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:: q u a t t r o :: io ho paura

Chi ha naufragato trema anche di fronte ad acque tranquille.

- Ovidio

Il resto della domenica l'ho passato chiusa in camera mia, rintanata sotto al piumino del letto. Max mi raggiunge dopo qualche minuto che ho speso a rimuginare sulle parole di mio papà. Si è accoccolata accanto a me e mi ha detto che mi vuole bene. Poi abbiamo preso il portatile, Maxine è andata in spedizione in cucina per racimolare qualche sacchetto caramelle, i miei biscotti preferiti al cioccolato e le patatine. Abbiamo trascorso la giornata a guardare film melensi e dannatamente romantici, ma almeno sono stata con mia figlia.

Il lunedì mattina varco con trepidazione il cancello di Fox River, l'aria tiepida mi accarezza dolcemente il viso facendomi sentire il profumo dei fiori primaverili. Ho le budella sottosopra e sento come una morsa che mi stritola lo stomaco. L'unica motivazione a cui riesco a collegare il mio stato d'animo febbricitante è Michael Scofield.
In questi due giorni lontani dal carcere maschile ho pensato a lui, a suoi occhi azzurri e al suo sorriso dolce, ma al tempo stesso sicuro di sé stesso.

"Buongiorno, agente Jones! Stamattina sei raggiante." Mi saluta Chris Wilson come ogni mattina e mi passa il caffè che compra appositamente per me. Poi apre il grosso cancello che produce i suoi soliti striditi metallici.

"Sarà l'aria fresca primaverile, Chris." Lo saluto e lo ringrazio per la bevanda calda. I nostri padri sono amici e così quando il signor Wilson ha detto a FP che il figlio aveva bisogno di un lavoro, mio papà l'ha messo subito in contatto con me. In men che non si dica aveva anche lui la divisa da guardia carceraria addosso. Così adesso mi porta il caffè tutte le mattine per sdebitarsi per la buona parola che ho messo su di lui a Bellick ed al direttore Pope.

Appena arrivo in cortile, sento le voci concitate dei detenuti che si godono la loro ora d'aria quotidiana. Butto un occhio al prato e passo in rassegna tutti i volti, ma degli occhi azzurri che mi hanno incantata non c'è traccia. Il pensiero che sia in infermeria per farsi fare l'iniezione di insulina dalla dottoressa Tancredi si fa strada nella mia testa, dal momento che Michael è diabetico.  Percepisco una strana sensazione alla bocca dello stomaco: il fatto che passi del tempo con Sara mi rende quasi gelosa. Scuoto la testa e mi affretto a raggiungere Francisco Santana che piantona i carcerati.

"Ciao Cisco." Gli do una pacca sulla spalla che lui ricambia con un sorriso. "Dov'è Scofield stamattina? Di solito si siede sulle panche di T-Bag e della sua squadra di cagnolini, ma stamattina non l'ho visto."

"Prima era qui..." Santana si guarda intorno con un'espressione seria, da cui tralascia uno screzio di preoccupazione. "Sarà da qualche parte."

Una guardia però esce da uno dei capannoni delle Prison Industries - dove i detenuti svolgono qualche lavoretto manuale come dipingere, fabbricare materassi e altri monili per la paga di 19 centesimi all'ora. Grida: "Jones e Santana, venite qui!"

Io e Francisco accorriamo alla baracca di legno. Rimango con il fiato mozzato in gola quando vedo Michael sdraiato su uno dei tavoli da lavoro. Gli uomini di Abruzzi lo tengono per le braccia, mentre John tenta di tamponare con un calzino il piede nudo del ragazzo che è ricoperto di sangue.

