20. We will rock you
Canzone per il capitolo:
We will rock you – Queen
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Il finesettimana si è appena concluso, ma il mio malessere è ancora presente. Continuo a pensare al comportamento di Christian, alle nuove scoperte su Maia, e poi a Silvia e Lucas, e tutte le questioni che ho lasciato in sospeso non mi lasciano tranquilla. Al lavoro non ho parlato quasi con le mie colleghe, che non sanno fare altro che discutere di vestiti e nuove collezioni di abiti, spettegolando sul tradimento di una o sulla misura del girovita della nuova fidanzata di un ex, e io resto a piegare e ripiegare sempre le stesse cose dall'altra parte del negozio per passare il tempo, servendo clienti noiosi e al limite della maleducazione.
Tendenzialmente, io da sempre non mi sento soddisfatta della mia vita: è come una consapevolezza costante che, però, riesco a tenere solitamente a bada; ma quando incontro alcuni giorni più difficili, ecco che la situazione peggiora drasticamente: penso all'università e al fatto che, in realtà, studiare Lettere Moderne non fosse di certo il mio sogno più grande nella vita; rifletto sul mio futuro e su cosa farò dopo l'università, se potrò permettermi la specialistica e poi... e poi? Cosa farò della mia vita? Andrò a rimpolpare le file di laureati che lavorano al McDonald's? O troverò qualcosa di adatto a me? E in tal caso, con una laurea come la mia, che cosa? Oltre alla musica che amo, sinceramente non vedo altre strade.
E così, mi ritrovo a riflettere sul fatto che forse finirò per lavorare al negozio di abbigliamento per tutta la vita, servendo clienti molesti e, se sono particolarmente distratta così come sono stata in quest'ultimo weekend, perdere pure soldi alla cassa perché puntualmente sbaglio a dare il resto.
È domenica sera e Timon è appena tornata dalla casa dei suoi genitori, dove trascorre spesso il finesettimana, mentre io sto ancora pensando a quando tornare a casa da mio padre, e al fatto che io non ne abbia davvero alcuna voglia. Mi riprometto di farlo il prossimo week end, così potrò portargli di persona i soldi che gli servono e sarà contento, visto che a volte mi sembra che gli importi soltanto di questo.
Lucas è rimasto qui con noi fino a tardi a guardare un film alla televisione, dopo aver trascorso tutta la domenica insieme a Silvia; a essere sincera, non ho trovato nulla di strano nei suoi comportamenti. Non che io possa accorgermene da una persona che conosco da così poco tempo, in effetti. Ho provato a indagare molto velatamente sulle sue conoscenze in università, se per caso avesse fatto amicizia con qualcuno nei corsi che frequenta o partecipasse a qualche gruppo di studio, ma non ho potuto insistere molto, visto che Silvia aveva già iniziato a guardarmi in tralice.
È stata Maia, infine, abituata ad andare a letto esageratamente presto, a incitare l'amica a mandare via la sua dolce metà dagli occhi azzurri. Alla fine di Pretty Woman - che Silvia ci ha costretti a vedere, ma che alla fine lei ha sbirciato solo di sfuggita quando le tonsille di Lucas perdevano improvvisamente di interesse – Maia ha iniziato a guardare ripetutamente l'ora sul suo orologio e a mandare messaggi infuocati dagli occhi in direzione dell'amica, e alla fine siamo andate a dormire a mezzanotte perché: « domani è lunedì, io lavoro e voi dovete andare a scuola. »
Come se io e Timon andassimo ancora alle scuole elementari.
Ma sono tre giorni che fatico a dormire, troppi pensieri per la testa e il peso costante che sento nel petto, come se mi aspettassi qualcosa da un momento all'altro. Ecco il motivo per cui ora sono qui, a fissare la luce luminosa della radiosveglia sul mio comodino: ore 3,15.
Timon continua a dormire beatamente nel suo letto, avvolta stretta nelle coperte come una piccola tortillas, così mi alzo in piedi in silenzio ed esco dalla camera in punta di piedi. E puntualmente, così come accade sempre quando voglio muovermi senza fare rumore, mi ritrovo a dover starnutire – altre volte invece devo tossire o soffiare urgentemente il naso, oppure colpisco qualcosa al buio con il piede -; esco rapidamente dalla stanza per non svegliare Timon e riesco a chiudermi la porta dietro prima di poter rilasciare con gran soddisfazione il mio starnuto.
Ed è in questo momento che sento un rumore provenire dal soggiorno.
Sono sola e il rumore è davvero molto vicino. Sono raggelata dalla paura.
