8. Confusione
Un dolore alla nuca svegliò Juno da un lungo sonno profondo.
L'ennesimo, da quella dannatissima missione. Aveva passato così tanti anni a intraprendere omicidi per qualche disgraziato e mai aveva trovato ostacoli lungo il suo cammino, mai, aveva sempre compiuto assassinii perfetti e il danaro accumulato era tutto meritato.
Pian piano iniziò ad aprire gli occhi. Due occhi curiosi lo osservavano dall'alto divertiti.
Erano blu come il mare, il volto da bambina era leggermente opaco.
"Finalmente si è svegliato"
Sorrise divertita. Juno notò che con la mano destra invitava qualcuno ad avvicinarsi, ma l'elfo non riusciva a muovere la nuca.
Dopo qualche secondo, come previsto, un'altra figura opaca si presentò davanti gli occhi del giovane.
"Come sta?"
Aveva una voce profonda, da uomo non ancora adulto. Quando fu abbastanza vicino, il ragazzo riuscì a scorgere alcuni tratti del viso, sebbene vedesse poco bene. Aveva due occhi scuri, i capelli sciolti e lunghi, castani, tenuti indietro da una fascia. Una striscia di barba nel mento lo rendeva più maturo.
Eppure agli occhi di Juno quel viso era familiare.
"Dai su non fare il bambino, non ti ho mica ucciso!"
La voce di Elise era divertita.
"Secondo me hai esagerato" si intromise l'altra figura.
"Non credo proprio!" Urlò lei.
Il ragazzo alzò le braccia in segno di resa, poi le diede un bacio sulla nuca e andò via.
Juno aprì gli occhi. Si era assicurato che nella stanza nn vi fosse nessuno e si era messo a sedere.
Il luogo in cui si trovava era un piccola stanza circolare, molto spartana; munita soltanto di: un letto, un manichino su cui pogiare l'armatura, e svariate spade. Per uscire c'erano solamente una porta e una piccola finestrella. Non aveva alcun dolore, se non il solito mal di testa.
Si avvicinò alla finestra, il passo felpato.
Prima di uscire si accorse di non avere più le sue armi, così prese una spada poggiata al muro e indossò il primo mantello che vide. Spalancò la finestra.
"Vai da qualche parte"
Juno si girò di scatto, alle sue spalle si trovava il giovane del giorno prima, indossava una logora tunica.
L'elfo si fermò.
"Chi sei?"
"Davvero non mi riconosci?"
Juno lo guardò, un po' irritato. Odiava quando la gente gli puntava gli occhi a dosso. Contrasse la mascella.
"Non ti conosco"
"Aspetta un attimo.." il ragazzo mise il cappuccio e si voltò di spalle. Juno stava per approfittarne, quando ad un tratto vide la corporatura del suo interlocutore cambiare: diventò più snello, basso e mingherlino, si voltò, tolse il cappuccio..
"Tobias..?"
A Juno cadde di mano la spada.
Tobias era un muta-forme.
"Si sono io.." Il..fanciullo abbassò lo sguardo.
"Sta lontano da me, mi hai mentito, da sempre!" Juno era fuori di se.
"Io non potevo.."
Juno alzò la mano per zittirlo, portò una mano alla bocca e indietro una ciocca di capelli blu che gli ricadevano nel viso. Era furioso.
Contrasse la mano in un pugno violento e lo sbatte contro il vetro della finestra, frantumandolo.
L'umano trasalì.
"Che succede?!?"
Una voce femminile si intromise. Era Elise, che spalancò la porta principale.
Tobias tornò il giovane adulto di poco prima, Elise guardava il pugno di Juno scioccata.
"Juno vieni con me.."
Il giovane non udiva parole, ma suoni soffusi, camminava dietro la ragazza da qualche minuto, osservava il suolo e poi il cielo, e ancora gli alberi e la rugiada mattutina. Non riusciva a smettere di pensare a Tobias.
Durante tutto quel brave viaggio i due ragazzi non parlarono. Non capiva perché non era scappato, perché non li aveva uccisi nel bosco, li avrebbe potuto lasciare in quel fosso a morire, alla fine era quello il suo lavoro, però c'era dentro di lui qualcosa che si ribellavano, forse la sua parte elfica, che contrastava quella del demone. Arrivati in una capanna molto più ampia delle altre, Elise disse di essere arrivati.
