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Capitolo 2

Mavis si guardò intorno impaurita. Gli altri non ebbero la sua stessa reazione, anzi, sorrisero. Seguì un sospiro generale. Non capiva come potessero sorridere a quello strano blackout. Mavis era confusa, ancor più di prima, così decise di osservare in silenzio cosa avrebbero fatto Emilie e tutti gli altri. I ragazzi della sezione 5 lasciarono le proprie postazioni, dirigendosi verso l'uscita della Sezione, per ritrovarsi quindi nel centro dell'Area Lavorativa. Mavis esitò. Poi, lanciando una veloce occhiata al suo computer, il numero 13, uscì dalla grande sala bianca per tornare nella più cupa dell'edificio. Il che, notò quasi sarcasticamente, era tutto lo stabile esclusa la stanza dove si trovava in quel momento.
Quando varcò la soglia della Sezione 5 non trovò nessuna differenza tra il cambio di luce delle due stanze, visto che quella di prima era stata oscurata prima che lei uscisse. Tutti i ragazzi che si trovavano nelle altre Sezioni stavano uscendo ordinatamente. Mavis aumentò il passo per raggiungere Emilie. Individuò la sua chioma bionda, e la raggiunse schivando le spalle delle persone che si trovavano davanti a lei. Si mise a suo fianco e la seguì senza aprire bocca. Camminarono a passo lento fino al corridoio opposto alla stanza bianca. Mavis notò subito che, al contrario di prima, le lampade erano accese e illuminavano il corridoio per tutta la sua lunghezza. Mavis si alzò sulle punte, per vedere cosa ci fosse alla fine del corridoio. Ma non ci riuscì perché, primo, i ragazzi dietro di lei la spingevano avanti, secondo, c'erano troppe persone davanti a lei. Sbuffò, continuando a camminare. Emilie si voltò verso Mavis e, sorridendole, le disse:
«Ora di pranzo.» Mavis annuì.
Emilie tornò a guardare dritto davanti a sé. Mavis sentì il suo stomaco brontolare e si ricordò solo in quel momento della fame che aveva. Erano successe talmente tante cose, che si era totalmente dimenticata di aver bisogno di cibo.
Si sentì spingere da dietro, aumentò il passo e si aggrappò involontariamente al braccio di Emilie che, voltandosi verso Mavis, le sorrise di nuovo.
«Posso chiederti una cosa?»Le domandò. Emilie annuì distrattamente.
«Cosa facciamo esattamente noi della Sezione 5?»
Emilie parve pensarci su qualche secondo.
«Principalmente ci danno dei piccoli compiti come hackerare o rendere sicuri siti web, roba simile.»
Poi guardò in un punto verso l'alto. Mavis seguì il suo sguardo notando una telecamera che le riprendeva.
«Ma in realtà oltre a quei lavoretti noi cerchiamo un modo per uscire da qua dentro.» Aggiunse sussurando. Mavis annuì continuando a camminare.
«Fin'ora cosa avete trovato?» chiese Mavis. Emilie la guardò assottigliando lo sguardo, chinò la testa verso il basso e scuotendo la testa disse:
«Praticamente niente.»
Mavis ci riflettè sopra. Doveva stare lì, a lavorare, nient'altro.
Ma, perché era lì con esattezza. Cosa aveva fatto per finire là? Per quanto tempo sarebbe dovuta stare in quella specie di fabbrica?
Venne risvegliata dai suoi pensieri da una mano che la spintonava, come per dirle di andare più veloce. Mavis si voltò verso il ragazzo che l'aveva spinta, guardandandolo male. Lui ricambiò l'occhiata.
«Che vuoi ragazzina? Muoviti!» Soffiò, colpendola di nuovo con il palmo della mano sulla schiena. Mavis non rispose, tornò nella sua posizione iniziale, ignorandolo.
«Che fai? Non rispondi?» Insisté lui. Mavis si girò verso di lui.
«Vuoi stare zitto!» Ringhiò.
Lui si mise a ridere. Mavis caricò il colpo, quasi senza rendersene conto. Emilie bloccò il suo braccio prima che potesse fare qualcosa di stupido, e si mise fra Mavis e il ragazzo, che non rideva più guardando Emilie.
