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22. Faded

Canzone per il capitolo:

Faded – Alan Walker

**********************

« Ciao, ragazze! »

Una volta arrivate alla festa, è Nate che ci saluta con incredibile entusiasmo, come sua naturale abitudine. Lascia il gruppo degli altri per venirci incontro con il sorriso, ma è chiaro come il suo sguardo si sposti alternativamente tra di noi alla ricerca del quarto componente mancante.

« Ciao Nate, come stai? » gli chiedo gentile.

Alza le spalle sotto la camicia celeste che indossa e che riesce a far risaltare ancora di più i suoi magnetici occhi color del cielo. « B... bene. Siamo qui già da parecchi bicchieri. Venite con noi? »

Sposto rapidamente lo sguardo per il soggiorno. Così come abbiamo scoperto seguendo la musica assordante, l'appartamento sede della festa di compleanno è quello di Stefano, un ragazzo di ventisei anni del primo piano che vedo solamente di sfuggita una volta ogni tanto. Silvia ci ha raccontato che si è trasferito a vivere lì da quando erano arrivate lei e Maia a Torino per studiare; peccato che, mentre loro hanno già concluso l'università da un pezzo, lui sia ancora impelagato all'ultimo anno della triennale in scienze politiche. « E ci credo », racconta sempre Timon, ovviamente aggiornata sulla vita di tutti gli inquilini del condominio, « tutti i santissimi giorni ha un via vai di donne in entrata e in uscita da quell'appartamento che fa impressione. Come fa a trovare il tempo per studiare?

Quasi, quasi mi verrebbe voglia di rubare uno di quegli aggeggi del supermercato per dare i numeri quando sei in coda per il prosciutto: non sia mai che due appuntamenti non si incastrino e scoppia il finimondo! »

Come posso tranquillamente immaginare, i tre quarti dei presenti nell'appartamento - che nonostante la misera grandezza riesce a ospitare all'incirca una settantina di persone – è costituito da invitati imbucati; come noi del resto. Ma, nonostante questo, insisto con Silvia e Maia per andare almeno dal festeggiato in questione e fare gli auguri di buon compleanno.

« Il fatto è che mi sembra parecchio impegnato », Maia mi ferma, sul volto un'espressione al limite del disgusto mentre guarda il divanetto occupato dal festeggiato in questione: sta divorando la faccia di una ragazza e la mano tatuata le palpa il seno con insistenza. « Se gliela strizza ancora un po', potrebbe riuscire a farle il tracciato del battito cardiaco. »

« Quando mi arriverà il primo richiamo per fare la mammografia », si intromette Silvia, « saprò a chi rivolgermi », e insieme, scoppiano a ridere.

Ma io non ci riesco e fingo soltanto. Spero solo che questa festa termini in fretta.

Lasciando perdere la missione auguri, sfioro appena la stoffa del vestito che indosso, nero e aderente e con una scollatura appena più pronunciata sul retro, e seguiamo Nate, in avvicinamento al gruppetto dei suoi amici. Ci sono tutti: Lucas che accoglie Silvia con un bacio a fior di labbra e le mette un braccio sulle spalle; Scott che agita la mano in saluto, ma con lo sguardo chiaramente vacuo e perso dato dal troppo alcol che deve aver ingurgitato - e forse pure da qualcos'altro che deve aver fumato -; c'è anche Christian, che saluta tutti e nessuno con un'occhiata veloce e torna a concentrarsi sul cellulare che tiene in mano.

Faccio pena nella recitazione, ma provo a concentrarmi lo stesso: devo mostrare a Christian che non mi importa niente di lui, così fingo di vederlo a malapena.

Allontano il bicchiere che Silvia mi ha appena messo sotto al naso, una sostanza trasparente piena di bollicine e odorosa di limone. « Cos'è? »

Si avvicina per parlarmi all'orecchio. « Quello che ti serve per tirarti su e smetterla di deprimerti. »

Di solito non accetterei, ma questa sera ho davvero bisogno di qualcosa per tirarmi su di morale e non pensare a niente: le parole di Christian mi hanno ferita; sono riuscite a riportare a galla parte di quel passato che avevo cercato per anni di lasciarmi alle spalle e dimenticare.