Entrarono, e davanti gli occhi di Juno si presentò un'enorme stanza, piena di libri e scartoffie varie sparse in ogni direzione. Si trattava di una stanza, divisa in qualche camera separate da tendine sottili, costruita in fretta. Erano dei ribelli alla fin fine.
In fondo alla camera, nell'angolo più disordinato della camera, si trovava una scrivania di mogano, molto raffinata e stranamente l'unica cosa in ordine rispetto a tutto il resto.
Tutto l'ambiente era rischiarato solamente dal pallore di una fioca candela posta in un angolo della scrivania.
"Venite avanti" sussurrò qualcuno intento a scrivere dietro quel tavolaccio. Era un vecchio, i capelli bianchi lunghi tanto quanto la sua barba incolta. Indossava una tunica bianca.
"Sharon..lui è l'ultimo Souk Dethan"
Il vecchio alzò lo sguardo, lasciando cadere la penna d'oca che teneva tra l'indice e il pollice.
Juno fece un passo indietro, intimorito dai suoi occhi. Il respiro per un attimo diventò più affannato. Erano completamente bianchi.
"Vieni avanti figliolo". La sua voce era profonda, tanto che riusciva a penetrarti l'anima e scovare i tuoi più profondi segreti.
Juno si incupì, la furia di poco prima lo riavvolse, corrugò le sopracciglia e mise il cappuccio. Non voleva che quel vecchio lo guardasse.
"Sta tranquillo..sono cieco" sorrise il vecchio.
"Non m'importa" Juno rispose in modo secco.
"Elise..puoi aspettare fuori.."
"Certamente Sharon" La ragazza fece un breve inchino e si diresse all'esterno.
Juno osservò di sottecchi il viso dell'uomo che stava per iniziare a parlare. Aveva uno strano sorriso triste nel volto, che rendeva le rughe del viso più profonde e malinconiche.
"È un onore rivederti, e sapere che stai bene." iniziò il vecchio.
"Rivederti ? Ci conosciamo ?"
L'anziano sospirò.
"Certo Juno..eri solo un bambino allora ma io ti conobbi, sia te che tua madre.."
"Non nomini nemmeno mia madre..lei non sa un bel niente di noi!" Juno cercò di reprimere la rabbia ma non ci riuscì, il demone vinceva sempre. Si aspettava un rimprovero, ma il vecchio con voce paterna continuò
"Ascolta..sai che tu sei..speciale.."
"Sono un demone non ha bisogno di nascondere la verità"
"No..ti sbagli" sorrise a Juno "tu non sei un demone, forse sei l'opposto, sei un guerriero, un mago.. e molto altro, la tua gente è la più pura di questa terra maledetta. Una volta abitavate questo luogo in pace e liberi da tutto e tutti.." Juno stava per interrompere quella baggianata, ma il vecchio lo zittì con un gesto della mano, continuando il discorso interrotto.
"Un giorno, però, durante la guerra dei muta-forme gli umani..sterminarono gran parte del tuo popolo, usandolo come cavia per i loro "esperimenti" dimezzando il numero. I Souk Dethan iniziarono a ribellarsi al governo autarchico degli umani, si rivolsero a Nubhe, che per aiutarli creò una nuova razza, gli elfi. Essi erano figli della natura e della luce, creature potenti ma molto orgogliose. Inizialmente essi si schierarono con i loro fratelli. La tua gente. Ma vedendo ciò che voi eravate in grado di fare, la magia delle vostre anime così pure, si inebriarono anch'essi di potere e disertarono."
Juno ascoltava allibito, non conosceva questa parte della storia, era a conoscenza della guerra dei mutanti, ma non conosceva l'esistenza di un'intera popolo simile a lui, non riusciva a credere alle parole di quel vecchio, ma ,contro la sua volontà, restò immobile in quella sedia ad udire quelle eretiche parole.