«È nuova, lasciala stare.» La difese Emilie.
«Solo perché voialtri della 5 avete James che vi para il culo, non vuol dire che io debba trattarvi con rispetto, che» sottolineò.«non vi meritate.»
Emilie si avvicinò al ragazzo, alzandosi leggermente sulle punte e socchiudendo gli occhi per sembrare più minacciosa.
«Noi stiamo cercando di farvi uscire da questo posto di merda.» Ha fatto una pausa per sorridere, lievemente, scherna. «Mentre tu,» lo ha indicato toccandogli il petto. «Tu, rammendi abiti usati.»
Il ragazzo lanciò un'occhiata piena di rabbia verso Emilie che, voltandosi di nuovo verso di Mavis, sorrise vittoriosa.
Mavis decise di aumentare il passo, quasi volesse adattarsi a quella nuova società in cui avrebbe dovuto vivere per molto tempo, evitando quindi altri eventuali litigi. Era arrivata alla conclusione che da quel posto non si usciva tanto facilmente.
Forse era la sua mente confusa, dati i recenti avvenimenti, o forse era soltanto una sua impressione, ma tutte le persone che vedeva non superavano i venti anni. Forse c'era un'età prestabilita? Questo voleva dire che sarebbe dovuta rimanere tre anni - fino ai venti anni - in quel luogo, per di più a lavorare.
Continuò a seguire Emilie fino alla fine del corridoio dove vi era un'altra stanza uguale alle altre. Cinque tavoli, da una trentina di posti l'uno, era messi l'uno accanto all'altro distanziati di circa tre metri, anch'essi erano di colore grigiastro-nero. Emilie svoltò a sinistra e andò dritta al tavolo con il numero '5' sopra. Altri ragazzi si stavano radunando attorno a quel tavolo, molti dei quali Mavis riconobbe come i ragazzi che erano con Emilee al computer.
Emilie si mise seduta accanto ad un ragazzo, lasciando un po' di spazio tra lei e lui. Mavis si mise seduta accanto a Emilee, la quale stava già divorando il suo pranzo che, Mavis notò solo in quel momento, era già sul tavolo. Impugnando la forchetta Mavis notò che, sotto le posate, c'era un piccolo numero: il 13. Almeno si era seduta al posto giusto.
«Non mangi?»
Mavis fissò il suo piatto, quasi con disgusto. Non aveva mangiato per un giorno, eppure non sentiva la necessità di farlo.
«Dovresti.» Insisté Emilie, mangiando un pezzo di carne.
Mavis stava per rispondere ma venne interrotta da un ragazzo che, veloce come un fulmine, si posizionò accanto a Emilie, sorridendole amichevolmente.
«Che mi sono perso?» chiese il ragazzo a Emilie addentando, subito dopo essersi messo a sedere, un pezzo di pane. Il ragazzo doveva avere circa diciannove anni, aveva i capelli castani ricci e in disordine, che gli incorniciavano il viso mettendo in risalto i suoi occhi marroni, uno dei quali era circondato da un grosso livido viola. Le sue labbra sottili sorrisero di nuovo. Indossava una maglietta verde, coperta da una felpa nera e dei normalissimi jeans blu. Emilie per poco non si strozzò vedendo il grosso livido sulla faccia del ragazzo. Tossì leggermente.
«Che hai fatto all'occhio?» Chiese furibonda prendendogli il viso fra le mani, esaminandolo.
«Tranquilla, non è niente.» la rassicurò togliendo le mani di Emilie dal suo viso.
Emilie lo guardò sbieca, mettendosi a braccia conserte.
«Sto bene. Davvero.» Ripeté il ragazzo.
Emilie si rassegnò tornando a mangiare. Mavis si costrinse a mangiare qualcosa, così prese la mela che aveva nel piatto.
«Chi te l'ha fatto?» Domandò Emilie al ragazzo.
«James.» Biascicò per via del cibo che stava masticando.«Mi ha beccato mentre frugavo nella sua roba.» Ammise alzando le spalle.
Emilie gli diede una pappina sul collo.
«Ma sei scemo?» Lo rimproverò.
Mavis si rigirò la mela fra le mano, poi le diede un morso.
