Capitolo 3
Come primo giorno, Mavis doveva ammettere che era stato estenuante.
Quello era l'unico pensiero che le passava per la mente mentre attraversava la porta della Sezione 5 lanciando uno sguardo spaventato a Emilie, la quale però era troppo concentrata sul suo computer per considerarla.
William alzò i pollici come per dirle:"Andrà tutto bene."
Mavis annuì e tornò a guardare avanti a sé. Sentì la porta chiudersi dietro di lei mentre Jonas, che era davanti a lei di qualche metro, le faceva strada.
Mavis lo raggiunse affrettando il passo e notando la scritta S.1 e un grosso "I" stampato sul cuore.
Jonas aveva sempre la sua espressione pensierosa, la fronte corrugata e i lineamenti del viso rigidi. Le mani lungo i fianchi, la schiena diritta e la camminata decisa gli davano un qualcosa che a Mavis sapeva di autorità. Avrebbe visto do buona voglia Jonas al posto di James. James era troppo arrogante per i suoi gusti.
Il suo primo incontro con lui non era stato certo dei più opportuni. Anzi, forse il contrario. Mavis l'aveva subito inquadrato come persona dalla quale doveva tenersi lontana.
Non l'avesse mai pensato. In quel momento stava proprio andando da lui.
«Jonas?» Chiamò il ragazzo.
«Che vuoi?»
Mavis guardò Jonas, il quale però, continuò a camminare senza dedicarle uno sguardo.
«È sempre così antipatico James?» chiese.
Jonas si fermò bruscamente, voltandosi verso Mavis.
Solo in quel momento Mavis constatò che lo sguardo di Jonas era lo stesso di James. Gli stessi occhi penetranti, pieni di collera e di insoddisfazione.
Erano circa dieci metri avanti alla Sezione 5; i ragazzi delle altre Sezioni continuavano a andare avanti e indietro indisturbati, senza fare caso a Mavis e Jonas.
«Sai ragazzina, dovresti farti gli affari tuoi ogni tanto.» Sibilò a pochi centimetri dal viso di Mavis. Lei indietreggiò per poi,insieme a Jonas, riprendere a camminare.
Decise di non proseguire la discorso, perché in fondo non ne valeva la pena. Tuttavia Mavis sapeva che, se voleva fuggire da quel luogo, farsi gli affari suoi non sarebbe servito a niente.
Guardò velocemente verso il soffitto. Si chiese se la struttura si trovasse sotto terra o in superficie dentro un capannone, e in ogni caso, come avrebbe fatto a uscire da lì.
Il suo pensiero mutò quando svoltarono a sinistra verso la sala dove aveva pranzato precedentemente, e si concentrò nuovamente sul suo imminente colloquio con James.
«Potresti almeno dirmi il motivo della mia convocazione?» Disse con un cipiglio di spregio.
Lui non le rispose continuando a camminare tranquillo.
Jonas aumentò il passo a metà corridoio, guardando il suo orologio. Mavis dedusse che fossero in ritardo. Lo seguì senza fiatare fino alla mensa, dove svoltò a sinistra verso una porta ad una sola anta che Mavis non aveva notato prima. Jonas digitò una serie di numeri, che Mavis non riuscì a cogliere, su uno strano pannello posto al lato destro della porta.
La stanza si presentava come una Zona Lavorativa in miniatura, anche se invece dei numeri sulle porte c'erano delle targhette dorate. Erano le seconde che Mavis vedeva da quando era lì; la prima era stata la targa nella camera da letto. La scritta incisa sulla lastra dorata le era rimasta impressa. Recitava:
"PER UNA SOCIETÀ MIGLIORE"
Cosa voleva dire con esattezza "migliore"?
L'avrebbe chiesto più tardi a Emilie. Sentiva che poteva fidarsi di quella ragazza, ma non poteva dire altrettanto di William, che le ispirava esattamente il contrario.
Mavis, tornando concentrata sulla situazione, suppose che l'ordine delle porte fosse lo stesso delle Sezioni.
Quindi lei e Jonas sarebbero andati a dritto, verso la porta centrale.
Mentre attraversavano il piccolo corridoio Mavis lesse i nomi sulle porte e la prima cosa che notò fu il nome Jonas, inciso sulla prima targhetta color oro. Jonas era il capo della Sezione 1?
Il secondo nome era Michael.
Terzo nome: Melanie.
Quarto nome: Kora.
Quinto e ultimo nome: James.