"Che cosa è successo?" Mi fiondo vicino a Scofield, la voce mi esce stridula ed il cuore mi inizia a martellare improvvisamente nel petto. Il mafioso risponde che è stato un incidente, ma dal suo sguardo capisco che è una bugia. Faccio posare a Michael un braccio sulla mia spalla e Santana si accinge a fare lo stesso. Lo portiamo immediatamente in infermeria; lui cerca di trattenere dei gemiti che gli escono dalle labbra rosse, ma il dolore deve essere troppo forte. Vedo delle lacrime che gli scivolano sulle guance e solo allora mi rendo conto che gli manca il mignolo.

Una volta nell'ambulatorio lo facciamo stendere su una barella nello studio della dottoressa Sara Tancredi. La donna ci raggiunge subito con in mano delle garze sterilizzate e dice: "Adesso ci penso io."

Non voglio lasciare da solo Michael, ma obbligo le gambe ad uscire dalla stanza anche se vorrei rimanergli accanto in questo momento. Santana ed io aspettiamo fuori dalla porta che la dottoressa lo medichi. Bellick ci raggiunge poco dopo, sul suo volto riesco a leggere una nota di preoccupazione. Ma non è in pensiero per le sorti di Scofield come lo sono io, ha paura visto che sa che se Abruzzi ha mozzato un dito al giovane uomo è perché una guardia li ha lasciati da soli dentro al capanno e molto probabilmente il responsabile di questa mancanza è proprio lui.

"Se qualcuno lo chiede, Scofield ha calpestato delle tronchesi che erano state lasciate incustodite in terra. Avete capito?" Bradley punta i suoi occhi velenosi nei miei e mi intima con un'espressione che vale più di mille parole di rimanere zitta.

Mi mordo la lingua e prima che gli dica va bene, capo passa un'eternità, in cui il mio buon senso mi dice di fare rapporto a Pope anche se ciò significa passare le pene dell'inferno a causa del capitano delle guardie.
Annuisco e sposto lo sguardo dalle iridi nere e minacciose del mio superiore. Mi siedo su una delle sedie di plastica che si trovano fuori dagli ambulatori, Cisco accanto a me tenta di rassicurarmi e mi accarezza il ginocchio: "Lascia perdere quel grosso pallone gonfiato di Bellick. Se Scofield vorrà denunciare l'accaduto, potrà farlo tranquillamente... Altrimenti noi non possiamo fare niente, non eravamo nel capanno quando si è fatto male." 

I minuti trascorrono lenti prima che la dottoressa Tancredi ci dia il via libera per entrare nell'infermeria, Cisco mi lancia un'occhiata e mi dice che posso entrare da sola. Mi alzo di scatto come una molla dalla sedia ed entro nella stanza, spingendo lentamente la porta di legno. Quando il battente è ben chiuso alle mie spalle mi avvicino a Michael. Il suo volto è una maschera di lacrime e sudore, ma almeno la smorfia addolorata è passata grazie alla morfina. Ha le palpebre serrate ed il petto che si muove freneticamente in cerca d'aria, ma nonostante ciò si accorge della mia presenza.

Mi avvicino con una calma disarmante alla barella e gli prendo una mano tra le mie, gli accarezzo con dolcezza la pelle. Quando punta le iridi azzurre nelle mie, torno finalmente a respirare.

"Come stai, Michael?" Con l'arto libero afferro una sedia di plastica e mi metto accanto a lui.

Si sforza di sorridere e con voce rotta mi risponde: "Sto bene, però ho un dito in meno adesso."
Sul mio viso si apre una smorfia dolce, poi gli passo una mano sulla fronte umida. Scotta, molto probabilmente gli è salita la febbre.

"Cos'è successo?" Torno seria: sono preoccupata per lui, perché da quando è qui ha rischiato davvero tanto e si è fatto dei nemici. Primo tra tutti quel pervertito bastardo di T-Bag visto che durante la rivolta razziale è stato ammazzato il suo compagno di cella Maytag e Bagwell pensa che sia stato proprio Michael. Io ho visto la scena dal gabbiotto delle guardie, Scofield non c'entra nulla ed in ogni caso dubito fortemente che abbia il sangue freddo per uccidere una persona.

