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30. Telephone

Canzone per il capitolo:

Telephone – Lady Gaga ft. Beyoncé

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Da ore non faccio altro che piegare e ripiegare gli stessi maglioni, riordinare le taglie dei capi appesi alla parete, consigliare i clienti a proposito di un colore o di una fantasia in particolare... Dalla nausea che si è accumulata dentro di me, potrei quasi pensare di essere incinta. Ovviamente, a meno che io non sia una vergine miracolata e che dovrei aspettarmi le stigmate da un momento all'altro, direi che sono solamente stremata e stanca. Di tutto.

« Sara? C'è il signor Perri al telefono. Dice che vuole parlare con te », mi avvisa Lavinia, la responsabile del negozio dove lavoro: un concentrato ben proporzionato di sorrisi falsi e sguardo di sufficienza.

Abbandonando l'ultimo maglione sopra la pila di altri capi, arrivo rapidamente al telefono posizionato accanto alla cassa e copro l'orecchio libero per poter ascoltare meglio le sue parole. « Buongiorno, signorina. La chiamo a proposito della sua richiesta per passare a un impiego full-time. »

Mi ritrovo ad annuire, sinceramente preoccupata per l'esito. Incrocio le dita con forza dietro la schiena. « Sì, certo. Ci sono novità? »

« Esatto », sento chiaramente dei fogli che vengono spostati dall'uomo che mi firma le buste paga tutti i mesi e che io ho incontrato solamente una volta per la firma del contratto. « Come lei sa, da qualche giorno una delle sue colleghe è entrata in maternità e abbiamo pensato, insieme ai miei soci, che la soluzione ideale sarebbe che lei coprisse anche le sue ore mancanti; per lo meno fino a che la sua collega non tornerà operativa. »

Finalmente, riesco a tirare un respiro profondo e a rilassare i nervi. Libero le dita incrociate e passo rapidamente la mano sulla fronte. « Sarebbe perfetto, davvero. La ringrazio molto. »

« Probabilmente, le chiederemo di fare alcuni straordinari, soprattutto durante il finesettimana. »

« Meglio ancora », insisto con entusiasmo al pensiero di una paga aggiuntiva, « non ho nessun problema. »

L'uomo continua in tono scettico. « Sappiamo che studia all'università, e non vorremmo che subentrino delle interferenze. »

« Non ci saranno, stia pure tranquillo », lo rassicuro.

« Benissimo. Può cominciare già da lunedì. »

Poche altre parole relative alle modalità della firma del nuovo contratto e sulla durata, e la telefonata che mi ha migliorato la giornata si conclude con il mio sorriso. Mi ritrovo sollevata da questo cambiamento repentino e l'idea di poter guadagnare di più riesce a tranquillizzarmi abbastanza in questo sabato pomeriggio che pareva infinito.

Sono passate diverse settimane dal funerale e dalla mia richiesta di abbandonare il part-time in favore di un impiego più remunerativo. Ho aspettato e aspettato, e per fortuna ora mi hanno ripagato per la mia pazienza. Questo sarà pure un lavoro che non mi piace, ma ho davvero bisogno di soldi e devo adeguarmi; come ho sempre fatto.

Il prossimo step sul quale concentrarmi riguarda l'università. Ci penso da tanto, ci penso da troppo, fin da quando papà era ancora in vita. Dopo giorni in cui ho saltato le lezioni, ore passate senza riuscire minimamente a concentrarmi sullo studio, mi rendo conto di dover alla fine prendere una decisione definitiva: è inutile procrastinare quando posso evitare di pagare l'ultima rata universitaria - che dovrei versare in primavera - e salvare così diverse centinaia di euro: euro che potrei invece usare per finire di pagare il funerale e il notaio.

« Sara, ci sono i tuoi amici », mi fa notare Lavinia lanciando uno sguardo verso la porta a vetri d'entrata.

Sono appena entrati insieme a una fredda e intesa alitata di aria gelida e gli occhietti vispi di Timon mi individuano immediatamente dall'altra parte del negozio. Insieme a lei, trovo anche Nate e Christian, ma non c'è traccia delle altre mie due coinquiline.

