73. Romeo and Juliet
Canzone per il capitolo:
Romeo and Juliet – Dire Straits
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Christian
Non riesco a capacitarmi di come il tempo abbia potuto consumarsi con così tanta rapidità. Al mio secondo giorno in Italia, avevo già impostato il countdown sul mio telefono nell'attesa di ritornare a casa mia, scontento per la meta assegnata dal progetto di scambio studenti. Quante cose sono cambiate da allora. Durante gli ultimi dieci giorni, ho cercato di non pensare in alcun modo al mio ritorno a casa, sperando di allungare il tempo il più possibile. In conclusione di tutti i miei sforzi, eccomi fagocitato qui, proprio nel cono d'ombra del giorno prima della partenza.
Osservo i miei piedi, racchiusi nei calzini e appoggiati sul pavimento, e conto le piastrelle che li dividono senza prestarci troppa attenzione. Ogni tanto il mio sguardo è calamitato al regalo per lei, appoggiato sul mio letto ma senza alcun incarto, perché inutile, e poi al mio cellulare. Attendo una risposta che ancora tarda ad arrivare.
In compenso, a riempire il pacato silenzio della mia camera da letto poco dopo la cena, interviene il mio fidato amico, che di lasciarmi quieto quest'ultima notte proprio non sembra averne la minima intenzione. Spalancando la porta e allargando le braccia, in boxer e con i capelli ancora bagnati dalla doccia, irrompe nella stanza decantando ad alta voce un passo di Romeo e Giulietta: « Amore è un fumo levato col fiato dei sospiri; purgato, è fuoco scintillante negli occhi degli amanti; turbato, un mare alimentato dalle loro lacrime. Che altro è esso? » domanda levando un pugno al cielo, fissando con insistenza un punto imprecisato sul soffitto. « Una follia discreta quanto mai, fiele che strangola e dolcezza che sana! »
Come conclusione della sceneggiata, Scott raddrizza la schiena, schiarisce la voce e compie un elegante inchino con tanto di mano dietro la schiena. Ancora in boxer, per la cronaca. « Hai finito? »
« Dovrei chiederlo io a te. È tutto il giorno che stai lì a contare le piastrelle del pavimento. Per quanto dovrai ancora fare il depresso? »
« Non sto facendo il depresso », mi difendo senza esitazione. « Sto solo aspettando. »
« Aspetti la tua bella Giulietta del piano di sotto? »
« Sì, le ho chiesto di vederci stasera, ma ancora non mi ha risposto. Credo sia tornata tardi da lavoro. »
Scott si muove lentamente per la stanza, afferrando qua e là i suoi indumenti sparsi in maniera disordinata un po' dappertutto, fino ad arrivare alla finestra della nostra camera in comune, lasciata appena socchiusa. In seguito a una prolungata occhiata alla luna, sembra davvero che abbia qualcosa di interessante da dire, e invece riprende a decantare: « Questa mattina porta una pace che rattrista; nemmeno il sole mostrerà la sua faccia. Andiamo via da qui, a ragionare di questi dolorosi avvenimenti. Per alcuni sarà il perdono, per altri il castigo immediato: poiché mai storia fu più triste di quella di Giulietta e del suo Romeo », conclude indicandomi con un gesto della mano.
« Guarda che è sera, e non mattino, menestrello dei miei stivali. »
La sua espressione nello squadrarmi si tinge di una nota di disgusto. « Sei veramente l'essere più noioso che io abbia mai incontrato. Romeo Montecchi era di sicuro più spassoso quando si struggeva d'amore per la bella Rosalina. Io esco con Maia stasera, e credo che spariremo dall'universo fino almeno a domani prima di pranzo. »
« Basta che ti ricordi che partiamo da qui alle sedici. L'aereo non aspetta i tuoi porci comodi. » Nuova occhiata al cellulare, ma ancora nessuna risposta. Forse non vuole vedermi...
Scott aggiusta i jeans sui fianchi, infila la T-Shirt di The Big Bang Theory, scarpe ai piedi e passata della mano nel ciuffo umido che gli cala ostinatamente sulla fronte. « Dovremmo pur salutarci come si deve, no? Hai una sigaretta? »
Gli porgo il pacchetto e, come al solito, me ne ruba due: una tra le labbra pronta per essere accesa e l'altra dietro l'orecchio di scorta. « E di Lucas? Ci sono novità? » chiedo indicando con la testa la parete di fronte a me: la camera degli altri due ragazzi.