Esattamente come sospettava.
Arrivati davanti alla porta Jonas bussò, chiamando a voce alta James.
«Entra, Jonas.» Rispose il ragazzo subito dopo.
Jonas aprì la porta entrando, seguito da Mavis.
L'ufficio di James era semplice e nero, come era prevedibile visto il resto dell'edificio. La stanza era nella norma, ne troppo piccola, ne troppo grande. La scrivania di legno scuro era posta al centro della stanza, dietro alla quale James se ne stava seduto sulla sua sedia con i piedi poggiati sulla scrivania. Quest'ultimo guardava Jonas sogghignando.
«Mavis.» Disse semplicemente rivolgendo il suo sguardo gelido verso di lei. Gli occhi neri di James la mettevano in soggezione. Si sentiva intimorita da lui.
Sin dal primo momento che l'aveva visto aveva sentito un campanello di allarme nella sua testa che le diceva di tenersi a distanza. Figurarsi; in quel momento era addirittura nel suo ufficio.
Mavis non rispose facendo sogghignare James.
«È un piacere riaverti con noi, Mavis.» continuò facendole segno di sedersi sulla sedia, davanti alla scrivania, anch'essa di colore nero. Mavis si sedette continuando a guardare sbieca James e Jonas.
James tolse i piedi dalla scrivania e poggiò i gomiti su di essa.
«Riaverti?» chiese Mavis confusa. Lei era già stata in quel posto?
James annuì.«Certo, riaverti.» Fece una breve pausa mettendosi scomposto sulla sedia. «L'ultima volta hai fatto un bel casino.» Affermò ridacchiando.«Ma, fortunatamente, siamo riusciti a trovarti e ora sei di nuovo qui, con una pena più lunga.»
«Quanti anni?»
James ci pensò su un attimo. «Quindici.»
Mavis perse un battito.
«Oh Mavis!« Esclamò.«Non guardarmi così! Sei stata tu a farglielo fare. Per colpa tua hanno dovuto cancellare la memoria - di nuovo - a tutti e ricominciare il processo da capo.» Sbuffò.«Ma ora pensiamo al presente, okay?"» Mavis annuì.
«Bene.» Disse compiaciuto.«Ho dimenticato di dare gli impieghi del giorno a Malcolm.» Prese una cartella senape dal cassetto della sua scrivania.«Consegnala a lui.» Mavis si alzò, congedandosi.
«Mi raccomando Mavis.» Disse James. «Niente più cazzate.»
Dopo quelle parole Mavis uscì dalla stanza e si avviò verso la Zona Lavorativa.
Cosa era appena successo?
Si sentiva in un qualche modo turbata, non riusciva a mettere a fuoco i suoi pensieri.
Il fatto che lei, in passato, fosse già stata in quella specie di fabbrica era certamente sconcertante ma a suo parere lo era molto di più il fatto che lei fosse riuscita a fuggire già una volta e non ricordarselo. Lei era riuscita a scappare, evidentemente non per molto visto che si trovava di nuovo lì. Per colpa sua avevano dovuto cancellare di nuovo la memoria a tutti. Si sentiva stranamente in colpa per ciò che aveva causato. Sapeva benissimo cosa si provava a non ricordarsi nulla e non riusciva a capacitarsi di aver fatto provare quella sofferenza per due volte a delle persone che poteva essere state sue amiche era troppo da sopportare.
Mavis poteva aver avuto una vita, magari prima c'era lei al posto di Emilie. Poteva aver avuto degli amici.
Ma la domanda che più l'assillava era: che cosa aveva fatto?
Rifletté su James, su come le era sembrato fin troppo calmo in quella situazione contora e di come si ricordasse tutto. Forse lo sapeva perché glielo avevano detto, oppure perché lui c'era?
E se c'era perché lui ricordava e Mavis e il resti dei ragazzi no?
Perché a James non era stata cancellata la memoria?
Forse James era coinvolto in quella faccenda.
Ormai era quasi scontato per Mavis non sospettare della complicità di James in quella situazione.
Forse, c'era un modo per ricordare tutto?
Per fuggire nuovamente?
Ma, soprattutto, chi aveva cancellato loro la memoria?
Chi c'era dietro tutto quello che stava accadendo?
Mavis scosse la testa rassegnata continuando a camminare.
Arrivò davanti alla Sezione 5 con la cartellina stretta nelle mani e troppo dubbi per la testa.
