18.1 • La biblioteca delle bugie
"I am out with lanterns
looking for myself"
Emily Dickinson
Song: Easier - 5SOS
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«Ari, ho fatto ricerche e posso dirti, con assoluta certezza, che la sezione che interessa a noi apre di notte, dopo le due circa.»
Nora stava aprendo una piccola mappa sul pavimento della sala del nostro dormitorio, mettendo dei bicchieri ai quattro lati per evitare che si arrotolasse su sé stessa ritornando alla forma originale.
«Ha ragione», disse Elowen sbirciando da sopra le nostre teste, sospesa in aria con fare curioso. Erano passati quattro giorni da quando i Guaritori dell'Accademia mi avevano sedata per farmi dormire, e quattro giorni da quando mi ero riposata per l'ultima volta.
Elowen ultimamente era sempre nelle vicinanze, un gufo appollaiato sopra il mio letto per monitorarmi. Le ci erano voluti giorni per tornare in forze, ma era di nuovo il varjos altezzoso e vispo del nostro primo incontro, e ora tormentava la testata del mio giaciglio insieme al suo serpente.
«Dove l'hai trovata?» domandai indicando la cartina tra di noi con l'indice. Avevo ancora qualche rimasuglio della Magia sulle mani, qualche luminanza ad intermittenza e delle piccole cicatrici superficiali.
Nora si spolverò la spalla con fare teatrale: «Io e il signorino apri-porte abbiamo fatto una gita nell'ufficio di Vivienne».
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo a quell'appellativo, incrociando le braccia sulle ginocchia. A quanto pare non era stato difficile capire quale fosse lo studio di Vivienne, essendo il corridoio che conduceva ad esso impregnato di vaniglia come una spugna.
«Se vogliamo andare, dobbiamo farlo una di queste sere, prima che inizi la settimana di Kalen», suggerì Nathan addentando un quadratino di formaggio che ci eravamo portati dietro dal pranzo.
Sbadiglia nel rubarne uno dal suo piatto, impilandolo sopra una fetta di pane che stava disseminando il tappeto di briciole.
Eravamo arrivati nel salone che già stavano sistemando le tavolate, avevamo dovuto arraffare gli avanzi e infilarli sotto la tunica prima che chiudessero le porte.«Andiamo così? Alla cieca?» domandai alzando un sopracciglio. «Tu non ci andresti a prescindere», borbottò Nora prendendo una matita rossa incastrata tra i cuscini del divano. Claudia si era offerta di ricucire alcuni danni del tempo, e adesso la stoffa verde era attraversata da linee rosa e gialle.
Tirai contro Nora il quadratino di formaggio, che lei prese al volo tra l'indice e il pollice.
«Ci voglio andare», dissi infine, «vorrei solo evitare di venir processata.»
Avevamo lasciato le divise ad asciugare davanti al camino, indossavamo tutti e tre delle tute, anche se Nora portava la sua solita canottiera, mentre io e Nathan ci eravamo coperti con dei maglioni, il suo più sfilacciato del mio, che era appartenuto a mio padre. «Non ti possono mica mettere in prigione, non stiamo scassinando niente», constatò Nathan stiracchiando la schiena come un gatto assonnato, appoggiandosi al una delle gambe del tavolo.
«E la caccia agli exousies è terminata da tempo.»Nora fece un occhiolino soddisfatto nella sua direzione, segnando con il cremisi il percorso prescelto per raggiungere la biblioteca. Il foglio affondava nel tappeto ad ogni movimento della grafite.
Se questo folle piano mi avesse anche solo avvicinata di un passo allo scoprire chi era la donna che tormentava irrispettosa i miei sogni, avrei provato di tutto.
«La bibliotecaria è una simpatica», dichiarò Elowen adagiandosi come una piuma sulla mappa. La sua luminescenza creava uno sfarfallio sulle scritte e i tratti a matita, rendendo difficoltosa le visione.
«Elowen, spostati un pochino, per favore», disse Nathan intercettando il disturbo. Il varjos alzò gli occhi al cielo, ma il debole che aveva per il ragazzo la portò ad appollaiarsi silenziosa sul divano, vicina alla mia spalla sinistra quel tanto che bastava per circondarmi con la sua Energia. Ero un baco dentro il suo involucro di seta.
