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Capitolo 10

"Choose future, choose life"

Sam guardava divertito quella scritta sul muro davanti ai suoi occhi.

Scegli il futuro, scegli la vita.

Lui il futuro se l'era scelto e quel futuro aveva in qualche modo compromesso tutta la sua intera esistenza. Nel momento in cui aveva scelto di fare il serial killer, aveva preso coscienza del fatto che doveva agire silenziosamente, doveva farsi rispettare, ma sapeva soprattutto che quella vita lo avrebbe portato continuamente a camminare sul filo che divide la morte dalla vita.

Ma quella linea lo elettrizzava come una potente scarica elettrica.

Gli piaceva sapere che un passo falso lo avrebbe portato a morte certa e spesso l'aveva sfiorata, solo per sentirne il sapore. Gli capitava soprattutto quando correva con la moto o quando si ritrovava in una scazzottata con un uomo che all'esterno poteva sembrare un vichingo, ma Sam era terribilmente intelligente e vinceva, quasi sempre, ma ce la faceva.

E poi gli piaceva avere le mani insanguinate.
Avere il potere di decidere il destino di qualcuno, decidere della sua vita, essere per un istante Dio.

Quella mattina si era recato nel quartiere irlandese di New York perché doveva contrattare con Kent, il capo dell'IRA. Doveva vendergli le armi, una dozzina di Kalashnikov e delle mitragliette.

In quel momento si trovava fuori dall'Irish Pub ad osservare quella scritta nera un po' sbiadita. Le mani nelle tasche del chiodo nero con lana all'interno, i capelli ricci disordinati e gli occhi attenti e furbi.
Poi si mosse.
Con quell'eleganza che apparteneva agli uomini dell'alta classe, mise un piede fasciato dai Dr. Martens, uno davanti l'altro fino a quando non girò l'angolo e si ritrovò davanti al locale.

Prima di spingere la porta ed essere travolto da quella vitalità tutta strisce verdi ed arancioni, ebbe l'accortezza di guardarsi intorno. Aveva la pesante sensazione di avere su di se due occhi che da lontano lo guardavano, lo spiavano invadendo il suo spazio, la sua privacy. Questa sensazione era nata nel momento in cui aveva messo piede fuori di casa ed era salito sulla sua Harley.
Guardò a destra e a sinistra ma non notò niente di strano.
Doveva dare atto al suo stalker, sapeva fare bene il proprio lavoro.

Scrollando le spalle, spinse la porta in legno grezzo ed entrò.
L'odore di birra si andò a mischiare con quella musichetta allegra tipica di quelle regioni, ma nel locale non c'era ancora nessuno. Del resto erano solo le nove di mattina ed il pub non avrebbe aperto tra meno di un ora, quindi aveva tutto il tempo.
─Hey Sam, come ti vanno le cose?

Sam, tenendo sempre le mani in tasca, si accinse ad avvicinarsi verso l'uomo che lo aveva chiamato.
Si sedette su uno sgabello e l'uomo fece lo stesso. Prese ancora qualche minuto strofinando meccanicamente il naso e poi finalmente rispose all'uomo.
─Tutto bene, anche se potrebbe andare meglio.
L'uomo sorrise e invitò il barista a versargli uno sciortino.

Ovviamente non passò inosservato agli occhi di Sam, gli sguardi languidi che quel candido ragazzino dai capelli biondo cenere gli riservava timido.
Quando gli servì il bicchiere munito di sotto bicchiere, Sam gli fece l'occhiolino ma niente più, sentiva ancora addosso l'odore ed il sapore delle labbra di Donovan e proprio non riusciva a pensare ad altri. E questo lo spaventava, lo irrigidiva in tutto il corpo. Nello stesso tempo stava imparando lentamente ad accettare questa cosa che per lui era nuova. All'inizio lo aveva fatto solo per fare un dispetto ad Alex, poi però qualcosa si era mosso nelle sue viscere e spaventato, lo aveva semplicemente abbracciato ogni volta che vedeva i suoi dolci occhi o il suo timido sorriso. Forse era quello che lo faceva impazzire di più di Donovan, questa sua inesperienza e timidezza, che si andava a scontrare con la sua di anima e con quel lavoraccio che si era scelto.

─Il carico è arrivato.─ si rivolse all'uomo che doveva essere Kent e poi proseguì:
─Il capo vuole il solito anticipo prima della consegna.─ detto questo svuotò il bicchiere che immediatamente gli infiammo la gola e lo stomaco e poi rivolse i suoi occhi scuri totalmente a Kent, che intanto sembrava assorto da qualcosa lontano.

Quando Kent sembrava aver ripreso l'uso della parola, i due furono costretti a guardare verso la porta che malamente veniva aperta con un tonfo secco.

Due uomini incappucciati fecero il loro ingresso.
Indossavano scarponi neri e inforcavano due pistole che presero subito a fare fuoco.

Sam non perse tempo. Si buttò per terra e si portò dietro anche che Kent.
Estrasse dalla cintola posteriore la sua beretta M9 e cominciò a fare fuoco, nascondendosi dietro il bancone.

Un rumore assordante superò quello allegro della radio, mentre gli uomini di Kent con due fucili a pompe cominciavano a far cadere sui due uomini una pioggia fredda di proiettili. 
Ma quei due, sembravano avere più esperienza degli irlandesi stessi che invece maneggiavano i fucili, con una certa inesperienza. Li tenevano come si tiene un gatto selvatico: alla larga.

Entrambi non avevano fatto i conti con Sam, perché dopo aver cambiato le munizioni si alzò in piedi e li colpì di sorpresa. Mirò e uno cadde sotto un colpo inferto alla gola e alla testa. Una pozza di sangue si andò subito ad allargare sotto il corpo inanime mentre l'altro interferito continuava a far fuoco. Il gioco durò ancora per pochi istanti, fino a quando il tizio vestito di nero non cadde ferito alla gamba.

Con un gesto secco, Sam gli si avventò addosso senza curarsi minimamente dei proiettili che lo sfioravano. Poi gli irlandesi smisero di fare fuoco e abbassarono le armi.

Lo prese dal bavero per fargli alzare la testa, mentre con un piede andava ad incidere sulla ferita al polpaccio.
La faccia, una maschera di terrificante sdegno.

─Chi cazzo ti ha mandato?!─ la rabbia si era impossessata di lui mentre nella sua mente pensava già alla morte che gli avrebbe inferto.

Premette ancora di più il piede sulla ferita mentre l'uomo urlava di dolore.

Qualcosa si mosse nei suoi pantaloni e sapeva anche a cosa era dovuto.
Ogni volta che sentiva urlare di dolore qualcuno, il suo amichetto prendeva libero arbitrio e gli faceva notare che esisteva. Ma in quel momento non poteva di certo dargli retta.

Sapeva solo che la sensazione di essere guardato era vera. E proprio per questo si maledisse con tutto se stesso. Doveva scrutare meglio, doveva andare a prenderlo di pugno prima che la sparatoria e il caos avvenisse. In quel momento pregava che quell'irlandese del cazzo, non avesse ripensamenti sull'acquisto perché se ne erano cazzi, per il club, che non faceva sconti a nessuno e per lui, soprattutto per la sua persona.

─Cazzo ti ho fatto una domanda!─ urlava e lo dimenava e calcava il piede.

─Fottiti!─ gli urlò quello di rimando mentre un ringhio gutturale uscì perentorio dalla bocca del biondino.

Adesso era iracondo e quando Sam si arrabbiava, non c'era via d'uscita.

Digrignando i denti, lo prese di peso e lo buttò con una forza impressionante sul bancone.
I presenti erano intimoriti tanto quanto l'uomo steso vulnerabile sul bancone.

Puntò la pistola che aveva in mano dritta sulla fronte dell'uomo e con sguardo torvo rivolse la domanda ─Facciamo un gioco ti va?─ ma la sua era una domanda con annessa già la risposta. Si sistemò meglio la giacca e piantò con più forza l'arma sulla testa della vittima.
Gli occhi pazzi di un nero spettrale.
─Ad ogni risposta sbagliata questo piccolo proiettile andrà a lacerare una parte che a mio piacimento sceglierò, ma se mi darai la risposta giusta beh...vedrò di ricompensarti.

L'uomo era impaurito ma dai suoi occhi non c'era una punta di rassegnazione o di colpa per quello che aveva commesso, comunque stava decidendo nella sua testa, se il biondino avrebbe mai avuto il coraggio di mettere in atto quello che gli aveva premeditato. Molti facevano così, minacciavano e basta, forse qualcuno picchiava ma quasi tutti, lo facevano per traumatizzare la vittima. Decise quindi di tenere la bocca chiusa. 
Non avrebbe mai potuto prevedere che un viso d'angelo come Sam, si sarebbe rilevato un demone, senza anima e assetato di sangue.

─Poiché non ho tempo da perdere, cominciamo subito. Chi.cazzo.ti.ha.mandato!─ e pronunciò quell'ultima parola digrignando i bianchi denti.

L'uomo continuò col suo mutismo e Sam, essendo un uomo di parola rise languidamente e fece scattare la sicura dalla sua pistola.

In un attimo la vittima si rese conto che quel pazzo faceva sul serio e che le parole dette non erano cazzate. Se ne rese conto solo quando gli puntò la pistola sulla sua coscia e senza staccargli gli occhi di ossidiana da dosso, fece fuoco.

Schizzo del sangue che andò ad imbrattare la sua mascella e il suo giubbotto ma tutto quello che sentì fu un nuovo spasmo che arrivava dritto dai pantaloni neri. Si costrinse a pensare al ghiaccio ma non funzionò.

Mentre l'uomo urlava, lui fece scattare di nuovo la pistola sulla fronte.

Stava per aprire bocca per dirgli quale sarebbe stato il prossimo bersaglio che qualcuno lo precedette.

─Non lavoro per nessuno, sono solo un cazzo di mercenario che va dove tira il vento! Per favore smettila!

Alzò gli occhi al cielo, poi sospirò e fece fuco.

Quello che ottenne fu altro sangue sul suo viso e l'erezione pesante nei suoi pantaloni.
Rimise la sicura e si portò la mano dietro i pantaloni.
Improvvisamente parve ricordarsi che al suo teatrino avevano assistito anche degli spettatori.
Con un sorriso tirato si rivolse a Kent.
─Dirò ai miei uomini di venire a prendere i corpi. Ovviamente detrarrò dalla somma prevista le spese per la pulizia e del disturbo.

Kent avrebbe tanto voluto rispondere che non c'era più trattativa che avrebbero comprato dai russi, perché se si era fatto seguire lui allora la loro vita, la sua, erano in pericolo. Ma non lo fece, non dopo aver visto che cosa era capace di fare, non dopo aver assistito con i suoi occhi a quello che aveva fatto e si era reso conto che le chiacchere sul Joker, erano vere. Ma non erano state tanto le minacce ma quegli occhi scuri e letali, capaci di farti gelare il sangue nelle vene.
Si schiarì la voce e poi rispose ─Non devi preoccuparti!

Sam fece un cenno di assenso con la testa e aggirò il bancone per prendere un fazzolettino di carta e pulirsi il viso e le mani.
Il ragazzino dai capelli biondi e gli occhi azzurri parve aver perso tutto l'interesse per lui e Sam avrebbe tanto voluto sbatterselo proprio in quel momento, giusto per dare sollievo al suo amico che la sotto spingeva per uscire.

Prese il fazzoletto con la quale si pulì il viso e le mani, poi estrasse dalla tasca del chiodo il cellulare e compose il numero di Alex. Era lui il suo superiore che doveva mettere al corrente di quanto successo.

─Pronto.

─C'è stata una sparatoria all'Irish pub.

Dopo un momento di silenzio, l'amico rispose.

─Sto arrivando

─Ho risolto tutto. È sicuramente opera di Patrick, ma gli uomini erano due mercenari.─ grugnì per la scottante delusione. Senti Alex sospirare dal cellulare.

─Va bene manderò qualcuno a sistemare i corpi come di dovere. Ora devo riattaccare, devo andare.─ e come sempre non gli diede nemmeno il tempo di salutarlo che riattaccò.

Frustrato per come la mattinata si era sviluppata, si passò energicamente una mano sulla faccia.
Prese la chiavi e mentre stava per mettere in moto, il cellulare squillò.

Sbuffando lo prese e lesse sul display il nome di Clay's Elephant.

E adesso che cazzo voleva pure lui?

─Ehy Clay! Che succede?

Nascose all'uomo dall'altro capo del telefono il tono scocciato, cercando di essere il più disinvolto possibile. Appunto cercando.

─Vieni immediatamente al club. Devi vedere una cosa!

Improvvisamente il suo corpo si irrigidì a sentire l'uso dell'imperativo. Tutti sapevano che era meglio evitare quel verbo nei confronti di Sam e se era stato usato dall'uomo, un motivo valido c'era. Non perse tempo. Riattaccò e sedendosi sulla moto, partì alla volta della discoteca.

SPAZIO AUTRICE

Okay il capitolo è un po' lungo e il protagonista e Sam la fa da padrone.
Devo dirvi che anche nel prossimo sarà la sua figura a prevaricare e giuro che non doveva andare così, però quando scrivo di Sam, la mano prenda vita e il personaggio pure.

Questo capitolo e il prossimo sono importanti, sopratutto il prossimo, per quanto riguarda lo sviluppo della storia (che credo stia andando un po' a rilento). 

Come sempre, fatemi sapere in un commento o con una stellina, se il capitolo sia stato di vostro gradimento.

Non posso che ricordare cosa sia successo tre giorni fa a Bruxelles e quindi il mio pensiero va alla vittime e alle famiglie delle vittime. 
#PrayforBruxelles

Poi volevo farvi gli auguri di buona pasqua <3

Al prossimo capitolo. CIAOOOOOO!

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