"Il tempo passò e la tua popolazione venne decimata, si nascondevano in ogni luogo, molti per evitare di cadere in mano al nemico cercavano tu togliersi la vita..ma come ben dai invano. La guerra terminò e sia umani che elfi furono vittima di una potente malattia che uccise un vasto numero di essi e distrusse la memoria di altri, questo male fu la vendetta di Nubhe. Naturalmente i reduci della malattia ci furono, uno di essi fu Cab un umano assetato di potere tanto da uccidere anche la moglie, poiché essa non riusciva ad avere figli. Cab diventò ben presto re, secondo molti il re promesso citato in vari frammenti antichi. La popolazione lo amava, e il re fece di tutto per mantenere alto il suo potere ed essere l'orgoglio del popolo. Aveva tutto ciò che un te potesse desiderare, ma mancavano due cose che non era riuscito ancora ad avere, l'oscura magia, quella dei Souk Dethan di cui era ossessivamente innamorato e un erede. Ebbe molti figli, la maggior parte mezzelfi, ma non contento di essi li fece segretamente uccidere. Dopo qualche anno ebbe un figlio maschio da una serva di corte, lo strappò dalla madre e allevò un essere forse più crudele dello stesso padre..Zoron, quello che tu oggi chiami conte."
Sharon si fermò un attimo per bere un po' d'acqua.
"Sono tutte sciocchezze la mia razza non possiede un popolo! Men che meno sono una razza pura. Siamo demoni figli dell'oscurità!" Juno sbatte un pugno nella scrivania, ma di ciò che aveva detto titubava a crederci un po' anche lui.
L'anziano, finito di bere, continuò.
"Abbiamo ritrovato molti documenti risalenti a quell'epoca, e poi io li ho conosciuti..ma adesso fammi finire la storia.. Dov'eravamo arrivati?.. Ah ecco. Zoron a soli dieci anni era una perfetta macchina da guerra, a dodici anni portò in dono al padre un bambino della tua specie, il padre fu fiero del mostro che aveva creato, e per la prima volta assaporò il sangue di uno come te. Zoron però non fu contento del comportamento del padre, il quale aveva invogliato l'anima più preziosa dell'intera terra, senza fargli provare il potere oscuro, così il giorno seguente durante il bagno del padre lo affogò.
A questo punto i tempi bui scesero nella terra, Zoron si auto proclamò re, uccise tutti coloro che erano contrari al suo governo, iniziò una carriera militare, in cerca di ogni forma di vita nuova che avrebbe potuto infondere in lui nuovo potere e nuova vita..aveva infatti trovato un elisir per l'immortalità. Uccise tutto il resto dei Souk Dethan, diventando così potente da devastare un esercito con la sola volontà del pensiero. Compiuti i vent'anni, però aveva già conquistato tutto l'intero globo e si era nutrito di ogni forma di potere esistente. Quindi fu ben presto ripudiato dal popolo che era stremato dalle continue ambizioni del sovrano. Comunque sia lui era il sovrano e nessuno poteva sconfiggerlo, il potere nero scorreva nelle sue vene, elesse il suo luogotenente Dihrman re, mentre lui si ritirò in cerca di nuovo potere. Scoprì, infatti, che alcuni muta-forme erano sopravvissuti. Si attirò l'attenzione di una di essi e saggiamente si unì con essa, procreando una creatura potentissima, ma intoccabile. Scontentò di ciò uccise la donna e tenne la creatura con se studiando per anni come impossessarsi di essa."
-Elise..- pensò Juno, la testa iniziava a pulsare.
"Adesso entra in scena tuo padre..Axel era un elfo, a lungo soldato della ribellione contro Zoron, però alla tua nascita, disertò e diventò il compagno ideale di Zoron.
Huma ti protesse a lungo cercando di farti vedere la parte migliore di quella vita, facendoti credere che tutto andava bene, e cercò di non farti diventare ciò che oggi tu sei, ciò che vuole il conte e tuo padre il loro guerriero oscuro, colui che a sangue freddo può distruggere un intero mondo e una volta ottenuto ciò prendere il tuo potere che supera di gran lunga quella di qualunque altro Souk Dethan. Infatti tu sei figlio dello stesso Nubhe."
Juno non credeva, non voleva, credere a nessuna di quelle stupide parole. Rise spudoratamente.
