Capitolo II.
Ogni falsità è una maschera,
e per quanto la maschera sia ben fatta,
si arriva sempre, con un po' di attenzione,
a distinguerla dal volto.
Alla sua affermazione, mi si gelò il sangue. Era finito tutto prima che iniziasse. Era saltata la copertura, era saltato l'intero piano che avevo escogitato, e non avevo vie di fuga. Ma come aveva fatto a scoprire la mia vera identità? Forse non ero stata abbastanza abile nell'impersonare Sarah, o aveva trovato delle prove valide per mettermi alle strette, o magari si trattava soltanto di un vago e superficiale presentimento. In quel momento nella sua testa potevano frullare idee di qualsiasi tipo, ma ero certa che la mia era un caos totale. Il suo sguardo così ghiacciato e deciso mi emanava una sensazione di ansia, capace di comprimermi il petto. Non potevo credere di aver mandato all'aria tutto quanto così presto, non volevo ammetterlo. Sapevo che non era questo il momento giusto, avevo ancora una strada difficile da percorrere, che avrei sicuramente superato con sacrifici e lotte. Non poteva essere vero.Cercai di mantenere la calma, prima di fare una mossa avventata volevo capire cosa sapesse realmente. Con passo lento e sguardo fisso, si avvicinò a me. Sul suo viso si dipinse un'espressione spenta, dolente, quasi se si sentisse colpevole di qualcosa che non aveva fatto. Mi guardava intensamente negli occhi, come se volesse leggermi dentro, come se fosse in cerca di una qualche risposta da parte mia. All'improvviso, mi spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, ma l'istinto mi disse di scostarmi. Non so se avevo fatto la cosa giusta...volevo solamente che quel maledetto silenzio si interrompesse. ''Tu non sei la mia Sarah, non sei la Sarah che ho conosciuto sette anni fa. Quella ragazza se n'è andata già da tempo.'', spiegò con volto malinconico, provocando in me un senso di sollievo e nello stesso tempo tenerezza. ''Perché? Perché non sei più la stessa? Perché non vedo più quella luce nei tuoi occhi?'', continuò, aspettando una mia eventuale giustificazione valida. Abbassai lo sguardo, non avevo il coraggio di guardarlo fisso. Non riuscivo a comprendere il modo in cui Sarah fosse riuscita a prendersi gioco di un ragazzo d'oro come lui. Ma era esattamente quello che stavo facendo anche io, non rivelandogli la mia vera identità. Se glielo avessi confessato, avrei mandato a monte tutto quanto in un secondo. Ritornai con lo sguardo sul suo, notando le lacrime che minacciavano di uscire al solo pensiero di aver perso il grande amore della sua vita. Portai dolcemente una mano sulla sua guancia, accennando un leggero sorriso alla vista di quegli occhi che mostravano fragilità.
''Shhh, sono sempre io.'', mormorai a bassa voce, a un passo dalle sue labbra, vogliose di sfiorare le mie. Eravamo talmente vicini che riuscivo a sentire il suo cuore battere all'impazzata. Con un'impressionante delicatezza, portò una mano sul mio ventre e con l'altra reggeva la nuca, stampandomi sulle labbra un dolce bacio. Inizialmente mi porsi rigida, ma pian piano riuscì a coinvolgermi in un bacio lungo e appassionato. A quel contatto sentii un brivido corrermi lungo la schiena. Mentre premeva ancora gentilmente le labbra alle mie, ne sfiorai inavvertitamente la parte più umida, e la sensazione del suo sapore mi attraversò come una scossa potente e sconvolgente. Si staccò per un attimo, facendo incrociare nuovamente i nostri occhi, attendendo un cenno da parte mia. Non ci riflettei un minuto in più, volevo continuare ad essere stregata da quel meraviglioso incantesimo.
