anni, e sapeva benissimo quando la voce di Harry stava a significare che fosse in ansia totale.

"Dai, non dirmi che ti stai preoccupando per la serata..."

"Oh, no, cosa te lo fa pensare?", rispose sarcasticamente il riccio, "certo che è per la serata! Morirò, me lo sento...", si portò le mani davanti agli occhi, e poi fece un gemito di pura preoccupazione, mentre passava la mano tra i ricci.

"Ma mi stai prendendo in giro? E per quale motivo?"

"Zoe...io non so nemmeno cosa significhi stare tra i ricconi...non so come ci si comporta, non so cosa bisogna dire, come bisogna rivolgersi...e poi...", si interruppe abbassando lo sguardo.

"E poi cosa?"

"E poi non ho mai indossato uno smoking..."

La ragazza gli appoggiò una mano sulla spalla per tranquillizzarlo, anche se non ci stava riuscendo più di quel tanto. Era impossibile farlo calmare, e l'agitazione si trasformò presto in mancanza di fiducia in sé stesso. Zoe aveva paura che da un momento all'altro sarebbe potuto svenirgli tra le mani.

"Zoe...ho paura...davvero!"

"Zitto Styles! Ora parlo io...", si ribellò, anche perché non riusciva a trovare un modo per calmarlo, così la mano che appoggiò sulla sua spalla lo spinse forte su una sedia, "Louis e Niall lo stanno facendo per Zayn e per te...non dovresti preoccuparti, devi stare tranquillo...e il tuo caro architetto non ti abbandonerebbe mai per riservarti una figura di merda..."

E forse a quelle parole Harry si calmò. Non riusciva a spiegarsi come mai, in tutto quel discorso, l'unica parte che lo tranquillizzò fu quando Zoe citò Louis. LouisLouisLouis. Quando si parlava di lui, lo sfondo di preoccupazione di Harry dipinto in bianco e nero, si trasformava in technicolor. Inspirò ed espirò profondamente, prima di alzarsi dalla sedia e quasi assumere la posizione di un soldato romano ai tempi di Augusto.

"Si, hai ragione! Ce la farò! Ho mai fatto qualcosa di sbagliato nella vita?", Zoe fece un risolino per prenderlo in giro.

"Si, quando ti sei scopato quella ragazza e poi sei venuto da me a vomitare nel mio bagno, sette anni fa...ti ricordi?"

"Dio, che schifo, non ricordarmelo...", si portò le mani all'apertura della sua bocca, mimando il vomito.

"E Louis lo sa? Dico...questo piccolo particolare della tua vita...", chiese la ragazza all'amico riccio, mettendo le mani sui fianchi. Ormai, era coinvolta anche lei in quella relazione, anche se indirettamente, e per qualche motivo difendeva sempre Louis. Non avrebbe retto a supportare il suo migliore amico, sapendo che gli teneva nascosti alcuni episodi della sua vita. Per cui, fu chiara come un cristallo. Tu dici tutto a Louis, e poi io ti potrò stare a fianco qualsiasi cosa succeda.

"Si, sai che gli dico tutto...e gli ho anche assicurato che ero ubriaco come mai lo sono stato...e che mai si potrebbe ripetere una cosa del genere..."

"Ed è per quello che ti sei tatuato you booze, you lose?", e scoppiò a ridere di nuovo. Poi tornarono ai loro lavori in un batter d'occhio, prima che George li avrebbe fatti sgobbare più di quanto già dovevano fare.

