~Capitolo 16~
Spinse il piede sull'acceleratore, pregando che non ci fossero poliziotti in giro perché aveva appena superato il limite di velocità consentito almeno di trenta chilometri orari. Non si fu calmato fino a quando non scorse la casa di Jane in lontananza, sembrava assurdo e non lo avrebbe mai ammesso ma provava una forte emozione al pensiero di rivedere Sophie.
Aveva scoperto chi era, ma anche se aveva avuto una cotta per lei da ragazzino ora erano entrambi adulti quindi lo stupiva una tale reazione da parte sua, non la provava nemmeno pensando alla sorella che vedeva ormai raramente o per la sua nipotina! Inoltre, non si ricordava di lui, di tutte le volte che l'aveva aiutata.
«C'era un ragazzo che mi piaceva davvero tanto, era sempre pronto a difendermi ogni volta che ne avevo bisogno...»
Le parole di lei gli ritornarono alla mente e sterzò di scatto andando quasi a sbattere contro un cassonetto dell'immondizia. Fermò il furgoncino in mezzo alla strada, portandosi una mano alla guancia sudata e coperta da una lieve peluria, sfregandosela.
«Era diventato una specie di supereroe per me, se ero nei guai lui c'era e me ne sono infatuata subito.»
Quel racconto iniziò a ripetersi nella sua testa in modo quasi doloroso e scosse il capo per tentare di riprendersi. Iniziò a pensare a chi potesse essere quel ragazzo, nessuno all'epoca si avvicinava a lei - anche per paura di Connor - e le uniche persone che le rivolgevano la parola erano lui e Jane. Lo sapeva perché frequentava ogni suo corso, aveva scelto chimica soltanto per vederla...
Riusciva ancora a ricordare come si sistemasse gli occhiali sul naso ogni volta che era china su un libro, come sorridesse o le si inumidivano gli occhi quando si nascondeva sotto gli spalti per leggere un libro. Ma anche come camminasse a testa bassa per i corridoi, con la paura che anche quel giorno non ci sarebbe stata pace per lei, ed infatti era sempre così.
Aveva odiato Connor come non mai quell'anno, ogni volta che la faceva piangere, ogni volta che le vedeva abbassare il capo umiliata avrebbe voluto spaccargli la faccia. E pensare che una volta era stato il suo migliore amico, si era trasformato in una persona completamente diversa durante il secondo anno. Aveva rovinato la vita a molti, un ragazzo era finito in ospedale perché aveva tentato di farla finita e lui... anche lui era stata una sua vittima. Si massaggiò la gamba che da anni lo torturava, maledicendo quel bastardo per tutto il male che aveva causato. Sapere che era stato proprio a causa sua che Sophie aveva abbandonato il liceo lo faceva arrabbiare più di tutto, perché gli aveva negato un'opportunità e a lei la possibilità di essere felice come una persona normale.
Possibile, dunque, che potesse essere proprio lui il ragazzo di cui parlava, quello per cui aveva una cotta?
«Gli ho confessato i miei sentimenti, e di essere una principessa, e lui ha consegnato il biglietto a Carly, che lo ha letto davanti a tutta la classe...»
No, non poteva essere lui. Non aveva ricevuto nessuna dichiarazione da parte sua e, se così fosse stato, non avrebbe mai dato nulla a quell'arpia di Carly. Allora chi mai poteva essere? Sforzò la sua mente a ricordare anche il più piccolo particolare, ma non ricordava nulla di importante o utile.
Il suono assordante di un clacson dietro di lui lo fece sobbalzare, dallo specchietto retrovisore vide i fari di un SUV e il suo proprietario arrabbiato che gli lanciava dietro chissà quali insulti. Fece ripartire l'auto e raggiunse la casa di Jane, parcheggiando nel vialetto. Scese dal furgoncino e notò che le luci di casa erano spente.
Che stessero dormendo?
Si avvicinò alla porta e suonò il campanello, attese qualche minuto ma dalla casa non proveniva alcun suono né passi che si avvicinavano. Suonò nuovamente mentre una strana apprensione si faceva largo in lui, passarono nuovamente alcuni minuti ma nessuna risposta. Iniziò a bussare con forte insistenza alla porta e sbirciò dalla finestra del salotto, ma la casa sembrava deserta.
