Capitolo 16
Quella notte la sua mente aveva immaginato di vivere qualcosa di alquanto fantastico.
Nel suo sogno si era immaginata che un uomo, che sembrava avere i tratti di qualcuno che conosceva molto bene, si era intrufolato a notte fonda nella sua stanza e altrettanto segretamente, si era addormentato vicino a lei. Ed in tutto questo, lei era stata dal primo momento cosciente e consenziente.
Con quelle strana leggerezza nel cuore, decise di alzarsi.
Il sole era ormai sorto da qualche ora, splendente come non mai. Nonostante il calore emanato, faceva ugualmente freddo.
Non appena mise piede fuori dalle coperte in pile e dal piumone grigio, dei brividi percorsero tutto il suo corpo, partendo dai piedi nudi, risalendo poi verso le gambe scoperte per arrivare alle braccia.
Sapeva di essere in ritardo ormai era divenuta sua abitudine.
Corse in bagno, dove fece una doccia veloce e poi con l'asciugamano stretto in vita, i capelli raccolti in uno chignon disordinato, fece rientro in camera.
Sentì un rumore attutito provenire dal soggiorno e lanciandosi verso l'armadio, estrasse le prime cose che aveva trovato per vestirsi ed andare a vedere cosa stava succedendo.
Con il sangue che pompava nelle tempie e il cuore che martellava rumorosamente, si avvicinò al comodino del letto e silenziosamente ne aprì il cassetto per tirare fuori una pistola nera lucente, anche se scarica.
Facendo come gli aveva insegnato il suo maestro di autodifesa, aggrappò entrambi le mani tremanti all'impugnatura della pistola e se la portò di fronte, con le braccia tese in avanti a mantenere il peso di quel pezzo di ferro nero.
Detestava le armi così come la violenza, ma aveva dovuto farlo, era stata costretta dalle conseguenze dell'essere una donna single emancipata.
Cautamente uscì dal rifugio protetto rappresentato dalla sua stanza, per andare incontro al pericolo.
Un passo incerto dopo l'altro e arrivò a destinazione.
Le sembrava di essere ricaduta in un déjà-vu, in una situazione che aveva purtroppo già vissuto e sperimentato sulla sua pelle, solo qualche settimana prima.
Un uomo era seduto sulla poltrona di pelle, con i gomiti poggiati sulle ginocchia e le mani a sorreggere il viso. Era stanco o forse solo spazientito dall'atteggiamento della sua preda, che non si era ancora accorta della sua presenza. Sperò con tutta se stessa che non fosse il biondino altrimenti non avrebbe saputo come comportarsi.
─ Mi stavo chiedendo quando ci avresti messo.
Quella voce era inconfondibile.
L'avrebbe riconosciuta anche in mezzo al caos, ad una folla urlante e scalpitante di persone.
Lei avrebbe saputo che apparteneva solo a lui.
E lui in quel momento era lì.
E non era un sogno, era la vita reale.
Si alzò e le venne vicino.
Il suo odore le colpì le narici, sprofondando in esse.
Però aveva qualcosa di distorto, quella volta.
Attaccato alla pelle, a quella felpa pesante c'era un altro odore, più sgradevole.
E non era sudore o il puzzo della sigaretta, era qualcos'altro.
Qualcosa di freddo, che sapeva di ferro e di morte. Ma si disse che forse stava viaggiando troppo con la mente.
Una domanda si fece spazio nella mente della giovane e come un eco lonatno, venne ripetuta ad alta voce.
─ Perché sei qui?
Chiese mantenendo ancora la pistola ben salda davanti al suo viso.
Intanto qualcosa simile alla felicità si fece spazio nella sua pancia.
Alex la superava, in altezza, in fisico, in carattere...in qualsiasi cosa. Per questo fu facile per lui fargli abbassare e prendere l'arma.
─ Ragazzina, sei stata tu ieri sera a chiedermi di restare. ─ biascicò quella parole con compostezza e fermezza, mentre smontava e rimontava il ferro, con aria assente e gesti meccanici, di chi ha l'abitudine di farlo sempre.