«Forse.» Rise il ragazzo.
Mavis lo guardava affascinata, anzi, li guardava affascinata. Invidiava la loro naturalezza, mentre lei non riusciva a fare altro che essere tesa, nervosa.
Mavis non riuscì a non darsi della stupida da sola. Era ovvio che anche loro all'inizio si sentissero come lei. Spaesati. Come lei, avevano perso la memoria, come lei non sapevano dove fossero, o perché fossero in quel posto. Probabilmente si erano posti le stesse domande che Mavis si stava facendo in quel momento. Mavis pensò che tutti quei ragazzi avevano provato almeno una volta il mix di emozioni che lei stava provando in quel momento. Il fatto che le uniche cose che ricordava, ovvero dal suo arrivo lì fino a quel momento, erano identiche a quelle del resto dei ragazzi, che stavano in quella stanza, in un qualche modo la rassicurava.
Le iridi marroni del ragazzo si posarono su quelle di Mavis, squadrandola bene. A Mavis vennero i brividi.
«E questa chi è?»
Emilie gli lanciò uno sguardo rimproveratorio.
«Mavis.» si presentò la ragazza porgendogli la mano. A Mavis suonava stranamente insolito dire il suo nome, visto che anche lei l'aveva appena saputo. Pensava che le sarebbe suonato familiare, invece le sapeva di nuovo, non le scatenava nemmeno un briciolo di emozione, come se non fosse suo.
"Oh, andiamo Mavis, questo è il tuo nome, fattelo piacere!" Si rimproverò mentalmente. Probabilmente doveva avere una faccia perplessa, ma Mavis pensò che nessuno avesse detto nulla perché era il suo primo giorno.
«William.» Strinse la mano di Mavis. «Primo giorno, suppongo.»
Mavis annuì. Prese il bicchiere che era davanti al suo piatto e guardò velocemente le bevande disponibili. Optò per un succo all'arancia, afferrò la bottiglia e la versò nel suo bicchiere.
«Benvenuta nella Sezione 5.»Disse William.«Ti troverai bene.»
Mavis lo sperava veramente. Voleva trovarsi bene e vivere la sua vita in quel posto tranquillamente. Ma non sapeva se sarebbe mai riuscita a togliersi dalla testa l'idea di fuggire.
Emilie riprese il discorso di prima:«Almeno hai trovato qualcosa?»
William scosse la testa affranto.
«Mi ha beccato subito. Ti giuro, ho fatto il più piano possibile. C'ero così vicino.» Replicò. «Ma poi James è arrivato e..» indicò l'occhio.
Mavis voleva chiedere chi fosse James. Da quando era arrivata l'aveva sentito nominare almeno tre volte. Però aveva paura, non voleva essere invadente. Non riuscì a formulare nessuna frase perché la sirena che prima aveva segnalato l'inizio del pranzo, in quel momento ne stava segnalando la fine. William sbuffò, prese la sua mela e la mise nella tasca della sua felpa. Emilie si alzò e lanciò un'occhiata fulminea alla telecamera che li stava inquadrando in quel momento. Dopodiché si avviò verso il grande corridoio nero, borbottando:
«Dieci minuti di pranzo. Solo dieci minuti di pranzo!»
Le luci della mensa diventarono più soffuse e Mavis capì che doveva alzarsi. Raggiunse Emilie e William che discutevano silenziosamente. Probabilmente c'erano anche dei microfoni in quel posto. Emilie scuoteva la testa, mentre William di ripicca le diceva di sì. Mavis corse verso di loro. Era tentata di mettersi accanto a Emilie, e di ascoltare la loro conversazione, ma mentre corrreva nella loro direzione decise di mettersi dietro di loro, in modo da poter ugualmente ascoltare.
«Non ci provare William..» Mormorò Emilie a denti stretti.
«È l'occasione giusta!» ribattè William.
«Lascia perdere, è una follia!» William sbuffò esasperato.
Guardando avanti a sé.
Erano arrivati alla fine del corridoio. Emilie andò subito alla destra verso la Zona Lavorativa. William, invece prese la direzione opposta, la sinistra.
