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~Capitolo 19~

Ignorò lo sguardo inceneritore di Kevin e sorrise alla donna. Sophie si chiese se davvero fossero fratelli, le somiglianze fisiche si notavano ed era per questo che le era sembrata tanto familiare prima, ma caratterialmente erano davvero due opposti. Lui aveva una perenne espressione corrucciata e intimidatoria mentre l'altra sorrideva solare e gentile, sembravano persone cresciute in ambienti completamente diversi.

«Bene, allora queste le mangerete con noi» alzò il contenitore delle lasagne con lo sguardo felice e soddisfatto. «Ho la macchina parcheggiata qui accanto, andiamo?»

Sophie la seguì senza farselo ripetere, anche perché temeva che Kevin potesse trattenerla e declinare l'invito con mille scuse, era curiosa di scoprire qualcosa di più sulla vita dell'uomo che le faceva da balia - sequestratore; magari qualcosa che avrebbe potuto usare conto di lui!

Prima che potesse entrare in auto, Kevin le afferrò un braccio sussurrandole piano: «Attenta a cosa ti lasci scappare con mia sorella.»

Sophie si voltò verso di lui credendo di trovargli in viso la solita aria irritata, invece vi trovò uno sguardo preoccupato. Forse se sua sorella avrebbe saputo del suo incarico non l'avrebbe approvato, chi lo avrebbe fatto del resto?

Si limitò ad annuire e si accomodò sui sedili posteriori dell'auto di Sonia mentre Kevin si accomodò accanto alla sorella sul sedile del passeggero. Per tutto il breve tragitto che servì a raggiungere la casa della donna, Sophie finse di guardare il paesaggio fuori dal finestrino per cercare di ignorare lo sguardo dell'uomo su di sé. Sapeva che se si fosse voltata il suo sguardo sarebbe stato molto eloquente, avrebbe detto: Ricorda di tenere la bocca chiusa.

Per fortuna la tortura non durò molto e la vista della piccola villetta dai mattoni rossi, che si rivelò essere la casa della donna, le rallegrò la giornata. Era una casa così graziosa che Sophie l'avrebbe volentieri barattata col suo palazzo, così grande e asettico, mentre quella piccola dimora le trasmetteva calore. Poté notare le tendine color avorio che impedivano di sbirciare all'interno e sul giardino davanti vi erano un triciclo rosa e una palla di Barbie

Sophie era curiosa di conoscere la nipotina di Kevin. Era assurdo pensare a lui con un bambino, nonostante la scena di poco prima, alle altalene, avrebbe dovuto farle capire che con i piccoli l'uomo non era del tutto impreparato. Li prendeva addirittura più seriamente di lei...

Sonia li fece entrare in casa e accomodare in salotto, scusandosi per il disordine; che consisteva soltanto nei giocattoli della bambina sparpagliati un po' ovunque. Si sedette rigida sul divano mentre la sorella di Kevin sparì in cucina e ritornò qualche minuto dopo con un bicchiere di quello che, a una prima occhiata, sembrava tè freddo. La ringraziò e prese il bicchiere, bevendo un sorso della bevanda.

«Allora, Sophie, come mai sei qui? Se posso chiedere, ovviamente.»

Il tè alla pesca quasi le andò di traverso, le era parso strano in effetti che la donna non si interessasse di lei. Guardò Kevin, che si era portato una mano al viso in una posa esasperata, e capì che invece lui se l'era aspettato eccome quell'interrogatorio.

«Be', sono qui in visita» disse semplicemente, senza dare troppe informazioni, e in fondo non era nemmeno una bugia.

«Capisco. Hai qualche parente qui?» incalzò Sonia.

«No, un'amica.»

«Come conosci Kevin? È così strano vederlo in compagnia di un essere umano, per giunta donna» rise lei, lanciando un'occhiata maliziosa al fratello.

«Ah... be'» iniziò, tentando di trovare una scusa che reggesse, ma Kevin la interruppe.

«Siamo ex compagni di classe, abbiamo frequentato il liceo insieme.»

Quella risposta la spiazzò e spostò il suo sguardo su di lui, i suoi occhi la stavano fissando in modo intenso e serio. Possibile che si fosse ricordato di lei? E se fosse stato così perché non gliel'aveva detto? Si ricordava di quello che le aveva fatto? E pensare che lei gli aveva confessato tutto, anche di aver avuto una cotta per lui al liceo... Strinse con forza il bicchiere che aveva in mano mentre sentiva la rabbia e l'imbarazzo chiuderle lo stomaco. Non sarebbe riuscita a mangiare le lasagne di Sonia, per la verità non voleva rimanere lì un secondo di più altrimenti avrebbe sfogato tutte le sue emozioni su Kevin e non era qualcosa che voleva fare a casa della sorella di lui. Proprio in quel momento, il suo cellulare squillò e tutti sobbalzarono. Sophie posò il bicchiere sul tavolino che aveva di fronte e prese il cellulare dalla tasca, notando un messaggio da parte di Jane.

"Ehi, non sono felice di farlo, ma Connor mi ha chiesto di darti il suo numero per continuare la conversazione interrotta l'altra sera dal tuo J.I.Joe sotto acidi."

Sotto quel messaggio ce n'era un altro contenente il numero dell'ex bullo e un'idea stupida, assurda e assolutamente poco furba le venne alla mente. Posò in fretta il cellulare, facendo finta di niente.

«Chi era?» chiese Kevin.

«Nessuno.»