« Lucas è un coglione. Ho passato gli ultimi giorni a tentare di parlargli per farlo ragionare, ma non è cambiato nulla. Ora si lamenta perché Silvia non vuole nemmeno rivolgergli la parola. Sta tutto il giorno zitto sul divano a guardare la televisione, pensieroso. »
« Non è una situazione facile. »
Studiandosi nello specchio interno dell'armadio, riprende a litigare con le punte dei capelli che tendono ad arricciarsi, le palpebre appena strizzate per il rivolo di fumo che risale dalla sigaretta. « Certo che non lo è, ma avrebbe dovuto pensarci prima di intingere il biscotto senza usare il preservativo. Ha ventitré anni, non tredici. Ora dovrebbe tirare fuori le palle e prendersi le sue responsabilità. Silvia lo ha fatto, lui no. »
Mi sorprende il suo essere così risoluto: io sarei nel panico più totale. « La fai facile perché non ci sei tu di mezzo. Vorrei vederti nella situazione inversa. »
« Certo che quando lo vieni a scoprire non salti di gioia, ma non mi sarei comportato così. E comunque, io so controllarmi, uso sempre protezioni e, soprattutto, sono meno coglione di lui. Detto questo, ho una notte di fuoco che mi aspetta e una striscia di dieci preservativi da esaurire entro domani. Buenas noches! »
Così fila via dalla stanza e dall'appartamento, proprio quando il mio cellulare mi notifica dell'arrivo del tanto atteso messaggio.
GG: Ok, ci vediamo tra poco al solito posto?
Cinque minuti più tardi mi trova seduto sulla panchina, con la chitarra appoggiata dietro di modo da restare nascosta. Mi ritrovo con una nota ben evidente di apprensione che mi stringe la gola e non riesco a capirne il perché. Le sorrido quando la vedo arrivare. I suoi corti capelli castani devono essere ancora bagnati, brillano appena alla luce della luna; l'aria è calda e leggera questa sera di giugno, il suo viso è pulito: è scesa in fretta per incontrarmi.
« Giornata dura a lavoro? »
Anche se le lascio lo spazio per sedersi accanto a me, lei si posiziona all'estremo opposto. « Abbastanza. Una collega è a casa malata e in questi giorni stiamo facendo tutti delle ore di straordinario per sostituirla. »
« Se non sbaglio, domani le tue amiche ci accompagneranno in aeroporto con l'auto. Riesci a venire anche tu? »
« Non credo », ammette scrollando la testa. « Purtroppo lavoro fino a sera. »
Non me lo aspettavo di certo. Ero convinto di avere ancora tempo, ancora ore da poter usare... e invece finisce tutto qui?
« Quindi... ci salutiamo adesso? »
Stringe appena le labbra. Aspetto che dica qualcosa, ma invece di rispondere alle mie parole, devia il discorso quando i suoi occhi individuano lo strumento seminascosto. « Quella non è la tua solita chitarra, o sbaglio? »
Una volta fuori allo scoperto, gliela porgo con cautela. Sara la imbraccia con fare meno impacciato delle prime volte. Mi soddisfa sapere che le mie lezioni le siano servite a qualcosa. « Infatti è nuova. »
Compie un giro di Do, si accorge subito che l'ho già accordata io. « E come mai hai preso un'altra chitarra? Non dicevi che a casa ne hai altre due? »
« Non sono così stupido da prendere un'altra chitarra da portare sull'aereo insieme a tutti i bagagli. Questa non è per me. »
« Ah, e per chi... » Sta davvero per chiedermelo, poi per fortuna blocca il discorso quando collega il cervello adeguatamente. « Per me? »
Alla sua totale incredulità, il mio sorriso si apre inconsapevolmente. « Ti piace? »
« Io... io » La ammira, sfiorandola con la punta delle dita, dal capotasto al ponte. « Certo... Perché mi hai fatto questo regalo? »
« È solo un pensiero, non è nulla di che. »
Mi squadra con sospetto, ma la chitarra la tiene ben stretta. « Un pensiero? Un fiore è solo un pensiero, Chris, non una chitarra nuova. »
« Preferivi un fiore? »
Scrolla la testa, nell'espressione il garbuglio di non sapere come reagire, se sorridere o restare ancora stupita. « Non avresti dovuto, devi aver speso un sacco di soldi... e poi io non ti ho preso nulla. »
« Non ho speso molto per una classica, e poi io non volevo nulla in cambio. Ho già la valigia che scoppia: non potrei aggiungere nemmeno una piuma. »
Si prende qualche momento per sé, per prendere familiarità al tatto e al suono con lo strumento, e ogni tanto sbircia nella mia direzione. Dopo secondi interminabili, appoggia la chitarra a terra con delicatezza e si spinge verso di me, fino a gettarmi le braccia al collo con impeto. « Grazie, Chris. Se il tuo intento era di farmi piangere, allora ti assicuro che ci sei riuscito. »
« Non era proprio quello l'intento principale. » Ricambio la stretta, le mie mani sulla sua schiena, le dita che stringono la stoffa.