Nel giro di poche ore dalla sua uscita dalla stanza bianca, aveva accumulato così tante informazioni - diverse tra loro per giunta - che la testa le stava per esplodere. Le dolevano in particolare le tempie, esattamente dove un giorno prima aveva sentito la forte emicrania.
Mavis aprì la porta della Sezione 5, andando verso Malcolm che se ne stava seduto alla postazione di Emilie, tutto concentrato a parlare con lei. Quest'ultima prendeva a pugni la sua piccola scrivania indicando il monitor del suo computer.
«Avanti Malcolm! Recupera quel dannatissimo documento!» Esclamò Emilie guardandolo truce.
«Non posso.» Rispose lui. «La memoria remota è totalmente andata.»
Emilie sbuffò.
«Non è possibile perdere i dati della memoria remota spegnendo il pc.» Ribatté lei.
«A quanto pare sì.» Scosse la testa.«Non riesco a spiegarmi come sia possibile. È come se qualcuno avesse fatto un backup alla memoria interna e poi l'avesse cancellata, i metodi sono gli stessi.» Spiegò lui.
«Lo so cos'è un backup.» Disse Emilie.
Malcolm la guardò sbieco.
«Il problema non è il backup. Come sai i backup lasciano comunque una traccia, piccola, ma la lasciano. Ma questo...» Guardò ammirato il monitor. «chiunque l'abbia fatto, è un genio.»
«Qui siamo tutti geni.» Disse sarcasticamente. «Ora ripara il mio stramaledettissimo computer!»
«Emilie, ti ho ripetuto almeno cinquanta volte che non è possibile, okay?» Mavis decise di intromettersi nella discussione, quasi temesse che la cosa degenerasse.
«James mi ha detto di darti questa.» Allungò il braccio porgendo la cartella color senape a Malcolm.
«Oh.»Sembrò sorpreso.«Grazie.» In seguito rivolse la sua attenzione su Emilie.
«Per quanto riguardo il tuo computer: qualcuno ha installato programma che è stato azionato quando James ha staccato la spina, in quel momento è partito un impulso elettrico che è andato da qui.»Indicò la presa.«a qui,»analogo comportamento per l'unità del sistema.«ti consiglio di far vedere il tuo computer a Cameron.» Concluse alzandosi dalla postazione di Emilie. Malcolm passò accanto a Mavis e andò al centro della stanza attirando l'attenzione di tutti.
«Allora, a quanto pare James non si è scordato gli impieghi giornalieri, perciò,» si schiarì la voce. «Carol devi andare a dare una mano alla Sezione 4, ti spiegheranno loro di cosa si tratta.
Edward, c'è un file sul tuo computer che va perfezionato e inviato a James.
Lewis e Michael, oggi vi tocca lo smistamento vestiti. Mettetene qualcuno di più a Mavis.» Ognuno di essi si diresse in fretta a svolgere il proprio lavoro. Intanto Malcolm continuava la lista.
«Terence e Martin c'è un guasto alla postazione di Michael. Cameron, di là c'è un'unità del sistema rotto, vedi se riesci ad aggiustarla, e se ce la fai ci sarebbe anche il pc di Emilie. Anne tu vieni con me.
Emilie, tu e William andate da Melanie. Le serve una mano a smistare.»
Nella stanza erano ormai rimasti solo Mavis, Malcolm e la ragazza di nome Anne.
Mavis aspettava quasi con impazienza il suo incarico. Malcolm chiuse la cartella e la poggiò sulla prima scrivani bianca che trovò.
«Mavis, vai nella sala pranzo. È arrivato un carico di roba. Ci sarà qualcuno a aspettarti.»
Detto ciò, Malcolm e Anne uscirono dalla Sezione 5 lasciando Mavis nel più totale silenzio. Si sentiva solo un piccolo brusio di sottofondo. Mavis intuì subito che si trattava dei ragazzi i quali lavori dovevano essere svolti nella Sezione 5.
Mavis uscì dalla sua Sezione e si diresse verso la sala pranzo.
Quando arrivò perlustrò con lo sguardo l'area in modo da trovare qualcuno. Con sua sfortuna notò che non c'era nessuno a parte lei nella grande sala.
I suoi passi rimbombavano per tutta la grande stanza e, insieme ad essi, pure i suoi pensieri sembravano rimbalzare da una parte all'altra della sua testa. Aveva come la sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato in tutto ciò. Ripensò alle parole di James e si chiese se non fosse che, come un documento che veniva cancellato da un computer, nella sua mente era rimasta una traccia. Un ricordo. Qualcosa che andava semplicemente tirato fuori. Ma Mavis non era un computer, le persone non funzionano così.