Che fosse scappata?!
No, non era possibile; Jane non aveva un auto ed anche se le avesse dato una mano non sarebbe dovuta già essere di ritorno facendo finta di nulla?
«Sophie!» gridò, sentendo l'eco della sua voce rieccheggiare nell'isolato silenzioso e quasi inquietante.
La chiamò nuovamente a gran voce, ma come temeva non ricevette alcuna risposta. S'infilò una mano tra i capelli, pensando a cosa fare, avrebbe potuto richiamare Miles e chiedere nuovamente il suo aiuto. Portò una mano alla tasca, per prendere il cellulare.
«Cerca qualcuno?»
Kevin si voltò di scatto, i sensi allerta, e si ritrovò il viso rugoso dell'anziana vicina di Jane. Si calmò e schiarì la voce, rendendosi conto di avere l'aspetto di uno psicotico agitato.
«Sì, sto cercando Jane e una sua amica» le disse, vedendo gli occhi della donna guizzare incuriositi.
«Perché la sta cercando?» domandò lei a sua volta, sicuramente non per preoccupazioni nei confronti della vicina bensì per avere qualcosa su cui spettegolare con le amiche al bingo, ne era certo.
«Sono... sono il ragazzo della sua amica e la sto cercando per tornare a casa» mentì, anche se non era del tutto una bugia.
Il viso della donna assunse un'espressione dolce, quasi compassionevole che gli fece venire la palle d'oca. «Avete litigato, non è vero?» tentò di indovinare, sbagliando, ma Kevin non ritenne importante farglielo sapere; che credesse ciò che voleva purché gli avesse detto dove si trovava Sophie.
«Sì, abbiamo litigato» le rispose, cercando di assumere un'espressione colpevole e addolorata.
«Oh, povero caro» la sentì sospirare. «Be', stamattina Jane mi ha detto che le sarebbe piaciuto portare la sua amica in un nuovo locale per single, uno aperto da poco.»
Un locale per single? Avrebbe amazzato Jane...
«Ti consiglio di far presto, se la tua ragazza era quella biondina carina insieme a lei, non credo rimarrà fidanzata con te ancora per molto» lo mise in guardia, rientrando poi dentro casa come se i suoi problemi non le interessassero più.
Kevin entrò come una furia nel furgoncino e partì velocemente facendo stridere le ruote sull'asfalto. Un locale per single? Non aveva idea di quale fosse, ma alcuni giorni prima lo aveva incuriosito un nuovo pub in apertura, lo ricordava dal nome alquanto stupido.
Un brivido freddo gli scese lungo la schiena, immaginandosi Sophie in uno striminzito abito rosso che ballava o flirtava con uomini che non vedevano l'ora di metterle le mani addosso. Quel pensiero lo rese inquieto e furioso, e di nuovo si ritrovò a superare i limiti di velocità consentiti.
Dopo diversi minuti si ritrovò davanti ad un locale che si chiamava Twinkle Single, proprio quello dal nome idiota che aveva notato qualche giorno prima. Parcheggiò di fronte al locale e scese dall'abitacolo con le mani che gli tremavano per la tensione, dall'altra parte della strada, seduta ad uno dei piccoli tavoli disposto fuori, c'era una ragazza bionda piuttosto familiare che parlava con un uomo, uno che sembrava non star tanto bene ed anche lui aveva qualcosa di familiare.
Kevin lo fissò per qualche secondo e s'irrigidì all'istante, mentre la tensione lasciava posto all'ira. Quell'uomo era Connor, il bastardo a cui non vedeva l'ora di spaccare la faccia. E pregava che la biondina sedutagli accanto non fosse Sophie, altrimenti non avrebbe saputo dire nemmeno lui cosa sarebbe potuto succedere. Credeva che quel verme avesse cambiato città, che si fosse trasferito dove nessuno lo conoscesse né sapesse di tutto il male che aveva fatto agli altri. Era sciocco avercela con un uomo che all'epoca era solo un ragazzino immaturo, lo sapeva bene, eppure le azioni di Connor erano troppo gravi perché potesse perdonarlo. In poco tempo aveva distrutto tutti i suoi sogni ed il suo futuro.