Mia madre, nonostante tutto, è spesso nei miei pensieri. A volte rabbiosi, altri malinconici...ma lei c'è sempre.

Afferro il bicchiere tornato all'attacco e ne bevo alcuni sorsi: è un forte liquore al limone, forse vodka, ma le bollicine della soda riescono a mitigare il bruciore dell'alcol che scende nell'esofago.

Che schifo. Continuo a non capire perché la gente beva questa roba.

Restiamo tutti insieme in un angolo del soggiorno affollato per buona parte della serata, anche se costretti in piedi visto che il divano è occupato dal palpatore e dai suoi lunghi tentacoli, e tale resta per tutto il tempo. Parliamo di tutto e di niente, ascoltiamo la musica e fingo di divertirmi davvero, mentre Christian resta soltanto a lato del mio campo visivo, silenzioso e in disparte pure lui; scambia solo qualche parola con Scott di tanto in tanto, ma niente di più. Impiego circa mezz'ora per terminare tutto il contenuto del bicchiere, ma alla fine sento la testa piacevolmente più leggera, le braccia e le gambe più rilassate.

« Hai una faccia che è tutta un programma », borbotta Maia che, dopo aver passato il tempo a parlottare con gli altri, si è avvicinata a me per mettermi un braccio sulle spalle. A lei, l'alcol non fa affatto schifo, a giudicare dalle sue palpebre un poco abbassate e gli occhi lucidi. « Ne vuoi ancora? »

Afferro il bicchiere della stessa sostanza sconosciuta e provo a berlo tutto d'un fiato per farla ridere, ma a metà sono costretta a fermarmi per non dare di stomaco. « Tu vuoi farmi ubriacare », la accuso ridacchiando.

Maia scoppia a ridere e mi punta con l'indice. « Beccata! »

La fisso seria per qualche secondo, ma quando si mette a ridacchiare allora mi rendo conto che sta scherzando. « Senti, volevo chiederti una cosa », borbotta al mio orecchio, spostando i miei capelli per permetterle di parlare meglio. « Perché Rebecca non è con il capellone stasera e si aggira con sguardo truce per tutta la festa? »

Non mi ero accorta che ci fosse anche lei, visto che ho trascorso quasi tutta la serata a concentrarmi solo sul nostro ristretto gruppo di amici, escludendo oculatamente Christian e ciò che lo riguarda. Seguo l'indice puntato della mia amica e, in effetti, adocchio Rebecca insieme alle sue amiche: parlano insieme dall'angolo opposto del salotto e la vedo fissare Christian come se stesse cercando di dargli fuoco a distanza.

« Non lo so e non mi importa », mento con tutta la mia sicurezza.

Maia mi guarda soddisfatta. « Brava, risposta corretta. Ti importa eccome, ma mai farlo vedere o è la fine. »

« E con Scott? » provo a chiederle. « Ci ha provato ancora? »

Scrolla la testa con un gran sorriso. « Per fortuna no. Forse si è messo l'anima in pace. »

Mi lascia andare e si avvicina per parlare con Nate, diventato improvvisamente più taciturno del solito dopo il nostro arrivo. Forse, aspettava davvero l'arrivo di Timon...

Solo ora mi accorgo che, mentre Silvia sta scherzando con Scott, ecco che Lucas sembra essere sparito. Visto che tutti sembrano essere impegnati in diverse conversazioni e l'unica alternativa che ho è di parlare con Christian, decido di uscire sul terrazzo, barcollando appena e ancora accompagnata dall'ultima metà del bicchiere.

Stringo le braccia al petto, visto che indosso solamente un sottile copri spalle e il mio abbigliamento non è affatto adeguato alla temperatura esterna di una notte di febbraio, ma mi rendo conto che la seconda funzione che ha l'alcol di riscaldare potrebbe tornarmi utile. Solo quando mi appoggio con gli avambracci alla ringhiera, mi rendo conto che Lucas è qui fuori, al telefono con qualcuno. Quando si accorge della mia presenza, borbotta qualcosa in fretta e chiude la chiamata. « Ciao, Galway. »

« Ciao, Lucas », mi rendo subito conto che questa è la prima volta in cui io e lui ci parliamo direttamente e da soli.

