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Ryan Carter

La stanza era immersa nella penombra, rischiarata solo dallo schermo del computer. I riflessi verdi e blu lampeggiavano sulle lattine di soda vuote e sui sacchetti di snack accartocciati. Il letto era un groviglio di coperte e cuscini, con controller e cuffie disseminati ovunque, mentre una pila di fumetti semi-aperta occupava l’unico spazio libero sulla scrivania.

Ryan si sporse in avanti, con gli occhi incollati al monitor. I pollici premevano frenetici i tasti del controller.
Quella partita sarebbe stata quella buona. Il video perfetto per attirare nuovi follower. Lo sentiva.
Qualcuno doveva pur notarlo, prima o poi. Non era così male, no?

Sul monitor, il protagonista avanzava lentamente in una strada deserta, avvolta da una nebbia densa e inquietante. I suoni distorti del gioco riempivano la stanza, amplificati dalle casse accanto allo schermo. Uno scricchiolio improvviso, un'ombra fugace nella nebbia, e Ryan si irrigidì sulla sedia.

«Dai… dove sei?» mormorò, piegandosi ancora di più in avanti.

La creatura sbucò all'improvviso, un ammasso contorto di arti e rabbia. Ryan scattò. Premette i tasti al momento giusto, schivando il colpo e attaccando con un’arma improvvisata.

«Boom! Al primo colpo!» esclamò, un sorriso trionfante gli illuminò il volto. «Avete visto, ragazzi? Nessuno può battermi quando sono in giornata!»
Parlò direttamente con la telecamera piazzata accanto al monitor. «Non male, vero? E magari questa volta mi lascerete pure un like.
Per oggi è tutto, mi raccomando, iscrivetevi al canale se non volete perdervi altri contenuti. A presto!».

Spense la registrazione, lasciando che il silenzio riprendesse possesso della stanza. Posò il controller sul tavolo, stiracchiandosi sulla sedia. Lanciò un’occhiata al monitor accanto, dove il contatore dei follower lampeggiava: sessantadue.
Ryan fissò quel numero per qualche secondo, sperando che improvvisamente cambiasse. Non successe.

"Sessantadue follower"
Si lasciò cadere contro lo schienale, le braccia incrociate dietro la testa.
"Con questo ritmo, forse arriverò a cento per il prossimo decennio" pensò.

Un sospiro gli sfuggì dalle labbra, mentre il pensiero cominciava a scivolare verso la post-produzione. Doveva tagliare i momenti morti, aggiungere qualche effetto sonoro accattivante, e caricare il video all’ora giusta.
Si spinse con la sedia verso il secondo monitor, digitando freneticamente per cercare le statistiche migliori sugli orari di caricamento.

BAM.

La porta si spalancò, strappandolo dai suoi pensieri. Ryan sobbalzò, gli occhi spalancati. Per poco non urlò.

«Ma dico, sei sordo?! È da mezz'ora che busso!»
La voce di Emma riempì la stanza come un’esplosione. Lei si fermò sull’uscio, le mani piantate sui fianchi e un’espressione che poteva far tremare chiunque, tranne Ryan.

Lui si portò una mano al petto, cercando di rallentare il battito del cuore.
«Emma… tu prima o poi mi farai morire!»
Riprese fiato, passandosi una mano tra i capelli.
«Quante volte devo dirti di non entrare in casa mia così?».

Emma alzò un sopracciglio, avanzando nella stanza. «Scusami tanto, ma non rispondi al telefono, né al citofono. Sei solo in casa, che altro dovevo fare?».

«Vivo in un paesino dimenticato da Dio. Cosa vuoi che mi succeda?».

«Un malore improvviso, per esempio. Non si sa mai»
Emma incrociò le braccia, lanciando uno sguardo di disapprovazione alle lattine sparse ovunque.

«Emma… ho diciotto anni».

«Ah, davvero? Non te ne darei meno di quaranta, con tutte le schifezze che mangi»
Prese un sacchetto di patatine accartocciato tra le dita, facendolo tintinnare come una prova del crimine, e lo lanciò nel cestino.

Ryan rise, alzandosi finalmente dalla sedia.
«Comunque, domani torniamo a scuola, e sì, ho passato tutte le vacanze chiuso qui dentro. Vuoi farmene una colpa?».

«Misantropo».
Emma si lasciò cadere sul letto, spostando uno dei controller con un gesto della mano.

«E tu, piuttosto? Come è andata la festa di ieri?».

Emma fece spallucce, il suo sorriso si spense appena.
«Niente di che»
Il suo tono era abbastanza neutro da far scattare un campanello d’allarme nella mente di Ryan.

«Jason ti ha ignorata di nuovo?»

Lei abbassò lo sguardo, torcendo le mani sulle ginocchia. «Figurati. Non si è neanche accorto che esisto. Era troppo occupato a flirtare con Chloe»

«Come dargli torto» Ryan si sedette accanto a lei, allungando le gambe.

Emma lo colpì con un cuscino. «Grazie per il supporto».

Ryan si grattò la testa, cercando le parole giuste.
«Chloe è praticamente perfetta. Non è una gara equa».

Emma lo fissò, gli occhi lampeggianti.
«Da che parte stai, Carter? Non avrai mica una cotta per Chloe!»