Una ragazza dai capelli rosa uscì velocemente dal locale, aveva lo sguardo pieno di panico ed iniziò a guardarsi intorno. Appena posò lo sguardo sulla figura bionda, il viso si schiarì di sollievo ma subito dopo si fece rosso e lo sguardo si riempì di offesa e collera.
«Ah, allora sei qui tu! Proprio non la vuoi smettere di sparire quando usciamo insieme!» esordì la ragazza, fissando con curiosità la figura maschile accanto alla biondina.
Riconobbe la ragazza infuriata come Jane. Quindi ciò significava che...
«Scusami, Jane, mi sono trattenuta un po' di più perché ho incontrato...»
«Connor...» finì Jane e Kevin non ebbe più dubbi su chi fosse la ragazza accanto a quel bastardo.
Ci vide improvvisamente rosso, superò quei pochi metri che li divideva da loro e arrivò alle spalle di Sophie.
«Cosa diavolo ci fai qua?» le chiese, anche se il suo sguardo iracondo era posato su Connor. Sentì la ragazza trasalire e voltarsi verso di lui, seguita poi dagli altri due.
L'uomo si alzò di scatto dalla sedia, incredulo di ritrovarselo davanti. «Kevin?» chiese, come se credesse di star sognando. «Questo dev'essere un sogno» gli sentì sussurrare successivamente.
Strinse la stoffa dei jeans nelle mani che prudevano dalla voglia di prendere a pugni quel bastardo. In quel momento però l'unica persona che gli interessava era Sophie.
Prese la bionda per una mano e la fece alzare di scatto dalla sedia. «Andiamo» le ordinò, trascinandola via.
«Ke... Kevin!» gemette sorpresa lei, tentando di opporsi alla sua forza.
Lui la ignorò e continuò a camminare spedito. In altre circostanze non si sarebbe fatto scappare l'opportunità di aggiustare i conti con Connor, ma in quel momento voleva solo portare Sophie lontana da quel mostro; lontana da altri che non fossero lui.
Provava il forte impulso di sbatterla senza grazia contro il muro di quel locale e baciarla fino a farle mancare il respiro, in modo da far capire a Connor di non avvicinarsi mai più a lei. Di marchiarla.
Quel pensiero fu così rude e animalesco che lo sconvolse, non aveva mai provato il bisogno di marchiare, quasi come un bruto animale, una donna; di far sapere a tutti che era sua. Nemmeno quelle con cui era stato.
«Aspetta, Kevin!» La voce di Connor lo fermò, non sapeva nemmeno lui il perché, e si voltò a guardarlo carico d'odio.
«Cosa vuoi, Smith? Rompermi l'altra gamba?» chiese con cupo sarcasmo.
L'uomo abbassò il capo mentre sentì Sophie trattenere il respiro e smettere di far resistenza.
Passarono diversi minuti, ma Connor continuò a restare in silenzio col capo chino, come un colpevole che non può negare le proprie colpe.
«Visto che non hai nulla da dire, addio.» Voltò le spalle ai due e trascinò la bionda fino al furgoncino, dove le fece segno di salire. Lei salì senza protestare, ma poté vedere chiaramente la sua irritazione.
Salì anche lui in auto e partì velocemente, lasciandosi alle spalle una confusa Jane e l'opportunità di mettere la mani su Connor.
* * *
- ANGOLINO DI EVELYN -
Sera a tutti e buona Pasqua!!!
Anche se avevo deciso di pubblicare questo capitolo domani o il 2, ho deciso di fare un piccolo regalo visto che non posso regalarvi un bell'uovo u.u
Spero, dunque, che sia un regalo apprezzato e soprattutto bello. Non so com'è venuto questo capitolo, per quanto l'abbia corretto e riletto mille volte c'è un qualcosa che ancora non mi convince e manca.
Ah, vi informo subito che il capitolo 17 non l'ho ancora iniziato perché da giorni sto combattendo contro un ascisso dolorosissimo ed ho anche una faccia super gonfia ToT e solo stamattina il dolore si è affievolito ed ho potuto correggere. Spero vi sia piaciuto ciò che avete letto!!
Grazie a tutte,
Lyn!!
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