Quella risposta non gli piacque, perché la fissò con sospetto prima di puntare lo sguardo sulla tasca dei jeans, dove aveva riposto il cellulare. In maniera quasi autonoma, portò la mano proprio in quel punto, come a voler proteggere qualcosa di segreto e importante. Lo vide alzare un sopracciglio e aprire la bocca per dire qualcosa, ma proprio in quel momento la porta di casa si aprì e un uomo con in braccio una bambina fece il suo ingresso in casa.

Sophie poté finalmente conoscere la nipotina di quell'idiota, una bimba bassa e graziosa, dai luminosi capelli scuri e gli occhi del medesimo colore. Appena vide Kevin i suoi occhi si illuminarono e gli corse incontro lasciando cadere dietro di sé lo zainetto rosa che aveva sulle spalle.

«Zio Kevin!»

L'uomo la prese tra le braccia, dandole un forte bacio sulla guancia, mentre la piccola gli avvolgeva le braccia intorno al collo in modo così energico che si stupì di non vedere la faccia di lui farsi rossa per la mancanza di aria.

«Ehi, Bambolina, hai fatto la brava con papà?» chiese lui e finalmente la bambina si staccò leggermente dallo zio per poterlo guardare in faccia.

«Sì, non ho chiesto nulla né fatto i capricci e papà mi ha comprato un pacchetto di caramelle.»

Solo in quel momento Sophie notò che il marito di Sonia aveva tra le mani un sacchetto della spesa.

«Sì, è stata bravissima. Ma poteva anche evitare di dire a tutti che le ho comprato delle caramelle prima di pranzo, soprattutto conoscendo quel generale della madre...»

Il padre della piccola le si avvicinò facendole il solletico su un fianco e lanciandole un occhiolino.

La bambina rise e si portò una mano sulla bocca. «Ops.»

Sonia si alzò dal divano, lanciando al marito un'occhiata eloquente prima di prendere la busta tra le sue mani e dirigersi in cucina.

«Sedetevi a tavola» disse, prima di sparire oltre la porta.

Sophie si alzò quasi con timore e solo in quel momento la piccola si rese conto di lei.

«Chi sei tu?» le chiese puntandole il piccolo indice addosso.

Kevin le fece abbassare il dito. «Melanie, quante volte ti ho detto che puntare una persona non è carino?»

«Scusa» mormorò mogia, facendole molta tenerezza.

«Io sono un'amica dello zio» le rispose, accennando un sorriso.

«Da quando hai degli amici, Zio?»

Dal salotto sentirono il padre di Melanie ridere fragorosamente. Kevin sospirò e raggiunse il cognato, seguito da lei. Presero tutti posto a tavola e poco dopo la padrona di casa portò in tavola una profumatissima teglia di lasagne, che si affrettò a dividere in porzioni. Quando le mise davanti la propria fetta, Sophie sentì lo stomaco risvegliarsi dopo cento anni di sonno profondo e aspettare che tutti fossero pronti per iniziare fu davvero difficile per lei. Anni di buone maniere buttati quasi nella spazzatura da una sola porzione di lasagna fatta in casa. La finì talmente in fretta che nemmeno se ne accorse e quando alzò il capo dal piatto si rese conto che tutti la fissavano curiosi.

«Era... Era ottima» disse alla cuoca, accennando un sorriso imbarazzato mentre si malediva per la figuraccia.

«Grazie... Ne vuoi un altro po'?»

«No, no grazie. Sono piena.»

Sonia spostò lo sguardo da lei al fratello, fulminandolo con un'occhiataccia di rimprovero che nessuno in quella stanza capì, soprattutto il povero interessato.

«Allora...» iniziò il marito di Sonia, interrompendo quel silenzio imbarazzante. «Da dove vieni, Sophie?»

«Dall'Europa.»

Sembrava una scema, si esprimeva a monosillabi e si sentiva talmente fuori luogo che in quell'istante quasi rimpiase la sua camera da letto al castello. Lì sarebbe stata in un luogo che conosceva alla perfezione e di certo non avrebbe sentito quella sensazione di essere nel posto sbagliato. Iniziava a credere che non si sarebbe sentita sicura di sé in nessun posto del mondo che non fosse stata la sua gabbia d'oro e quello lo spaventata. Inoltre, restare lì con Kevin era anche peggio, soprattutto se lui davvero si ricordava chi era e che erano andati a scuola insieme. Se così fosse stato, era ovvio che si ricordasse anche della storia del biglietto. Forse la storia che gli aveva raccontato la sera al campeggio glielo aveva ricordato?
Un brivido freddo le percorse la spina dorsale.

«Bene!» Kevin si pulì la bocca con il tovagliolo e si alzò. «Grazie per il pranzo, noi ora dobbiamo andare.»

Si voltò verso di lei e le lanciò un'occhiata eloquente. Sophie sentì il cuore iniziare a battere forsennato e il respiro mozzarsi nella gola, non voleva andare via con lui, non con la voglia di picchiarlo che le percorreva ogni fibra del corpo. Si alzò anche lei, imitandolo, ma non si allontanò dalla tavola né accennò a salutare i padroni di casa.

«Devo andare in bagno.»

«Proprio ora?» chiese Kevin. «Non puoi aspettare di arrivare a casa?»

«No.»

«Vieni, ti accompagno.» Sonia le si avvicinò e le mostrò il bagno.

Senza aspettare un'altra obiezione da parte del marine, si chiuse in bagno e prese il cellulare, cercando il numero di Connor tra i messaggi che le aveva mandato Jane. Lo compose e si portò l'apparecchio all'orecchio.

Dovette aspettare qualche squillo prima di sentire al voce dell'uomo. «Sono Connor Smith.»

«Connor, sono Sophie. Jane mi ha detto che volevi continuare la discussione dell'altra sera, che ne dici di farlo ora?»

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