The Dodo
Il vociare concitato della folla.
Le luci dei riflettori.
Centinaia, anzi migliaia di occhi puntati contro.
Quel brivido che ti attraversa la spina dorsale quando ti rendi conto che lo spettacolo sta per cominciare.
Che presto sarà il tuo momento di brillare.
Che è solo questione di istanti prima che migliaia di persone inizino ad acclamare il tuo nome.
Quella sensazione di orgoglio e soddisfazione quando, a numero eseguito, tutti iniziano a fischiare e battere le mani.
...Tutto questo lui non l'aveva, né l'avrebbe mai provato...
- Ottimo lavoro. - Sorrise l'uomo mentre i cinque bambini gli sfilavano accanto, dirigendosi verso la loro camera.
E lui era lì, affacciato dallo spiraglio della porta della sua stanza, che osservava quei cinque con un misto di meraviglia, stupore e invidia.
Sì, anche invidia.
Perché avrebbe dato di tutto pur di essere al loro posto.
Perché sapeva che lui non avrebbe mai potuto fare ciò che facevano loro.
Perché era nato con una costituzione cagionevole e già era un miracolo se non si ammalava quando, dopo lo spettacolo, gli veniva ordinato di prendere uno straccio, una scopa e di pulire il palcoscenico.
Lo chiamavano il Dodo, ma non perché fosse divertente, allegro o originale come quello di "Alice nel Paese delle Meraviglie".
Lo chiamavano il Dodo perché erano tutti convinti che non sarebbe mai durato a lungo e perché erano in ben pochi quelli che sapevano, o si ricordavano, della sua esistenza.
Lo tenevano solo perché almeno a fare le pulizie ne era capace.
Ed era proprio questo che stava facendo il giorno in cui lei gli parlò per la prima volta.
- * - Sentenziò la bambina quando gli fu davanti.
- Cosa? - Ribatté il Dodo sollevando lo sguardo dalla scopa che teneva tra le sue piccole ed esili mani.
Quando incrociò il suo sguardo per poco non credette di stare sognando.
Era Alice, la più brava degli artisti del Wonderland, nonché la preferita del direttore.
Fino a quel momento non gli aveva mai neanche rivolto uno sguardo, forse neanche sapeva della sua esistenza.
- * - Ripeté lei prima di sorridere, con uno sguardo soddisfatto sul volto.
- E chi sarebbe? - Ribatté il Dodo aggrottando la fronte.
- Tu! - Esclamò lei prima di scoppiare a ridere.
- Ehm... No... Io non ce l'ho un nome... - Rispose il Dodo chinando leggermente lo sguardo.
A nessuno di loro era stato dato un nome a dire il vero, ma solo quei soprannomi tratti dai personaggi di "Alice nel Paese delle Meraviglie".
- Ora sì! - Ribatté lei annuendo con decisione. - Io sono Megumi! -
- Tu sei Alice. - La corresse il bambino.
- No! - Esclamò lei gonfiando le guance. - Alice è un nome d'arte. Oggi con gli altri ci siamo dati a vicenda dei veri nomi. -
Lui la osservò, sempre più ammirato.
- Quindi ho deciso di dare un nome anche a te. - Continuò lei. - Ma se non ti piace posso trovarne un'altro... -
- No, mi piace! - Ribatté lui forse un po' troppa enfasi.
- Davvero? - Chiese Megumi sorridendo nuovamente.
- Davvero. - Rispose lui ricambiando il sorriso.
- Vieni di là, puoi allenarti con noi. - Disse allora la bionda iniziando a tirarlo per la manica della sua maglia.
- Non posso. - Ribatté lui puntando i piedi per terra. - Devo rimanere qui a pulire... -
- Allora chiamerò tutti qui. - Decise Alice.
- Ehi. - La fermò il Dodo quando Alice era già in procinto di correre via.
- Sì? - Rispose lei voltandosi e inclinando leggermente il capo.
- Perché lo stai facendo? -
- Cosa? -
- Ecco... Perché sei così gentile con me? -
- E tu perché lo sei con me? -
- Eh? - Ribatté il bambino preso alla sprovvista.
- Perché siamo amici. -
- Noi non siamo amici... -
Alice scoppiò a ridere, allora gli si avvicinò nuovamente, porgendogli poi la mano.
- Vuoi essere mio amico? - Gli chiese.
E il Dodo annuì leggermente con il capo, prima che lei afferrasse la sua piccola ed esile mano e la squotesse energicamente.
*
Avviso avvisoso (viva il disagio!) :
Quando Megumi dice " * " non sta dicendo una parolaccia, ok? XD
È solo che per ora non potete sapere qual è il nome che dice.
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