Capitolo 11
Non appena mise piede nel locale, fu scortato da un uomo vestito di nero nell'ufficio di Clay.
Quando vi entrò, lo trovò con le mani incrociate e i gomiti poggiati sulla grande scrivania di mogano, tanto imponente da occupare due terzi della stanza. Affianco alle sue braccia, era stato posizionato un laptop dell'Apple, con lo schermo aperto.
Quando si accorse di aver visite, alzò il viso mentre delle rughe di espressione gli solcavano il viso olivastro.
─Vieni pure avanti e accomodati su una delle due sedie.
Non cera la solita gentilezza nella sua voce ma ben si, era pressoché piatta e incolore, come i suoi occhi. Sam prese posto sulla sedia di sinistra e con il viso leggermente scocciato gli chiese cosa doveva fargli vedere.
L'uomo girò il computer e Sam, guardandolo negli occhi, si portò il viso vicino lo schermo.
Quello che gli si presentò davanti gli occhi era la figura di una ragazza minuta con una faccia preoccupata se non terrorizzata.
─Che significa?
L'uomo sospirò e dopo essersi passato una mano sull'attaccatura del naso, come a massaggiarlo, si concentrò sul ragazzo che aveva di fronte.
─Circa un mese e mezzo fa, più o meno, siete venuti nel mio locale perché dovevo parlarvi di Patrick e di altre questioni legate al club.─ si fermò cercando il consenso del biondino per andare avanti. Quando l'ottenne, continuò.
─Bene, quella sera vi avevo detto che l'unico posto al sicuro -perché era stato "ripulito" era il bagno e fu proprio lì che parlammo delle nostre questioni. Infatti all'occorrenza andò tutto liscio. Ma pochi giorni fa, ho chiesto ai miei uomini, per ordini ricevuti dall'alto, di controllare i filmati di quella settimana, la settimana che ci siamo visti e beh...è saltato fuori che qualcuno ci ha sentito. ─ concluse indicando lo schermo e il viso della ragazza.
Sam capì. Lo aveva chiamato perché risolvesse la questione.
─Che cosa sapete di lei?
Clay rise, ma quella risata era strana. Fredda e tagliente, come il vero motivo per cui il ragazzo era stato chiamato. Nello stesso tempo gli occhi dell'uomo gli facevano sapere che non aveva sbagliato nel rivolgersi a lui, perché lui, era l'uomo giusto per quella missione.
─Abbiamo chiesto un po' in giro, ai camerieri del posto ma non ricordano niente.
Perfetto. Davvero meraviglioso.
Furono questi i pensieri di Sam, prima di lasciare l'uomo.
E adesso, da dove avrebbe iniziato?
***
Dopo esser uscito da lì, fece una cosa molto semplice. Tornò a casa.
L'appartamento di Sam si trovava a Manhattan, una casuccia che dava sull'Empire State Building, regalo concessagli da suo padre, che tra i vari e ridondanti giri per l'Europa, non si era mai posto il problema su quale fosse il reale lavoro di suo figlio. Pagava regolarmente gli alimenti alla sue ex moglie non che madre dell'unico maschio e risolveva i problemi di matrice economica, del primogenito, quando ovviamente andava ancora al liceo. Per il resto era un fantasma come d'altronde la loro relazione affettiva.
Sam parcheggiò la moto nel boxe e poi si accinse ad entrare nel grande appartamento.
Salutò Billy il portantino, e poi marciò dritto verso l'ascensore che lo portò dritto al suo attico. Come per Alex, lui non conosceva porte ma solo ascensori.
La casa era animata da colori neutri che andavano dal bianco al nero, per giungere all'avorio dei divanetti e dal rosso-arancio del finto caminetto.
Si limitò a poggiare le chiavi sul ripiano in marmo bianco della cucina e a lanciare la giacca su una delle poltrone. Poi si sedette con le gambe aperte su uno dei due divani che davano sul grande finestrone del soggiorno, da cui si poteva ammirare tutta New York, con il suo via vai continuo di gente in corsa, i taxi gialli e i clacson facili. E mentre guardava lo spettacolo della strada, pensava a chi potesse essere la misteriosa ragazza.
Qualcosa però gli diceva che non poteva essere una spia perché altrimenti avrebbe avuto il viso contratto da un'espressione rilassata se non seria ma lei, aveva il viso tramortito da un'espressione di puro terrore e questo non rendeva la situazione normale. Credeva anzi, che avesse avuto la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato.