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Ritz contattato. Sala conferenze prenotata. Ricconi insulsi invitati. Si, insulsi, ma pieni di soldi. Quindi, la maggiore risorsa che i ragazzi avrebbero potuto chiedere. E sicuramente, non avrebbero rifiutato l'invito, perché la conferenza si sarebbe tenuta proprio nella migliore sala di uno dei migliori hotel di Londra. Ci avevano anche girato delle scene di "Notting Hill" in quell'albergo, e Louis probabilmente già si immaginava per mano al suo ragazzo, passeggiando per le vie di Londra, rubandogli qualche bacio tenero e portandolo poi in quel giardino facendogli violare la proprietà privata, il tutto solo per poterlo baciare un'altra volta e un'altra volta ancora, lasciando che milioni di brividi gli percorressero la colonna vertebrale, mentre l'amore e l'ansia di essere scoperti si sarebbero mescolati tra loro. Ehi aspetta, amore? No, Louis forse si era spinto troppo in là, aveva talmente tanti pensieri per la testa, tutti aggrovigliati, che non si stava rendendo conto di quello che gli passava per l'anticamera del cervello. Amore, ha! No, si era promesso che in questa relazione sarebbe andato piano, e così doveva essere. Nonostante gli piacesse tutto di Harry. Nonostante lo colpì dal primo minuto. Nonostante avesse avuto il coraggio di chiedergli di diventare qualcosa di più, quel qualcosa che già intravedeva da lontano da un po' di tempo.

"Lou...? Ma mi stai ascoltando?", gli chiese Niall, dopo aver notato che non lo stava minimamente calcolando. Louis scossa la testa velocemente, come se volesse uscire da quel film mentale che la sua mente stava girando.

"No, scusa Nì, non ti stavo ascoltando..."

"E me ne sono accorto...per l'ultima volta, il pianoforte in mezzo o nell'angolo?"

Louis osservò la sala ancora una volta. Si passò il pollice e l'indice sul mento, accarezzandosi l'accenno di barba, e poi prese finalmente una decisione definitiva.

"Il pianoforte nell'angolo opposto del buffet, i lampadari devono essere lucidissimi e accesi, all'ingresso voglio uno di voi che raccolga gli inviti e che controlli di non far imbucare nessuno..."

"Si, signore! Sarà fatto!", risposero due impiegati dell'albergo, che erano stati ingaggiati dal capo del personale per servire quella sera. Louis e Niall non volevano di certo badare a spese, soprattutto se si trattava di una nobile causa come quella. Finirono presto di decidere gli ultimi particolari, salutarono e si congedarono, dandosi appuntamento per la settimana seguente, quando ci sarebbe stato l'evento.

I due architetti camminavano per la via che portava al parcheggio dove avevano lasciato la macchina, Louis con le mani nelle tasche del trench guardava il pavimento e non aveva ancora rivolto parola al biondo.

"Louis, si può sapere che cos'hai?", gli chiese Niall mentre camminavano. Louis si risvegliò da un altro flusso di coscienza. James Joyce sarebbe stato fiero di lui. Chi erano in confronto i Lestrigoni? Nessuno!

"Niente, Niall...", rispose leggermente, evitando lo sguardo del suo amico e continuando a camminare verso il parcheggio. Niall non ci stava più. Aveva smesso di giocare con Louis molti anni prima, e di certo sapeva quando c'era qualcosa che non andava nel suo migliore amico. Lo fermò per il polso e quasi gli urlò contro.

"Senti, pezzo di scemo, sono il tuo migliore amico, quindi evita di prendermi per il culo...so che c'è qualcosa che non va...", la sua finezza avrebbe sicuramente ottenuto una laurea honoris causa nella più prestigiosa facoltà di Oxford.

Louis sbuffò, un po' di sollievo perché finalmente poteva parlare col suo migliore amico, un po' frastornato perché non sapeva come iniziare il discorso.

"Niente, davvero Niall...è che...non è nemmeno un brutto pensiero, ma mi sta divorando il cervello..."

"Harry?", aveva capito tutto. Anche perché quel mese la mente di Louis era occupata solo dal pensiero fisso di Harry. Harry qua, Harry là, Harry è bravo, Harry è bello, Harry bacia benissimo, Harry fa l'amore benissimo...oh, per l'amor di dio, Niall era d'accordo...ma che palle!

"Si, cioè...ecco..."

"Se devi ricominciare a elogiare Harry, sappi che so già tutto e che me l'hai già detto almeno ottanta volta quanto sia bello e bravo Harry!", lo interruppe, sia per evitarsi ancora il discorso, sia per buttarla sullo scherzo e cercare di tirare su il morale all'amico.