« Ciao, che ci fate qui? » li saluto arrivando accanto a loro.

Timon mi abbraccia, all'improvviso, come se non ci fossimo viste solamente qualche ora prima. Non mi serve molto sforzo per riconoscere l'abbraccio curativo di Timon: a prescindere da qualsiasi altra cosa, lei mi getta le braccia al collo. Solo dopo inizia a parlare.

« Nate aveva bisogno di comprare qualcosa e Chris pure », spiega guardandosi intorno. « Abbiamo pensato di venire qui da te. »

Sbircio di sfuggita i ragazzi alle sue spalle, ma così come io distolgo lo sguardo da Christian, ecco che anche lui si comporta allo stesso modo. Sono passati diversi giorni da quella sera, da quando me ne sono andata dalla nostra panchina dopo il bacio, ma io e lui continuiamo a salutarci a malapena quando ci incrociamo sulle scale del palazzo; e forse, mi racconto che è meglio così.

« Oggi non sei andata dai tuoi genitori? » domando rivolta alla mia amica.

« No, oggi no », ci sganciamo dai due ragazzi, che hanno preso a sbirciare nel reparto uomo.

Lavinia non perde un momento per accalappiare Christian e subissarlo di domande su che cosa vuole, come può essergli utile, di quale taglia ha bisogno... Fingo che la gelosia non mi stia divorando gli organi interni e torno a occuparmi di Timon. « Sono andati via per l'anniversario, quindi questo week-end resto con voi. Come va qui a lavoro? Sabato pomeriggio impegnativo? »

« Abbastanza, ma per fortuna non c'è molta gente », commento osservando il negozio quasi deserto. « Però, oggi mi ha chiamato il capo e mi ha dato una bellissima notizia. »

« Ah sì? » esclama lei entusiasta.

« Sì, ha accettato la mia richiesta e mi passerà a full-time già da lunedì! » sostengo il suo sguardo con il miglior sorriso che riesco a ricreare ma, non trovando l'adeguata risposta al mio entusiasmo, rincaro la dose. « In questo modo guadagnerò di più! »

Timon prova a sorridere, ma la falsità non è proprio parte del suo carattere, così non ci riesce: mi guarda con una smorfia a metà tra il sorriso e il disgusto. « Ma... Ma... come farai con l'università? Le lezioni, gli esami, il lavoro qui tutti i giorni... resterai indietro! »

Scruto di sfuggita Christian, perché non posso farne a meno: mentre sta osservando un maglione aprendolo davanti a sé, forse per studiare la fantasia o la taglia, noto immediatamente la mano di Lavinia posarsi sul suo braccio con fare lascivo. Spero vivamente che Timon non senta lo stridere dei miei denti. Torno a concentrarmi su di lei per evitare di rigurgitare il mio stesso stomaco. « Da un po' di giorni sto pensando all'università e... ho deciso che mollo tutto. »

« Che stai dicendo?! » strilla sconvolta, tanto che tutti i presenti si voltano a guardarci.

La prendo per il braccio e la allontano dal centro del negozio. « Timon, non ha più senso che io continui ad andare all'università. Ho bisogno di soldi e... »

« Te li prestiamo noi! » ribatte immediata. « Non devi lasciare gli studi. »

« Non posso continuare a chiedervi soldi », affermo con calma, tentando di farla ragionare. « In queste ultime settimane mi avete aiutato tanto e io non so davvero come potermi sdebitare con voi. Mi sento in colpa e sempre in debito e non voglio: questa cosa mi fa stare male. »

Timon vorrebbe ribattere qualcosa, ma per fortuna non trova le parole adeguate e io l'anticipo. « Ho controllato sul sito della facoltà e se lascio entro fine marzo, posso evitare di pagare l'ultima rata. Lo sai che è la più tosta di tutto l'anno e quei soldi mi servono davvero. »