~~~
Quella notte fu indimenticabile, era da tempo che non provavo certe emozioni. Una parte di me sapeva che, in realtà, non era me che amava, non era con me che voleva far l'amore. Eppure l'avevo reso felice o, perlomeno, gli avevo regalato una speranza che probabilmente non avrebbe mai ricevuto da Sarah. In fondo non si trattava solo di un semplice accontentino. Desideravo davvero baciarlo, toccarlo, dargli tutta me stessa. Non avevo assolutamente intenzione di giocare, dentro di me avevo voglia di innamorarmi. Per un attimo avevo dimenticato cosa ci fosse fuori, ma nell'obbiettivo che mi ero prefissata, non c'era posto per il cuore. Dovevo cominciare a pormi dei limiti, e a non trascurare la voglia di conoscere la verità sul mio passato. Avrei voluto dividere il letto con lui ancora un pò, ma un incessante squillare del mio cellulare mi fece sobbalzare dal letto. Nonostante fossi parecchio stordita, mi accorsi a rispondere a quella chiamata per evitare di svegliare Nick. Spalancai gli occhi ancora socchiusi, cercando di focalizzare meglio il nome sullo schermo: Mamma. Non feci in tempo a dire una parola, che mi interruppe immediatamente.
''Alzati e mettiti qualcosa di comodo, ti porto a rassodare quel culetto moscio. Ti aspetto giù, muoviti.'', annunciò tutto d'un fiato, non lasciandomi la possibilità di replicare. Non avevo ancora metabolizzato il tutto, ma decisi di fare una veloce doccia fredda per essere abbastanza lucida. Dovevo ritornare, o meglio, diventare, la ragazza stronza, apatica ed acida che contraddistingueva Sarah. Per gli abiti che era solita indossare, sarebbe stato quasi impossibile trovare qualcosa di sportivo in quell'armadio. Dopo varie ricerche, scelsi di indossare dei leggings aderenti neri che lasciavano intravedere le curve sinuose del corpo, un top corto giallo fluo fin sotto al seno con delle spalline larghe, e ai piedi delle semplici scarpe da ginnastica. Mi sedetti di fronte al grande specchio e avvolsi i capelli in una coda tirata perfettamente indietro. Misi un lucidalabbra trasparente da far sembrare le labbra più carnose, ed un filo di mascara che rendeva le mie ciglia allungate, le quali avevano un magnifico effetto su di me. Mi diedi un'ultima occhiata, e a malapena mi riconobbi. Capii in quel momento di aver detto addio alla vecchia Beth. Ero parecchio titubante riguardo l'avvisare Nick tramite un biglietto, ma pensai che una come Sarah non lo avrebbe mai fatto. Scesi le scale, e mi trovai di fronte una limousine nera lucida che sembrava non avesse una fine. Restai a bocca aperta alla vista di quella meraviglia, ma ritornai in me subito dopo, incamminandomi con passo deciso. L'autista mi raggiunse aprendomi lo sportello e io, in modo poco aggraziato, mi buttai dentro.
''Era ora!'', affermò mia madre scocciata, dopo aver fatto cenno all'autista di partire. ''Se non passa più di mezz'ora non ti accontenti, eh?'', chiese con tono arrogante.
La scrutai dalla testa ai piedi, inarcando un sopracciglio. ''Avrò preso da qualcuno, no?'', risposi sicura.
''Basta con le sciocchezze, siamo nei guai.'', disse. ''Ho fatto un salto all'orfanotrofio, e quelle stupide suore mi hanno detto che Beth è andata via 6 mesi fa da quel posto.'', continuò, mordendosi più volte il labbro.
Rimasi scioccata. Pensavo che la mia famiglia si fosse completamente dimenticata della mia esistenza, invece non era così. Quella donna conosceva l'orfanotrofio in cui vivevo, e probabilmente non aveva mai smesso di rimanere in contatto con le suore.
''Che cosa? Non è possibile!'', urlai stampandomi un'espressione sorpresa sul viso.
''Tutte le minacce fatte a quelle suore non sono servite a niente. Adesso che la stracciona è uscita, dobbiamo stare molto attente. Potrebbe agire in qualsiasi momento.'', puntualizzò, mostrando la sua spietatezza. Avrei voluto sputarle in un occhio, non poteva essere così crudele. L'avevo incontrata per la prima volta, ed era già riuscita a farsi odiare. Non potevo avere una madre del genere, non volevo crederci.Mi schiarii la voce, cercando di mantenere la calma e di assecondarle ogni parola, per quanto la mia rabbia in quel momento me lo permetteva.
