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Capitolo 5

«Te ne sai qualcosa?»
Mavis scosse nuovamente la testa continuando a fissare a occhi sgranati il suo monitor.
William doveva essersi spazientito, infatti le chiese di parlare, di dire qualcosa.
«Non so niente.» disse lei.
Mavis non se la sentiva di dire tutto quel poco che sapeva grazie a James, almeno non in quel momento. Lei sapeva che quell'evento era in un qualche modo collegato a quello che lei, e quanto pareva anche William, avevano fatto fuori da quel posto. Doveva solo capire come cercando di non coinvolgere nessuno.
William era già abbastanza scosso di suo, e avrebbe potuto vivere bene anche senza quell'informazione.
«Devo capire chi è stato, e come ha avuto questa foto.» disse William deciso dirigendosi fuori dalla Sezione 5. Mavis lo seguì maledicendolo mentalmente.
Si scontrò con un paio di persone che andavano avanti e indietro per tutta la Sezione, borbottando cose non tanto gentili. Una di queste era Emilie che portava la sua unità del sistema nella cesta, per poterla buttare via. Mavis la colpì in pieno facendola cadere, rompendola più di quanto non lo fosse già di suo. Fece una smorfia scusandosi.
«Che diavolo, Mavis! Sta' attenta.» sbottò la ragazza.
Si chinarono insieme per raccogliere l'unità. Mavis insisté per prenderla ed Emilie non obiettò tirandosi in piedi. Le passò la piccola scatola grigia ma non appena si avviò fuori dalla Sezione, venne fermata da Emilie.
«Dove stai andando così di fretta?» chiese buttando l'unità insieme alle altre nella cesta, anch'essa grigia.
«Da William.» rispose semplicemente guadagnandosi un'occhiata sbieca dell'amica.
«Va bene, ho capito.» disse per poi andare a dare una mano alle altre persone, che stavano analizzando ogni componente dei vari computer valutando quale si potesse aggiustare e quale no.
Uscita dalla Sezione 5, senza volerlo, Mavis si mise a correre per raggiungere il più in fretta possibile William che stava svoltando in quel momento verso la sala pranzo.
Mavis percorse di corsa tutto il corridoio.
Quando riuscì a raggiungerlo, lo fermò per una spalla annaspando per riprendere fiato. Ansimando gli disse: «Ma che vuoi fare?» mise le mani sulle sue ginocchia appoggiandosi per cercare di respirare. A quanto pareva, correre non era il suo forte.
«Vado da James.» disse lui. Poi si voltò per tornare a camminare verso la sala pranzo. Mavis si mise a seguirlo, anche se sapeva bene che lui non sarebbe stato d'accordo. Ma a lei non importava; doveva fermarlo e trovare un modo per fargli cambiare idea.
James non era un tipo con cui si poteva scherzare uscendone incolumi.
«Tu sei matto.» scosse la testa. «Vuoi farti picchiare di nuovo?» gli chiese ironica.
«Non credo siano affari tuoi, Mavis. Dopotutto sei qui solo da due giorni.» ribatté. Mavis sapeva che da una parte aveva ragione: lei era lì solo da due giorni, ma questo non significava che lei fosse meno coinvolta di lui, anzi.
«Ci sono anch'io in quella foto, okay? Quindi, sì, sono affari miei.» affermò dura.
William la guardò fermandosi.
Sembrava sul punto di dire qualcosa ma poi, scuotendo la testa, tornò a camminare con lo stesso passo veloce. Probabilmente si era scocciato di star a discutere con la ragazza.
«Idiota.» mormorò Mavis voltandosi. Decise di tornare indietro, ignorando William che non aveva la minima intenzione di dare ascolto alla nuova arrivata. Continuò a vagare per tutto l'edificio non sapendo dove andare.
L'edificio era composta da tre stanze principali. Quelle erano e quelle rimanevano, e nonostante il giorno prima avesse trovato quel posto così nuovo, in quel momento le sembrava  molto monotono, per di più, privo di colore com'era, le dava pure tristezza.
