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-Tu sauras tout (A)





Amelie 🌙



Ho passato l'intera notte ad osservare le stelle dal tetto, non sono riuscita a staccarmi dal guardare quanta meraviglia hanno da offrire.
La luna è il punto più luminoso che sono riuscita a scorgere, mi incantava più di tutto il resto. Forse questo satellite naturale non è così razionale come pensavo o no ? Tutto ciò che ci circonda può essere tramutato in una risoluzione matematica, però per questa volta ho scelto di studiare la luna in quanto la sua bellezza e non per le sue caratteristiche scientifiche. I crateri di essa si stagliano per tutti i perimetri dipingendola come materia imperfetta, eppure non trovo parole per descriverla.

«Guarda la luna Amelie, quando non riesci a trovare conforto guardarla e ritroverai un po' di luce»

Le sue parole mi raggiungo come un lampo che mi squarcia il petto, dopo aver passato quasi tutto il mio tempo fuori in quel posto sono tornata in camera e mi sono appisolata. Le goccioline di sudore mi scendono ribelli dalla fronte, le labbra le sento troppo secche e la bocca all'interno è impastata dal sonno. Mi porto una mano e la sfrego freneticamente lungo il viso provando a toglierli il bagnato, sospiro silenziosamente cercando di non svegliare Rox, e con ancora le note scure che intravedo dalla finestra mi dirigo verso il bagno. Mi fiondo in doccia lasciando che l'acqua raggiunga il mio corpo, la sento sbattere fredda sulla testa, mi picchietta rigida provocandomi un lieve dolore; eppure allo stesso tempo non sento nulla. La pelle si rilassa contro quel contato gelido, è una liberazione.

«Devi lasciarmi andare Zuccherino»
di nuovo la sua voce fa spazio dentro la mia testa, un suono così flebile tuttavia ogni volta si alza di volume, lo sento sempre più forte.

«Devo lasciarti andare» sussurro senza fiato, soffoco sotto il getto, mi insapono il corpo ripercorrendo la cicatrice lungo l'addome fino alla coscia interna. Ci sfrego così forte da sperare che si cancelli, ma ogni volta resta la, è impressa in me come un marchio. Non posso annullare ciò che sono, posso solo fare un passo avanti e combattere con le armi alle mani e la testa alta.

«Lasciami andare» il suo richiamo risulta calmo come una coccola che ti fa la mamma quando stai male, mi accompagna in quello scrosciare di rumori contrastanti, tuoni, lampi, la pioggia scende fulminea come rugiada colpendomi come proiettili. Batto i piedi cercando di scrollarmi di dosso quella sensazione, scuoto il capo rischiando di farlo sbattere contro la parete della doccia.

«Devi farlo Zuccherino» mormora prima di lasciare la mia mano e scomparire nel buio più tetro che io abbia mai visto, così scuro da rendermi quasi destabilizzata da ogni possibile movimento.

«Ti sto lasciando andare» sussurro senza fiato, strizzo gli occhi talmente forte che quando li riapro faccio fatica a rimettere a fuoco il luogo dove mi trovo. L'acqua scorre ancora seguendo il suo flusso, io sono ancora in balia del freddo.

«Ricordati la luna» è un frivolo suono quello che posso sentire, eppure riesco tuttora a ricordare i lineamenti docili del suo viso, così tenero da volerlo riempiere di baci, le sue labbra rosee stette come stecchini e gli occhiali che gli offuscavano sempre la vista, ora erano a terra sotto la pioggia incessante. Le lenti erano inzuppate e mezze rotte, le stecche si erano distrutte con l'impeto della caduta, poi si fece tutto buio. Chiudo gli occhi di scatto, prendo un respiro profondo riempendo i polmoni d'aria nuova.

«Lo farò» la mia voce graffiante risulta solo un lamento soffocato dal rumore gracchiante dei ricordi, mi pervade tutto il corpo; dalle punta dei piedi un brivido percorre le mie gambe, le mie cosce muscolose quasi molli per il tremore per arrivare infine alla testa facendomi scuotere.

«Dove sei finito ?» e dalla rabbia mi viene da lanciare un grido ma lo maschero con un pugno violento contro le matonelle, inseguito ne faccio scorrere un altro, un altro e un altro ancora. Fino a quando un getto rosso scivola lungo la doccia, un liquido vischioso e a momento lussurioso. Mi guardo le nocche con le ferite vivide e rimango assorta e ancora una volta immobile, impossibilitata da qualsiasi gesto, se non il tormentarmi.