«Dice che ci sarà comunque la bibliotecaria, a quell'ora», rivelai agli altri.
Contai ancora cinque pezzettini di formaggio nel piatto.
«Non dovrebbe essere un problema», disse Nora mettendo una X nella sezione più a Nord della biblioteca, tra due scaffali divisi dal disegno di un cancello.
«Il signorino qui può intrattenerla con le sue chiacchiere», continuò prendendo in giro Nathan.
Quest'ultimo si limitò a fulminarla con lo sguardo, a seguito della scompigliata di capelli che arrivò da parte della ragazza.
Sentii una lieve morsa allo stomaco, la gelosia del contatto fisico. A volte sostenevo che fosse una scelta mia, ma la verità era che non avrei potuto fare altrimenti. Estendere l'affetto fisico a mio padre, Layla e Loris era già stato un grande passo avanti, un cambiamento di ciò che per me rappresentava la stabilità.
Eppure bramavo uno scontro tra corpi, una temperatura diversa dalla mia, qualcosa che mi facesse capire che non ero sola nella mia bolla, che potevo urtarne altre.
Ero invidiosa della facilità con la quale le persone cozzavano fra loro, il fatto che non provassero disgusto nel farlo. Avrei semplicemente voluto abbracciare qualcuno anche io, o non avere timore anche solo al pensiero di farlo.
«Allora è deciso?» domandò Nora sventolando la sua mano davanti al mio sguardo vacuo.
«Stasera», confermai.
Elowen mi appoggiò la mano sulla spalla, creando una lieve pressione nello spazio che mi circondava.
Tesi la testa nella sua direzione, lasciandomi andare a quell'assenza di contatto, che ne replicava però la forma.
Sgattaiolammo fuori dalle nostre stanze che la luna era padrona nel cielo già da quattro ore, quando gli unici rumori all'interno del castello erano di assestamento delle assi di legno e del crepitare di alcune fiamme.
Dopo la quinta volta che giravamo a destra, tirai Nora per la manica.
«Sei sicura che sia la direzione giusta?»
Stavamo salendo forse la sesta scala fredda, ma stavo iniziando a perderne il conto, o comunque a non curarmi di continuare a farlo.
La ragazza si voltò di scatto, facendo finire i suoi capelli sui miei occhi. «Ahia», mugugnai.
«Ho passato gli ultimi quattro giorni ad analizzare questa mappa e i comportamenti delle guardie, Ari. Sono sicura.»
Annuii mordendomi la lingua. Nathan era avvolto dal buio, misura preventiva per conservare la sua Energia nel caso ci fosse servito il magnetismo per aprire la serratura del cancello che avevamo visto disegnato sulla mappa. Io e Nora avevamo ciascuna una piccola corrente che percorreva il dito indice, la sua più stabile e controllata, specchio della proprietaria.
«Se vi faccio fare un giro più lungo è solo perché non voglio sbattere contro uno dei galoppini di Kalen», continuò Nora riprendendo la marcia verso la sommità della scalinata bordata di un pesante tappeto rosso.
Alcune felci facevano capolino in modo ordinato dai vado posti ai margini delle balaustre, aggiungendo una goccia di colore a quelle acque scure.
L'Accademia aveva iniziato ad incutere meno timore dopo le quasi tre settimane passate al suo interno; nonostante il poco tempo sembrava che il castello non vedesse l'ora di farsi conoscere. Qualsiasi direzione decidessi di prendere, l'edificio riusciva a mostrarti lati di sé che non stavi cercando.
«Deve essere questa», annunciò Nora facendo spuntare il naso minuto da dietro la mappa consunta.
Davanti a noi si ergeva un immenso cancello di ferro, piegato a creare intricati intarsi dalle molteplici forme. Delle foglioline di quercia si arrampicavano lungo l'anta destra, mentre a sinistra scendeva rigogliosa una fronda di salice piangente a incorniciare una cascata arrugginita. Non vi erano altre direzioni da prendere: o si tornava sulle scale, a guardare il vuoto sotto di noi, o si proseguiva.
«Direi che non ci sono dubbi», fischiò Nathan passandosi una mano fra i ricci umidi.
Il ragazzo si avvicinò con la testa inclinata verso i cardini del portone, stando attento a non avvicinarsi troppo.