''Cosa hai intenzione di fare?'', le domandai. Avevo la necessità di sapere a che punto sarebbe arrivata.
''Ho intenzione di eliminarla. La cercherò, ovunque lei sia, e appena la troverò la farò fuori con le mie mani.'', terminò con uno sguardo macabro, capace di provocare terrore a chiunque.
Il mio cuore cominciò a battere all'impazzata, quella donna era piena di odio, e non osavo immaginare cosa sarebbe successo se avesse scoperto la mia identità. Ormai ero dentro fino al collo, non potevo tirarmi indietro. Nonostante mi sentissi un moscerino preda di un famelico ragno, dovevo combatterlo, in silenzio e con cautela.
Finalmente arrivammo sul posto, non avrei avuto la forza di mantenere una conversazione con quella che sarebbe stata mia madre, avevo bisogno di metabolizzare il tutto. Era arrivata come una tempesta al ciel sereno.
''Siamo arrivati, scendi.'', ordinò con aria di superiorità.
''E tu?'', inarcai un sopracciglio.
''Pensi che perda il mio tempo così? Io non ne ho bisogno. C'è anche l'amico del tuo ragazzo che non è niente male, fagli un pensierino!'', precisò con una risatina patetica, cacciandomi dalla limousine e incitandomi ad entrare. Praticamente Sarah era il suo burattino, eseguiva ogni ordine che le veniva imposto, accettava persino di essere trattata come uno straccio, che squallore.
Entrata in quell'enorme palestra, notai dei fisici mozzafiato, e mi chiedevo cosa ci stessi facendo io lì. Era pieno di gente muscolosa, forte, possente, anche e soprattutto di genere femminile. Mi sentivo davvero fuori luogo.
''Sei arrivata!'', esclamò Mike , dandomi il benvenuto. ''Ti presento il mio mondo.'', continuò, allargando le braccia e stampando un sorriso fiero sul volto.
''Sì, d'accordo. Ma a me questo mondo non appartiene, quindi...'', annunciai spaesata, in procinto di dirigermi verso l'uscita.
''Dove vai?'', mi bloccò il polso, obbligandomi a tornare sui miei passi. ''Sei già stata inserita al corso di kickboxing, io sono il tuo istruttore.'', spiegò, mostrando un certo piacere.
Non avevo vie di fuga, avrei dovuto seguire quel corso contro il mio volere. Chissà, magari sarebbe diventato un modo per distrarmi dai mille pensieri, dal mio obiettivo, anche solo per un po'.Seguii obbedientemente il ragazzo, il cui atteggiamento era senza dubbio diverso rispetto alla mattina precedente.
''Starò attento a non romperti qualche unghia.'', ironizzò, facendomi l'occhiolino.
Lo guardai con aria di sfida. Credeva davvero che io fossi come Sarah, ma non aveva capito nulla. Nonostante non mi facessi problemi a comportarmi da vero e proprio maschiaccio, mi sarebbe dispiaciuto rovinare il suo bel viso.
D'un tratto, un ragazzino ci interruppe e mostrò orgogliosamente a Mike l'ultima mossa che aveva imparato. Se ne andò velocemente, così com'era arrivato. Mike si scusò e mi invitò sul ring.
''Insegni ai ragazzini?'', gli domandai curiosa.
''Già, è ciò di cui vado più fiero. Vedere questi ragazzi qui, fare qualcos'altro nelle loro vite oltre che girare per le strade e finire nei posti sbagliati...anche se non posso cambiare ogni cosa, faccio quel che posso.'' ,disse, dimostrando una grande umanità.
Oltre a essere tremendamente sexy, aiutava i giovani del suo quartiere a fare qualcosa di buono nella vita, non l'avrei mai detto.
''Ed è ottimo per provarci con le ragazze.''
