Special Part - Connor
Nonostante si trovasse in città, quella sera Connor poteva vedere chiaramente le stelle in cielo; più di quante ne avesse mai viste in vita sua. E tuttavia quella vista meravigliosa non riusciva a sollevarlo dai suoi problemi, dai suoi rimorsi.
«Sei solo una puttana!» gridò una voce irata e leggermente tremolante per l'alcol.
Connor spostò lo sguardo verso la casa accanto, dove provenivano le urla, e sospirò stringendo la stoffa dei suoi costosi jeans tra le mani. Puntuali come orologi svizzeri o la morte, i suoi vicini ripetevano ogni sera lo stesso teatrino di insulti, grida e pianti. Sapeva che entro qualche secondo la porta di casa si sarebbe aperta e come una furia ne sarebbe uscito proprio lui, la causa dei suoi rimorsi, Kevin...
E, proprio come aveva predetto, non passò molto prima che il ragazzo uscisse con forza di casa, sbattendosi la porta alle spalle. Lo vide esitare per qualche secondo nel vialetto, mentre lanciava alcune occhiate furtive alla casa, come se temesse che qualcuno potesse uscire a cercarlo, e asciugarsi con la manica della felpa le guance bagnate. Connor si sentì ancora più male, ancora più in colpa; a causa sua lui non sarebbe mai scappato da quell'inferno né andato al college. La famiglia di Kevin non navigava affatto in buone acque e non potevano permettersi di pagargli gli studi, e anche se avessero trovato la somma necessaria per mandarlo a scuola era sicuro che avrebbero preferito spenderla per i loro vizi piuttosto che per il figlio.
Lui invece sarebbe andato all'università, avrebbe continuato la sua vita e, con un po' di fortuna, fatto successo in campo sportivo. I suoi genitori potevano permettersi di pagargli le rette del college e soddisfare tutti i suoi capricci da ragazzo ricco e viziato qual era, almeno in teoria perché in campo scolastico avevano sempre preteso troppo da lui. Anche se non ce n'era bisogno perché lui aveva vinto la borsa di studio, quella che sarebbe toccata a Kevin, quella che lui gli aveva rubato.
Lanciò uno sguardo alla gamba ingessata del ragazzo e un dolore al petto lo trafisse, impedendogli di respirare. Si piegò in avanti, cercando disperatamente di riprendere fiato, mentre una forte nausea lo sconquassava. Il ricordo di quel giorno maledetto tornò come un fulmine, doloroso e punitivo, nella sua mente.
Connor si aggirava, come ogni mattina, tra i corridoi della scuola con aria fiera e strafottente, lanciando occhiatacce disgustate alle persone che lui considerava “sfigate” e sguardi di appezzamento verso le compagne più carine, anche se mai avrebbe tradito Carly. Si stava dirigendo in palestra, il professor Warren, l'allenatore della squadra di football, lo aveva convocato nel suo ufficio per discutere di una questione importante. Sapeva già di cosa volesse parlargli, la settimana prima alcuni talent di prestigiosi college avevano fatto visita al loro liceo per poter assistere agli allenamenti, alcuni erano addirittura venuti a vedere le partite, per cercare una nuova promessa a cui proporre una borsa di studio e Connor sapeva di essere il candidato perfetto; con ogni probabilità l'avrebbe vinta lui e questo lo riempiva di orgoglio.
Mentre si avvicinava all'ufficio del professore, dalla piccola finestra nella porta blu dell'ufficio lo vide parlare con un uomo vestito in modo elegante. Sospettando si trattasse di un incontro importante, preferì sedersi su una delle sedie accanto al muro e attendere che i due finissero di parlare. Stranamente, il corridoio era silenzioso in modo inquietante ed anche se non aveva intenzione di origliare gli giunse all'orecchio “Kevin Diaz” e, come se fosse stato punto da un ago, si alzò di scatto avvicinando l'orecchio alla porta.
«Siete sicuri della vostra scelta?» La voce bassa e baritonale del coach gli arrivò chiara alle orecchie, sembrava contrariato anche se aveva tentato di nasconderlo.
«Sì, crediamo che Diaz sia un vero talento, una promessa che non possiamo lasciarci scappare» rispose l'elegante sconosciuto e Connor si irrigidì mentre il cuore iniziava a battere furioso.
«Non posso negare che il ragazzo abbia ottime qualità e prestazioni, ma credo che Smith sia molto più adatto e bravo» lo contraddì il professor Warren e Connor si ritrovò ad annuire senza nemmeno accorgersene.