«Non sento tanta Energia arrivare da lì», constatai aprendo le mie percezioni e lasciandole libere di sentire quello che desideravano.
Da quando ero nell'Elettro, accogliere l'energia non era più come immergersi in un torrente, era più simile a stare sotto la pioggia durante una tempesta.
Non necessariamente una sensazione spiacevole, ma comunque sconosciuta.
«Non avranno messo blocchi particolari», continuò Nathan squadrando la serratura come se fosse un dolce.
«Solo una chiave di cui siamo privi», sogghignò Nora legandosi i capelli in due codini bassi ai lati della nuca, che la facevano sembrare di almeno quattro anni più piccola.
Il ragazzo ricambiò maliardo il sorriso: «La sostituisco io».
Con uno scatto del polso, Nathan fece schiudere la serratura, un pezzo di metallo arrendevole al suo desiderio.
La cascata smise di scorrere, i tralicci di vite si arrotolarono su loro stessi e una folata di vento ci accolse all'interno della biblioteca.
Un frassino centenario era il protagonista della stanza, dal centro divideva l'ambiente in quadranti grazie alle sue radici ingombranti, che sporgevano dal pavimento alzando lievemente le piastrelle e le assi di legno nei punti di contatto.
«Ti stavo aspettando», disse una voce femminile in lontananza, «il tuo tuono fatuo è su di giri da quattro giorni.»
La voce era calda, familiare, e la sua proprietaria sgusciò fuori dalle ombre della scalinata sulla destra silenziosa come una libellula.
Mentre si avvicinava, una ciocca scura dei suoi capelli le sfuggì dal velo che le ornava la testa. Esattamente come era successo alla Bobina di Brental.
«La conosco», sussurrai a Nora e Nathan, che nel frattempo si erano nascosti dietro le mie spalle. Feci una smorfia nella direzione di entrambi.
«Signora», la salutai con un movimento delicato della mano.
«È un piacere rivederti...»
«Ariadne», le suggerii quando fu abbastanza vicina per distinguere il colore dei suoi occhi: un grigio cangiante. Con un cerchio delle dita, la donna fece illuminare la stanza tramite le luci ad elettro, poste sul pavimento e sull'ampio soffitto, quasi a formare una volta celeste artificiale. Navate di muri costituiti da libri iniziarono a prendere il posto del buio, decorando la stanza con i loro dorsi dei più svariati colori.
«Il mio nome è Weylyn e, come avrete intuito», disse la donna alludendo agli appunti e alla mappa che Nora teneva tra le mani, «sono la custode della biblioteca. È più un compito formale, nulla è veramente vietato. Solo... sconsigliato, possiamo dire.»
Da dietro le spalle della donna, prima oscurato dalla sua tunica lunga fino alle caviglie, comparve una fiammella blu scoppiettante, che le danzò intorno irrefrenabile.
I suoi movimenti proiettarono sugli scaffali ombre di mille forme, illuminando a intervalli regolari angoli diversi della biblioteca.
I libri del piano superiore erano, a prima occhiata, i più antichi, rilegati con decorazioni in oro e posti dentro a scaffali protetti da vetrate colorate.
Ogni sezione aveva un'illustrazione diversa, rendendo l'ambiente un museo d'arte.
Al piano terra, invece, le pagine erano libere di respirare, solleticate a in alcuni tratti dalle foglie del maestoso albero, che donava alla stanza il profumo della pioggia e della rugiada.
«È quello che penso che sia?» domandò Nora solleticando la creaturina con l'indice.
Nathan osservò la fiammella da vicino: «Mia madre me ne ha parlato quando ero piccolo, ma ero convinto fosse solo una leggenda».
Weylyn ridacchiò, spostando il tuono fatuo nella mia direzione, e delle graziose pieghe si formarono agli angoli della sua bocca e intorno alle palpebre.
Emanava un gentile tepore intorno a sé, si muoveva come un animale selvatico.
«Ti ricordi il nostro primo incontro?»
Non mi lasciò il tempo di rispondere, ma si avvicinò al cancello della sezione che avevamo identificato e continuò: «Ti avevo parlato di queste creature. Indicano la via a noi exousies, e penso che il tuo tuono fatuo reputi che sia arrivato il tuo momento per scoprire qualcosa».
