3.
They have some literature issues
1 dicembre 2020
Temeva che da un momento all'altro le sarebbero scoppiati i neuroni, forse persino tutto il cervello e il mondo avrebbe subito l'insopportabile perdita di Isolde Howard.
Gallinelle e sfigati continuavano ad entrare nel suo ufficio, le prime speravano che con uno spacco di tette si sarebbero fatte assumere da suo padre, i secondi speravano di fare carriera esclusivamente con i loro titoli di studio.
Isolde odiava entrambe le categorie ma godeva nel dire alle gallinelle che suo padre si era ormai ritirato in Florida e viveva con sua moglie, non metteva più becco negli affari della compagnia e lei adesso era l'unica responsabile.
Quasi quanto godeva nel portare gli sfigati sul punto di piangere, quello era senza dubbio il momento più divertente.
<<Buongiorno signora Howard.>> L'ennesima ragazza entrava dalla sua porta e Isolde ormai gli rivolgeva solo un cenno del capo.
<<Tu sei?>>
<<Immenso piacere, Geneva Morgan->>
<<Anche tuo padre è un appassionato di poemi medievali?>> Ridacchiò Isolde, il nome e il cognome della ragazza erano entrambi personaggi della storia di Ginevra e Lancillotto, la stessa sorte che era toccata al suo nome.
<<Mia madre, signora.>> Rispose gioviale la ragazza.
<<Ah vedi, io e mio padre siamo Tristan e Isolde, piuttosto controverso dato che il loro affetto non era proprio quello di un padre e di una figlia.>>
<<No, non direi.>> Isolde sistemava delle carte mentre parlava e gradiva il fatto che questo colloquio si stesse spostando su argomenti che non fossero master in prestigiose facoltà e sono figlia o figlio di.
<<Allora Geneva, vediamo che sai fare.>> Prese a sfogliare il curriculum ma la ragazza anticipò.
<<Ho ventidue anni, sono laureata da poco e dunque non ho esperienza nel settore ma mi hanno detto che lei sta cercando un assistente ed io sono brava ad eseguire gli ordini, impeccabile. Inoltre potrei imparare meglio il mio lavoro stando al fianco di Isolde Howard.>>
<<Geneva, io sono una donna molto onesta e devo informarti da subito che non avrai nulla a che fare con protesi, medicine o cose del genere, il mio settore ormai si occupa solo di relazioni pubbliche e non farai più che comprare caffè, compilare moduli e prenotarmi la seduta dall'estetista.>>
<<Io non sono un'ingegnera biomedico signora, sono laureata in finanza e gestione aziendale, la vostra International Biomedical Company è una delle aziende più grandi di tutti gli Stati Uniti D'America e davvero non riesco a spiegarmi come una singola persona riesca a muovere tutta questa immensa macchina da sola, vorrei essere una sua unghia.>>
<<Non prendo le ferie Geneva, ecco come faccio. Forse il fatto che tu non sia laureata in medicina o stronzate del genere può renderti più efficiente, hai esperienza come cameriera, commessa, insomma come dipendente, hai i piedi per terra. E poi avere un punto di vista esterno non fa mai male.>>
<<Signora Howard, mi sta assumendo? Ci sono altri cento ragazzi lì fuori.>>
<<Sei perspicace Geneva, di sicuro non mi farai perdere tempo. Comunque non ho intenzione di fare altri colloqui tanto sei il meglio che mi è capitato oggi, sono stanca. E poi in media un mio assistente dura tre mesi->>
<<L'ultima è durata un anno.>> Isolde la fulminò con lo sguardo e la gamba sinistra di Geneva iniziò a tremare, cavolo non sapeva davvero stare zitta.
<<Non interrompermi mai, lo odio. E comunque Maggie era straordinaria, difficilmente qualcun altro avrà le sue stesse competenze.>> In un anno, quella era stata l'unica volta in cui Isolde aveva indovinato il vero nome della sua ex-segretaria.
<<Posso chiederle perché l'ha licenziata?>>
<<È arrivata in ritardo.>>
<<Mh già, anche io odio le persone ritardatarie.>>
<<Oh no, Maggie è sempre stata molto puntuale, ieri era la prima volta, anche l'ultima per sua sfortuna.>>
Geneva ingoiò un fiotto di saliva pregustando quanto sarebbe stato difficile il periodo che stava per iniziare. Scosse i capelli neri e lisci come spaghetti, forse avrebbe dovuto accorciarli, Isolde non aveva avuto un'occhiata gentile per quella massa lucente che arrivava sino alla fine della schiena.