«Tranquilla, niente crush. È solo un dato oggettivo. È popolare, è carismatica… insomma, è tutto quello che non sono io».

Emma scosse la testa, un sorriso che tornava lentamente sulle sue labbra.
«Sai che sei patetico? Sessantadue follower e un ego fragile come un bicchiere di cristallo»

Ryan rise, alzandosi di nuovo. «Andiamo a prendere un gelato. Mi farà bene uscire un po’».

Emma annuì, ma lo fermò con un gesto della mano.

«Solo dopo che ti sarai fatto una doccia. Fidati, ne hai decisamente bisogno.»

Ryan la guardò per un lungo momento, poi un sorriso maligno gli illuminò il volto.
«Ma io profumo di fiori di campo, senti!»
Alzò un braccio verso di lei.

«Non osare!» Emma balzò in piedi, ma Ryan le corse dietro, ridendo.

Dopo che Emma riuscì finalmente a spingerlo in bagno
Ryan si ritrovò a sorridere prima di dirigersi verso la doccia. Un motivetto allegro gli scivolava tra le labbra, come a convincersi che quel momento di normalità fosse tutto ciò di cui aveva bisogno.
L’acqua calda lo avvolse, sciogliendo un po’ della tensione accumulata. Non poteva negarlo, Emma aveva ragione: una doccia era decisamente necessaria.

Mentre si insaponava, un suono sospetto proveniente dalla sua stanza lo fece bloccare di colpo. Scrutò oltre la tenda della doccia, come se potesse vedere attraverso le pareti.

«Emma!» urlò con tono esasperato, la schiuma che ancora gli colava tra le mani. «Non azzardarti a mettere in ordine le mie cose! Lo sai che poi non trovo più niente!» sbuffò, agitando una mano come se lei potesse vederlo.

La risposta arrivò tagliente e carica di disprezzo.
«È impossibile trovare persino una matita in questo caos, Ryan! Come fai a vivere in queste condizioni?».

Ryan sospirò, velocizzando i movimenti per sciacquarsi.
«Il disordine è il segno di una mente brillante, lo sapevi?».

«Sì, certo» replicò lei con un tono così sarcastico da farlo ridere.

Quando uscì dal bagno con una tovaglia annodata in vita, si trovò di fronte Emma intenta a sistemare una pila di fumetti con un’espressione determinata.

«Ti avevo detto di non toccare niente!» esclamò, alzando le braccia sconfitto.

Emma sollevò lo sguardo, con un sorriso a metà tra il divertito e il malizioso.
«Dovresti ringraziarmi. Una stanza in ordine potrebbe migliorare la tua vita sociale».

Ryan scosse la testa, dirigendosi verso l’armadio.
«Sei proprio una maniaca del controllo. Adesso esci. Devo vestirmi».

Emma si fermò per un attimo, osservandolo con attenzione.
I capelli ancora bagnati gli scivolavano sulla fronte, incorniciando il viso.

«Sai che dovresti andare un po’ in palestra?» disse alla fine, con una naturalezza che solo lei poteva permettersi.

Ryan alzò gli occhi al cielo, rassegnato.
«Perché mai dovrei?»

Emma fece spallucce, lanciandogli un’occhiata critica. «Perché sei un immane spreco. Non hai una ragazza solo perché non sai valorizzarti. Potresti essere popolare almeno quanto Jason, se ti impegnassi un minimo».

Ryan si appoggiò all’anta dell’armadio, incrociando le braccia.
«Ti ringrazio per il delicato boost di autostima, ma non mi interessa piacere a tutti».

Emma alzò un sopracciglio.
«A tutti interessa piacere agli altri».

Ryan si lasciò sfuggire una risata. «Ah sì? Per questo ti sfondi di workout e dieta? Per piacere agli altri?»

Emma ridacchiò, dandosi una pacca sul fianco.
«Anche, certo. Ma non solo. Mi piace guardarmi allo specchio e vedere il mio sodo lato B. Devo compensare il fatto che non ho tette, no?».

Ryan si lasciò scivolare sulla sedia, scuotendo la testa.
«Siete tutte così complicate. Saresti carina anche con qualche chilo in più, senza trucco e con un pigiama di flanella addosso. Sai perché? Perché hai un cervello, sei gentile e hai carisma. Se qualcuno non riesce a vedere questo, non è una persona che ti merita».

Emma rimase per un attimo senza parole, fissandolo.
Poi aggrottò la fronte, il tono della voce più basso.
«Hai detto che sarei semplicemente carina?».

Ryan tornò a frugare tra le sue felpe, ignorandola volutamente.

«Anche tu vai bene così come sei. Non devi cambiare nulla» aggiunse infine la bionda.

Ryan si voltò con un sorriso ironico, la felpa in mano.
«Lo so, mi piace essere magrolino e scattante.
E adesso, se non esci, mi spoglierò davanti a te».

Emma sgranò gli occhi, balzando verso la porta.
«Oh, no. Ti aspetto fuori. Ma sappi che questa conversazione non è finita!» gridò prima di richiudere la porta alle sue spalle.

Ryan rimase immobile per qualche istante, scuotendo la testa con un sorriso.
Con Emma, ogni giornata diventava una battaglia. Ma non l’avrebbe scambiata per nulla al mondo.

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