4
Maranello, una settimana prima della gara in Austria
Gli racconto ogni cosa, seduta sul letto di casa mia, con le ginocchia al petto, ma senza riuscire a guardarlo negli occhi mentre parlo, il cuore che corre troppo, come se fossi davvero riuscita a farlo rallentare negli ultimi dieci giorni, da quando ho ricevuto quelle che a tutti gli effetti Caterina ha definito delle minacce. Charles mi ascolta e mi lascia parlare, senza mettermi fretta, anche se è già abbastanza tardi e sa che domani avrò il volo presto, ma comunque non dormirò. Gli faccio vedere i biglietti e lui li tiene in mano per molto tempo, anche dopo che ho smesso di parlare da un po'. Mi lascio prendere dallo sconforto e sto per pronunciare quella parola del nostro accordo che non vorrei mai dover dire, ma non trovo il coraggio. Restiamo in silenzio, col petto che stringe sui miei polmoni e la testa che inizia a farmi male, che vorrebbe esplodere in mille pezzi. Quasi non sento la voce di Charles che mi parla, le mie orecchie escludono la maggior parte dei suoni per evitare di essere bombardata da altri stimoli che potrebbero peggiorare la mia situazione.
"Servono più dettagli per indagare sulla questione, abbiamo pochissimo per le mani." mormora Charles, seduto accanto a me, le gambe giù dal letto, con le dita della mia mano destra che tormentano il polsino della sua felpa bianca di Ferrari Style. Costringo il mio cervello a concentrarsi sulla sua voce, per non perdere il filo del discorso, in questo momento è uno sforzo abbastanza consistente a cui mi sottopongo di mala voglia. "Dobbiamo aspettare domenica prossima, ma ti aiuterò a risolvere questa cosa, te lo prometto." dove diamine è finita la Elena che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno? Quella che riesce a tenere testa e piegare a sé un pilota di Formula Uno? Non piango, perché non ci riuscirei con Charles davanti a me, ma faccio un respiro profondo e lo guardo negli occhi. "Non dire quella parola. Non farlo, non deve finire così."
"E se fosse l'unica soluzione possibile?" chiedo a bruciapelo, è una domanda a cui Charles non risponde. Restiamo in silenzio finché non riesco più a guardarlo negli occhi, di nuovo, nonostante vorrei non essere io a distogliere lo sguardo, a mostrarmi debole. Poi succede, inaspettato, ma non mi tiro indietro. Mi bacia, prima dolcemente, poi con più decisione, la mano destra che si appoggia sul letto vicino alle mie gambe e la punta della lingua che sfiora la mia. Vìola la regola numero quattro del nostro accordo, come se non fosse mai esistita e io approvo e sottoscrivo la violazione, infilando le dita tra i suoi capelli. È un bacio che toglie il fiato a entrambi ed è così che finiamo a fare sesso un'altra volta, incapaci di stare lontani l'uno dall'altra, perché non ci bastiamo mai.
Austria
Charles è a meno di un decimo dalla pole, ma è comunque ancora nervoso. Indosso la tuta per prepararmi alla gara il più velocemente possibile, dentro uno dei bagni dell'hospitality Ferrari e torno in garage subito, dove le sedie per tutti i meccanici sono già state disposte dove solitamente si trovano le monoposto rosse. Cinque minuti dopo inizia la gara, ma riesco a concentrarmi a pieno solo durante il primo giro e durante i pit stop, perché non penso ad altro che al prossimo biglietto che probabilmente mi starà già aspettando in hotel. Vorrei poter dire che la conversazione di una settimana fa a Maranello con Charles è servita per lo meno a calmarmi un po', ma non è così, non si può definire conversazione quella che abbiamo avuto, e dopo essermi rivestita ero ancora più agitata di prima. Averlo fatto di nuovo con lui anche qui a Spielberg, mentre Alexandra lo credeva a una riunione, ha peggiorato la mia situazione già precaria. Anche quel bacio, che nessuno dei due aveva previsto, è stato per niente utile alla causa. Non ho fatto altro che ripensare alla sensazione delle sue labbra sulle mie per tutto il tempo del volo, incapace di concentrarmi su domande semplici che mi venivano poste dai colleghi e dalle colleghe che viaggiavano sul mio stesso aereo. Ma non posso continuare a ignorare il problema che ora mi si è presentato e devo parlarne seriamente con Charles.
Il mio cervello registra solo le informazioni necessarie per permettermi di comportarmi in maniera pseudo-normale mentre mi muovo verso il podio insieme al resto della squadra per festeggiare il secondo posto del monegasco, e lo stesso accade finché non rientro in hotel. Una busta bianca mi attende alle sette di sera non appena apro la porta e le dita mi tremano mentre la raccolgo. Decido che prima di aprirla farò una doccia, per cercare di calmarmi un minimo, ma l'acqua tiepida che mi scorre addosso non è sufficiente a distendere i miei nervi tesi come corde di violino. Esco dalla doccia e avvolta nell'accappatoio raccolgo i capelli nell'asciugamano per lasciare che una parte dell'acqua si assorba, mi sposto in camera e prendo il cellulare, per mandare un messaggio al volo a Charles.