Con aria sconfitta e sconsolata, Timon scuote debolmente la testa. « Ma è così un peccato, Sara... tu sei molto intelligente, e alla sessione di esami di gennaio sei andata benissimo. Non potresti pensarci ancora un po'? »

« Ci ho già pensato », affermo con un sospiro che sa di stanchezza. « Quando papà c'era ancora, avevo già capito che, in ogni caso, dopo la laurea, non avrei saputo comunque che lavoro fare. Sapevo che papà ci teneva a vedermi laureata e così ci ho provato, e lo sai anche tu che mi è sempre piaciuto studiare. Ma ora non posso più permettermelo e in queste settimane non riesco nemmeno a studiare: non mi concentro, ho la testa da un'altra parte. È inutile impuntarmi: non servirebbe a niente. »

Quando torno a guardare nella direzione dei ragazzi, Christian è sparito nel camerino e, mentre noto Nate che sbircia furtivo verso di noi - ma devia lo sguardo non appena si accorge che l'ho scoperto - mi rendo conto che all'appello manca anche Lavinia.

« Mi dispiace, Sara », continua Timon senza accorgersi degli sguardi furtivi di Nate. « Potremmo parlarne insieme alle altre. Magari, Silvia o Maia potrebbero darti un consiglio. »

Scrollo la testa. « No, ormai ho deciso. E poi, Silvia ancora non mi parla dopo tutti questi giorni. È ancora arrabbiata con me. »

« Lo sai che è tanto orgogliosa... abbi pazienza e poi ti chiederà scusa come si deve. »

« Lo spero... senti, ma lo sai che Nate ti sta continuando a fissare? » domando per deviare la sua attenzione. Nel frattempo, fingo di piegare una felpa che non avrebbe alcun bisogno di essere toccata. « Come vanno le cose con lui? »

Lei sbircia verso il biondo senza preoccuparsi di non farlo notare. A quel punto, l'irlandese dagli occhi azzurri fugge via con lo sguardo. « Vanno bene... presumo. Per lo meno, iniziamo a capirci, anche se devo ammettere che i gesti mi stanno tornando parecchio utili. »

« Purtroppo sono successe un po' di cose in mezzo e alla fine ho dimenticato di dirti quello che avevo scoperto su Nate », le dico abbassando il volume della voce. « All'ultima festa in cui siamo andati, quando tu eri rimasta a casa e poi Silvia e Maia hanno fatto la bravata al piano di sopra con i capelli di Christian, lui mi ha confessato che Nate è interessato a te. »

Lei passa rapidamente una mano tra di noi per scacciare la notizia. « Ma figurati. »

« E perché no? » domando confusa.

« Perché mi parla solo quando ci incrociamo sulle scale: sembra riuscire a chiacchierare tranquillamente con tutti tranne che con me. Lo so bene che fatico a capire cosa dice perché parla troppo velocemente », si lagna con un filo di voce, « ma secondo me non gli sono simpatica. »

Sto per aprire bocca, ma lei mi interrompe prima ancora di iniziare. « Per esempio: prima ci siamo incontrati fuori dall'appartamento per caso e quando lui e Christian mi hanno detto che dovevano fare un po' di acquisti, abbiamo deciso di venire tutti e tre insieme qui da te: ma ha parlato solo Christian », continua, sicura nelle sue supposizioni. « Nate stava dietro, mi guardava e non diceva una parola. Prima, invece, mi parlava molto di più.

Inoltre, qualche giorno fa mi ha pure chiesto il numero di telefono, ma ancora non mi ha scritto. Non riesco proprio a capirlo. »

« Che strano », osservo. « Potrebbe essere molto timido. Forse, dovresti fare tu il primo passo. »

Ma lei scrolla subito la testa, nemmeno le avessi detto un'aberrazione inaudita. « Ma sei matta? No, no, mi vergogno troppo. Non ne sono capace... »

Sospiro e mi riprometto che, non appena starò meglio psicologicamente, dovrò fare qualcosa per quelle due anime in pena. Altrimenti, rischieranno di non incontrarsi mai. « Senti, ma... dov'è finito Christian? » domanda lei infine, con lo sguardo che vaga e vaga alla ricerca del ragazzo in questione.