Nora aprì la cartina di soppiatto, schermandosi dietro a Nathan, e lanciò ad entrambi uno sguardo di conferma: l'avevamo trovata.
Un lungo corridoio formato da due svettanti librerie si stagliava davanti a noi, aperto. Il cancello di fulmini era spalancato, adagiato contro ad altri libri senza danneggiarli.
La fine del corridoio era buia, non si riusciva ad intravederne la fine.
Anche il soffitto pareva ancora più imponente in quel punto, solo le vetrate a coprirci dalla volta stellata.
«Questa sezione si apre quando c'è poca Energia a disturbarla, vi sono libri delicati al suo interno. Vi lascio soli, non posso interferire con certe cose, ma passate da me prima di uscire.»
Come era arrivata, Weylyn scomparve, lasciando dietro di sé il fruscio del vestito e il pungente profumo di spezie.
«È originaria delle mie zone», constatò Nora iniziando ad addentrarsi nel buio, seguendo la luce del tuono fatuo. «L'accento è quello.»
Le corsi dietro con un rapido scatto, tirando dietro Nathan.
«Da dove vieni?» domandò il ragazzo facendo scorrere il palmo della mano destra lungo le coste dei libri perfettamente impilati. Non sembravano essere in ordine alfabetico, più di argomento.
Sul pavimento di legno, le radici del faggio continuavano ad essere presenti, al punto da costringerci a controllare ogni nostro passo per evitare di inciampare su di esse.
Nora mantenne il silenzio più che poté, ma rispose infine con noncuranza: «Sono una nomade, ma perlopiù ho vissuto nei territori dei Deserti di Pietra: lì le leggende sono all'ordine del giorno».
Io e Nathan ci girammo all'unisono a guardarci; era la prima volta che la ragazza si apriva con noi.
Il tuono fatuo si bloccò di colpo, emettendo un fischio.
«Perché fischia?» chiesi a Nora dando due colpetti alla creatura.
«L'hai sentito fischiare?» domandò lei allargando gli occhi; sembrava uno jaat.
«È quello che ti ho appena detto.»
La ragazza sbuffò nel rispondere: «Vuol dire che siamo vicini. È il tuo tuono fatuo, quindi sei l'unica a sentirlo. Quando il suono diventa più acuto, significa che ci siamo».
Il movimento della fiamma cominciò a seguire le ondulazioni che decoravamo i bordi delle mensole, poste a diverse altezze fra loro a seconda della sezione che stavamo attraversando. Cartelli in ottone pendevano dal soffitto attaccati al nulla, mostrandoci i diversi argomenti catalogati: creature, magie, il divino, luoghi, epoche...
«Ci sei quasi», disse una voce solleticandomi l'orecchio.
«Ha detto che siamo quasi arrivati», riferii agli altri voltandomi nella loro direzione.
«Come hai detto, scusa?» domandò Nathan alzando un folto sopracciglio.
«Non parlano, Ari. Magari è Elowen che si diverte a farci scherzi», constatò Nora con gli occhi puntati sul tuono fatuo che, stavolta, fischiò per davvero. Un suono che mi trapanò con insistenza la testa.
«Ho capito! Ho capito!» gridai coprendomi le orecchie con entrambe le mani.
Afferrai un libro dalla mensola e lo sventolai con foga contro il tuono fatuo che, scocciato, si spense sfumando tra le pagine di uno spesso manuale.
«Peserà quanto me quel coso», disse Nathan allungandosi per afferrarlo. Il tomo aveva la copertina di un verde scuro, simile al muschio non bagnato da giorni, quando implora il cielo per un po' di pioggia.
Ci sedemmo a terra incrociando le gambe, le ginocchia quasi a toccarsi. Mi strinsi a me stessa appoggiando il mento sulle ginocchia fredde.
Nora sfilò il libro dalle mani di Nathan, e cominciò a sfogliarlo divorando le pagine.
«Come facciamo a sapere cosa stiamo cercando?» domandò la ragazza mordendosi il labbro. Dalla tasca della sua tunica si intravedeva il tappo della fiaschetta di latta.
«Lì», dissi di sobbalzo bloccando le pagine, «c'è quella sezione che brilla ancora di viola.»