«Scusami per averti lasciato cadere» sono le ultime parole che riesco a far uscire fuori prima di accasciarmi a terra, sento il contato duro provocarmi un nuovo dolore, ma ormai cosa dovrei sentire ? Questo è solo una delle tante formule chimiche che agiscono contro il mio cervello, mi spingono a sentirmi in questo modo, per cosa poi ? eh ? non ha alcun senso.

Finisco la doccia, mi vesto velocemente con una tuta e una felpa grossa, i capelli li lascio svolazzare liberi senza alcun impedimento da un elastico. Mi abbasso per prendere le chiavi, e per poco non sveglio Rox che sta beatamente dormendo come un angioletto. I riccioli scuri sono cosparsi lungo il cuscino bianco, le labbra sono socchiuse per compiere un leggero sbuffo, prima che possa sviniarmela apre gli occhi.

«Amelie...che fai ?» mi rimprovera mezza insonnolita, si strofina il viso per svegliarsi ma la rende ancora più rincoglinita a tal punto che si arrende e cerca di sforzarsi per mettermi a fuoco.

«Sto andando a fare una passeggiata» si alza leggermente per sporgersi verso il comodino, appena accende il telefono strabuzza nel vedere nello schermo, mi rivolge un occhiata da del tipo
"sei impazzita ?" "ti si è bucato il cervello ?" "torna a dormire razza di stupida" ma non dice nulla di tutto ciò.

«Alle 6 del mattino ?» annuisco senza dare un accenno di voce, ci scrutiamo per una circostanza di tempo che non so nemmeno delineare. Mi lascia il consenso come se mi servisse e torna ad accucciarsi nelle coperte.





Le nuvole investono il cielo dipingendolo di un grigio intenso e tortuoso, una brezza fredda mi arriva negli strati di pelle scoperte facendomi scontrare con il freddo. Rabbrividisco eppure me ne restò la fuori in balia del fresco, mi appoggio interamente su una panchina di marmo con le gambe ripiegate. Mi afretto a recuperare una sigaretta dalla tasca, la metto in bocca con delicatezza, afferro un accendino e la accendo con un movimento rapido. Aspiro così forte da sentirmi la gola bruciare come fuoco, il fumo mi scende giù per poi risalire per essere buttato con un soffio. Mi inumidisco le labbra prima di aspirare un altra volta, nel mentre che lo prendo un viso mi si posiziona parallelamente al mio. I capelli rossi sono rigettati verso la mia posizione, uno scompiglio morbido che mi viene voglia di toccare.

«Ricordo che eri contraria al fumo petite tempête» gli sputo il fumo verso di lui, se ne sta ad osservarmi da sopra come se mi stesse studiando. È quasi buffo vederlo da questa prospettiva, eppure non lo rende meno attraente.

«Beh si può sempre cambiare Cas» affermo alzando il mento in modo che i nostri visi possano perfettamente combaciare. Posiziono il naso in alto fino a sfiorare la punta del suo, un contato lieve ma che lo fa sbuffare.

«Sei sempre la stessa» si sporge in avanti, intrappolandomi mette le mani nei bordi della panchina, a causa di questo movimento si evidenziano rilievo delle vene.

«Tu dici ?» un suo ciuffo di capelli mi solletica il viso facendomi fare una smorfia che gli provoca un lieve sorriso che sparisce il secondo dopo, così bianco e perfetto.
«Non noti nulla di diverso ?» continuo ad incarrare la pillola, passa la lingua lentamente lungo la bocca senza staccare gli occhi dai miei, inizia un gioco che non ha fine.

«A parte una rottura di coglioni diversa ogni giorno, no, non noto nulla di diverso» fa per andarsene ma lo trattengo per il braccio incastrandolo con il mio.

«Ma come no ?» mormoro con un tono innocente, mi sistemo meglio sulla panchina rilassando le spalle contro il marmo gelido, mi porto la sigaretta per fare un altro tiro e glielo sfumo addosso a lui.

«Rosso Malpelo dovrebbe essere intelligente, invece mi sa che si è fottuto il cervellino» lo osservo con sfida, mordendomi il labbro protentemente assaporando un dolce dolore.

«Allora dimmelo tu cosa è cambiato» gli esce un suono rauco e sensuale, quasi graffiato che si mischia dal tormento della tempesta che si sta formando ad ogni minuto che stiamo qua.

«Così il gioco sarebbe troppo facile no ?» il rombo della pioggia fa risuonare la mia voce di una nota più bassa, il rumore sovrasta tutto ciò che ci circonda ma allo stesso dona quiete.

«E se lo volessi facile ?» allunga una mano per sistemare i suoi capelli scompigliati eppure facendo così mi sfiora e casualmente finisce per accarezzarmi i boccoli sciolti che scendono liberi dal capuccio della felpa.

«Non è nella tua natura Cassian» lo faccio apposta a sottolineare il suo nome intero, e ha il giusto effetto, fa evidenziare ancora di più la vena del collo. «Non pensi che possa essere cambiato qualcosa pure in me ? ti facevo più scaltra»

«Smettila di ribattere con le mie stesse carte» picchietto un dito sulla sua guancia facendogli fare uno scatto dalla sorpresa.

«Non hai mai stabilito alcuna regola» alza il sopracciglio rosso come se fosse contradetto da quello che gli ho appena fatto presente.

«Perché dovrei ? Sei così imprevedibile da non voler giocare in modo corretto ?» con il dito continuo a toccare la pelle morbida rendendolo muto come un pesce.

«Seguo solo il mio istinto...» ammette scuotendo la testa.
«E di solito ho la vittoria in mano» finisce la frase sussurrando quasi non si sente neanche da quanto parla basso. «Stai solo cercando di distrarmi» ammetto più a me stessa che a lui.

«Non è forse quello che fai sempre tu ?» risponde a tono tentando di farmi innervosire, nonostante ciò sono incredibilmente calma. Mi rilasso nuovamente sulla piattaforma in cui sono poggiata e mi sistemo meglio.

«Ho così tanto potere su di te?»
«Mi meraviglio» mi esce una risatina spontanea e melodiosa che lo fa tendere in avanti verso di me, me lo ritrovo così vicino da sentire il suo cuore battere piano.

«Controlliamo quanto potere io abbia su di te» muove di lato la testa come se stesse mormorando qualcosa di ovvio che deve eseguire per forza, un ordine prestabilito a cui non si può opporre.

«Ti va di provare petite tempête ?» sussurra al mio orecchio. Non mi lascia manco il tempo di parlare che scende diretto al mio collo lasciandomi una scia di baci umidi, prima fa pressione con il labbro inferiore e poi succede con l'altro ad un ritmo agonizzante, sento i suoi denti raschiare quando mi succhia appena provocandomi misto di emozioni, mi irrigisco di getto e stringo le gambe tra di loro.
Mi formicolano le mani ma l'effetto passa subito perché si sposta lasciandomi non altro che il fiotto del suo respiro a riscaldarmi la pelle.

«Quindi non hai sentito nulla ?» la sua espressione sembra di puro divertimento, gli brilla lo sguardo di desiderio nel mentre mi osserva da sotto le sue ciglia de medesimo colore dei suoi capelli.

«Per niente» nego, però la mia voce mi tradisce sul momento per quanto si senta fiacca e a momenti tremolante. Cristo santissimo, tra tutti i ragazzi proprio lui, dannazione a me e a chi mi ha creato.

«Quindi nulla ?» fa per allontanarsi, tuttavia presa dall'istinto gli afferro nuovamente il braccio scendendo verso il polso, giocherello con l'elastico che tiene e ci passo un dito dentro sfregando lateralmente. Scuoto la testa assorta dai suoi occhi castani, le lentiggini oggi sono leggermente più rosse del solito. La sua espressione seria mi fa deglutire rumorosamente, rimaniamo immobile con le nuvole che impregnano l'aria d'acqua, il venticello che ci sferza i capelli su e giù; si inumidisce la bocca e irrimediabilmente il mio sguardo ricade proprio in quel punto.

«Sicura ?» perché deve torturarmi in questo modo ? non gli basta stare a fissarmi con quel suo sguardo caldo e ricuorante, non voglio che si avvicini, non voglio averlo così vicino a me, non mi piace la situazione, non...diciamo che in questo momento sto finendo la lista delle negazioni, perché non riesco a capacitarmi di come stia diventando incoerente con me stessa.

«Perché a me non mi sembra» in seguito alla sua affermazione muovo la testa da destra verso sinistra per poi ricominciare il ciclo al contrario cercando di fingere qualsiasi reazione.
«Ti sbagli Cas»





Ho sempre avuto un innata passione per i temporali, gli ho considerati fin da quando ero piccola una passione, anzi più di questo, un ossessione. Mi procurano delle emozioni contrastanti quiete e ansia al medesimo momento, il rombo del tuono mi incute una sensazione al petto di eccitazione che si propaga alla vista della luce opaca del fulmine. Sono fenomeni atmosferici totalizzanti, esiste chi ne ha una giusta paura, e chi come la sottoscritta che gli crea una sensazione di adrenalina pura. È come se questo tumulto, caos, moltitudine rompesse il filo della razionalità donandomi un momento di pausa dalla ricerca della perfezione inesistente. Inoltre il fulmine è un fenomeno legato all'elettricità atmosferica e consiste in una scarica di grandi dimensioni che si instaura fra due corpi con elevata differenza di potenziale elettrico, uno dei record in assoluto più alti raggiunti nell'ultimo periodo è stata la durata di 16,73 secondi. Ed ecco perché si dice il cosidetto "colpo di fulmine" è uno status in cui si prova una forte emozione, come una scarica elettrica che ti rende propenso ad un attrazione inspiegabile verso l'altra persona. Non so... esattamente il modo in cui esporlo eppure potrebbe essere paragonata ad una spinta verso il fulcro da cui proviene il potere, e vieni tirato fino a quando non ti ritrovi dentro fino al collo in qualcosa che non avresti mai nemmeno immaginato.

Stavo osservando dalla finestra la pioggia che scendeva per tutta la città, sembrava non voler cessare. Papà diceva sempre che le nuvole che portano le precipitazioni con forti correnti sono chiamate "cumulonembi" , sono dei bestioni grigiastri composti da acqua e ghiaccio, delle vere "bestie di satana", così le soprannominava per farmi ridere. Non di meno me ne stavo lì incantata come una stupida, con le labbra premute l'una contro l'altra per l'attenzione quasi maniacale nell'osservare come si comportasse il cielo sopra di me. La voce calma e ferma di mia madre mi arrivò dritta nelle mie orecchie minuscole, mi ricordo ancora che mi stesse chiamando per venire verso di lei, io con le mie gambette arrivai con una corsa veloce e mi buttai tra le sue braccia.

«Piccina, ti ho mai racconto la storia di come sei nata ?» la mia testolina si mosse all'improvviso facendomi scuotere i capelli ancora corti e neri come la pece, puntai i miei occhi eterocromi verso la donna che mi aveva creato e mi misi ad ascoltare ogni sua parola come se stesse raccontando una favola. In realtà mi ricordavo la storia a memoria, tuttavia mi perdevo a sentirla ogni volta.
«Mio fiorellino, sei nata nella notte più infestata di tuoni e fulmini, l'hanno registrata come la notte più turbolenta dell'ultimo secolo a Parigi» si spostò la chioma scura da un lato con un movimento aggraziato, è li che pensai "voglio diventare una donna di successo come lei da grande", ma infondo cosa sono diventata ?

«Non si era mai vista una tempesta così grande» ed ecco qui il suo solito tono sorpreso quando diceva questa frase, i suoi occhi quasi le uscirono dalle orbite da quanto fosse stupefata dal ricordo.

«Davvero mamma ?» le chiesi in modo innocente come se volessi essere sicura al cento per cento di quello che stava parlando.

«Si, tesoro» confermò e scese con le labbra alla mia fronte per schioccarmi un bacio delicato sulla fronte, me lo stampò con una leggera pressione che mi fece salire un lieve brivido per il solleticare della sua bocca.

«E come mai in Francia ?» era una domanda forse buffa da fare, nonostante questo ero curiosa di sapere come fossimo finiti in quel posto, come fossi finita per nascere in una città parecchio lontana dalla nostra Dublino, mi pareva una stranezza troppo grande da concepire.

«Questo non te lo posso dire ma eravamo lì per un motivo tanto importante» eppure fino ad oggi non ebbi mai una risposta concreta, è un segreto che non mi va voluto confessare o meglio non ha mai ritenuto forse che fossi all'altezza di scoprire cosa fosse accaduto quel giorno.

«Tanto importante quanto mammina ?» il mio viso minuto si trasformò in un espressione di iralità, mi ponevo fin troppe domande sulle cose che mi mettevano davanti, mi chiamavano "prodogio" per il mio intelletto puramente scientifico.

«Come il mondo» fece la voce da mostro e ricaddi in una risata fragorosa, così limpida e musicale che mi é rimasto impresso il momento come un tatuaggio. «Ma perché proprio quella città ?»

«Sei una bimba troppo curiosa» mi diede un buffetto sul naso in modo affettuoso facendomelo contorcere appena.

«Ricordati che nelle vene hai sangue dei Laurent, una famiglia molto potente in Francia, primo o poi capirai la grandezza delle origini che porti» il tono rassicurante di mia madre si inchiodò delicatamente nella mia memoria e ancora una volta non seppi mai cosa voleva intendere. Perché mamma mi tieni nascosti i tuoi segreti ?

«Ma fille, tu sauras tout» mi sussurrò abbracciandomi e coccolandomi con le sue carezze.





«Signorina Danneville ritorni attenta alla lezione che si sta svolgendo in classe, per favore» il professore mi richiama con tono solenne, il suo rimprovero ma fa riscuotere dai pensieri. Sposto la mia attenzione nel digitare qualcosa sul laptop e ritrovo i miei appunti sparsi della lezione precedente. Mi appoggio sul sedile notando come in quest'aula ci siamo poca luce, le travi di legno la rendono tetra e scura. Scorgo i visi di tutti gli studenti fino ad incontrare quello di Adrian Murphy sta fissando un punto preciso dietro di me, la stessa cosa a cui mi ero incantata pure io.

La tempesta

Chissà forse abbiamo una simile teoria oppure è semplicemente distratto, ma quando sto per distogliere lo sguardo incontro le sue iridi grigiastre come il marmo gelido. Dura solo per un secondo nonostante questo mi procura una sensazione di vuoto e familiarità, due termini contrari che non avevo mai visto più vicini di così. In questo momento non riesco a smettere di studiare ogni movimento che fa Adrian, pare che tutto quello che esegue sia controllato e non si permette di sbagliare, le spalle sono rigidamente poggiate, le labbra sono sempre ristrette tra di loro, forse per la concentrazione. Finisco di fissarlo quando Rox mi scaraventa una gomitata contro lo stomaco come una pugnalata, nondimeno non sento nulla.

«Oggi stai troppo nel tuo mondo» mi confessa facendomi girare verso di lei, la sua fronte si incrina appena in un espressione di preoccupazione.

«Stavo solo pensando...» mi fa cenno di continuare la frase e la accontento quasi all'istante. «Cosa sappiamo nei riguardi di Adrian Murphy ?» le sopracciglia le si contraggono e si rivolge con la testa nel diretto interessato, passano i minuti dal suo silenzio.

«In realtà è quello su cui sappiamo di meno, pure il suo luogo di nascita è stato inconcludente» mi spiega lentamente tentando di non farsi notare dal professore, benché lui sia troppo preso da spiegare letteratura. Rox si rigira nel dito una ciocca riccia, se la fa passare avanti e indietro prima di ricominciare a discutere.
«In realtà penso sia britannico, visto il suo accento marcato» le scocco un occhiata.

«Mi puzza la cosa» storco il naso all'improvviso, non mi convince per niente la situazione.

«Ripeto i suoi dati di nascita sono pressoché nulli, non si sa veramente niente» continua a dire le stesse cose, ma non trovo un esatta soluzione al problema, con nessuno di loro abbiamo avuto problemi tranne lui, come mai ? non è di certo un caso.

«A parte questo, perché dovrebbe interessarti Amelie ?» pensa per caso che io voglia provarci ? è semplicemente un ragazzo di cui voglio scoprire la sua identità, perché qualcosa non mi quadra ad occhio.

«Solo vana curiosità» Rox non mi crede neanche per un istante nondimeno sorvola sulla questione e si fa gli affari suoi.

Il risuono della campanella investe tutto l'abitacolo dell'aula, ma non faccio in tempo manco ad alzarmi che mi ritrovo la figura intera di Gavin. Lo studio passando in rassegna dalla sua chioma riccioluta fino si pettorali che spuntano dalla camicia sbottonata. «Che ci fai qui ?» mi sorride in modo malizioso, per un secondo mi lascia interdetta nel silenzio che è calato con la gente che è uscita fuori.

«Fiorellino volevo vederti» dice in modo quasi smilelato, si inchina leggermente prendendomi la mano e chinando il capo. La prima cosa che percepisco è il suo tocco caldo sulla pelle fredda, mi scocca uno sguardo regalandomi un ultimo contato.

«Ammetti che ti sono mancato» mi si mette affianco dandomi una spallata amichevole. Continua a spingermi leggermente fin quando non lo fulmino e si fa leggermente indietro.

«Cosa cerchi di fare Gavin ?» dico in modo annoiato senza alcun interesse per quello che ha in serbo per me.

«Che c'è non ti piace la mia compagnia ?» fa un espressione vacqua che non riesco pienamente a decifrare. Tento di studiare le sue micro-espressioni ma non ne capisco il senso, sembra semplicemente immerso nel suo mondo.

«Ti hanno mai insegnato che rispondere ad una domanda con una domanda è da rincoglioniti ?» rivolgo lo sguardo più attento che posso rigargli, in compenso mi fa l'occhiolino in modo molto lascivo.

«Beh, se fossi il tuo rincoglionito preferito, lo sarei volentieri» quasi gli rido addosso, mi si scuote il petto da una frenetica risata e provo a tornare seria e con una voce sicura di me.
«Apprezzo, ma non lo sarai mai»

«Cosa ? Rincoglionito ?»
«Oh, lo so, qua dentro vige un grande cervello» indica la sua testa con un dito.
Si porta la mano costellata di anelli fino si capelli per grattarsi la nuca, finge di fare il pensieroso e mi osserva con la testa reclina. Una ciocca di capelli gli si fionda verso sinistra e subito la raciuffa e la rimette apposto in quel ammasso disordinato.

«So cosa stai facendo Gavin e non funziona, o meglio potrebbe pure ma non mi va di stare ai tuoi giochi» osservo il muro con così poco disinteresse per poi buttare l'attenzione su di lui, nonostante questo con pazienza aspetto un altra delle she cavolate. «Voglio solo divertirmi Fiorellino» ammette come se fosse la cosa più ovvia e fossi una stupida che non ha capito la semplicità della situazione.

«Non con me»
«Ho altre cose più importanti» scatto con la testa in una negazione donandogli pure un sorriso colmo di impassibilità.

«Del tipo ? stare appresso a Cassian»
«Sai con me potresti farlo ingelosire» quasi i miei occhi strabuzzano, doveva proprio nominarlo ?

«Se voglio un uomo, lo ottengo senza tanti giri di parole» mi irrigidisco all'improvviso, sento il corpo indurirsi fino alle punte dei piedi.

«Oh ne sono sicuro»
«Per questo hai già me ai tuoi piedi» dice scherzando, si inginocchia davanti a me per un pelo si salva dal scaraventarsi a terra, non faccio in tempo a ridere che vengo interrota da quell'attimo divertente.

«Smettila di importunarla>> dice con fare disinteressato Adrian, pensavo se ne fosse uscito da qui, invece sento la sua presenza alta e masculina che mi si sta ponendo dietro le spalle. Non capisco il perché di questo intervento sincera, non mi giro eppure continuo a percepire che sta in piedi i suoi rimproveri verso il biondo.

«So difendermi benissimo, grazie» un sottile disprezzo mi esce appena le parole prendono forma. Racchiudo in un istinto la mano a pugno mettendola dentro la giacca in pelle. Mi giro facendo battere il tacco degli stivali rigidamente, ed ecco che mi invece l'altezza immensa del regazzo corvino. «Era solo un aiuto»

«Non mi serve» rispondo cazzuta allungo il collo e poi mi rilasso, odio quando gli altri provano ad aiutarmi solo perché credono io sia una donna indifesa. Nel frattempo Gavin se ne è andato per la sua strada, io e Adrian siamo rimasti a fissarci per dei secondi infiniti.
«Stai solo attenta ai miei amici»

«Perché dovrei ? Sono dei ragazzi cattivelli ?»
«Ora mi metto a piangere» faccio finta di piagnucolare con la mano, lui non si scompone di una virgola. «Oh non sai cosa possiamo tramare»

«Siete solo dei viziati che si divertono a fare i grandi» è la seconda volta che scuoto la testa nel giro di poco tempo. «Amelie è solo un avvertimento» ha un un tono calmo ma sento che sotto sotto è irritato dalla mia scenata.

«Non lo voglio, soprattutto se proviene da una persona che a malapena conosco» appena dico questi nei suoi occhi passa un lampo caldo che rompe il freddo gelido, forse compassione ? forse mancanza ? forse tristezza ? Non posso identificarlo perché si riduce a un millesimo di secondo.




È notte fonda, il cielo si è liberato dal grigiore di tutta la mattinata, splende dalle piccole luci delle stelle che brillano come fari. La villa ci si presenta davanti, sontuosa e parecchio pacchiana. La musica pomposa si scontra con le mie orecchie, entriamo in un salotto impregnato di gente, le ragazze indossano abiti aderenti e i ragazzi le solite magliette incolore. Tra la marea di gente solo due occhi mi inquadrano come se fosse la prima volta, sono di un castano cioccolato così caldo da sentire il bruciore della pelle per come mi osserva. I capelli rossi sono sistemati più del solito, indossa una semplice camicia nera che fa risalto con la pelle abbastanza chiara. Al collo porta una collana dorata che non gli ho mai visto indossare, sta appoggiato a un muro con un bicchierino e nonostante gli stiano parlando la sua attenzione è rivolta verso la mia figura. Si poggia meglio incrociando le braccia le une con le altre, una ragazza gli si pone davanti ma non le da neanche la decenza di spiccicare parola. Il suo sguardo è famelico, ma allo stesso tempo è ricco di frustazione. Mi distraggo perché Rox mi porta nella parte della casa in cui tutti stanno ballando animatamente, nonostante ciò cambia poco perché me lo ritrovo a due passi da me che aspetta solo di essere guardato da me.

«Amelie, devi stare lontana dai miei amici» ammette, fa dei respiri irregolari quando lo dice che quasi mi viene voglia di chiedergli di ripetere quello che ha detto. È la seconda volta in giornata che mi avvertono di stare lontana da questo gruppo di ragazzi, eppure la questione mi interessa ancora di più ogni volta che mi diranno di stare fuori. «Cos'è hai paura che te li rubi ?» mormoro con un atteggiamento di sfida, mi protengo verso la sua corporatura.

«Stanne lontana, e non solo da loro, ma pure da me» mostra un accuta insicurezza quando inizia a parlare, come se non volesse nemmeno dirla questa frase ma fosse una cosa che deve fare per se stesso. «Non lo pensi davvero»

«Perché sei così ostinata ?» con tono rassegnato si abbandona alle sue emozioni, e riesco a capirle ad una ad una. «Lo leggo nei tuoi occhi»

«Cosa leggi ?» ed qua che esistiamo solamente noi. Rimango muta senza riuscire a parlare nel sentire le sue dita giocherellare sul mio fianco per poi afferrarlo in modo più ferreo, da farmi quasi sussultare.

«Quindi cosa leggi» non riesco a parlare se mi guarda in questo modo, mi fissa le labbra e sembra confuso anche lui come se stesse combattendo dentro di sei. Ricordati che sei il suo punto debole. Si, lo so. Avrei fatto il mio gioco solo per avere le informazioni che mi servivano, non mi sarei immischiata in niente che non mi riguardava. «Non mi hai dato ancora una risposta»

«Non sono obbligata a dartela» distoglie per un secondo lo sguardo poggiandolo altrove, e vedo l'ombra di un sorriso sotto le luci scure, così spontaneo e genuino. Il collo si piega lievemente all'ingiù seguendo il movimento e questo mi permette di notare la vena che pulsa mentre deglutisce passando la lingua sui denti. «Amelie...Amelie...Amelie» si avvicina al mio orecchio il più possibile sottolineando ogni singola sillaba, la voce è più bassa del solito e lo fa in una maniera suadente. «Si quello è il mio nome, a furia di ripeterlo penso che tu l'abbia imparato» stringo le spalle dipingendo disinteresse, eppure sta notte sembra non arrendersi ai miei modi freddi, pare conoscermi meglio di quanto ricordavo. «Guarda che questa facciata fredda non mi spaventa»

«Incredibile sei diventato un cavaliere coraggioso» borbotto in modo tagliente, ma non pare farci caso più di tanto perché è distratto a pensare ad altro.

«Come mi hai chiamato ?» cerco di chiarire quello che mi dice ma mi arriva solo come un miscuglio di voci a causa della musica troppo alta. Rigira leggermente la testa facendomi il solletico con le ciocche rosso fuoco, mi fa pure un po' sorride il contato, ma all'istante ritorniamo a fissarci a vicenda. «Anche queste battute sarcastiche sono solo un teatrino che metti in scena per nasconderti»

«Non ho motivo di nascondermi» ma quello che mi esce è un sussurro, e di nuovo tutto il resto della gente è solo un enorme ombra che ci spinge sempre più vicini. Incolliamo i nostri corpi seguendo il suono delle note, scuoto i fianchi e quando con un gesto involontario alzo le mani, lui mi prende i polsi delicatamente e cinge il suo collo con le mie braccia. Delle mani perlustrano le mie forme come se le conoscesse a memoria, e so che Cassian sa ogni piccola imperfezione della donna che tiene addossata a se. «Sei furba come poche eppure ti conosco troppo bene per potermi ingannare» è qua che ti sbagli, avrei voluto dirlo in quel momento ma aspetteranno i fatti a dimostrarlo. Resto in silenzio seguendo i suoi movimenti, scendo col bacino lasciando che mi segua con il contato visivo. Noto come le sue pupille non si perdono nemmeno una virgola di quello che faccio, appariamo entrambi assorti in quello che stiamo combinando. Risalgo piano posizionandogli una mano nel ventre, per poi finire sulla camicia mezza aperta. La prima cosa che percepisco è la pelle così calda da volerla baciare, ricalco fino ad arrivare al collo e afferarlo per portarlo verso le mie labbra.

«Cassian ti sei dimenticato che mi hai chiesto di starti lontano poco fa ?» non risponde fino a quando arriva solo un sottile suono, è il suono della sua voce, così insicuro che vorrei avvicinarmi ancora di più e sostenerlo.
«Fallo»

«Cosa Cas ?» Non dirlo, non dirlo. È il primo pensiero che mi investe come un treno, so che non lo vuole dire, è combattuto tra lasciare per aria le parole o renderle concrete. «Starmi lontana» è l'ultima cosa che sento prima di allontanarmi da lui, il calore che prima mi aveva accolta in una presa docile sparisce bruscamente. Sotto il rumore e il buio vedo Adrian fissarmi da un angolino, ancora lui ?, me ne scappo prima che chiunque possa raggiungermi e parlarmi. Mi trovo a vagare per il corridoio pieno di stanze, dev'essere una confraternita questo posto, circolo per un po' senza una meta fino a quando riconosco il timbro della mia Rox.
«Isobel non possiamo qui»

«Perchè mai ? chiudi la porta no ?» non ricosco la voce perché non lo mai sentita, ma so chi è la ragazza con cui in questo momento sta stesa a letto con lei. I capelli castano chiaro sono un docile raggruppamento di onde lievi, da qui riesco ad intravedere il profilo alla francese, perfetto liscio senza un minimo difetto.

Isobel O'Ryan

«Sei una cazzo di tentatrice» mi soffermo sulla soglia della porta per capire la situazione, la mia amica sta sotto di lei seguendo i movimenti di Isobel. Mi nota e mi fa l'occhiolino come per dire che ha tutto sotto controllo, almeno una delle due ha il suo obiettivo in pugno, per me vuol dire che sarà leggermente più difficile del previsto, nondimeno ho sempre adorato le sfide.

Il telefono suona provocando una prospiqua vibrazione, lo prendo al volo e la prima cosa che vedo è il display completamente bloccato. Gli do più colpi, prima uno che neanche lo scuote e poi il secondo forse anche troppo forte, nonostante riesco a sbloccarlo fino ad avere un altra schermata, non più nera, ma costeggiata da puntini neri e banchi, in uno sfondo fortemente illuminato. Prima che possa capire cosa sta succedendo, si blocca definitivamente arrivandomi un messaggio.

"Amelie, tu sauras tout"
Amelie, tu saprai tutto






Hello guys

Scusatemi tantissimo per averci messo troppo a pubblicare questo capitolo, per colpa di scuola ecc. non ho potuto scrivere velocemente.

Detto ciò parliamo un po' di Amelie, dove in questo capitolo abbiamo visto un altro lato di lei, forse un po' malinconico e triste ❤️‍🩹
Più in là scoprirete tutti i perché per ora voglio lasciarvi con mille dubbi.

«Starmi lontana»
secondo voi saranno capaci di starsi lontani Amelie e Cassian ? chi lo sa, lo scoprirete solo leggendo.

Oltre questo scusatemi sicuro per gli errori, siate educati e segnalatemi qualsiasi tipo di sbaglio che sia grammaticale o non, io procederò a correggere il tutto.

Happy reading
little butterflies 🦋

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