Si sentiva in trappola.
Non c'era niente di nuovo da scoprire; era tutto lì.
Mentre camminava si chiese come mai William fosse stato così ostile nei suoi confronti visto che lei, esattamente come tutti quelli della Sezione 5, stava solamente cercando di dare una mano. Mavis voleva uscire e ricordare.
Era cosa che non sopportava; il fatto che non riuscisse a ricordare niente, che la sua mente fosse vuota. Si chiese se avesse mai avuto una famiglia e se, in quel momento, la stessero cercando, oppure se era stata proprio la sua famiglia a mandarla in quel posto. Magari il suo lavoro era pagato e mandavano i soldi ai suoi parenti.
Scacciò via quel pensiero. Lei sapeva che non era così semplice. Quel posto era molto più complicato di così, sentiva che c'era sotto qualcosa di grande, di importante. La sua era soltanto una sensazione, sepolta nei meandri del suo cervello, che sembrava darle una chiara visione di cosa stesse accadendo, ma quando Mavis cercava di coglierla, ecco che essa spariva di nuovo. Ormai il suo cervello lavorava così da tre giorni; da quando era intrappolata nel Buco fino a quel preciso istante, mentre camminava a vuoto nel corridoio della sala pranza, aspettando di vedere arrivare dal fondo del corridoio William. Odiava sentirsi così inutile. E soprattutto odiava non ricordare niente, in particolare in quei momenti in cui sentiva un ricordo, una traccia riaffiorare, e appena Mavis provava a concentrarsi su questa, spariva.
In quei giorni si era chiesta molte volte come fosse la sua vita prima di quello. Altrettante volte si era chiesta che cosa, con esattezza, avesse fatto per meritarsi quindici anni di prigionia. Anzi, cosa lei e William avessero fatto. Qualunque cosa fossa, aveva fatto arrabbiare molto loro.
Da quel aveva capito fino a quel momento, loro erano scrupolosi e Mavis aveva intuito che avevano uno scopo. Ancora non sapeva quale, ma l'avrebbe scoperto.
Mavis aveva ormai percorso più di dieci volte quel corridoio e non aveva nessuna voglia e interesse a percorrerlo nuovamente, perciò decise di mettersi a sedere con la schiena poggiata al muro. Guardava il soffitto, quando il suo occhio cadde su una telecamera posta nell'angolo opposto alla sua posizione.
Si era dimenticata che ci fossero. Senza sapere come, il ricordo di un nuovo modello di telecamera si fece spazio nella sua mente. Guardandole bene, Mavis notò che quelle telecamere erano vecchie, non le usava più nessuno. Non sapeva come facesse a conoscere tutte quelle cose, ma le sapeva, ed erano un punto a suo favore. Arrivò ben presto alla conclusione che la fabbrica non poteva non essere sorvegliata. Dovevano esserci altre telecamere nascoste.
Il suo nemico era astuto. Voleva illuderli di essere a conoscenza della posizione delle telecamere quando in realtà era poste in tutt'altro luogo. Davvero furbo.
Venne risvegliata dai suoi pensieri da una voce che la chiamava. Si voltò verso essa riconoscendo subito Jared.
«Ehi.» la salutò. «Che ci fai qui tutta sola?» Mavis inspirò.
«Penso.» disse.
Jared le chiese se poteva sedersi accanto a lei e Mavis annuì. Solo quando fu a sedere Jared continuò il discorso di prima.
«Immagino tu abbia molti pensieri in testa in questo momento.» affermò. Mavis gli diede ragione.
«Anche troppi.» sorrise a Jared.
Mavis sentì dei rumori e delle voci provenire dalla Zona Lavorativa.
«Siete un po' irrequieti voi della cinque oggi, o sbaglio?» chiese.
«Qualcuno ci ha fracassato i computer.» spiegò Mavis incrociando le gambe.