Individuo subito il didietro di Lavinia che sbuca dal camerino, tutta intenta a spiare l'interno, dove immagino possa esserci soltanto Christian. Mi avvicino pazientemente e mi piazzo accanto a lei. « Tutto bene? » squillo al suo fianco nel vederla con la testa infilata ben poco velatamente dalla tendina.

Sobbalza per la sorpresa mentre torna fuori ma, nonostante il suo sguardo di fuoco dovrebbe intimarmi a evaporare e ricondensarmi molto lontano da loro due, io resto qui. « Sì, vai pure », aggiunge a denti stretti, come se il solo sguardo non fosse bastato.

Nel sentire la mia voce, però, Christian porta fuori la testa dal camerino, e poi esce completamente con indosso un maglione di lana a coste color crema.

« Come va la taglia? » si affretta a domandare la mia collega.

Christian scruta la propria figura allo specchio e aggiusta il maglione sulle spalle. « Non lo so, mi sembra un po' corto. »

Lavinia gli sta guardando palesemente tutto, eccetto che il maglione. « No, sei perfetto », commenta in un inglese stentato.

Mimo un conato di vomito ed entrambi mi guardano. Credevo di averlo riservato solo ai miei pensieri, ma dall'occhiata di Lavinia capisco di averlo fatto davvero. « Quel maglione è troppo piccolo, si vede lontano un chilometro. »

Vado subito a prendere una taglia più grande dello stesso capo e Chris si cambia con rapidità. Lavinia borbotta qualcosa tra sé e, dopo un piccolo grugnito infastidito, ci lascia soli.

« GG... Ma è così invadente con tutti quella? » mormora Christian dallo spiraglio lasciato dalla tenda quando la ragazza si è allontanata a sufficienza, stavolta per aiutare Nate e Timon nella scelta di una giacca di jeans.

« Non saprei... evidentemente sperava che cantassi una canzone pure a lei », commento a braccia incrociate mentre lo osservo indossare di nuovo il suo cappotto.

Dopo un breve occhiata al mio riflesso allo specchio, sbuffa ed esce infine dal camerino. « Pensi di farmela pagare a vita per quello? »

Alzo le spalle e gli prendo il maglione dalle mani. « Sì... e poi non mi parli da giorni e mi eviti », spiego camminando davanti a lui, « non avrei saputo che altro dirti. »

Stiamo per uscire dall'anfratto che nasconde tutti i camerini del negozio dall'ambiente principale, ma Christian posa una mano sulla mia spalla per fermarmi. « Sara, aspetta... »

Resto in attesa con le sopracciglia inarcate, mentre lui si passa rapidamente le dita tra i capelli per ravviare quel ciuffo che finisce sempre per occupargli la fronte. « Hai da fare stasera? »

« No. A parte tornare a casa stanca morta, non ho niente da fare. Perché? »

« Perché stasera io e gli altri suoniamo al garage. Volevamo chiedervi di raggiungerci là », si schiarisce la voce. « Intendo dire, tutte quante. »

« Tutte? »

Annuisce. « Sì, ci sarete? »

« Non lo so, sarò molto stanca », ammetto al pensiero di quali saranno le condizioni in cui verserò dopo una lunghissima giornata passata in piedi in negozio.

« Oh », la sua espressione si fa subito di scherno, « dimenticavo che devi stare chiusa in camera col pigiama a deprimerti mentre leggi un libro. »

Lo fisso con gli occhi quasi serrati, ma il suo sorriso, che dallo scherno vira al dolce divertimento, mi impedisce di riversargli addosso il torrente di insulti che tengo pronto in canna. « Dai, sto scherzando. È sabato sera, però: esci di casa, anche solo per un'ora. Che ne dici? »

Prendo un respiro profondo e penso che, in fondo, non ho nulla da perdere. « Ok », accetto con un sospiro esasperato.

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