Nessuno dei due si era accorto che Mavis era dietro di loro e che aveva ascoltato la maggior parte della discussione.
"Wow!" Pensò Mavis."Sono davvero così insignificante?"
Era appena arrivata, e questo lo capiva, ma davvero si erano già dimenticati di lei. Forse si aspettava troppo da loro. Tuttavia voleva avere delle persone di cui fidarsi in quel posto, e loro per ora erano la sua prima scelta. Ed erano le uniche persone che conosceva, aggiunse mentalmente.
Mavis era davanti a un bivio.
Da una parte, la sua curiosità la spingeva a prendere la sinistra. Dall'altra il suo buonsenso le diceva che era meglio non mettersi nei guai. Esitò guardando la sinistra prima di sospirare e dirigersi a destra. Affrettò il passo, appena in tempo per vedere la chioma bionda di Emilie sparire dietro la porta numero 5.
Mavis rallentò, visto che non aveva nessuno da seguire. Lanciò una veloce occhiata alle altre Sezioni, chiedendosi di cosa si occupassero. Nelle altre Sezioni, esclusa la 5, il lavoro era ripreso con un ritmo veloce, quasi innaturale. Ognuno lavorava fino allo sfinimento. Erano stanchi e si vedeva. Tuttavia continuavano a lavorare senza dire una parola. Mavis guardò la porta con il grande numero '5' accanto, e si chiese se anche i suoi compagni di Sezione si stessero impegnando in egual modo. Già, ora erano i suoi compagni. Si ricordò di Emilie e di come l'avesse difesa mentre andavano a mensa. "Noi stiamo cercando di farvi uscire da questo posto di merda." aveva detto. Era quello che stavano facendo veramente in quel momento? Era quello che avrebbe fatto anche lei? Quindi c'era un modo per uscire. Si auto-convinse di sì. Lei non avrebbe mai amato quel posto, non si sarebbe abituata a una vita come quella. Lei voleva andarsene, perché nonostante non si ricordasse nulla, sentiva dentro sé che fuori da quelle mura c'era qualcosa per cui valeva la pena rischiare. C'era la libertà, e quella era una libertà per cui voleva combattere, perché era la sua.
Superò le altre quattro Sezioni. Entrò nella sua Sezione socchiudendo gli occhi, vista la differenza tra la prima e la seconda stanza. Nessuno la degnò di uno sguardo, inclusa Emilie. Da una parte ne era grata. Si diresse verso la sua postazione, la numero tredici. Storse il naso notando che tutto in quel posto era numerato.
Quando si mise a sedere un senso di familiarità le invase i sensi, si rilassò, chiudendo gli occhi. Per la prima volta sapeva cosa fare ed era sicura di non sbagliare. Sfiorò con i polpastrelli la tastiera.
Accese il suo computer.
Bene, che si fa ora? Pensò guardando il desktop pulito e privo di qualunque tipo di cartelle o documenti.
Guardò Emilie che digitava qualcosa sul proprio computer, analogo comportamento il ragazzo accanto a lei, e Mavis si chiese cosa stessero facendo. Altri ragazzi proprio come lei fissavano il proprio schermo senza fare niente, come se aspettassero che qualcuno dicesse loro cosa fare.
Infatti era così.
La porta della Sezione 5 si aprì, rivelando un ragazzo di circa vent'anni. Aveva i capelli biondi in ordine, e gli davano un'aria severa. La mascella serrata ricoperta da una leggera barba e gli occhi verdi socchiusi indicavano che era teso, o infastidito. Era alto e robusto, molto robusto.
Mavis dovette ammettere che metteva timore.
Le spalle dritte e il passo deciso, fecero supporre a Mavis che lui fosse una sorta di capo della Sezione 5. La sua maglietta faceva supporre che fosse così, visto il grande numero uno scritto a caratteri romani.
Il ragazzo rivolse una veloce occhiata disgustata ai ragazzi che si trovavano di fronte a lui, soffermandosi su Emilie che impassibile continuava a digitare sul proprio PC.
In quei secondi chiunque fosse all'interno della stanza stava trattenendo il respiro, visto che l'unico rumore che si poteva sentire erano i tasti premuti da Emilie.
Il ragazzo ispezionò la stanza, guardando perplesso Mavis.