Jared fece una smorfia, facendo ridacchiare Mavis.
«Mi portassero via i miei pezzi di armi sarei alquanto incazzato.»
«Infatti siamo tutti incazzati.» disse Mavis.
Lui le sorrise. «Voglio dire, è l'unica cosa che mi rimane della mia vecchia vita a parte quel piccolo ricordo che mi ritrovo, anche se si sta affievolendo sempre di più.» fece una breve pausa sorridendo con un cipiglio di ironia nello sguardo.«È ironico non credi? L'ultima cosa che mi rimane sono le armi. Credo che non ci sia cosa più triste.» disse.
Mavis capiva cosa intendesse, loro gli avevano tolto tutto, tranne quella parte della loro vita che serviva ai loro comodi, e quella parte era l'unica cosa che rimaneva loro, l'unica cosa che potesse collegarli a chi erano prima.
«Secondo me,» disse Mavis.«qualunque cosa tu facessi prima, doveva essere importante per la società.»
Jared parve illuminarsi per qualche secondo.
«Speriamo.» sorrise e poi si passò una mano nei capelli. Poco dopo i suoi occhi si concentrarono su qualcosa dietro le spalle di Mavis, facendola voltare per vedere cosa stesse osservando.
«William.» mormorò lei alzandosi. Jared la imitò.
William non sembrava ferito o quant'altro anzi, sembrava sanissimo. Gli andò incontro con passo deciso.
«Dove sei stato?» gli chiese.
«Nell'ufficio di Kora.» rispose scansando Mavis e allontanandosi.
«William!» lo chiamò lei.«Vuoi fermarti per un secondo?»
S voltò verso di lei guardandola con uno sguardo gelido, distaccato. Camminò verso Mavis e si fermò a meno di un metro da lei.
«Inizia a farti gli affari tuoi, novellina.» sputò allontanandosi da lei. Mavis sentì una rabbia incontrollata prendere possesso di lei. Non riusciva a capacitarsi di come le aveva rivolto la parola. Lei era coinvolta almeno quanto lui, se non di più, ma al ragazzo non sembrava importare. Per William era come se lei fosse un estranea.
E da una parte era così, loro due erano praticamente estranei, ma c'era qualcuno che ce l'aveva con entrambi, e non ci aveva messo poco a dimostrarlo distruggendo tutti i computer tranne quello di Mavis. Voleva capire cosa aveva di così diverso dagli altri perché, alla fine, solo il suo computer era stato risparmiato. Non quello di Emilie, non quello di William, il suo.
«Cos'è successo?» chiese Jared. Si sentiva dalla sua voce che era alquanto confuso. Mavis lo capiva; lei era ancora più confusa.
«Storia lunga.» disse Mavis evasiva. Preferiva tenersi quella storia per sé. In fondo conosceva Jared solo da un giorno, non sapeva se poteva realmente fidarsi di lui. Da quando Mavis era arrivata aveva sempre avuto tutti i sensi allerta. Sentiva che c'era qualcuno i qualcosa da cui doveva stare lontana; il problema era che non si ricordava chi o cosa fosse.
«Ho tempo.» ribatté Jared.
«Ma io, purtroppo, no.» disse Mavis. «Devo tornare a dare una mano nella mia Sezione.»
Jared annuì.
«D'accordo Mavis, ci vediamo in giro.»
Quella volta fu Mavis ad annuire.
Poi si incamminò verso la Sezione 5.