In fondo alla tavolata della Sezione 5, Mavis notò un'entrata senza porta, simile a quelle delle Sezioni, ma più piccola. Incuriosita decise di dirigersi verso di essa. Quando si avvicinò abbastanza da sentire delle voci capì di essere nel posto giusto.
Si affacciò appena per vedere l'interno della stanza.
Grigia scura anch'essa, era quadrata e nel mezzo c'era una piano leggermente rialzato, con sopra molti oggetti. Tra di essi Mavis distinse dei libri, dei vestiti, pezzi di computer, del cibo e chi più ne ha più ne metta.
«Okay ragazzi.» Disse una voce femminile. Il suo tono era autorevole.«Iniziate a smistare la roba nelle ceste. Quando sono piene portatele alle Sezioni.» Mavis entrò nella stanza titubante, guardando la ragazza che continuava a dare ordini a tutti.
Aveva dei capelli rossi legati in una coda alta, era snella e abbastanza alta. I lineamenti del suo viso erano tesi, gli occhi verdi erano socchiusi ed in mezzo ad essi si era formata una piccola ruga di espressione. Teneva le spalle ben dritte, una postura quasi fiera. Indossava dei pantaloni aderenti neri con una giacca chiusa dello stesso colore. In mano teneva una cartella azzurra dove, probabilmente, stava annotando il procedimento del lavoro.
La ragazza si voltò nella direzione di Mavis, la squadrò velocemente e poi si iniziò ad avvicinarsi a lei.
«Sei nuova, giusto?» Chiese la ragazza, chiudendo la cartella per rivolgerle tutta la sua attenzione.
Mavis annuì nervosamente.
«Bene, io sono Kora!» Sorrise entusiasta.«Ti ha mandata James, suppongo.»
«Già.» Mavis si chiese come facesse a sapere che lei fosse della Sezione 5.
«Si vede che sei un Hacker. Voglio dire, non hai le caratteristiche fisiche per essere delle altre Sezioni. Tu sei più aggraziata.»
«Umh, grazie.» Disse Mavis non sapendo se prenderlo come complimento o meno.«Suppongo.»Mormorò fra sé e sé.
Kora, fortunatamente, non la sentì essendo troppo occupata a brontolare una ragazza.
«Juliet, muovi il culo! Non abbiamo tutto il giorno, sai?» Disse sarcasticamente alzando gli occhi al cielo. Una ragazza, che Mavis identificò come Juliet, alzò a sua volta gli occhi al cielo borbottando qualche imprecazione contro Kora e quel posto.
«Senti, inizia sistemando quella roba laggiù.» Indicò una parte del cumulo.«Okay?»
«Okay.»
Kora salutò rapidamente Mavis e tornò al suo posto a scrivere sulla sua cartellina azzurra.
Mavis sospirò andando dove le era stato indicato. Non sapendo cosa fare seguì con lo sguardo i movimenti delle altre persone, poi cominciò anche lei a sistemare tutta la roba tenuta in quella stanza.
Osservò in stato di ammirazione un libro che le era capitato fra le mani. Lo rigirò leggendo la trama.
«Non mi stupirei tanto fossi in te.» Disse un ragazzo che stava prendendo una tastiera di un computer. Mavis notò con dispiacere che quella era nettamente migliore rispetto a quelle che avevano nella Sezione 5. Il ragazzo la mise bruscamente nella cesta con il numero cinque sopra. Mavis fece una smorfia.
«Tanto non le avreste tenute. Le dovete riparare e poi torneranno spedite al proprietario.» Alzò le spalle prendendo un altro oggetto.«E per il libro, lo metteranno in formato digitale e poi lo bruceranno. A volte nemmeno lo fanno, li bruciano e basta, i libri intendo.» Spiegò buttando il libro che teneva nelle mani in una cesta con il numero quattro.
Mavis fece lo stesso con il suo. Il ragazzo era biondo, un biondo scuro. Aveva gli occhi marroni ed era in una fascia d'altezza giusta per un maschio di circa diciassette anni. Le labbra sottili e il mento definito gli davano un aria quasi antipatica e severa anche se, Mavis, aveva appena constatato il contrario.