"Sciocchezze! Stupide scempiaggini! siete voi che volete usarmi come arma e siete voi che intendete distruggere questa tranquillità!" Juno era fuori di se.
"So che è difficile.. ma col tempo, capirai.."
"Io non voglio capire, io so, so che mio padre è morto in guerra, so che non esiste una razza come me è tutto questo me l'ha confermato mia madre!"
"No Juno.. Tua madre ti ha semplicemente protetto.." detto ciò il vecchio si alzò e zoppicando si diresse verso una libreria in cerca di qualcosa.
"Ecco..tieni qui troverai tutto ciò che ti ho appena narrato, se non credi alle mie parole.. leggi"
"Cosa sono..?" Chiese Juno tra il confuso e l'impaziente.
"Sono le lettere che una donna scrisse per il figlio, sono le lettere di una madre di sperata che vuole a tutti i costi salvare il figlio da ciò che potrebbe diventare. Sono le lettere di Huma, le lettere di tua madre.."
Juno non ci credeva, aprì velocemente i fogli e vide quella scrittura soave, quelle parole piene di ricordi, stava per scendere una lacrima, era la scrittura di sua madre.
Si trattava di varie lettere, dove raccontava un riassunto della giornata in cui scriveva e una parte della storia raccontata da Sharon.
"Puoi andare Juno"
Il ragazzo uscì con un enorme confusione in testa e un desiderio di sangue irrefrenabile.
All'uscita fu accolto da Elise, che lo guardava preoccupata. "Vieni ti accompagno nella tua stanza"
Passarono pochi minuti e raggiunsero un'enorme capannone mimetizzato con l'ambiente circostante. Al suo interno c'erano svariate camere, in due diversi piani, salirono una rampa e Elise lo fece accomodare in una di quei stanzini.
"Se hai bisogno di qualcosa..sono nella stanza accanto.."
Juno non rispose, si sedette nel letto e iniziò a leggere, con un po' di timore quelle lettere.
Caro piccolo Juno,
Oggi abbiamo finalmente raccolto le prime fragole, quelle che amo tanto, finalmente credo che l'amore si stia diffondendo nel tuo cuore, temevo che la guerra ti avrebbe divorato..
Ti ho già raccontato un po' tutta la verità, e adesso starai male. io non ci sarò più da molto tempo, ma voglio che tu sappia che l'ho fatto per te, volevo che crescessi nell'amore e non nell'odio e nella vendetta.
Questa forse sarà l'ultima lettera che ti scrivo, e se la stai leggendo, se sei die atto ciò che io ho sempre desiderato..un ometto premuroso e buono voglio dirti grazie.. E scusami se ti ho mentito..
Sappi che la vita non ha bisogno di guerra e odio, ha bisogno d'amore e se saprai darne e riuscirai a riceverne, diventerai un uomo così potente che riuscirai a battere qualunque paura e supererai qualunque ostacolo ti piazzi davanti..
Spero di scriverti presto.
Ti voglio bene gnomo.
Una lacrima bagnò il foglio seguita da tante altre. Juno non era furioso, arrabbiato o triste. Era spaventato, confuso e forse anche felice, felice di aver ricordato il volto della madre.
Dopo poco si addormentò, un'ultima lacrima gli accarezzò il viso e un sorriso gli baciò la mente.
Sua madre aveva detto di non cadere nella vendetta ma adesso aveva un compito, far spere a tutti ciò che era stato, è, e sarà perché sua madre gli aveva mentito, sì, ma aveva evitato che morisse invaso dall'odio e dalla malinconia.
Avrebbe vendicato non il suo popolo, né la morte di tutti quegli innocenti, forse un po' anche quello, ma soprattutto avrebbe vendicato sua madre.
Ragazzi, lo so sono in ritardooo, ma questa settimana non ho avuto tempo
:( spero che vi piaccia il capitolo, e stavolta credo di aggiornare al più presto possibile, non vi prometto nulla ma cercherò di fare del mio meglio ! :)
Se il capitolo vi è piaciuto stellina in su. eventuali errori commentatee!
E un grazie particolari a tutti i miei follower e a tutti voi che votate e leggete la mia storia.
A presto !
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