Poi riportò l'attenzione su Hazel, che intanto aveva incassato il colpo in religioso silenzio e non aveva replicato.
Nel frattempo ripresasi da quel mutismo, provò a riprendersi la pistola, ma senza successo.
L'uomo divertito da quel improvviso attacco di rabbia da parte della ragazza, alzò con il braccio la pistola portandosela sopra la testa.
Con gli occhi che lanciavano saette, le si buttò addosso alzando le braccia, arrivando a graffiare la pelle dell'uomo, che sembrava non essere minimamente scalfito.
─ Ridammela!
Gli urlò contro, quando ormai si era rassegnata a quel epilogo cercando di mettere da parte l'orgoglio.
Alex aspettò ancora qualche secondo e poi si allontanò per poggiare la pistola sul piccolo tavolino posto al centro tra i due divani. Poi con la coda tra le gambe, ritornò da lei.
Hazel aveva osservato i movimenti dell'uomo sorpresa.
In qualche modo aveva la sensazione che lui non era abituato a perdere.
Un pensiero vagò improvvisamente a quando l'aveva visto entrare quella mattina di due mesi prima, con l'amico biondo, con il diavolo a cui aveva ceduto senza preamboli se stessa, ripensando però, al modo in cui lui aveva varcato quella porta, invadendo senza pudore la vita di John, perché il Diner rappresentava per John tutta la vita. In quelle mura bianche ne potevi leggere il sudore, la perduta spensieratezza di un giovane uomo ormai lontano, quando tutto sapeva di speranza e non si conosceva nemmeno cosa volesse dire delusione, rammarico e tristezza.
Un onda travolgente di rabbia le fece incarnare la spina dorsale, assottigliare gli occhi e stringere le mani in pugni.
Moriva dalla voglia di urlargli contro ma dovette frenare quelle parole tra i denti.
Perché se lui era lì era perché lei doveva capire. Era solo quello il reale motivo.
Si ridestò da quella contrazione improvvisa e cercò di tornare ad essere la Hazel ingenua, quella che piaceva a quell'uomo brutale.
Ma niente servì a frenare la caparbietà di una donna come Hazel.
In un attimo lasciò lo sguardo dagli occhi incantatori di lui, per incontrare il ferro senza anima posto sul tavolo.
Quell'oggetto in qualche modo rappresentava la linea che li separava e nello stesso tempo li univa.
Lei era ferita nell'animo.
Lui invece anche nel corpo.
Erano due pianeti che credevano di essere così distanti, così diversi.
Hazel infatti si credeva migliore dell'uomo che impostato la osservava, anticipando poi i suoi stessi movimenti.
Alex invece credeva di essere il veleno che avrebbe contaminato il mare. Quel mare d'inverno, in continua tempesta.
Con una falcata abbracciò il corpicino della ragazza, alzandola senza alcuno sforzo dal pavimento. Lei scalciava, si dimenava immersa nelle braccia del russo.
─ Lasciami cazzo!
Urlò ma non servì a niente, se non a rendere ancora di più la stretta una morsa.
Sentiva sul suo collo il caldo respiro dell'uomo, talvolta irregolare, segno che anche lui fosse umano. Chiuse gli occhi e non se ne accorse nemmeno. Forse perché era troppo concentrata ad odiarsi o ad odiare lui, la sua forza e il suo corpo.
Quando gli sembrò che la ragazza si fosse quietata, la lasciò andare facendola cozzare contro il pavimento.
La caduta non fu poi così dolorosa, ma provò lo stesso un leggero fastidio all'osso sacro, cosa che si affievolì quando prese a massaggiarlo.
Con gli occhi puntati sul parquet, sentiva su di se quegli occhi furbi che come sempre, la osservavano in ogni suo movimento. Quando faceva in quel modo si sentiva terribilmente in imbarazzo, ma allo stesso tempo si sentiva lusingata, fuori posto, bella, brutta, ingenua, delle volte anche vittima. Vittima di quegli occhi blu zaffiro.
Di nuovo un moto di rabbia, di stizza le percorse lungo la linea della pelle pallida, mentre si alza e si rimetteva apposto il pesante maglione blu che aveva deciso di indossare.
L'aveva fatta sentire ancora una volta un inietta, una debole e questo lei lo detestava. Si era accorta anche, che agli occhi dell'uomo risultava un agnellino che doveva fare attenzione, se non voleva finire tra le fauci di un grande lupo. Questo perché gli era scoppiata a piangere in faccia la prima volta che si erano ritrovati in quella stanza, in quella determinata circostanza non era riuscita a mantenere il sangue freddo e così, aveva lasciato che la parte più fragile di lei venisse fuori sotto forma di calde lacrime e singhiozzi strozzati, che le avevano sconquassato l'anima, riducendola in poltiglia.
Spinta dal voler dimostrare la sua forza, gli si buttò addosso, colpendogli lo stomaco con un forte pugno.
Alex non se lo sarebbe mai aspettato.
Quella ragazza dai capelli color del grano, gli aveva appena dato un pugno. E più lo pensava e più stentava a crederci. Stette per qualche minuto con la faccia sbigottita, piegato su se stesso non perché quel pugno fosse stato così forte, ma perché si era sentito come quando la mamma da piccolo, gli dava uno schiaffo in mezzo ad un gruppo si persone che lo stavano guardando. Era così stupito ma orgoglioso allo stesso tempo. Si era appena reso conto del coraggio della ragazza e dovette rivedere il pensiero che gli era nato quando l'aveva vista la prima volta. Però, quella sensazione finì dopo poco, quando lo stupore divenne profonda furia, perché Alex non conosceva mezzi termine e anche se poteva risultare da uno sguardo esteriore la persona più calma del mondo, delle volte quella sua freddezza nascondeva un leone pronto a sbranare la preda.
In un attimo un ombra coprì il corpo esile della ragazza. Due braccia si aggrapparono intorno al bacino. I piedi non toccavano più il pavimento ma l'aria. Un urlo si levò nella stanza, mentre Hazel si trovava di nuovo stretta tra quelle braccia a dimenarsi.
L'uomo intanto si era mosso, tenendo stretta tra le braccia quel corpicino così fragile ma così forte, ma di una tenacia inaspettata, una sorpresa sia per lui ma anche per lei.
Arrivò nella stanza della ragazza e invece di buttarla per terra, decise di lasciarla sul letto disfatto.
Poteva vedere la collera ritratta in quegli occhi chiari anche dall'altra parte del palazzo.
Lei intanto accortasi di quello che era appena successo, si ridestò e si sedette sulle ginocchia, con i pugni lungo i fianchi e la schiena rigida.
Lui invece passata la collera, se ne stava divertito con le braccia incrociate davanti al petto, aspettando la prossima mossa della ragazza.
─ Sei uno stronzo! Hai capito Alex, uno stronzo?!
Ormai era un fiume in piena e non si sarebbe di certo fermata a quel piccolo insulto, no. Il suo cervello, unito all'astio e all'orgoglio bistrattato, stavano cucinando un mix aberrante di parole, che avevano lo stesso peso di una lama.
E quella lama stava per essere lanciata verso il cuore, perché doveva tagliare e ferire per bene. Doveva dissanguare quell'uomo che impostato lì davanti a lei, se la rideva.
Ti farò passare la voglia di ridere, stronzo!
─...e mi fai schifo! Perché un uomo normale non va a puttane soprattutto se è un uomo che può! E sai cosa intendo, maledetto figlio di puttana!
─ Uno che può? Che cazzo vuol dire!
Urlò lui fermandola.
Di rimando lei, assottigliò lo sguardo, per riprendere poi a parlare.
─ Non fare il coglione, lo sai benissimo.
Ma l'uomo non rispondeva e dall'espressione ritratta sulla faccia, era evidente che non avesse compreso quello che la biondina stava cercando di dirgli.
─ Intendo che sei un uomo affascinante e i tipi come te, non hanno bisogno di pagare una persona, comprendi?
Alex serrò la mascella e si irrigidì ancora di più.