Resto immobile per capire cosa possa essere stato e, impaurita visto che mi sembra di sentire un'altra serie di rumori incomprensibili, decido di prendere coraggio. Afferro il tomo di Hunger Games – in edizione rigida e limitata che racchiude l'intera trilogia in un'infinita pesantezza di pagine – che Maia sta leggendo in questi giorni e che lascia sempre in giro in disordine, e procedo nel buio della sala. Nonostante l'oscurità, noto immediatamente una figura inquietante che si aggira furtiva nell'angolo vicino al ripostiglio delle scope e, brandendo il pesante tomo dalla parte dorsale più rigida, mi avvento sulla figura che mi trovo davanti.
« Porca di quella... »
È la voce di Maia.
E, ora che l'ho colpita in testa con forza, pare anche decisamente arrabbiata.
Tutto il trambusto del colpo e delle successive imprecazioni svegliano Silvia e Timon, che si precipitano in salotto accendendo tutte le luci con apprensione: Timon, che si deve tenere con una mano alla parete altrimenti sviene di nuovo nel mondo dei sogni, e Silvia, armata di una statuetta da 45 centimetri di Freddie Mercury che, nel brandirla, prende a cantare We will rock you a gran voce.
Maia, nel frattempo delle sue violente imprecazioni, si è inginocchiata con le mani sulla testa dove l'ho colpita in pieno. « Ma ti sei rincretinita, Sara? Mi potevi spaccare la testa con quell'affare! »
Cerco di tranquillizzarmi e ritrovare il ritmo corretto del battito cardiaco impazzito. Mi ero alzata per fare due passi in casa e rilassarmi, e ora invece credo di aver avuto un improvviso rialzo della pressione. « Credevo fosse un ladro! »
« Ma chi cazzo ruba qui, che siamo tutte mezze spiantate?! » geme.
Silvia abbassa la Freddie-arma e si fa avanti a lunghi passi. « Che cazzo ci fai qui a quest'ora?! » poi si volta verso di me. « A proposito: che ore sono? »
« Sono le tre. Allora, Casper: cosa ci facevi in giro a quest'ora? »
Maia si alza in piedi a fatica e io la aiuto a rimettersi in posizione eretta. « Non lo so... »
« Cosa vuol dire non lo so? » strilla Silvia.
Maia alza le spalle e si guarda intorno con fare spaesato, sbattendo ripetutamente le palpebre. « Non lo so, mi hai svegliato con quel colpo in testa. Devo... non so, penso di aver camminato nel sonno. »
« Forse è sonnambula », suggerisce Timon in mezzo a uno sbadiglio.
« Ma non lo è mai stata », ribatte Silvia.
« E tu che ne sai, se non ti svegliano manco le cannonate? » ribatte Maia che ancora si tocca la testa dolorante. « Io sono sonnambula da sempre. »
« E perché noi non lo sapevamo? »
Maia grugnisce alle parole di Silvia e controlla la punta delle dita per assicurarsi di non sanguinare. « Scusa se non lo scrivo sul mio curriculum vitae o nel contratto di affitto; adesso lo sapete, quindi via dai coglioni che sono ancora confusa. »
« Dovresti mettere del ghiaccio », suggerisce Silvia puntandola con la statuetta.
« Lo so, non sono ancora idiota. Buonanotte. »
Silvia trascina Timon di nuovo in camera, mentre io resto da sola con Maia, che continua a gemere e sbuffare come una locomotiva. « Mi dispiace, Casper. Credevo fosse un ladro... Mi hai fatto spaventare un sacco. »
Lei annuisce sbrigativa e, invece dell'astio riservato a Silvia, a me dona un bel sorriso sereno. « Non fa niente, lo avrei fatto anche io se non ti avessi riconosciuta. Anche se questa botta Katniss Everdeen me la paga. »
Apre il freezer e afferra la prima cosa che trova: un sacchetto di minestrone surgelato, che credo fosse presente già quando io avevo messo piede in questo appartamento la prima volta. Restiamo solo io e Maia in cucina e io ne approfitto per preparare una camomilla mentre lei tiene il sacchetto di minestrone sulla testa.
« Va meglio? » le chiedo in tono apprensivo.
« Fa ancora male, ma sì. Spero non si gonfi troppo, altrimenti la testa potrebbe diventare con la forma di un avocado, e non sarebbe proprio un bello spettacolo. E tu, ti sei svegliata per colpa mia? »
Preparo il bollitore e tengo da parte la bustina della camomilla. « No, non riuscivo a dormire già da prima. Pensavo a un po' di cose. »
« A Christian? » domanda abbassando la voce, visto che in camera le altre si saranno già addormentate.
« Anche... ma non solo... » mi affretto ad aggiungere.
Si schiarisce appena la voce e toglie il sacchetto dalla testa con fare sconsolato. « Capito... non hai voglia di parlarne. »
Resto qualche istante a guardarla e capisco che, in realtà, non sono di certo io che non ho voglia di parlare della questione. Le sorrido e, giusto un minuto dopo, afferro infine la mia tazza con la camomilla calda, per fortuna già pronta grazie al bollitore.