La carta, nel punto in cui il tuono fatuo si era impresso, era luminescente: una lucciola titubante che non sapeva se mostrarsi.
Girai il libro nella mia direzione e lessi: «Brental, annali».
Usai il dito per guidare la lettura, scorrendo date ed eventi tra il familiare e il dimenticato, fino ad arrivare ad una data di dodici anni prima.
«Brental, mese del Rituale alla Foresta Bianca. L'attacco della Tessitrice ha causato almeno sei morti tra i concittadini, altre due morti di confinanti.»
Nora mi fece cenno di continuare, Nathan batteva nervosamente la gamba contro le assi di legno con un ritmo scostante.
Un suono metallico disturbava la mia attenzione, ma continuai la lettura.
«Dopo alcune settimane, a seguito di varie sparizioni, il rappresentante dell'Elettro e la rappresentante dell'Idro hanno convenuto che fosse consono cancellare la memoria dei cittadini. È stata appurata una correlazione tra paura e sparizioni, i Guaritori incaricati pensano che le emozioni negative espongano all'insorgenza di questo fenomeno. Ancora da determinare se sia opera della Tessitrice.»
Mi fermai di colpo, il respiro affannato che muoveva le pagine sottili a suo piacimento.
«Questa cosa va avanti da dodici anni», disse Nora incapace di richiudere la bocca dallo stupore. Una sottile nuvolina di respiro le circondò il viso.
«Quindi era questo ciò di cui parlava Sylvia», ricordò Nathan rileggendo a mente quanto avevo appena letto, gli occhi che sfrecciavano.
Sentivo la testa andare a fuoco.
«Tu ti ricordi qualcosa?» chiesi a Nathan, sperando in qualcosa che non poteva avvenire. Il marchio sul collo pulsava come se fossi stata sotto l'acqua calda per più tempo di quanto la pelle potesse sopportare, come la mano sopra a un bollitore. Bisognava usare la calendula o la centella, in quei casi, oppure creare una piccola bolla a ricoprire la ferita, per scongiurare un'infezione.
«Nulla», confermò il ragazzo.
Nora riprese a leggere: «La exousies Alba Laras si è presa l'onere di acuire i ricordi di tutta la popolazione di Brental e i presenti, fatta eccezione per i capi della milizia e alcuni soldati».
Nathan aveva ripreso a tormentarsi le pellicine delle dita, mordicchiando fino a farle sanguinare. Gli misi una mano sulla scarpa, guardandolo abbassando la testa affinché potesse notare il mio sguardo. Della terra secca cadde a terra come una montagna.
«Credo sia legato a ciò che abbiamo sentito attraverso la porta», disse il ragazzo.
«Penso anche io», confermò Nora trascrivendo su un pezzo di carta quando scritto nel libro con la matita rossa. La calligrafia era raffazzonata, un miscuglio insensato di maiuscole e minuscole.
«Se quanto scritto qui è vero, tutte le sparizioni sono legate alla Tessitrice...», riepilogai con il panico che si stava arrampicando lungo la mia gola.
Dopo aver usato la Magia, bisognava rilasciarla, ripulire l'ambiente.
Ai Silenti non piace essere guariti da noi, preferiscono le erbe.
«Iperico, salvia, arnica, ...»
«Cosa, Dani?» domandò Nathan.
Mi morsi l'interno della guancia per bloccare i pensieri che erano scappati dalla prigionia della mia mente e si stavano librando in aria come maledette parole.
«Non vorrei sembrare ignorante», esordì Nora, «ma io non so niente riguardo a questa Tessitrice.»
«Non esiste solo lei, sono una tipologia di exousies», affermai come in uno stato di trance.
Mi alzai di scatto e, appena i miei piedi furono saldi a terra, una voce profonda riempì la biblioteca, allungando le sue mani callose lungo i rami del faggio, rimbombando fino a noi.
«È Kalen», esclamò Nathan in un soffio, tirando me per la cintura e Nora per la spalla.
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Chiedo venia, ho dovuto tagliare a metà il capitolo perché se no veniva veramente troppo lungo (e non ho potuto tagliare prima perché non aveva senso).
Spero la lettura vi sa stata di compagnia, a Mercoledì prossimo! <3
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