E infatti, il silenzio imbarazzato seguente è abbastanza eloquente, così mi saluta con un cenno della mano e torna rapidamente dentro. Mi chiedo con chi fosse al telefono, ma mi ripeto che forse dovrei farmi solamente gli affari miei.

"E se invece Lucas ci provasse con le altre mentre illude Silvia? Io, da buona amica, dovrei scoprire qualcosa di più. Però poi", continuo a pensare mentre sorseggio a piccole ondate la bevanda, "se davvero scoprissi qualcosa, rischierei di farla soffrire. Forse", nuovo sorso, "dovrei lasciar perdere e farmi gli affari miei e..."

« Hai deciso di passare al lato oscuro e darti all'alcol? »

Insieme alla voce profonda di Christian apparsa al mio fianco, vengo investita da una piccola nuvola di fumo. Non gli rispondo, anche se avrei un'infinità di risposte possibili da propinargli.

« GG? » riprende dopo un po'.

Sbuffo. « Che vuoi? »

« Che fai qui fuori da sola? »

Mi faccio più in là, ma lui mi segue e si appoggia accanto a me. « Potrei farti la stessa domanda. »

« Io ho la scusa del fumo per isolarmi. Tu no. »

Guardo il giardino appena sotto e ragiono sul fatto che, se lo buttassi giù da questo misero primo piano, si farebbe soltanto male e nemmeno troppo. Abbandono subito l'idea. « La musica troppo alta mi dà fastidio dopo un po', e poi l'ultimo pezzo che hanno messo su faceva pena. »

« Vuoi? » mi offre una sigaretta, che io prontamente rifiuto.

Con lo sguardo puntato al giardino appena sottostante, individuo subito la panchina scarsamente illuminata dove io e Christian ci siamo seduti diverse volte negli ultimi giorni. Ora, invece, vorrei solamente spegnergli la sigaretta in un bulbo oculare e godermi le sue grida di dolore.

« Tu hai capito di chi era il compleanno? »

Provo a non guardare il bicipite tatuato che spunta dalla maglietta a manica corta bianca che indossa, ma non ci riesco e mi racconto che l'ho fatto soltanto per curiosità, per chiedermi come faccia una persona a stare con due gradi sopra lo zero vestito in quel modo.

« Sì », sospiro, « è di Stefano: quello muscoloso con i capelli scuri che sta da tutta la sera sul divano e che si bacia con quella ragazza. »

Prende una nuova boccata di fumo e tiene lo sguardo puntato in avanti. « Ah, capisco. E come mai la tua amica dal nome buffo non è venuta stasera? »

« Stava guardando una puntata di una serie tv; non aveva voglia di venire. »

« Peccato », sbuffa via il fumo più rapidamente.

Lo squadro con un sopracciglio inarcato: questo improvviso interessamento nei confronti di Timon non mi piace. « Perché ti interessa? Volevi cantare una canzone anche a lei? »

Porto subito una mano alla bocca, sorpresa dalla mia battuta. Di solito, certe parole le avrei solo pensate; ma stasera, forse a causa dell'alcol che inizia a togliere qualche freno inibitorio, mi sento parecchio più espansiva e sicura di me.

Solo ora capisco perché la gente si diverte a ubriacarsi alle feste.

Christian allarga le narici, mi guarda con gli occhi sgranati, forse non aspettandosi la mia battuta, e infine scoppia a ridere. « Ok, questa te la concedo. Ammetto che era carina. »

Scrollo la testa e torno a guardare la panchina. « Perché chiedi di Timon? »

« Perché Nate stasera si aspettava di vederla », spiega con calma. « Cioè, non ce lo ha detto apertamente, ma lo abbiamo intuito, visto che ha cambiato camicia almeno quattro volte per capire quale gli stesse meglio. »

Sorrido al pensiero. « Nate è un tipo timido, vero? »

Annuisce. « A dire il vero, noi diciamo sfigato nel caso di un uomo, ma chiamalo come ti pare. »

« Anche Timon è molto timida: lei pensa che a Nate non interessi. »

Christian fa tant'occhi. « Una coppia perfetta, insomma. Forse tra sette anni riusciranno a scopare, anche se non ho la più pallida idea su chi farà la prima mossa. »

Io non rido, sinceramente non ne ho alcuna voglia.