«Smith è senza dubbio un buon giocatore e la nostra seconda scelta, ma Kevin Diaz è già una stella e noi non abbiamo intenzione di perderla» ripeté cocciuto e duro lo sconosciuto. «Ora, se vuole scusarmi, ho un impegno importante e non posso trattenermi oltre.»
Connor si risedette immediatamente, tentando di nascondere l'espressione turbata e furiosa che sentiva avere stampata in faccia. Seconda scelta... lo aveva definito una seconda scelta, inferiore al grande Kevin Diaz! Strinse i pugni, indignato e con l'insana voglia di picchiare qualcuno, di sfogare la sua rabbia su una povera vittima innocente.
Quando la porta si aprì, vide lo sconosciuto salutare un ultima volta il coach, che lo aveva accompagnato fino alla soglia, e andarsene senza nemmeno guardarlo. Provò un immediato astio nei confronti di quell'uomo che nemmeno conosceva, come aveva osato definirlo una seconda scelta? Lui era il migliore della squadra, nettamente superiore a quell'idiota di Kevin da non poterli nemmeno paragonare.
«Hai sentito tutto, vero?» sospirò il professore accanto a lui. Connor si limitò ad annuire, incapace di aprir bocca dalla rabbia. «Entra dentro, ragazzo, dobbiamo parlare.» E senza aspettare una sua risposta, il coach Warren rientrò nel suo ufficio.
Gli ci vollero alcuni minuti prima di ritrovare la forza di alzarsi e raggiungere l'uomo. Quando gli si sedette di fronte, capì che tutto quello che aveva sentito non era stata un'allucinazione acustica ma la verità.
«Quindi è vero, vogliono Kevin?» chiese con la voce piena di amarezza.
Il signor Warren si portò una sigaretta alle labbra ma non l'accese poiché fumare a scuola era vietato, era solo un gesto che tradiva il suo nervosismo. «E non solo quel college, ma anche tutti gli altri» confessò l'uomo, rabbuiandosi.
«Come anche tutti gli altri?!» sbottò inviperito, scattando in piedi. «Ed io, allora? Non sono forse anche io una promessa, una stella?» Tutto quello era assurdo, assolutamente assurdo. Kevin non poteva superarlo anche in quel modo, non dopo tutti i sacrifici che aveva fatto, dopo tutti gli anni a tentare di staccarsi dalla sua ombra.
«Mi dispiace, ragazzo, ma è così. Non si può negare che Kevin sia un vero talento, in tanti anni di insegnamento e pratica non avevo mai visto un ragazzo così dotato e non posso di certo biasimarli.»
A quelle parole, Connor alzò di scatto lo sguardo e fissò il proprio allenatore con sconcerto, sentendosi tradito anche da lui. Quell'uomo non aveva mai provato simpatia per Kevin anzi, lo aveva sempre trattato con sufficienza anche se per merito del ragazzo, e dovette ammetterlo con stizza, avevano vinto quasi ogni partita. E sentirlo parlare così bene di lui, dopo quegli anni di apparente antipatia, gli fece stringere lo stomaco.
«Ma» riprese il coach, «se davvero vuoi questa borsa di studio, se davvero è così importante per te, hai una sola opzione per averla.» Il tono dell'insegnante era così basso che ci mise qualche secondo a capire ciò che aveva detto.
«E quale?» chiese immediatamente, disposto a tutto pur di non vedersi battere da Kevin.
«Devi spezzargli la gamba o infortunarlo in un altro modo ugualmente grave» gli rivelò con lo sguardo pieno di vergogna e rassegnazione, come se stesse dicendo qualcosa che non voleva.
Connor raggelò, ferire in modo irreversibile il ragazzo era un opzione che nemmeno lui avrebbe mai preso in considerazione. Odiava Diaz, certo, ma non aveva mai pensato qualcosa di tanto grave e spaventoso.
«Dovrei rovinare per sempre la sua carriera sportiva?» Voleva solo evitare di farsi soffiare la borsa di studio, non renderlo zoppo o ugualmente menomato a vita. Il solo pensiero lo fece rabbrividire.
«È l'unico modo per vincere quella maledetta borsa! Non so per quale motivo visto che i soldi non ti mancano, ma se davvero non vuoi farti superare da lui questo è l'unico modo.» Detto ciò, l'uomo lo mandò via e Connor da quel giorno pensò per ogni istante al consiglio ricevuto, all'idea orrenda e vile che avrebbe dovuto mettere in atto, fino a quando non gli sembrò poi così tanto orribile.