« Scusami ancora per prima... vado in camera e provo a leggere un po'; così, magari, riesco ad addormentarmi. »
« Non svegli Timon con la luce accesa? »
Trattengo una risata. « Non la sveglierei nemmeno se tenessi un pezzo degli AC/DC a tutto volume, figurati se riesco a turbare i suoi sogni solo con la lampada del comodino. »
Le passo accanto per dirigermi alla camera da letto, ma Maia mi afferra per il polso per fermarmi. Mi prende per mano e mi sorride, buffa con il sacchetto del minestrone che sembra una specie di coppola vegetale sulla sua testa. « Ti voglio bene, Sara, e mi dispiace vederti triste per degli stupidi ragazzi. Spero che un giorno tu possa essere felice con... con la persona giusta. Te lo meriti. »
Posando la tazza sul tavolo la abbraccio di slancio, perché è così che avrei sempre fatto con lei, con la mia amica; ma il mio è un abbraccio rigido e imbarazzato... odio questa situazione tra me e lei perché rivorrei la mia amica come prima... ma a questo punto, temo, non so quanto sarà ancora possibile. « Ti voglio bene anche io e... grazie, Casper. »
« Di cosa? »
« Di non avermi fatto il terzo grado in questi due giorni e aver tenuto a bada Rainbow con le sue domande. »
Annuisce, intuendo a cosa mi sto riferendo, e con un cenno del capo accetta il mio ringraziamento.
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Il giorno seguente, dopo una notte passata quasi completamente in bianco, sono costretta a rivedere Christian in università; è di nuovo venuto in compagnia di Rebecca con la sua macchina e oggi sono pure costretta ad avere il corso in comune con lui. Da venerdì, dopo il suo messaggio, non sì è più fatto sentire né vedere. Mi ha salutato a malapena quando ci siamo incrociati per le scale questa mattina, e ora è seduto in fondo all'aula, parecchie file dietro di noi.
« Non è per dire ma... », bisbiglia Timon al mio fianco, « Christian sta continuando a guardarti da almeno dieci minuti. »
Mi volto appena per controllare, poi torno a guardare il professore con delusione. « Non sta guardando me, ma il prof davanti a noi. Sono soltanto sulla traiettoria del suo sguardo. »
Si gira con gesto plateale e io sospiro, sconfitta dai suoi modi. « A me, invece, sembra proprio che guardi te. »
« E a me sembra proprio che tu guardi troppi film, Timon. Lascia perdere e fammi ascoltare la lezione. »
Forse non dovrei mostrarmi così debole con lui, fargli capire così apertamente che mi ha ferita. Insomma, ho un orgoglio pure io!
Dovrei fingermi semplicemente disinteressata... ma non è affatto facile.
Passo il tempo seguente con la testa fra le nuvole, lo sguardo che vaga dal professore alla vetrata che dà sul parcheggio interno della facoltà e, alla fine, risolvo solamente di tirare fuori il mio piccolo diario e buttare giù qualche frase. Parole intrise di malinconia e tristezza che mi fanno deprimere solamente di più perché vorrei saperle scrivere in maniera più poetica, e non come una bambina delle elementari che non riesce mai a trovare l'aggettivo giusto.
Una volta che la lezione è finita, mi alzo per rimettere i libri e il diario di nuovo nello zaino. Il professore esce dall'aula quasi immediatamente, forse diretto alla lezione successiva, e come sempre è inseguito da un paio di studentesse in cerca di consigli sul compito che ci ha dato per la settimana prossima.
Quando lascio vagare lo sguardo per l'aula per curiosare dove sia Christian con la sua "Becky", trovo ancora i suoi occhi puntati su di me. E questa volta, non ho più la scusa del professore che regge.
Perché continua a guardarmi se poi resta con lei? Cos'è, ha un gemello gentile nascosto in camera ed escono alternativamente un giorno sì e uno no? Non riesco proprio a capirlo.
Timon mi chiede di restare insieme a lei a studiare in biblioteca, ma io gentilmente declino la sua offerta, visto che non ho alcuna voglia di passare altre ore a fissare un libro senza speranza di studiare. Preferisco stare a casa nella comodità del mio pigiama per ottenere lo stesso vuoto risultato.
Sono le quattro quando sento suonare il campanello di casa, distogliendomi dal mio ennesimo tentativo di memorizzare qualcosa della metrica del Canzoniere di Petrarca. Vado ad aprire la porta con un sospiro, convinta di trovare Timon che ha dimenticato le chiavi di casa per l'ennesima volta, e invece trovo Christian.
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Spazio Dory:
stavolta ho aggiornato come un fulmine, vogliatemi taaaanto bene ;-)
Cosa vorrà Christian? Io uno pugnetto sul grugno glielo darei. Così, giusto per essere sicura e togliermi una soddisfazione. Poi lo lascio parlare ahahah
Spero davvero che la storia vi piaccia, pian piano ci stiamo avvicinando al clou... a presto!
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