Non vedendomi rispondere in alcun modo, Christian riprende a parlare. « Un segreto per un segreto? » propone.

Non riesco proprio a capire il suo comportamento. Oggi pomeriggio era infuriato quando abbiamo discusso, e ora quasi sembra essersi dimenticato di tutto, pretendendo di parlare con me come se niente fosse successo. Alzo gli occhi al cielo alla sua richiesta e vorrei davvero dirgli di no, ma quando alla fine mi volto a guardarlo negli occhi... « Ok. »

« Bene, inizio io », si affretta a dire per accaparrarsi la prima domanda. « Oggi hai detto che tua madre ti ha abbandonato: è morta o i tuoi hanno divorziato? »

Questa domanda diretta mi spiazza. « Hai voluto fare il gioco solo per chiedermi questo, vero? »

Il mezzo sorriso gli alza solo una guancia in una maniera così buffa e tenera che non riesco nemmeno a irritarmi dei suoi infantilismi. « Sono un tipo molto curioso. Forza, sputa il rospo. »

Mi chiedo perché dovrei raccontare della mia vita a un ragazzo che conosco appena, poi però penso che intanto tra qualche mese se ne andrà via e io non lo rivedrò mai più. Forse, potrei sfogarmi: un modo come un altro per passare questa serata e far terminare la festa il più in fretta possibile. « Mia madre se n'è andata di casa quando io avevo più o meno cinque anni. È scappata e basta, senza dire niente.

Via.

Sparita nel nulla, senza mai farsi sentire o vedere. Il giorno prima avevo una mamma che mi portava all'asilo, e il giorno dopo iniziò a farlo papà. »

« E come mai se n'è andata via? »

« Non lo so, forse perché litigava spesso con mio padre. Non mi ricordo molto di loro due insieme; papà dice che non le piaceva la vita che aveva qui... a volte ho pensato che forse non voleva avere una figlia come responsabilità. Non lo so. »

« E quindi, non si è mai più fatta sentire nemmeno una volta? » domanda un poco sorpreso. « Nemmeno ai compleanni, a Natale... »

« No, mai », continuo con un sospiro. « Non ho idea di dove sia, ma presumo sia tornata in Irlanda dove era nata. Papà dice che non era felice della vita che aveva qui, lei era un po' pazzerella e piena di idee strane; diceva che quando l'aveva conosciuta era venuta in Italia con uno zaino in spalla per vivere la vita del Bel Paese e poi ripartire per un nuovo viaggio intorno al mondo, forse in India. Credo che vivesse un po' come una barbona, sai? Tipo una hippie o cose del genere. Papà dice che suonava la chitarra in strada e cantava, e mangiava con i soldi che le davano i passanti. Assurdo... probabilmente è tornata a fare la stessa vita, tutto per non dover stare con noi. Si erano sposati perché papà teneva alle tradizioni: lei era già incinta dopo pochi mesi che si erano conosciuti. Hanno finto di amarsi per un po', e poi lei alla fine non ci ha più sopportato e ci ha abbandonato. »

Christian getta il mozzicone dal terrazzo e guardiamo il minuscolo punticino luminoso volare giù verso il giardino. Non mi guarda quando riprende a parlare. « Senti... scusa se oggi ti ho detto quelle cose. Non lo sapevo di tua madre. »

Contraggo le labbra e lo guardo per vedere se è davvero sincero. Anche se non vedo del tutto il suo viso rivolto in avanti, lo sembra. « Scuse accettate... però, dovresti smetterla di dare un giudizio a pelle sulla gente che incontri. Non tutti siamo quello che mostriamo. »

« Ma di solito ci azzecco sempre, non puoi negarlo. Tipo sulla tua amica: Scott ha detto che lascia perdere perché dice che quella deve essere per forza lesbica. Ci ha provato in tutti i modi, ma non cede, e lui si è stancato. »

Sospiro, irritandomi un poco sul fatto che, in effetti, ha sempre avuto ragione su Casper. « Forse, Scott ha fatto bene... »

« E quindi... era tua madre la donna della foto? »

« Non stai facendo un po' troppe domande? » lo rimbecco. « Toccherebbe a me. »

« Dopo te ne concedo un paio in più... dai, rispondi. »

« Quale foto? » domando senza capire a che cosa si stia riferendo.

« Quella che usi come segnalibro nel tuo diario. »

Aggrotto la fronte e lo scruto, profondamente sorpresa per il fatto che si ricordi di quella foto, caduta dal mio diario il primo giorno che era entrato nel nostro appartamento e aveva messo mani dappertutto nella mia stanza. « Come fai a ricordarti di quella foto? »

Si volta e incrocia le braccia, appoggiando la schiena alla fredda ringhiera in metallo. « Io ho ottima memoria. »

L'aria fredda e leggera muove i miei capelli, solleticandomi le tempie. « Sì, era lei. È una sua foto, forse l'ultima che ho prima che scappasse via.

Ora basta con le tue domande: tocca a me. Perché stasera Rebecca ha quella faccia da funerale? Cosa le hai fatto? »

Sembra quasi annoiato mentre ne parla. « Non lo so, credo che si sia arrabbiata con me. »

« E perché? A lei non hai cantato una canzone? » dico trattenendo una risata.

Si passa una mano tra i capelli e ride insieme a me. « No, credo che sia per quello che le ho detto prima della festa. »

« E che cosa le avresti detto? »

Arriccia le labbra e sembra pensare con cura alle parole che deve dire. « Mi ha chiesto di dormire da lei dopo la festa, e io le ho detto la verità: e cioè, che mi sono stancato e che non ho più voglia di andare a letto con lei. »

« Ci credo che è arrabbiata se glielo hai detto con quella faccia », commento in risposta alla sua franchezza.

Lo guardo passarsi rapidamente la punta delle dita agli angoli delle labbra. « Lì per lì non ha detto molto; a essere sincero, non so quanto abbia mai capito di quello che le dicevo, secondo me capiva una parola sì e quattro no. Forse, dopo è andata a cercare la traduzione in internet e si è incazzata per bene in ritardo. »

Ascolto tutte le sue parole e le analizzo con cura. Non mento però a me stessa: il fatto che lui non si veda più con Rebecca non mi dispiace affatto. « Ma tu fai sempre così? »

« Così come? » domanda interessato.

Agito le mani verso di lui. « A comportarti così; sei sprezzante e altezzoso, dici sempre quello che pensi senza filtri, senza preoccuparti di offendere le persone. »

« Sì, sono fatto così. Se devo dire una cosa, la dico. Se voglio fare una cosa, la faccio. Non mi piace pensare e riflettere troppo: la vita è breve, io potrei morire domani e rimpiangere un'infinità di cose che non ho fatto. Avevo voglia di scopare con Rebecca, ci sono andato a letto qualche volta e ora basta. Non le ho mai detto che volevo qualcosa di più. Se lei si è illusa, non è affar mio. »

« Allora è per questo che ti sei comportato così con me? » chiedo schietta, aiutata dall'alcol e dalla notte che rende questo momento quasi sospeso in una tregua irreale.