Era passata circa mezz'ora da quando Mavis era tornata nella Sezione e, ormai, lei e gli altri avevano già finito di buttare via tutti i monitor e le unità del sistema, tranne quella di Mavis. Il fatto che il computer di Mavis fosse ancora integro suscitò parecchie polemiche, molti pensavano che fosse stata lei. Mavis si giustificò dicendo che era da stupidi, che lei personalmente avrebbe distrutto anche il suo per non destare sospetti. Emilie le diede ragione dicendo che Mavis era stata tutto il tempo con lei e William. Presto i sospetti versi di lei svanirono con la stessa velocità in cui essi si posarono su loro. Per tutti era logico pensare che fossero stati loro, che avessero scoperto che qualcuno della Sezione 5 stesse pianificando la fuga e non sapendo chi fosse, avessero deciso di distruggere tutti i computer. Rimaneva comunque il dubbio del computer di Mavis anche se il problema principale era che avevano solo un computer a disposizione per tutta la Sezione, almeno finché James non avesse provveduto. Mavis propose di prendere in prestito i pezzi che arrivavano da aggiustare ma nessuno sembrava ascoltarla. Evidentemente Willian aveva ragione; nessuno ascoltava la novellina, l'ultima arrivata.
La Sezione 5 si era ritrovata da un giorno ad un altro "disoccupata".
Quasi a dire il contrario, James entrò nella Sezione 5 con in mano una cartellina arancione. Aspettò che nella stanza regnasse il silenzio e poi parlò.
«Bene, Cameron hai controllato i computer?» chiese poggiandosi al muro.
Cameron fece qualche passo avanti per farsi vedere.
«Non c'è nessuna possibilità di ripararli.» rispose. James annuì sospirando.
Mostrò a tutti la cartellina agitandola in aria, come per dire: sapete tutti cosa significa. La Sezione 5 guardò emozionata e sorpresa allo stesso tempo quella strana cartellina arancione come se fosse un salvagente in mezzo all'oceano. Almeno, lo stavano facendo tutti tranne William; come se lui sapesse che quella cartellina non lo interessasse e non lo coinvolgesse. Mavis lo osservò bene e capì immediatamente che quasi disprezzava quella cartellina, la ripudiava quasi. Di colpo divenne curiosa - doveva essere una delle sue specialità - vista la reazione dei suoi compagni di Sezione.
James prese un respiro profondo, ed i suoi occhi sembrarono addolcirsi.
«Edward, è arrivata questa per te.» disse e l'interessato si avvicinò a lui con un sorriso a trentadue denti.
James gli passò la cartellina con aria triste? Come poteva essere anche solo possibile che James fosse triste?
«Hai scontato la tua pena, stasera te ne vai.» disse facendo apparire sul suo volto uno strano solco che sembrava un sorriso, ma a Mavis metteva solo pena e tristezza. Era un sorriso molto melanconico. In un batter d'occhio la Sezione 5 esplose in grida di gioia, ma anche di frustrazione. Pensò che tanti speravano che in quella cartellina arancione ci fosse scritto il loro nome. William e James si rivolsero uno sguardo truce. Poi William si avvicinò a Edward sorridendogli. Il suo sorriso era falsissimo ma Edward troppo preso dalla felicità del momento non ci fece caso, ma lei sì.
«Congratulazioni amico, te lo sei meritato.» disse William. In seguito si allontanò facendo sparire il suo sorriso e trasformandolo in una smorfia disgustata. Mavis decise di seguirlo senza farsi vedere visto che gli altri erano troppo occupati a festeggiare la liberazione dell'amico per rendersi conto che mancavano loro due.
Aspettò qualche secondo e poi uscì cercando di non fare rumore nel chiudere la porta.
William si stava dirigendo verso i dormitori con una calma che Mavis gli invidiava. Lei non faceva che essere tesa tutto il tempo e a guardarsi le spalle qualunque cosa facesse. Forse era un abitudine che aveva nella sua vecchia vita. Si domandò se avessero mai trovato una prova certa per uscire, oppure se si sarebbe mai ricordata come aveva fatto la prima volta. I suoi pensieri la portarono a chiedersi se avrebbe dovuto dire a qualcuno della sua fuga, che lei sapeva come uscire, che era nella sua testa, che le bastava solo tirare fuori le informazioni necessarie. Dopotutto lei poteva cercare qualcosa dal suo computer essendo l'unico intatto della Sezione 5.
Si concentrò nuovamente sullo scopo di quel momento: scoprire cosa volesse fare William.