"Mi risparmierò allora...non lo so, prima stavo girando un notting hill nella mente, e pensavo a come sarebbe fantastico portarlo in un giardino privato...ma poi la mia mente è arrivata a pensare che sarebbe un gran miscuglio di ansia e amore..."

"Arriva al punto, Louis!", Niall forse non aveva capito che al punto già ci era arrivato. Louis aveva associato Harry all'amore. Era una cosa meravigliosa. Ma forse era ancora troppo presto.

"Sono già arrivato al punto, Nì...ho associato Harry all'amore...all'amore! Ti rendi conto?"

"Non vedo cosa ci sia di male...", rispose il biondo. E invece sì, per Louis quella cosa meravigliosa aveva una piccola macchia. Non gli andava di vivere un'altra relazione come quella che visse con Aaron. Doveva rallentare, o innamorandosi di Harry, avrebbe rovinato tutto ancora. Niall neanche gli fece finire quelle considerazioni. Sapeva già cosa doveva rispondergli.

"Louis, tu sei un cretino! Primo, non significa che se una relazione è andata male, allora tutte devono andare male...secondo, Harry è quello giusto, e te lo posso assicurare, da come vi guardate, da come vi mangiate con gli occhi, e da quanto meraviglioso sia quel ragazzo..."

"E' stato con una donna..."

Ehi aspetta! Ora Niall non capiva più nulla, "quando? Chi? Dove? Perché? Cosa?"

"Sette anni fa...", ok, adesso il dubbio si trasformò in voglia di schiaffeggiarlo con una somma di mal rovesci che mai aveva osato dare a nessuno.

"Si, ho ragione! Sei un cretino! Sette anni fa? Sei serio? E magari era anche ubriaco..."

"Si, lo era..."

Niall continuò a insultarlo ancora un po' fino a che non arrivarono al parcheggio. Salirono uno al posto del guidatore e l'altro nel posto passeggero, e fu lì che il biondo concluse il discorso.

"Louis, tu e Harry state benissimo assieme...è davvero quello giusto, te lo dico io che ho visto sempre tutto da fuori...e se anche ti stai innamorando, non rallentare il sentimento per delle paranoie inutili...sono sicuro che nemmeno lui lo sta facendo decelerare...quando due si innamorano, si innamorano..."

"Si, ma..."

"Si, ma un cazzo, fammi finire...se non è andata bene con Aaron, vuol dire che non eravate innamorati, e non parlo solo di lui perché ti ha tradito...parlo anche di te..."

A quelle parole Louis stette zitto. Guardò la strada davanti, e si rese conto che Niall aveva perfettamente ragione. Forse si stava innamorando di Harry, e se fosse successo, non avrebbe dovuto reprimere i suoi sentimenti.

E Niall aveva ragione anche quando parlò della sua passata relazione. Non era mai stato innamorato di Aaron, lo credeva, perché si era presentato e comportato come una persona premurosa e protettiva nei suoi confronti. Cosa che gli fece credere di provare amore, e che vivere e sposarsi con lui gli avrebbe portato una vita perfetta.

Ma lui la vita perfetta forse la voleva solo con Harry.

E non c'era bisogno di parlare ancora di quella confessione che sette anni prima si scopò una donna. Era ubriaco marcio, era un ragazzino esaltato che ancora frequentava le discoteche per quelli della sua età, e anche deluso di non essere riuscito a portarsi a letto il ragazzo che aveva adocchiato. E così, vendicarsi con una donna gli sembrò la soluzione più giusta da ubriaco, e la più sbagliata una volta smaltita la sbronza. Non la volle rivedere più. Gli fece schifo anche pensarci. Louis ci credeva, perché Harry gliel'aveva detto con il cuore in mano, guardandolo negli occhi e pregandolo di perdonarlo per una cosa che fece quando nemmeno faceva parte della sua vita. E come avrebbe potuto arrabbiarsi? Gli errori li commettono tutti, non siamo perfetti. Il mondo è bello perché è vario, pensa che palle se fossimo tutti uguali!