C'è un'altra busta
Ce lo aspettavamo
Mi spaventa aprirla
La affronteremo
Dobbiamo parlare seriamente
niente sesso stavolta
Appena la apri
voglio vederla
Poso il telefono sulla scrivania e prendo la busta, soffermandomi per qualche istante facendo scorrere i polpastrelli sulla carta spessa. Come al solito Charles sta evitando i discorsi seri, ma è ovvio che con lui non posso parlare, in fondo il nostro rapporto si basa esclusivamente sul sesso. Non abbiamo parlato nemmeno del bacio. Faccio un respiro profondo, dicendomi che in fondo chiunque mi stia minacciando non può avere prove per dimostrare alcunché e semplicemente sta cercando di spaventarmi, apro la busta. Ancora prima di registrare che stavolta contiene due fogli, il mio cervello manda al mio corpo un unico impulso istintivo: ora ho paura. Per fortuna sono seduta, perché il calo di pressione sanguigna improvvisa probabilmente mi avrebbe fatto cedere le gambe se fossi stata in piedi, sento i sudori freddi percorrermi la schiena mentre il mio sguardo non riesce a distogliersi dalla foto che ora tengo tra le dita. Non ha una risoluzione perfetta, ma si distingue tutto troppo bene: io e Charles, al centro dell'inquadratura, l'uno tra le braccia dell'altra, seduti sul bordo del letto, nudi. La tenda bianca incornicia un lato della fotografia e il flash di un ricordo mi colpisce in pieno: eravamo a Baku, due mesi fa, proprio dopo la pole di Charles. Non mi ero preoccupata di chiudere la tenda nonostante i palazzi di fronte fossero un po' troppo vicini al nostro hotel per i miei gusti, e il monegasco era già troppo coinvolto dalla situazione. La foto è in penombra, ma anche un cieco riconoscerebbe che ci ritrae proprio mentre eravamo presi in uno dei nostri momenti. Faccio un respiro profondo e mi accorgo che c'è un biglietto dietro la foto.
Hai tempo fino al Gran Premio di Monza
per dimetterti pubblicamente.
In alternativa tutte le testate giornalistiche,
tutti all'interno della Scuderia Ferrari
ma soprattutto Alexandra
riceveranno una mail con questa foto
in allegato.
Non puoi contattarmi e non puoi fermarmi.
Scegli con cura la tua prossima mossa.
Cerco di respirare normalmente, ma sento l'aria tremare mentre entra ed esce dai miei polmoni. Prima di perdere il controllo faccio una foto veloce al contenuto della busta e lo mando a Charles, dopodiché vado in black out totale. Inizio a tremare violentemente e sento il cuore battere all'impazzata nel petto ed ecco che così torna a farmi visita un attacco di panico, che non vedevo dal 2019. Abbandono il telefono sulla scrivania e non mi importa che l'asciugamano che ho in testa scivoli via e finisca sul pavimento, mi lascio cadere a pancia in giù sul letto mentre cerco quanta più aria possibile per i miei polmoni. Non piango, perché piangere non fa parte dei miei attacchi di panico, ma ho bisogno di avere il petto libero, così rotolo su un fianco per restare sdraiata con il viso rivolto al soffitto, l'accappatoio che si apre sotto la cintura e lascia che la mia gamba destra sia completamente esposta alla temperatura fresca della stanza. Comincio a pensare troppo, a tutti gli scenari possibili, e questo non fa che peggiorare la situazione, avrei bisogno di distrarmi. Respiro in fretta, rincorrendo quel po' di ossigeno che a ogni respiro sembra sfuggire un po' più lontano e la sensazione di vuoto si comincia a fare strada dentro di me. Con delle gelide e lunghe dita nere la paura e la solitudine si arrampicano lungo le mie braccia e vanno a stringere il mio stomaco, stasera non mangerò nulla. Vorrei sentire Cate, ma so che a quest'ora è ancora presa dal lavoro ed è troppo presto per chiamarla, così l'unica cosa che mi rimane da fare è chiudere gli occhi e pensare all'unica cosa che mi calma.
Mi riprendo non so quanto tempo dopo, quando ormai l'umidità dei capelli dietro la nuca si è fatta troppo fastidiosa. Mi alzo, buttando a terra l'accappatoio e mi dirigo verso il bagno, completamente nuda. Il mio stomaco è ancora in subbuglio per colpa dell'attacco di panico e il solo pensiero del cibo in questo momento mi regala solo nausea a ondate che vanno e vengono ogni due minuti. Prendo il phon in dotazione senza troppa convinzione e asciugo quelle poche ciocche di capelli ancora umide, lasciando che cadano davanti alle spalle e dietro la schiena, ormai mi arrivano sotto il seno. Passo una mano tra le ciocche lisce, osservandole distrattamente mentre poso il phon e torno in camera, per indossare almeno l'intimo. Mi siedo alla scrivania dove tutto è come l'ho lasciato, prendo il telefono in mano e realizzo che è passata già un'ora da quando ho aperto la busta che ora non riesco nemmeno a guardare. I messaggi di Charles sono brevi e arrivano subito al punto: dobbiamo parlare al più presto e l'unico momento possibile sarà mercoledì sera, non appena lui arriverà a Silverstone.
Ho convinto Alex
a venire giovedì con un
volo di linea
Ha un esame mercoledì
pomeriggio e non
avrebbe senso che
partisse con me
da Monaco.
Non abbiamo molto tempo
Non sprechiamolo
Ci vediamo da te
Non rispondo, perché non ho nulla da dirgli. Resto seduta a fissare la parete di fronte a me, senza pensare a niente, per quella che mi sembra un'altra eternità, ma decido che è ora di fare i bagagli, domani partirò insieme alla squadra per Silverstone e stavolta toccherà a me avere la responsabilità di uno dei mezzi con cui ci muoveremo tra i paesini limitrofi al circuito dell'Inghilterra.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro