77. Yellow
Canzone per il capitolo:
Yellow – Coldplay
****************
Sara
*Dirti che Chris ti sta aspettando nonostante tutto, immagino non cambi nulla, vero?
*Dovresti vedere la sua faccia... continua a guardare sconsolato l'entrata dell'aeroporto come un cagnolino in attesa del ritorno del padrone... Allego foto, magari riesco a convincerti.
I messaggi di Scott erano arrivati mentre ero ancora bloccata in negozio e hanno dato il via al botta e risposta che è continuato a lungo, fino al mio ritorno a casa. Ha tentato in tutti i modi di convincermi, pure con una foto di Chris che parlava con Maia e nella quale non mi sembrava affatto malinconico, ma senza successo.
*Erano solo tre parole, Scott, e lui non ha avuto il coraggio di dirmele. Questo mi fa capire tutto quello che serve.
*Non sai quanto tu ti stia sbagliando...
L'aereo deve essere già decollato, e ormai a dividerci sembra esserci più che terra e mare. L'idea di non rivederlo più mi fa male, eppure in un certo qual modo mi sento bene. Forse, ora che sarò libera e sola, riuscirò a pensare più a me stessa e a ciò di cui ho realmente bisogno. Non so bene che cosa possa colmare il vuoto lasciato da mio padre, ma spero di scoprirlo presto.
La chitarra è nuova, la tengo stretta in grembo e la accarezzo. Cerco di prendere confidenza con lei, con l'ultimo regalo che Chris mi ha voluto lasciare. È stato un pensiero stupendo, inaspettato... e come sempre, quel ragazzo è riuscito a confondermi ancora una volta. Proprio quando il suo regalo era riuscito a darmi il coraggio di aprirmi del tutto con lui, eccolo a compiere un passo indietro. Nei messaggi, Scott continuava a ribadire che si è pentito, che la sua reazione è stata solo dettata dalla paura... ma io non so davvero che cosa pensare.
Le ragazze tardano parecchio per tornare dall'aeroporto, c'è solo Silvia in casa con me. Purtroppo è come se fossi da sola, visto che, da quando sono tornata dal negozio, non ha ancora messo fuori il naso dalla sua camera. Credo di averla sentita singhiozzare di tanto in tanto, ma se negli ultimi mesi ho imparato a conoscere quella ragazza, è che devo lasciarla da sola fino a quando non riuscirà a calmarsi. Non so davvero come possa finire ciò che c'era tra lei e Lucas, soprattutto ora con la gravidanza. Continuo a pensare e sperare che prima o poi quel ragazzo si renderà conto dello sbaglio che sta facendo e che tornerà da lei. Ma se la lontananza distruggesse davvero ogni cosa?
Scaccio subito quel pensiero dalla testa. Accarezzo le corde dello strumento, le sfioro con il plettro giallo che porta le iniziali del mio soprannome in pennarello: GG. La sua scrittura. Solo lui mi chiamava così. Inevitabilmente penso a Chris, al ragazzo che, in un modo o nell'altro, mi è stato vicino in questi ultimi mesi. Nonostante le nostre parole di ieri sera, la sua ennesima prova di paura e insicurezza, non sono arrabbiata con lui. Sono solo delusa da me stessa, perché me lo sarei dovuta aspettare: perché mai un ragazzo bello e interessante come lui, dovrebbe arrivare ad amare una nullità come me? Il giallo brillante del sole d'estate, quello macchiato di arancione dal tramonto o del rosa dell'alba, come può incontrarsi con il grigiore di un freddo e anonimo pomeriggio piovoso d'inverno?
Quasi per un momento ci avevo creduto, ma forse, nei suoi occhi ho soltanto intravisto il riflesso di un'illusione, il tiepido sentimento che muove i corpi e i cuori dei ragazzi in vacanza, via dai propri luoghi, fuori dalle proprie case. Se ci fossimo incontrati a Londra, probabilmente lui non mi avrebbe degnata nemmeno di uno sguardo.
« Sara? » la voce di Timon mi avverte del loro ritorno.
Corro fuori dalla mia stanza, il tamburo batte irregolare nel petto nella speranza di vederlo con loro. La delusione arriva puntuale quando trovo soltanto le due mie amiche in soggiorno. Solita malata di illusioni. Chris è partito davvero.
Quando osservo con attenzione le ragazze, però, mi sorprendo di ritrovare Maia con gli occhi rossi, il mascara colato un po' dappertutto e le guance ancora a chiazze. « Stai piangendo? » chiedo stranita.
« Io? Certo che no! » dice con sicurezza, il tutto mentre le sue mani si affrettano a pulire le macchie sul viso
« Bugiarda! » la accusa Timon. Parla con la bocca nascosta dal fazzoletto: per lo meno lei non cerca di nascondere il pianto che deve essersi appena esaurito. « Abbiamo passato tutto il viaggio in macchina a piagnucolare insieme! »
Maia la ignora e va a sedersi sul divano. « Ho l'allergia e mi lacrimano gli occhi, non è colpa mia. Dovreste saperlo che io non piango mai. »
« Tu hai l'allergia proprio come sei sonnambula. » Silvia esce dalla sua stanza del tutto ripresa. Solo le spalle un poco abbassate e le borse sotto gli occhi suggeriscono del suo stato d'animo. « Come quella sera, quando invece stavi nascondendo il povero Scott nel ripostiglio. »
Alla fine non può più mentire, così Maia grugnisce qualcosa sottovoce e abbandona la testa sullo schienale con aria sconfitta. « Non mi fa piacere che Scott sia partito. Ecco tutto. »
« Nessuno te ne fa una colpa », ribatte Timon, « essere triste è perfettamente normale. »
« Dovresti solo ammettere che tieni a Scott più di quanto ci hai fatto credere », continua Silvia.
Ci sediamo tutte sul divano, Timon sul bracciolo e con ancora la sua borsa a tracolla, quella in uncinetto realizzata da lei e animata da una decina di toppe raffiguranti le principesse Disney. È la sua preferita.
« Non è niente, è solo la giornata di oggi. Le partenze mi rendono malinconica. Domani tornerò normale », insiste cocciuta. « Dovrà venirmi il ciclo, probabilmente. »
« Timon, tu sembri abbastanza calma », le faccio notare. Nonostante le lacrime che stentano ad asciugarsi sulla sua pelle rosata, scorgo un sorriso rilassato ad animarle il volto.
« Mi dispiace che Nate sia partito, certo, ma so che lo rivedrò presto e mi ha detto che mi chiamerà appena sceso dall'aereo. Perché dovrei essere triste? »
« Perché sarete lontani per settimane? E perché, quando vorrai vederlo e toccarlo, non potrai farlo? » suggerisce Maia.
« Non sarà facile, ma le storie a distanza possono funzionare. Ci terremo in contatto tutti i giorni e cercheremo di vederci il prima possibile. Potreste riuscirci anche tu e Scott. »
« No, io a queste cose non credo », sostiene Maia incrociando le braccia al seno. « Non sono fatta per le storie a distanza. È finita... stop. »
Prende un respiro profondo - immagino che le sue opere di autoconvincimento debbano stancarla parecchio -, poi sposta lo sguardo su di me. « A proposito, abbiamo una cosa da darti. »
« Che cosa? »
Raggiunge la grande borsa di Timon e prende a frugare all'interno per quasi un minuto intero. « Ma dove l'hai messa?! »
Maia inizia ad agitarsi senza apparente motivo. Insieme prendono la borsa e la svuotano del tutto sul tavolino. Sembra essere contenuto di tutto: lucidalabbra, portafogli normale e quello più piccolo di Sailor Moon per le monete; un taccuino, all'incirca un centinaio di penne, elastici per i capelli, fazzoletti di carta, assorbenti a non finire e una crema per le mani... ma evidentemente nessuno di questi oggetti pare essere indirizzato a me.
« Ti avevo detto di metterla nella borsa! »
« Ma io l'ho fatto! » si difende Timon.
Sbircio Silvia, anche lei sembra non sapere nulla della questione.
« Era una cosa importantissima! Ti avevo detto di non perderla! »
« Posso sapere che cos'era? » domando incuriosita.
« Era una », sta per dire Timon, ma Maia alza la voce per parlarle sopra.
« Era un souvenir per te... l'abbiamo trovato in un negozio dell'aeroporto e volevamo portartelo. Ho detto a lei di metterlo nella sua borsa, ma deve averlo lasciato chissà dove. »
Io e Silvia le fissiamo con aria confusa. « Un souvenir? » chiediamo in coro.
Timon cerca di dire qualcosa, ma Maia la anticipa di nuovo. Sta succedendo qualcosa tra quelle due, ma non capisco di cosa si tratti. « Sì, era bellissimo. Sai quelle sfere piene di acqua e neve finta? C'era la Mole Antonelliana... ti sarebbe piaciuta. »
« Perché mai dovevate prendermi un souvenir di Torino, se ci vivo? »
« E perché no? Torino è una città stupenda », spiega Maia, già in piedi e diretta alla sua camera. « Le persone dovrebbero imparare a rispettare i luoghi in cui vivono. Prendi Roma, per esempio: sai quanti romani non sono mai andati a visitare il Colosseo? È un oltraggio, non trovate? E noi che viviamo a Torino dovremmo apprezzare di più i... » Le parole si perdono mentre la ragazza si chiude in camera per cambiarsi... o sfuggirmi.
Con sguardo interrogativo, torno a fissare Timon. Sembra decisamente a disagio.
« A me sembra proprio che voi due ci stiate raccontando una balla », dice Silvia.
« Perché mai dovremmo mentire? Era la Mole... un souvenir bellissimo... che ne dite di preparare la cena? Sto morendo di fame. »
Scatta in piedi e fila in cucina, ancora con indosso il suo vestito giallo canarino e le ballerine dello stesso identico colore. Io la fisso, Silvia la fissa.
« Sta succedendo qualcosa che non riesco a capire », mormoro.
Silvia annuisce, sospettosa, e continua a spostare lo sguardo dalla porta della camera da letto alla ragazza davanti ai fornelli. « Quelle due non me la contano giusta... ma ora ho troppa fame per pensarci. Che ne dici di un aperitivo? Ci ingozziamo tutte quante di nachos fino a scoppiare e dimenticare il mal d'amore! »
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Spazio Dory:
sentite: Maia non c'entra nulla. Stavolta la colpa è di Timon, quindi prendetevela con lei. ;-)
Dove avrà messo la chiavetta???!
A presto!
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