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Camminava giù per Bricklane con passo lento, guardandosi attorno e ammirando la miriade di negozietti di souvenir e ristoranti tipici del Bangladesh. Quella via era completamente monopolizzata da loro, se così si poteva definire un monopolio. Da una parte era molto caratteristica, non assomigliava alle classiche zone centrali di Londra, anche se sfiorava la zona uno. Anche se non aveva capito come una casa famiglia poteva essere sorta in una zona del genere. Non c'entrava assolutamente niente.

E quando ci arrivò davanti, l'unica cosa che riuscì a fare fu perdere una lacrima. Si doveva fare coraggio, in qualche modo. O non avrebbe concluso niente. Si sollevò gli occhiali da sole sulla testa, ed entrò, aprendo la porta e scostando le frange della tenda colorata che faceva da scudo.

Uno spettacolo a dir poco orrido. Quella catapecchia cadeva a pezzi, e si chiese che cosa ne fosse stato dei bambini.

"Buongiorno, posso esserle utile?", chiese Zayn, un po' sollevato che qualcuno fosse entrato nella baracca, al di là delle solite facce che vedeva da un sacco di tempo. A meno che non fosse qualcuno che facesse parte della demolizione.

"Si, lei è il dottor Malik?"

"Si, sono io...e lei è...?", rispose scettico il moro, allungando lo stesso la mano per farsela stringere.

"Io sono Taylor Morgan"

Bene, ma cosa voleva? La ragazza si continuava a guardare attorno, con uno sguardo inorridito e allo stesso modo triste. Zayn non riusciva a capire per quale motivo fosse lì, e perché stesse guardando la struttura con quelle emozioni facilmente decifrabili dai lineamenti del viso. Lo sapeva benissimo anche lui che la casa famiglia era uno schifo totale e di una povertà inaudita. Non aveva bisogno di altra gente che glielo ricordasse, bastavano tutte le minacce che aveva ricevuto.

"Mi scusi, non vorrei distrarla dal contemplare questo posto, ma posso sapere perché è qui?"

"Si, certo...mi scusi, non volevo essere scortese...sono qui per vedere una bambina...Ashlee è il suo nome..."

"OH!", rispose il moro, "certo, venga...sta giocando con gli altri bimbi...", e detto quello, Zayn le fece strada nell'altra sala, dove effettivamente i bambini stavano giocando in cerchio. Al telefono senza fili, era uno dei loro giochi preferiti. Poi chiamò la bambina.

"Ashlee, piccola? Puoi venire un secondo?"

"Zio, sto giocando!"

"Dai, tesoro, un minuto soltanto...", e la bambina, sbuffando e afferrando sotto al braccio il suo solito orsacchiotto preferito, si avvicinò ai due adulti.

"Zayn, questa ragazza vorrebbe conoscerti...", disse ancora il moro, abbassandosi al livello della guancia della bambina e accarezzandole i capelli ricci. La bambina strinse a sé il suo peluche, poi si avvicinò timorosa alla donna. Le girò intorno toccandole il vestito e tornò al suo posto, davanti a lei per guardarla in faccia.

"E tu chi sei?", chiese. La donna si inginocchiò, le accarezzò il viso, e fece scendere una lacrima, "perché piange?", chiese a Zayn, che non seppe risponderle. Chi era quella donna? Cosa ci faceva lì? E perché piangeva davanti alla bambina, una volta che lei parlò? La donna prese la bambina e la abbracciò per qualche minuto, fino a che Zayn non le fece mollare la presa, dicendo ad Ashlee di tornare a giocare. Poi fece segno alla donna di seguirlo nel suo ufficio.

"Signora Morgan, posso sapere chi è lei?", chiese Zayn, non sapendo di poter provocare un pianto liberatorio da parte della donna. Quando il pianto scemò, la donna incominciò a parlare.

"Io...ecco, io...sono la madre biologica della bambina..."



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