─ Ma ovviamente un motivo a questo ci deve essere? No, Alex?!
La viscere di Alex furono contratte da un dolore e un fuoco improvviso. Quel calore poi si irradiò per tutto il corpo, andando ad attaccare ogni singola cellula.
Aveva capito.
Aveva capito quello che stava dicendo, dove il discorso se pur detto con ferocia, stesse andando a parare. Aveva un unico binario, quel discorso.
─ E quale sarebbe questo motivo, dolcezza? Illuminami!
Lei lo guardò e improvvisamente un sorriso cattivo si dipinse sul volto, andando a deformare i suoi dolci lineamenti. Quella non era Hazel, quello era un mostro che Hazel covava dentro e che aveva lasciato andare.
─ So chi sei Alex.
Il ragazzo intanto le si era avvicinato, gattonando su quel materasso fino a sfiorargli il respiro. Lui semplicemente la guardava senza far trasparire alcuna emozione sul viso.
Era bravo in quello. Però quel leone era ancora sveglio e stava ruggendo.
Distogliendo per un attimo lo sguardo da quel viso di porcellana, prese una decisione.
La mano scatto a stringergli la mandibola. Aveva deciso che voleva che soffrisse, che sentisse, scoprisse il demone di Alex, quello sanguinario e violento. Quello che ammazzava e non provava rimorso.
Hazel sbarrò gli occhi e tentò di liberarsi muovendo la testa, ma fu tutto inutile, perché quello stupido gesto dettato dalla paura, servì solo a far aumentare la stretta dell'uomo, che faceva davvero male.
─ Sì cerbiattino, sono un killer, un fottutissimo assassino. E vuoi sapere una cosa? La vuoi sapere? Mi eccita vedere il sangue, la morte e gli occhi che non hanno più un anima.
Poi gli lasciò andare il viso e portò una mano ai capelli che erano ricresciuti, per sistemarli.
Quando riportò gli occhi verso di lei, la rabbia che aveva scritto nei suoi occhi quando aveva pronunciato con fervore quelle parole, aveva lasciato spazio alla paura e al disgusto.
Alex sentì come se cento lame gli avessero tagliato le vene.
Preso dalla foga si era lasciato trasportare dal mostro nero che risiedeva in lui e l'aveva disgustata.
Non gli rimaneva che andarsene e sperò con tutto se stesso, che l'avrebbe potuta rivedere, perché ne aveva un disperato bisogno.
─ Io vado.
Disse soltanto e bastò quello a far svegliare Hazel, presa ancora dal turbine di quelle parole vomitate senza rispetto.
─ No! Aspetta ferma...─ urlò la ragazza che lo fermò trattenendolo per il polso.
Non sapeva perché l'avesse fatto, perché avesse fermato l'uomo nonostante quel semplice contatto la nauseasse ma convinta come era dell'andare fino in fondo al suo piano, aveva deciso in quell'istante di passarci sopra, in fondo anche lei aveva dei segreti e forse in quella situazione, si stava comportando anche peggio di lui.
Con la pura che non potesse più vederlo e quindi che lasciasse andare quella verità che tanto stava cercando, gli chiese se poteva accompagnarla a lavoro.
Quella tranquillità non passò di certo in osservata ad Alex, che nel frattempo, aveva accettato perché nel suo petto qualcosa simile alla felicità si mosse.
Una felicità che non provava da molto tempo, pervase l'anima corrotta e mise a tacere il leone.
Spazio autrice
Allora colgo l'occasione per dirvi che gli aggiornamenti saranno irregolari, ma penso che questo lo avevate già capito.
Secondo, ma questo non fa parte della storia, venerdì sono andata a vedere Captain America e Dio...un film davvero fantastico, mi è piaciuto tantissimo, tanto che stavo pensando di scrivere una fanfiction sul soldato di inverno (va beh è un progetto moltoooo astratto).
Quanti di voi sono andati a vederlo? Vi è piaciuto?
Alla prossima che spero sia venerdì.
Ah...grazie per le 4k visualizzazioni, vi amo!
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