Ha ancora le braccia incrociate al petto quando gira la testa per guardarmi. « Mi dispiace che tu ci sia rimasta male, non volevo offenderti. Ma io sono fatto così, non ti ho mentito. Stavo bene con te, avevo voglia di baciarti e l'ho fatto. Punto e basta. Niente di personale. »

Annuisco con il cuore un poco sanguinante a quel niente di personale. « E dopo, ti è anche venuta voglia di cacciarmi via », sospiro tornando a guardare il giardino al di sotto. « Non è stato un bel gesto. »

« Non sono venuto in Italia per cercare una storia seria. Ho visto che ti stavi prendendo un po' troppo e allora ho preferito chiudere la questione sul nascere. Ho sbagliato... ma Sara », mi chiama avvicinandosi di nuovo, una mano posata sulla mia spalla, « non ti ho mandata via perché non mi è piaciuto il bacio. Anzi. »

Di solito le persone si consolano dicendo che è meglio una dura verità che una dolce bugia. A me sembra una stupidaggine. Christian è davvero sincero e mi ha dato le sue spiegazioni, ma la sua onestà mi fa male lo stesso, e tanto, nonostante quello che ha detto a proposito del bacio. « Ci sono tante ragazze con cui potevi giocare. Perché proprio me? »

Ci pensa qualche secondo su. « Dovresti pensarla in modo diverso: tra tutte quelle altre ragazze, io ho avuto voglia di giocare proprio con te. Puoi darmi dello stronzo se vuoi, forse un po' lo sono ma io preferisco chiamarmi soltanto onesto. Credo solo che sarei stato davvero uno stronzo se quella sera avessi chiuso a chiave la porta della camera e ti avessi convinta a giocare ancora. Perché so che lo avresti fatto, ho visto come ti eri presa e io so essere molto persuasivo se voglio. Ma non l'ho fatto e ho bloccato tutto sul nascere prima di fare cazzate. »

Fa per andarsene, ma poi la sua voce ritorna alle mie spalle. « Puoi non parlarmi più se preferisci, ma almeno pensa se hai ancora voglia di darmi quelle lezioni. Mi servirebbero davvero. »

« Potresti chiederlo a chiunque, Christian. Non parli cinese; l'inglese ormai quelli della mia età lo conoscono tutti abbastanza bene e possono aiutarti con le traduzioni. »

Mi accarezza la schiena con fare casuale, lasciandomi rabbrividire. « Lo so che posso chiederlo a chiunque, ma io lo sto chiedendo a te: alla migliore insegnante che potrei trovare », sussurra al mio orecchio.

Quando mi giro per guardarlo, lo vedo rientrare dalla porta finestra, incrociando Maia che stava uscendo per cercarmi. Si scambiano un'occhiata di fuoco, che la mia amica prolunga fino a che non lo vede ritornare dai suoi amici.

« Ti ha infastidito quello? » parte subito sulla difensiva. « Cosa voleva? Che ti ha detto? Se ha fatto di nuovo lo stronzo, io... »

La blocco subito. « Stai tranquilla. Non mi ha dato fastidio, non preoccuparti. Abbiamo chiarito un paio di cose. »

« Tipo? »

« Ehm... magari ne parliamo un'altra volta? » propongo.

Mi prende la mano per darmi un gesto di conforto. « Ehi, ma sei gelida! »

« Sì, in effetti fa freddo. »

« Torniamo dentro o ti prenderai qualcosa. »

La seguo nel caldo opprimente e nella musica assordante e torniamo dal gruppo di amici, fermi al solito angolo. Ma Christian non c'è più.

« Ha detto che è andato in camera e che aveva mal di testa », anticipa Silvia seguendo la direzione del mio sguardo.

Annuisco. « Ecco, mi sa che seguirò il suo esempio. Sono stanca e domani mattina ho lezione presto. »

Maia e Silvia si guardano di sfuggita. « Ok, noi veniamo più tardi. »

Alzo un sopracciglio e le studio con attenzione. « Casper, sono quasi le due e domani devi alzarti presto anche tu. »

« Non preoccuparti, non ci metteremo molto. Buonanotte », finiscono per cantilenare in coro, guardando infine Scott che, seduto su una sedia, ha la testa quasi a penzoloni per il troppo alcol bevuto. Lo guardano e ridacchiano insieme con fare cospiratore.

Quelle due stanno tramando qualcosa...

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Spazio Dory:

Questo è Christian, fondamentalmente istintivo che fa solo quello che gli va di fare senza pensare troppo alle conseguenze... o forse c'è ancora qualcosa che non ha detto?

Il prossimo capitolo sarà davvero importante, il primo vero giro di boa di questa storia...

A presto!

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