Le aveva guardato male anche le unghie che erano state mangiucchiate per l'ansia.
Forse con il suo apparecchio fisso ai denti le era anche sembrata una bambina ma Geneva era così da sempre, pareva essersi fermata ai quattordici anni con la crescita, era alta almeno quindici centimetri in meno al suo nuovo capo, era magrolina e aveva gli occhi castani, i capelli erano stati tinti così scuri per contrastare la pelle lattea.
L'unica cosa che dava a Geneva l'età che aveva era il suo seno prosperoso, tanto che a volte sentiva dolerle la schiena, tanto che spesso avevano creduto lo avesse utilizzato per ottenere i posti di lavoro per cui era stata assunta.
La verità era che Geneva era ancora vergine.
<<Thomas, manda tutti a casa, l'ho trovata.>>
Lo disse in modo austero anche a quello che, secondo una delle migliaia di interviste che aveva letto su di lei, era uno dei suoi più stretti collaboratori.
A quel punto la ragazza prese coscienza del fatto che la sua dignità sarebbe finita nel garage per tutto il tempo in cui avrebbe lavorato con la mora.
<<Allora Geneva, mi metti una firma qui subito o vuoi prima sapere le tue mansioni e bla bla?>>
Si buttò un po' a peso morto sulla sedia a rotelle e si trascinò alla sua scrivania dove, tra le mille cartacce, c'era anche il contratto di assunzione, ne era certa, doveva solo trovarlo.
<<Magari me ne parla mentre lo cerca.>> E Isolde sbuffò.
<<Ma faccia come vuole.>> Si corresse Geneva con una risatina nervosa.
<<Cazzo che casino qui dentro, porca troia. THOMAS!>> Urlò ma non ricevette risposta e quindi riesumò il telefono sepolto dalla carta e prese con rabbia la cornetta per mettersi in linea.
<<Come pronto? Viene dalla linea del diciottesimo piano, chi cazzo dev'essere? Passami la linea dell'ufficio del dottor Jewith, forza che non ho tempo da perdere.>>
Rivolse uno sguardo prolungato alla ragazza che aveva iniziato a sudare freddo, Dio sarebbe sopravvissuta una settimana al massimo ma proprio non le andava di fare altri colloqui quel giorno, ci avrebbe pensato la settimana dopo a trovarne una buona.
<<Cosa c'è Isolde? Ci hai ripensato?>>
<<Dove cazzo sono i contratti?>>
<<Dovresti mettere in ordine il tuo ufficio visto che non vuoi lo facciano gli altri, magari li trovi.>>
<<Primo: nessuno tocca un cazzo nel mio ufficio, secondo: non ho tempo da perdere, stampane altri o che cazzo ne so.>>
<<Non sono io il tuo assistente, se proprio a te non va, chiedi alla mia segretaria.>>
<<Fallo tu, dev'essere qui tra dieci minuti massimo, non sono dell'umore di contrattare come puoi sentire.>> E attaccò.
<<Geneva, sappi che io non sono mai dell'umore di contrattare.>> E le sorrise falsamente.
<<Basterà che mi dice cosa deve fare, sarò sempre reperibile.>>
<<Ecco parliamo di questo intanto. La mattina devi essere in ufficio alle sette mezza e portare sulla mia scrivania un espresso amaro di Starbucks e la mia agenda, io arriverò alle otto ma verrò a sapere comunque se sei stata puntuale quindi non scherzare.
Avrai i numeri più importanti segnati sulla tua agenda che è stata di Maggie e degli altri prima di te, è sulla tua scrivania, non so cosa ci troverai ma per qualsiasi cosa non chiedere a me, non farmi mai domande Geneva, odio la gente che non sa risolvere da sola i suoi problemi.
La giornata finisce alle sette di sera, a volte me ne vado prima e tu dovrai andartene comunque alle sette, se finisco dopo dovrai andartene quando me ne vado io.
Raramente ti verrà richiesto di occuparti di qualcosa della mia vita personale, per le altre cose credo verranno strada facendo. Abiti qui vicino?>>
<<A venti minuti di macchina.>>
<<Hai un fidanzato?>> Geneva negò con la testa.