Sara resta in silenzio a lungo, con il viso nascosto sulla mia spalla. La maglietta prende a inumidirsi, ma sembra si stia lentamente tranquillizzando. « Ho capito che è una chitarra splendida, ma non dovresti piangere così. »
Mi schiaffeggia piano il petto e si fa più indietro, ma prima che si allontani del tutto le porto le gambe sulle mie e la trattengo con un braccio sulla schiena. Non riesco a non toccarla. « Scemo... non piango per quello. »
« Una volta tu non eri quella che non sentiva niente? » Inclino un poco la testa di lato per guardarla meglio negli occhi.
Si asciuga il viso con i pugni chiusi. « Non con te... lo sai », ammette con un filo di voce.
« Non con te... » ripeto le sue parole, mi riecheggiano sulla lingua mentre prendono forma tra i miei pensieri. Con me era diverso. Lei è diversa.
Ancora non voglio rendermi conto che domani a questa stessa ora sarò già a casa mia, e che di lei, di questa panchina, del suo corpo tra le mani e il profumo tra le dita, troverò solo ricordi annebbiati. « Vorrei che ti mettessi d'impegno e imparassi a suonarla come si deve », le dico occhieggiando lo strumento.
« Lo sto già facendo. Lo sai che mi sto allenando con la chitarra a noleggio che mi hai consigliato di prendere. Ma non avrò il mio maestro preferito a cui chiedere consigli. »
« Un sacco di persone hanno imparato a suonare la chitarra da sole. Però devi promettermelo », la intimo.
« Te lo prometto. »
« Con più convinzione. »
Il suo viso si fa confuso. « Perché dici così? »
« Ho paura che, una volta che sarò partito, lascerai perdere tutto e non seguirai più la tua passione. Mi dispiacerebbe molto. »
So di aver toccato un tasto dolente, difatti annuisce, anche se a testa bassa. « Te lo prometto. Continuerò a esercitarmi come mi hai detto di fare. »
« Hai un dono, lo sai. Non sprecarlo. » Le accarezzo la guancia, le punte dei capelli mi solleticano il dorso. Riesco a prenderle il viso nella mia mano, la voglia di non lasciarla è troppa, il desiderio di portarla con me...
« Sarà diverso senza di te », ammette con un sospiro timido. Tiene lo sguardo basso, giocherella con la mia t-shirt, e intanto quel piccolo volto che tengo nel palmo con la curva più naturale, ecco che lo sento scaldarsi del rosa che lo colora pian piano.
Prendo un respiro profondo e penso. Penso a lungo, aspetto, torno a tutti i ragionamenti che hanno tenuto impegnata la mia testa negli ultimi giorni, che hanno messo in subbuglio la mia coscienza quando avrei voluto dormire la notte, e non pensare e pensare ancora a lei. Dopo aver vagliato diverse soluzioni, nessuna sembra essere davvero valida, eccetto una. L'unica alla quale continuo a pensare da giorni interi. L'unica che mi permetterebbe di non partire del tutto svuotato, dopo aver lasciato qui tanto... troppo.
« Vieni via con me, Sara. »
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Spazio Dory:
bene, bene, bene... ci stiamo avvicinando alla conclusione *.* Cosa ne pensate? Cosa succederà nei prossimi capitoli?
Un bacio e a presto!
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