«È un ingiustizia. Voglio dire, tutte queste cose sono tra le migliori - tipo i pezzi dei computer - e noi dobbiamo solo ripararli per poi mandarli a quegli stronzi che ci tengono chiusi qua dentro.» Continuò buttando un chip nella cesta cinque.
«In che Sezione sei?» chiese Mavis buttando un paio di jeans nella cesta dei vestiti.
Il ragazze fece "tre" con le dita della mano.
«Di che si occupa?» domandò incuriosita.
«Armi, principalmente. Non armi intere, quello non ce le portano mai, ma parti di armi da aggiustare, credo che poi se le montino loro.» Fece una faccia pensierosa. Poi si riprese e si mise a sorridere.«A quanto pare nella mia vecchia vita amavo trafficare armi sotto banco a quelli della Sezione 4.» Ridacchiò appena.
Mavis lo guardò perplessa. Lei non conosceva con esattezza di cosa ogni singola Sezione si occupasse.
«Nella 4 ci stanno i ribelli.» Disse, come se le avesse letto nella mente.«Sono loro quelli che so occupano dei libri.» Mavis prese una scatolina quadrata che riconobbe come monitor a ologramma. Magari ne avessero uno così alla 5. Sospirò mettendola nella sua apposita cesta.
«È una fregatura, sai?» Disse il ragazzo mettendo un pezzo di chissà cosa nella cesta con il numero tre.
«Cosa?»
«Questo.» Fece un gesto con le braccia per intendere tutto l'edificio.«Loro ti puniscono. Ti fanno fare cose che tu nella tua vecchia vita non avresti fatto. Ce li vedi te dei ribelli divulgano i pensieri del nemico, di loro?» Prese una pausa per prendere fiato.«Io non credo.» Scosse la testa.
«Ma io, io so che la mia vita prima era bella, altroché. Ce l'ho qui, sai?»S'indicò la tempia.«Un ricordo, molto sbiadito. So solo che ci sono io e sorrido, capisci? Io voglio tornare a quella vita e in un modo o nell'altro ci riuscirò.» Affermò sorridendo.
«Immagino che la vita di tutti fosse migliore prima di questo.»Disse Mavis.
«Comunque sono Mavis.»
«Jared.» Sorrise il ragazzo.
Mavis prese un altro cubetto dal mucchio di roba che stava difronte a lei e lo mise nella cesta cinque.
Passarono così altre due ore e mezzo, tra il sistemare la roba e il parlare con Jared. Mavis notò con piacere che era un ragazzo davvero simpatico e particolare.
Ad un certo punto fece per prendere un'altra cosa ma venne interrotta dalla voce di Kora.
«Bene, sfaticati che non siete altro. Avete finito il vostro turno.» Dopo queste parole Mavis lanciò un sospiro di sollievo.«Tra poco le Sezioni diventeranno buie e tutto il resto, quindi credo che possiate anche andare al vostro posto.» Concluse chiudendo la cartellina blu.
Mavis si diresse verso il suo posto al tavolo cinque, salutando Jared che si era diretto verso il tavolo tre.
Si mise a sedere e aspettò la sirena che indicava la fine dell'orario lavorativo di tutta la giornata.
Era già passato un giorno dal suo arrivo, eppure le sembrava di essere lì da poco. Forse troppe cose erano successe troppo in fretta, forse le avevano dato troppe informazioni insieme, fatto sta che si sentiva ugualmente stanca.
Emilie e William presero posto salutando Mavis.
William quella volta si era messo al suo posto, il dodici, al contrario del pranzo durante il quale lui e Emilie si erano scambiati di posto.
Mavis rifletté qualche istante prima di decidere di comunicare ai suoi amici cosa le aveva detto James.
Stava per toccare la spalla di William quando ritrasse velocemente la mano, scuotendo lievemente la testa. Non poteva. Si stava comportando da egoista ma non le importava; cosa avrebbero pensato i suoi amici (poteva definirli tali?) quando avrebbero scoperto che lei era la causa di una seconda perdita di memoria?
L'avrebbero sicuramente accusata, scansata, isolata e lei sarebbe rimasta sola. Come nella stanza bianca.
Il solo pensiero di quella camera le faceva venire i brividi.
William si voltò verso Mavis e le sorrise.
«Allora, com'è andato il primo giorno?»
«È tutto così confuso.» Rispose Mavis.
«Tranquilla, è così per tutti.» Affermò mangiando un boccone.
Mavis annuì iniziando anche lei a mangiare la sua cena.
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