<<Bene altrimenti avresti dovuto lasciarlo, sei mia adesso, ventiquattro ore su ventiquattro e sette giorni su sette.>>
La ragazza rise e Isolde abbozzò un ghigno, nulla di più.
<<Se hai problemi con il ciclo o astinenza vari, sfogati, non è un mio problema, non avrò mai pietà di te. Ci sono giorni in cui sono ragionevole e giorni in cui ti darò incarichi assurdi ma indovina?>>
<<Devo eseguirli comunque?>>
<<Brava. E non darmi mai del tu. Ho finito.>> In quel momento entrò la segretaria di Thomas nell'ufficio con il contratto, Isolde lo compilò ed entrambe lo firmarono.
<<Geneva, mi raccomando sui ragazzi, ti portano via tempo inutile.>>
<<Non si preoccupi signora Howard, i ragazzi sono l'ultimo dei miei problemi.>>
<<Fai bene, portano solo guai. Il tuo ufficio è a sinistra appena esci dal mio, se suona la linea diciotto sono io, ogni linea corrisponde al piano e su questo ci siamo solo io e te.>>
<<Grazie mille, posso fare qualcosa per lei?>>
<<Uscire per il momento e controllare l'agenda, se c'è urgenza di qualcosa Maggie lo avrà sicuramente lasciato scritto.>> Geneva annuì e andò nel suo nuovo ufficio. Non era caotico come quello del suo capo ma era visibilmente vissuto –meglio così- pensò- qualcuno mi ha semplificato il lavoro-.
Controllò l'agenda ma gli impegni erano tutti scarabocchiati, c'era solo una riunione del giorno dopo che subito notificò ad Isolde e fin quando quest'ultima non l'avrebbe chiamata non aveva nulla da fare.
Si mise a cercare la Howard su Internet e sfogliò la sua pagina di Wikipedia dove una delle tante foto indicate era la copertina di Forbes del 2018 dove con un tailleur Chanel e l'inconfondibile sguardo glaciale, fissava l'obiettivo emanando potere da ogni suo poro.
Vederla dal vivo e così vicino le aveva fatto proprio l'effetto che aveva immaginato, si era sentita minuscola davanti a lei che non aveva perso un singolo istante la sua forte sicurezza.
Isolde Howard era nata il tredici luglio del 1986 a New York ed era la primogenita di Tristan Howard e Margaret Howard. Aveva tre sorelle: Lavinia, Kate e Adele ma non era di loro che si curava in quel momento.
Isolde aveva un patrimonio stimato di diciassette miliardi di dollari senza contare quello che suo padre le avrebbe lasciato in eredità, era in possesso di sette macchine e tre case di cui l'attico Halo Stone a New York, Villa Gaia -un palazzo grande quanto più o meno una decina di isolati- a Los Angeles e una villetta in Sardegna per le vacanze estive. Non era molto se contiamo la quantità ma se contiamo la qualità beh, di certo Geneva sarebbe dovuta nascere di nuovo per potersi permettere tutta quella roba.
Chissà quanto pagava di tasse in effetti Isolde Howard.
E chissà se le pagava in generale.
Oltre ai suoi possedimenti era anche segnata l'innumerevole beneficienza che faceva a favore degli ospedali, soprattutto pediatrici e che l'avevano resa una famosa filantropa dei suoi tempi.
Quando si andava nella sezione Vita Privata erano riportate tutte le frequentazioni ufficializzate dalla donna, gente del calibro di Tom Hardy, Heath Ledger prima che venisse tristemente a mancare, Jared Leto ed infine il suo unico marito Chris D'Elia da cui aveva poi divorziato pochi anni fa.
Ce n'erano altre di ufficiose, infatti fu scandalosa la scappatella con un certo Harry Styles, otto anni più giovane.
La verità era che le pagine di gossip avevano sempre amato riportare qualcosa su Isolde Howard, la ragazza bella, ricca e intelligente, quasi perfetta.
La amavano così tanto che a volte pur di scrivere di lei inventavano che aveva un tatuaggio sul pube fatto in una notte brava a Las Vegas.
O forse non era una bugia?
Si appuntò di chiederglielo quando avrebbe voluto rischiare di essere licenziata e si promise che si sarebbe imposta per avere una risposta.
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