Schivò qualche ragazzo che stava portando ceste molto pesanti negli appositi spazi di smistamento. Ne urtò per sbaglio uno facendolo imprecare.
«Scusa, scusami.» sussurrò tappandogli la bocca. «Fa silenzio ti supplico.»
Il ragazzo, che doveva avere sì e no quattordici anni, annuì lentamente.
Mavis tolse la mani dalla bocca del ragazzo che nel frattempo era arrossito fino alla punta dei capelli.
«Grazie mille.» disse prima di tornare a seguire William. Quest'ultimo era appena entrato nei dormitori.
Mavis si nascose nella prima Sezione che trovò, la quale si rivelò essere la tre, guardando di soppiatto l'entrata ai dormitori della cinque.
Una mano toccò la spalla di Mavis facendola voltare. Riconobbe subito gli occhi marroni e l'ampio sorriso di Jared accompagnati da uno sguardo perplesso.
«Che ci fai qui, Mavis?»
Tornò rapidamente a guardare fuori dalla Sezione per poi dire che stava tenendo d'occhio William. Jared le chiese il perché guardando insieme a lei fuori dalla Sezione.
«Non mi fido di lui.» rispose Mavis.
«Qualcuno di voi ha scontato la pena?» chiese subito dopo Jared cambiando argomento.
«Sì, perché?»
«Lo sanno tutti che William odia quei momenti.» sussurrò nell'orecchio della ragazza.
«E perché mai?» domandò.
«Lui è quello che deve scontare più anni di tutti.» spiegò Jared. Perplessa, corrugò la fronte guardando William che usciva dai dormitori.
«Quanti anni devi stare qui?» chiese mentre osservava ogni singolo spostamento di William.
«Cinque, e tu?» chiese lui allargandosi in un sorriso. Mavis si girò verso di lui e gli sorrise prima di tornare a guardare William girare verso la sala pranzo, o meglio verso gli uffici dei capi Sezione.
«Quindici.» sorrise a sua volta sgusciando via dalla Sezione 3 sotto gli occhi confusi di Jared, svoltando poi nella stessa direzione presa da William.
Come aveva intuito, era entrato nella stanza dei capi Sezione, dove Mavis aveva avuto un incontro non molto piacevole con James.
«William.» lo chiamò lei sussurrando.
Il ragazzo si voltò verso di lei sospirando. Dal suo volto si capiva che la presenza di Mavis non era molto gradita, ma non le importava.
«Mavis, accidenti.» imprecò con lo stesso tono di voce della ragazza. «Si può sapere che stai facendo qui?» chiese avvicinandosi e guardandosi ripetutamente intorno.
«Cosa stai facendo tu qui.» replicò andandogli in contro.
«Non sono affari tuoi.» disse.
Mavis annuì. «Se stai cercando di intimorirmi, beh, sappi che non ci stai riuscendo.»
Si avvicinò al viso di William. «Voglio uscire di qua esattamente quanto lo vuoi tu, quindi credo sia meglio collaborare, che dici?»
William assottigliò le labbra incatenando i suoi occhi in quegli di Mavis che continuava a reggere il suo sguardo senza batter ciglia.
«Sei una tosta.» constatò tornando a fare quello che faceva prima. «Seguimi.»
Fece come le venne detto e si mise al fianco di William.
Senza proferire parola attraversarono il grande corridoio scuro, fino a giungere davanti alla porta dei capi Sezione.
«Cosa stai cercando?» chiese Mavis poggiandosi con la schiena sul muro.
William alzò di scatto la testa verso di lei mentre digitava le cifre sul pannello. Mavis era sorpresa del fatto che William sapesse quel codice, del quale dovevano probabilmente esserne a conoscenza solo i capi Sezione.
«I monitor delle telecamere. Chiunque li abbia nel suo ufficio è coinvolto direttamente con loro.» spiegò aprendo la porta e facendo cenno a Mavis di entrare.

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