Il suo sguardo le fece accapponare la pelle.
I suoi occhi si scurirono diventando di un verde scuro, che intesificarono il suo sguardo rendendolo ancora più minaccioso concentrato agli occhi altrui.
«Perché nessuno mi ha detto che è arrivata una ragazza nuova?» Ringhiò tenendo i suoi occhi incollati a quelli di Mavis. La ragazza deglutì.
Il ragazzo spostò i suoi occhi da Mavis alla postazione accanto alla sua, la 12. Stringendo i denti gridò:
«Dov'è finito William? Emilie!» Sbraitò rivolgendo di scatto il suo sguardo su Emilie. Mavis fissò Emilie senza fiatare, e la invidiò per attimo per il suo coraggio.
Emilie smise di digitare, e alzando lo sguardo, incontrò gli occhi verdi e pieni di rabbia del ragazzo.
Sorrise scherna.
«Cosa posso fare per te, James.» Pronunciò il suo nome quasi con disgusto. Era lui il James di cui Mavis aveva sentito tanto parlare? Quello che sapeva per certo era che comprendeva perché tutti ne avessero timore.
«Dov'è William?» Ripeté con lo stesso tono di prima.
«Non lo so.» Emilie alzò le spalle ritornando a concentrarsi sul suo computer.
James diventò rosso dalla rabbia, si inginocchiò e con un veloce movimento della mano staccò il PC dalla corrente elettrica.
Emilie lasciò cadere le braccia ai lati, osservando sconvolta lo schermo nero del suo computer. Mavis sapeva bene perché. A qualunque cosa stesse lavorando spegnendo in quel modo il computer veniva perso automaticamente.
Il suo shock, si tramutò presto in rabbia. Si alzò sollevando la mano intenzionata a colpire James.
«Tu. Brutto figlio di put..» James afferrò il braccio di Emilie prima che lei potesse colpirlo, facendola ammutolire.
«Forse dovrei riformulare la frase. Dimmi dov'è William oppure provi di nuovo il Buco?»
Emilie cercò di liberarsi della presa di James ma senza riuscirci. Lo guardò con occhi supplichevoli.
«Non lo so.» Ripeté meno convinta, abbassando lo sguardo verso le sue scarpe.
La bocca di James diventò una linea. Con un gesto del capo chiamò un ragazzo che, da quel che poteva vedere Mavis, era spaventato quanto lei.
«Malcolm, vai a chiamare Ryan e Jonas.» Malcolm annuì, si alzò dalla sua sedia e fece per andarsene ma Emilie lo bloccò.
«Fermo.» Poi si rivolse a James che le sorrideva compiaciuto.«Ti dirò dov'è William.» James annuì soddisfatto e lasciò il polso di Emilie.
Lei lo guardò con disgusto e si incamminò verso la porta.
Quando William entrò di scatto da quella porta Mavis sospirò sollevata. Il dover assistere a quella scena senza poter fare niente le dava sui nervi.
Stupida, si disse, sei una fifona Mavis.
«Buona sera.» Salutò James con un cenno del capo andando verso la sua postazione, la 12. Si mise a sedere sorridendo a James.
«Dov'eri?» Disse a denti stretti James.
«Al bagno.» Rispose con non curanza, facendo sorridere i suoi compagni di Sezione, Mavis inclusa.
«Al bagno?»
«Sai, dopo i pasti c'è quel bisogno fisiologico che ti impone di andare al bagno, oppure..» James lo interruppe.
«Sappi che ti tengo d'occhio William.» Lo avvertì uscendo poi dalla Sezione 5.
Tutti tirarono un sospiro di sollievo. L'aria si fece più leggera.
William sorrise a Mavis.
«Hai fatto la conoscenza di James.» Constatò lui.
Mavis annuì.
Emilie cominciò a imprecare contro James e il computer.
William le chiese spiegazioni e lei cominciò a raccontargli gli evemti da poco successi.
Ma per Mavis l'incubo non era ancora finito.
Jonas aprì la porta della Sezione. Mavis lo guardò sorpresa chiedendosi cosa ci facesse là, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa Jonas la chiamò.
«Mavis, James vuole vederti.»

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