"Niente." Bisbiglia, tornando a chiudere gli occhi. Sento le sue dita che stringono le mie.

"Questo non è niente! Voglio sapere come è andata."

"Non mi costringere a mentirti, Brooklyn. Ti prego." La sua voce bassa e dolorante mi arriva dritta al petto come una lama affilata e per la prima volta da quando sono a Fox River sono davvero in pensiero per un detenuto. Non mi era mai successo che un paio di occhi si insinuassero così profondamente sotto alla mia pelle e mi entrassero nelle viscere, tanto da sognarmeli di notte e svegliarmi con il respiro ansante e la fronte imperlata di sudore. 

"Michael..." Mormoro, il cuore mi sta esplodendo nel petto e riesco a sentire il rimbombo dei miei battiti nelle orecchie. Stacco la mano dalla sua e gli accarezzo la guancia. Lui ha ancora gli occhi chiusi e le parole mi muoiono in gola.

* * *

La mattina dopo accompagno Michael in infermeria per farsi cambiare la benda al piede dalla dottoressa Tancredi. Io e Sara siamo coetanee, lei è una bella ragazza dai lunghi capelli ramati e gli occhi color nocciola. Ogni tanto ci vediamo al di fuori di Fox River e anche se abbiamo due caratteri comportamenti diversi andiamo d'accordo. Lei è una persona pacata, riservata e a tratti un po' rigida. La sua compostezza è dovuta ad un passato da tossicodipendente e ora - dopo anni di terapia - è riuscita ad uscire dall'abisso della droga.

Mi ha raccontato, davanti ad una tazza di tè fumante e pasticcini, che ha avuto la forza di riprendere la sua vita in mano solo dopo che non era riuscita a soccorrere un ragazzino che era stato investito da una macchina nel suo quartiere. La morfina le aveva annebbiato il cervello e non riusciva a capire nemmeno cosa stesse accadendo, davanti ai suoi occhi vitrei vedeva solo il bambino riverso sull'asfalto innevato.

"Ciao Brooklyn, salve Michael." Ci saluta non appena io ed il detenuto dagli occhi celesti varchiamo la soglia del suo studio. "Farò in fretta." Fa accomodare Scofield sul lettino e gli cambia le garze con il suo solito atteggiamento professionale. "Non ci sono segni evidenti di infezione. Le prescriverò degli antibiotici per dieci giorni. Dovrebbe guarire."

Dopo che Sara ha finito di avvolgere la benda bianca e disinfettata sul piede di Michael, aiuto il giovane ad uscire dalla stanza. Zoppica e fa ancora fatica ad appoggiare la scarpa in terra, così gli offro di appoggiarsi a me.
Una volta fuori dall'infermeria inizio a parlargli, con tono calmo. La stessa voce che uso con Maxine quando voglio farle capire qualcosa. Mia figlia è testarda, cosa che la accomuna all'uomo accanto a me.

"Pivello, sai che per legge anche la dottoressa Tancredi è obbligata a fare rapporto? Ieri mi ha detto che quando ti ha chiesto cosa fosse successo, tu ti sei ostinato a rispondere niente, così come hai fatto con me. Michael, sono preoccupata per te. Ritengo che tu sia stato vittima di un'aggressione. È impossibile che tu ti sia ferito pestando delle tronchesi."

"Se tu o la dottoressa Tancredi farete rapporto potrebbe andare molto peggio per me." Ribatte calmo, come se non gli importasse che un altro detenuto gli abbia mozzato il mignolo del piede.

"Peggio di così?"

"Non hai idea di cosa potrebbe succedermi. Mi sono fatto dei nemici." Sul suo viso compare un sorrisetto, ma io rimango impassibile perché forse non si è ancora reso conto di come funzionano le cose dentro a Fox River. Continua a zoppicare e cerca di non appoggiarsi troppo a me.