Alzai Gli occhi al cielo e gli diedi una gomitata al braccio. Con quella frase mi fece tornare alla realtà. Di certo, tutto ciò aumentava il suo punteggio fra le ragazze.
Una volta sul ring, Mike mi diede un paio di guanti da boxe e mi spiegò una o due regole base. All'improvviso, fece partire un colpo. Potevo percepire come si stesse trattenendo considerevolmente. Stetti al gioco ed evitai con estrema facilità il suo colpo. Ero un po' arrugginita, ma pronta a farmi valere. Nella vita avevo ricevuto molti colpi, e ne avevo inflitti altrettanti. Lentamente avevo sconfitto quella parte di me che non riusciva a tollerare il contatto con altre persone. Alla fine, la mia rabbia diminuiva a ogni calcio che tiravo.
''Ok, bambina. Hai qualche conoscenza base di autodifesa?'', inarcò un sopracciglio, quasi certo della risposta.
''Sì. Significa colpire dove fa più male, bambino. Vuoi provare?'', replicai decisa, accennandogli un finto sorriso.
''Che osso duro. Ho quasi paura!'', controbattè deridendomi.
''Dovresti averne.'', puntualizzai, fissandolo dritto negli occhi per incutergli timore.
Improvvisamente, Mike mi si buttò addosso. Mi catturò le braccia, mi girò intorno cosicché la mia schiena si trovasse contro il suo petto e cercò di immobilizzarmi. Sentire i suoi muscoli tendersi contro di me mi trasmetteva una sensazione positiva. In mente mia maledicevo quella donna che mi aveva iscritto alle sue lezioni, più passavano i minuti più mi convincevo del fatto che non era una buona idea per entrambi.
Pur grondante di sudore, il ragazzo aveva un buon odore. Rabbrividii di piacere al pensiero, la mia mente già alla deriva, immaginando ben altre attività.
''Allora? E' questo il massimo che sai fare?'', mi provocò, attendendo una reazione.
Mi risvegliai di colpo dalle mie fantasie e, usando una delle mie leve articolari preferite, lo scaraventai a terra.
''E' così ci siamo fatti mettere al tappeto da una ragazzina, non è vero?'', commentai,guardando con orgoglio quella scena.
Il ragazzo si rimise in piedi ridendo. Trovai difficile rimanere concentrata,perché la sua risata riuscì a farmi sciogliere.
Era incredibile come Mike cambiasse in maniera così radicale nel momento in cui si trovava nel suo ''mondo''.
Dopo un'ora di allenamento, abbandonammo il ring. Dovevo ammettere che,nonostante il mio livello, lo avevo messo spesso alle strette.
''Non sei stata così male, bambina. Hai quasi preso il sopravvento..'',confessò, facendo trasparire un pizzico di ironia.
''Mi sono trattenuta perché volevo fare le cose con calma, non volevo farti male.'', replicai con lo stesso tono, per quanto il poco fiato rimasto me lo permettesse.
Si diresse verso le docce e io, dopo aver preso la mia roba e aver controllato il cellulare, gli andai dietro alla ricerca degli spogliatoi. Giunta lì, aprii uno dei camerini a caso. Soltanto in quell'istante mi accorsi che si trattava dei bagni maschili, infatti mi trovai di fronte Mike. Il cuore mi saltò alla gola e trattenni il fiato. Indossava un asciugamano striminzito attorno alla vita. Si trovava a pochi centimetri da me, ero a un palmo di naso dai suoi pettorali. Ero nel panico più totale, tanto che non riuscivo a tirar fuori una singola frase di senso compiuto. Inutile negarlo, di fronte a quel corpo statuario mi sentivo completamente inerme e parecchio in soggezione.
''Ho...ho sbagliato, scusa!'', balbettai in preda all'imbarazzo più totale.
''Certo. O magari volevi fare la doccia con me?'', mi sorrise maliziosamente,poggiando le mani sui propri fianchi.
''No, non ci tengo, grazie.'', risposi velocemente girandogli le spalle, quandomi trattenne gentilmente e mi ipnotizzò con lo sguardo. Le sue labbra erano a un passo dalle mie, riuscivo già a sentire il loro sapore.
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