Fu suo padre, che si mostrò talmente deluso e incollera all'idea di iscriverlo al college senza borsa di studio, a convincerlo del tutto. Non voleva deluderlo, lui si aspettava che suo figlio vincesse perché migliore e non avrebbe speso un centesimo per pagare studi che non si era meritato, sue esatte parole. Quello l'aveva gettato nel completo sconforto, fino a farlo arrivare alla conclusione che il suo coach aveva ragione: non aveva altra scelta che quella.
Avrebbe rovinato la vita di Kevin per sempre, infranto tutti i suoi sogni e negato il brillante futuro che meritava. Sapeva quanto lui avesse bisogno di quella borsa poiché i suoi erano persone con gravi problemi di alcol e droga, uno dei motivi per cui anni prima aveva chiuso i rapporti con lui, che era stato il suo migliore amico. Non si sarebbe mai potuto permettere le rette e di conseguenza non avrebbe potuto garantire una vita migliore a se stesso o alla sorella.
Quei pensieri lo fecero sentire male, un bastardo, ma allo stesso tempo immaginare l'ira di suo padre, la sua vergogna, gli diedero la forza per mettere da parte quei sentimenti umani e decidere di fare la cosa più aberrante della sua vita, una scelta che avrebbe cambiato sia la sua vita che quella di Kevin per sempre.
Connor ritrovò aria solo quando il ricordo svanì, ma quel macigno nel petto invece restò al suo posto come sempre da allora. Dopo aver spezzato la gamba a Kevin e vinto la borsa di studio, l'allenatore Warren si era licenziato e la sera stessa aveva scoperto che suo padre lo pagava da anni per garantire di farlo primeggiare su tutti gli altri compagni di squadra. Quella scoperta lo aveva distrutto e fatto capire che sin da bambino non era stato altro che il burattino di suo padre, una bambola nelle sue mani da plasmare e istruire a piacere.
«A questo mondo, non si ottiene nulla giocando pulito.»
Era stata questa la spiegazione di suo padre a tale comportamento, in realtà non aveva mai creduto in lui ma lo aveva illuso facendogli credere di essere perfetto perché persone del loro ramo sociale dovevano avere solo figli perfetti, perfetti solo all'apparenza ovviamente. In un attimo, aveva capito che la sua vita non era stato nient'altro che una ragnatela di bugie sapientemente tessuta intorno a lui fino ad intrappolarlo.
Aveva trattato le altre persone come spazzatura, credendosi superiore a loro. Aveva tradito il suo migliore amico per gelosia, per futile cupidigia ed ora ne pagava le conseguenze. Ma non era ancora abbastanza, doveva pagare di più, doveva soffrire allo stesso modo in cui aveva fatto soffrire gli altri, a cominciare da Kevin.
Fissò il ragazzo ancora per un po', prima di alzarsi ed entrare in casa per affrontare suo padre e metterlo al corrente di aver rinunciato alla borsa di studio. Non avrebbe tenuto una cosa bagnata dalle lacrime altrui, dal dolore di una persona che gli era stata cara, e non avrebbe dato ulteriore soddisfazione al padre da quel momento in poi.
* * *
– ANGOLINO DI EVELYN –
Oddio, finalmente dopo settimane ecco che mi faccio di nuovo viva! Contenti?
Scherzi a parte, lo so che mi odiate e siete stufi di me ma chiedo venia. In mia discolpa posso solo dire di essere fusa mentalmente e stanca fisicamente in questi mesi e, dopo aver ricevuto un importante messaggio, sto cercando di finire completamente Miss Bridesmaid, una storia che potete trovare sul mio profilo, e nello stesso momento di portare avanti questa. Il problema è che ormai la storia è alla fine, ma questo finale io non ce l'ho ancora bene in mente quindi sono bloccata! Poi servono anche ulteriori scene che avvicinino sentimentale i due protagonisti, non posso farli mettere insieme dall'oggi al domani così, solo perché hanno avuto una cotta reciproca da adolescenti; non reggerebbe. Già questa storia fa pena, ma non voglio renderla ulteriormente trash! Spero dunque capirete e mi perdonerete, non posso assicurarvi che da adesso in poi gli aggiornamenti riprenderanno come prima, ma quando pubblicherò il capitolo 17 significherà che ormai la storia è completamente delineata e va solo scritta fino alla fine.
Ringrazio chi ha atteso e letto fino ad ora, chi ha letto ma poi si è stufato e chi ancora mi segue nonostante sappia che far penare i lettori è la cosa che meglio mi riesce. Vi sono grata, per tutto.
Un bacio,
Lyn!
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