"Sì, ho visto come T-Bag ti guarda dopo l'incidente di Maytag. Lui è pericoloso, lo sai? Ti hanno raccontato cosa ha fatto quel bastardo? Vuoi forse farti ammazzare da uno che poi abuserebbe del tuo corpo privo di vita? Oppure preferisci essere smontato pezzo per pezzo dal mafioso John Abruzzi? La prossima volta potrebbe segarti una mano intera, ne sarebbe capace." La mia voce si incrina e sento la rabbia bruciarmi il sangue nelle vene. "Non hai paura? Non sarebbe umano non avere paura dentro un posto del genere. A Fox River c'è la feccia della feccia e tu sei qui per una semplice rapina, Michael. Persino io ho paura, ho avuto il timore che potesse accadere qualcosa di davvero brutto l'altro giorno quando c'è stata la rivolta e l'unica cosa a cui pensavo era uscirne viva per tornare a casa ad abbracciare la mia piccola Maxine."

Michael sembra non afferrare la pericolosità della situazione in cui si è messo e ribatte tranquillo: "Quando ero piccolo, non riuscivo a dormire perché pensavo che ci fosse un mostro nell'armadio. Ma mio fratello mi diceva che non c'era nulla, tranne la paura e che la paura non era reale. Diceva che era fatta di niente, che era solo aria. Nient'altro che aria. Diceva che dovevo affrontarla, che dovevo aprire quella porta e che avrei visto il mostro sparire. Qui dentro però affronti la tua paura, tu apri quella porta e dietro c'è ne sono altre centinaia e i mostri che vi si nascondono sono tutti reali."

"Se vuoi posso chiedere al direttore Pope di trasferirti nella sezione protetta? Ti potrebbe tenere lontano dai guai per un po' e dai mostri come T-Bag ed Abruzzi."

"Insieme con le vittime di stupro e gli spioni?"

"Lì saresti al sicuro."

"Grazie, Brooklyn, ma credo di voler affrontare i mostri da solo."

"Michael, stai attento. Stai alla larga da John Abruzzi, per favore. Ho notato che solo dopo qualche giorno che eri qui ti ha fatto entrare nelle Prison Industries, quando ci sono detenuti che aspettano questo privilegio da anni. Io non sono stupida e lavoro in questo carcere da abbastanza tempo per capire che tu hai qualcosa che a lui interessa e non credo proprio che sia la tua abilità nel tinteggiare le pareti. È qualcosa di più, ad esempio qualche informazione importante.  T-Bag poi ha messo gli occhi su di te dal primo giorno che sei arrivato. Non capita spesso che arrivino detenuti con un viso angelico come il tuo ed i tuoi occhioni azzurri. Immagino che tu abbia rifiutato la sua offerta di proteggerti in cambio di prestazioni. Pivello, Fox River è come l'inferno quindi ti consiglio di stare lontano dai guai."

Michael mi guarda negli occhi, ormai siamo arrivati difronte alla sua cella. Gli altri sono ancora fuori in cortile. Lo fisso anch'io nelle pupille che assomigliano a dei lapislazzuli. È più alto di me, così mi sovrasta leggermente. Si infila le mani nelle tasche dei pantaloni blu; la camicia azzurra a maniche corte che indossa gli risalta le iridi celesti e le labbra rosee. È bellissimo, talmente bello che mi manca il fiato quando si avvicina lentamente a me e mi sussurra vicino all'orecchio: "Anche tu hai un viso angelico, Brooklyn."

Dopodiché entra nella cella numero 40, Geary dalla sua postazione chiude le sbarre che passano veloci davanti ai miei occhi. Rimango con un'espressione imbambolata sul volto per qualche secondo e poi faccio scappo da Michael.

Ho paura di ciò che mi fa sentire quando sono accanto a lui, ho paura perché Michael Scofield mi suscita sensazioni che un detenuto non dovrebbe far provare ad una guardia carceraria.

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