Frustrato perché non sapeva proprio come fare, abbandonò la testa, che era diventata troppo pesante, all'indietro in attesa di un miracolo che sembrava proprio non arrivare.
Prima di andare via però, si era fatto inviare la foto della ragazza via e-mail, quindi dedusse che il primo passo da fare fosse proprio quello di scaricare la foto.
Con un enorme sforzo fisico si alzò da quel candore, che era rappresentato dal divano e si diresse verso l'ufficio.
Attraversò l'atrio, poi il corridoio ed infine giunse in prossimità di una porta bianca levigata , l'aprì e vi entrò.
Nell'ufficio c'era una grande libreria fatta di legno di ebano vicino alla finestra che si trovava di fronte alla porta, una scrivania dello stesso colore al centro con una sedia munita di piccole rotelle nere e con lo schienale bianco trasparente.
Sam aggirò la scrivania e si sedette su di essa, poi aprì il suo laptop ASUS e lo acese .
Sapeva benissimo che da solo non ce l'avrebbe fatta, non in quel campo, perché un conto era seguire o pedinare persone, un altro era cercare di decriptare un messaggio in rete.
Pensò bene di fare una telefonata a un suo amico, ad uno che aveva molti debiti con lui.
Prese il cellulare dalla tasca anteriore dei suoi pantaloni neri e compose il numero. Poi attese che l'uomo rispondesse.
─Pronto?
Rispose una voce squillante, cosa che fece alzare immediatamente gli occhi al cielo di Sam. Proprio non la sopportava.
─Tra dieci minuti ti voglio a casa mia.
Poi, senza aspettare alcuna risposta, chiuse la chiamata.
Tutti sapevano che quando Sam chiedeva, si doveva solo che ubbidire. Dio solo sapeva poi, cosa sarebbe successo ad una risposta negativa.
L'uomo infatti non tardò ad arrivare e quindici minuti più tardi, si trovava a smanettare su quel computer che sembrava prendere vita propria ad ogni battito.
─La foto fa davvero schifo però se ingrandisco qui (ed indicò la faccia della ragazza) poi aggiungo questo qui (era una sorta di programma hacker, usato dalla polizia per cercare di rendere le foto pulite) perché una volta che avremmo ottenuto la faccia tonda e chiara della ragazza, poi la passeremo all'interno dell'archivio della polizia.
Sentendo le parole pronunciate con una certa impazienza ed eccitazione, una domanda apparse però nella mente di Sam, che non si ritrasse da non farla.
─Tutto questo grazioso lavoro, non mi metterà nei guai vero?
Una leggera risata si alzò dalla gola dell'uomo, che aveva nome Flint, poi alzando leggermente i suoi occhi dal computer rispose:
─Non preoccuparti, lo ripulirò dopo.
Come se fosse la cosa più ovvio del mondo. Sam volle fidarsi e per una volta, non aggiungere domande o fare considerazioni. Invece stette zitto e seduto, con il tallone poggiato sul ginocchio destro, sulla poltrona bordeaux vicino la libreria.
Un'ora più tardi l'uomo aveva ripulito l'immagine e aveva bai-passato il programma della polizia.
Dopo varie ricerche apparve un nome.
A quanto pare la ragazza, che sembrava un angoletto, aveva combinato qualche casino.
─È stata arrestata quando aveva diciotto anni per aver preso parte ad una manifestazione studentesca finita a sangue e botte. È stata in carcere per tre giorni, poi un ragazzo ha pagato la cauzione ed è uscita.─ lesse Flint ad alta voce attirando così l'attenzione di Sam, che nel frattempo si era alzato e gli era andato vicino.
─Più niente? Cioè non dice dov'è il suo domicilio?─ chiese Sam con voce speranzosa. Non gli andava di andare in giro per Brooklyn a domandare se conoscessero la ragazza.
─Sulla 19th Jackson Place, nel quartiere di Park Slope. La ragazza sta parecchio in periferia.─ e concluse con una risatina che sapeva di sarcasmo mal riuscito.
Sam smise di guardare lo schermo e posizionò i suoi occhi verso un punto indefinito della stanza, programmando di già la prossima mossa.
SPAZIO AUTRICE
I'm back!
Avrei dovuto aggiornare ieri, ma ho avuto da fare, quindi l'ho fatto oggi.
Come sempre, se vi è piaciuto il capitolo mettete una stellina o commentate, esprimendo il vostro parere. Anche se so che nessuno avrà letto cosa ho scritto (d'altronde nessuno legge gli spazi autori) vi saluto e vi auguro un buon sabato.
Alla prossima. Ciaooooooo!
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